Conclusesi,
come di sopra, nel 1470, la lega fra 'l re, duca e fiorentini con uno capitolo
che ciascuna di queste tre potenzie avessi insieme a mandare imbasciadori al
sommo pontefice a supplicarlo la benedissi e vi entrassi drento, e così facessi
una lega generale di tutta Italia, con quelle condizioni si era fatta a tempo
di papa Niccola nel 55; riservando però la lega particulare contratta a Napoli,
alla quale per questa generale non s'avessi a pregiudicare in alcuno modo.
La cagione di
questo capitolo fu, perché avendo el Gran turco tolto Negroponte e molti altri
luoghi a' viniziani e continuando tuttavia con loro la guerra, pareva al re
Ferrando che lo stato suo fussi in gravissimo pericolo per avere molti luoghi e
marine, ne' quali el turco poteva facilmente fargli danno, e per questo
rispetto desiderava assai congiugnersi e collegarsi co' viniziani, acciò che
insieme potessino pensare e provedere a' pericoli communi; ed arebbelo fatto da
se medesimo, ma gli pareva che non concorrendo el duca e' fiorentini in questa
coniunzione, né e' viniziani né lui rimanessino in modo sicuri delle cose
d'ltalia, che potessino attendere espeditamente alle cose del turco. Inoltre
pensò che ristringendosi col duca e' fiorentini e poi faccendo lega generale
co' viniziani, non solo trarrebbe de' viniziani quello frutto disegnava, ma
eziandio sarebbe facile cosa in tanto suo pericolo trarre qualche sussidio da
tutta Italia contro al turco, e però saviamente condusse questa lega particulare,
inserendovi nondimeno el predetto capitulo della generale. E per dargli
esecuzione mandorono communemente imbasciadori a Roma per praticare questa
materia, dove per la città fu deputato messer Otto Niccolini e Pierfrancesco
de' Medici, ma pochi dì poi, morendo messer Otto, vi fu mandato in suo luogo
Iacopo Guicciardini.
La conclusione
di questa pratica ebbe in sé molte difficultà, e passò con più lunghezza di
tempo non si stimava, perché la lega voleva a ogni modo si riservassi la sua particulare
ed el papa non lo negava, ma diceva volere si facessi in modo vi fussi drento
la conservazione dello onore suo, ed in ogni modo gli era proposto, faceva
difficultà; ed era la cagione vera che questa conclusione non gli piaceva,
perché gli pareva sendo quietata Italia essere necessitato fare impresa contro
al turco, il che faceva male volentieri per non spendere; dove non si
conchiudendo questa lega, gli pareva avere scusa con dire fussi di bisogno
prima pacificare Italia.
Dalla parte
della lega era ancora difficultà nel duca di Milano, che male volentieri ci si
conduceva; pure finalmente fu tanta la volontà del re che si facessi questa
conclusione, e così de' viniziani, che el duca, per non rompere col re, ed el
papa per non rimanere solo in Italia, vi condescesono. E così si concluse una
lega generale di tutta Italia, con riservazione della lega particulare del re
Ferrando, duca Galeazzo e fiorentini; e cominciossi a praticare di uno sussidio
universale contra el turco, faccendone massime grandissima instanzia el re
Ferrando, alla quale pratica, per essere Pierfrancesco tornato a Firenze,
rimase solo Iacopo Guicciardini.
Ma come avviene
che quelle cose che si fanno a male in corpo per ogni piccola difficultà si impediscono,
così intervenne che, nata differenzia nel distendere le scritture per certe
parole che volevono si aggiugnessino gli oratori ducali, non però di molta
importanza, ed el papa non le consentiva, lo effetto fu che el duca non
ratificò a questa lega; e benché la ratificazione de' fiorentini fussi venuta,
pure lo oratore loro non soscrisse le scritture e così el cancelliere suo che
ne era rogato; perché così fu la intenzione di chi governava a Firenze, per non
si spiccare dal duca, non però con determinazione publica, per non dare tanto
carico a chi aveva lo stato; e così in effetto le cose rimasono pendente.
In questo tempo
ed anno 1470, Lorenzo de' Medici cominciò in Firenze a pigliare piede perché
faccendosi gli accopiatori, che avevano a creare la signoria, pel consiglio del
Cento, lo stato usava fare qualche intelligenzia particulare in compagnie di
notte, e qui disegnare chi avessi a essere fatto, e di poi con questo ordine,
in questo e negli altri magistrati, andare nel consiglio del Cento, el quale
era solito a eseguire el disegno. Ma cominciando qualche volta nel Cento a
variare le elezione de' disegni dati, Lorenzo e gli amici suoi cominciorono a
dubitare che non variassi un tratto negli accopiatori, di che sarebbe facilmente
seguita la alterazione dello stato. Di che fatto prima molti consigli in
privato, si risolverono che si dessi autorità per cinque anni alla signoria che
sedessi di luglio e agosto, che, insieme cogli accopiatori che sedevano,
facessino gli accopiatori nuovi; e deliberato questo, subito la signoria, che
ne era gonfaloniere messer Agnolo della Stufa, sonato a collegio e a Cento e
ragunatogli, la mattina innanzi uscissino dette perfezione a questa provisione.
Di che lo stato si assicurò, e Lorenzo ne acquistò grandissima riputazione e
forze; in modo che cominciando a pigliare piè, dette principio a volere essere
arbitro della città lui ed a non si lasciare governare da altri, ma più tosto
avere cura non si facessino troppo grandi messer Tommaso e gli altri che avevono
riputazione e seguito di parentado. E benché non mancassi loro, e nelle
legazione ed in tutti gli onori e primi magistrati della città, nondimeno gli
riteneva indrieto, non gli lasciando qualche volta tirare le imprese facevano,
e dando favore a quegli uomini de' quali non gli pareva potere temere, per
essere spogliati di parenti e credito, come fu in quel tempo uno messer
Bernardo Buongirolami, uno Antonio di Puccio, e di poi qualche anno uno messer
Agnolo Niccolini, uno Bernardo del Nero, uno Pierfilippo Pandolfini e simili;
usando etiam di dire che se suo padre avessi fatto così, e sforzati un
poco messer Luca, messer Dietisalvi, messer Agnolo Acciaiuoli e simili, non
sarebbe nel 66 ito a pericolo di perdere lo stato.
Sendosi le cose
di Italia un poco quietate, seguitò la morte di papa Paolo, in luogo di chi fu
eletto Francesco cardinale di San Pietro in Vincula di nazione saonese, e che
era uno de' frati minori e di poi generale di quello ordine, e fu ordinato
tosto, el quale sendo eletto di poco, nacque nova alterazione nel dominio
nostro. E questo è che sendo in quello di Volterra le allumiere che erano del
commune di Volterra, o desiderando Lorenzo di ottenerle per sé, e rinculando e'
volterrani, Lorenzo, parendogli che se la impresa non riusciva, intaccare la
sua riputazione, e però deliberato di averne onore, cominciò a strignergli in
modo che, benché io non sappia bene a punto el particulare loro, si sdegnarono
e nato ombra e sospetto, e loro non essendo ubbidienti in tutto alla signoria,
finalmente lo effetto fu che nel 1472 e' volterrani, prese le arme e cominciato
a non ubbidire a' rettori nostri, si ribellorono.
A Firenze fu
dubio assai che o e' viniziani o el re Ferrando, all'uno e l'altro di chi ed etiam
quasi a tutta Italia, eccetto che al duca Galeazzo, e' volterrani avevano
mandati imbasciadori a darsi, non tenessino acceso questo fuoco; e fecesi
risoluzione vedere di spegnerlo con ogni forza e prestezza. E però si dette
intorno a questa guerra la balìa a venti cittadini, e' primi della città; e'
quali, sopravenendo poi massime avisi che non solo el duca, ma etiam el
re ed el papa erano vòlti a dare ogni favore perché questo incendio si
quietassi, mandorono per commessario generale Iacopo Guicciardini, che, unita
la gente nostra, attendessi a recuperare el contado, tanto che ne venissi el
duca di Urbino eletto capitano per questa impresa, per chi avevano mandato a
Urbino messer Bongianni Gianfigliazzi.
Riebbesi el
contado in uno subito e sanza colpo di spada, e poco di poi sopravenne el duca,
ed a messer Bongianni fu comandato restassi in campo commessario insieme con
Iacopo; e sanza dilazione di tempo si messe campo alla città, mettendo el duca
di Urbino ogni industria e adoperando ogni virtù militare per espugnarla. Di
che e' volterrani vedendosi stretti e sanza speranza di soccorso di fuora ed in
effetto sanza alcuno rimedio, si arrenderono, salvo l'avere e le persone. Ma
nello pigliare la possessione della terra nacque tanto tumulto per opera, come
si crede, del duca di Urbino, che sanza riparo alcuno la città andò a sacco,
benché e' commessari usassino ogni possibile diligenzia che questo non
seguissi, e molto dispiacessi alla città nostra, la quale desiderava riavere
quella terra intera e ricca come era innanzi alla ribellione. Fu bene opinione
di molti e massime de' volterrani che questo fussi stato per ordine publico;
nondimeno è falso e non potette la città perturbarsi più di tale accidente.
Seguitò l'anno
1474 nel quale si fece nuove congiunzione e intelligenzie in Italia; perché
essendo papa Sisto molto amico del re Ferrando, ed eziandio el conte di Urbino
sendosi dato in anima e corpo al re, e lui con questi mezzi e favori volessi
essere arbitro di Italia, sdegnandosene el duca di Milano e gli altri
potentati, si contrasse una lega a difesa degli stati fra 'l duca viniziani e
fiorentini; dove di poi entrò, non come aderente e nominato, ma come
principale, Ercole duca di Ferrara. E cominciò el duca a ristrignersi ed
intendersi molto con viniziani e fare segni grandissimi di amore e
benivolenzia, faccendo onori supremi agli imbasciadori loro, cedendo loro la
precedenzia, di che a Roma ed in tutti e' luoghi di Italia avevano gli oratori
loro avuto infinite volte questione, dando loro sussidi nella guerra avevano
contro al turco; e così ebbono dalla città l'anno 1475 ducati quindicimila in
dono per armarne galee.
Al papa ed al
re dispiacque assai questa lega; e però lui ed el duca di Urbino vennono personalmente
a Roma, solo per pensare modi da interrompere questa unione; e feciono
risoluzione che el vero modo fussi che el papa praticassi una lega generale di
tutta Italia ne' modi si era fatto a tempo di Niccola e poi di Paolo, mostrando
farlo per volere pensare alla difesa della religione contro al turco. E fu la
opinione loro che e' viniziani l'avessino a accettare facilmente per trarre
sussidi contro a' turchi, da' quali erano molto oppressati, e stando questo, se
el duca ed e' fiorentini non ci volessino concorrere, sarebbe rotta la unione
loro; concorrendoci col fare questa lega generale sarebbe dissolute la
particulare.
Fu cognosciuta
da' signori collegati questa arte; e però, mandando imbasciadori unitamente a
Roma con ordine non si separassino mai l'uno dall'altro, ma che intervenissino
a ogni pratica ed audienzia o col papa o alcuno cardinale, communemente si
rispondessi essere contenti di fare la lega generale con riservo nondimeno
della particulare. La quale risposta non piacendo al papa e re, si roppe questa
pratica e pochi mesi poi si rappiccò, tendendo el papa e re pure al fine di
rompere la particulare. El quale disegno diventava loro ogni dì più facile, per
avere e' viniziani uno ardentissimo desiderio che e' principi cristiani
concorressino alla impresa contro al turco, e d'altra parte sendo el duca di
Milano molto alieno, perché gli pareva, stando e' viniziani in guerra, avere da
non temere di loro, dove, quando fussino in pace, non gli pareva essere così
sicuro del suo stato. Di che fra e' viniziani ed el duca cominciò a nascere
qualche ombra, in modo che el duca fu talvolta in disposizione, ed etiam ne
tenne pratica, di riunirsi e collegarsi col re; la qual cosa non messe però a
effetto, forse presentendo che la città non vi sarebbe concorsa, per
dispiacergli volubilità e mutazione tanto spesse.
Seguitò di poi
per principio di cose e movimenti grandissimi la morte del duca Galeazzo, el
quale nel 1476 a dì 26 di dicembre, el dì di santo Stefano, fu morto in Milano
da Giovanni Andrea da Lampognano; e perché era rimasto di lui uno piccolo
figliuolo chiamato Giovan Galeazzo, si dubitò assai che e' popoli sudditi non
facessino qualche movimento, il che sarebbe dispiaciuto assai alla città,
rispetto alla amicizia e congiunzione tenuta tanto tempo con quella casa, e per
la sicurtà e riputazione ne traeva lo stato nostro in ogni occorrenzia. Furono
adunche subito deputati imbasciadori a Milano messer Tommaso Soderini e messer
Luigi Guicciardini, e' quali, andati con somma prestezza, trovorono le cose in
buona disposizione e si adoperorono assai a confermarle ed assicurarle per la
via buona. E lo effetto fu che lo stato rimase a madonna Bona, state moglie del
duca Galeazzo, che lo conservassi e guardassi pel figliuolo; e volsesi el
governo di tutto alle mani di messer Cecco Simonetta, el quale sendo di
Calavria, di vile condizione, era stato cancelliere e secretario del duca
Francesco, in gran conto, e di poi in somma riputazione apresso el duca
Galeazzo, ed ultimamente gli dette la fortune, sotto madonna Bona, libera ed
assoluta potestà ed amministrazione di tutto quello dominio. Fecesi alcuno
appuntamento tra madonna e monsignor Ascanio cardinale e Lodovico Sforza duca
di Bari, fratelli del duca Galeazzo; ed assettate queste cose, parendo fussi
superfluo tenervi due oratori, fu messer Lulgi rivocato a Firenze, e messer
Tommaso rimase in quella legazione, onorevolissima per la coniunzione era tra
l'uno e l'altro stato, e consequenter per la fede potenzia ed autorità vi
aveva uno imbasciadore fiorentino, e massime qualificato come lui.
Seguitò poi
tumulto in quello stato, perché el signor Lodovico e monsignore Ascanio
cercavano cose nuove per applicarsi quello governo, e con loro si intendeva el
signore Ruberto da Sanseverino; di che venuti in sospetto lo effetto fu che el
signore Lodovico fu confinato a Pisa, Ascanio a Roma, ed el signore Ruberto
cacciato dal territorio. Il che si fece con consenso e participazione della
città e stato nostro che non cercava altro che la conservazione di quello
dominio ne' figliuoli del duca Galeazzo e favoriva el governo in madonna Bona e
l'autorità in messer Cecco. E se la città nostra si fussi mantenuta in pace e
quiete, sanza dubio si conservava ma e' movimenti della città nostra de' quali
ora si dirà, furono cagione di molte alterazioni, dissensioni e movimenti in
tutta Italia.
In questo tempo
essendo morto uno marchese Spinetta, signore di Fivizzano e di molte altre
castella, sanza eredi, quegli uomini si dettono a' fiorentini, e vi furono
mandati a pigliarne la possessione ed ordinare quello stato, che era di
importanza perché assicurava le cose nostre da quella banda messer Antonio
Ridolfi ed Iacopo Guicciardini.
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