Seguitò lo anno
1503, nel quale si détte mutazione grandissima alle cose di Italia. Sul
principio di questo anno la città desiderosa di armarsi, e di qualche arme
franzese per più riputazione, tolse a soldo per conforto del re e di Roano e
per mezzo degli oratori nostri che erano in Francia, monsignore de' Soderini ed
Alessandro di Francesco Nasi, uno capitano franzese chiamato Baglì di Cane,
uomo valente e di buona riputazione nel mestiere delle arme. Fu la condotta sua
cento lancie franzese, delle quali cinquanta ne pagava la città, cinquanta ne
erano accommodate dal re; e fecesi, perché si credette che per conto de'
franzesi, el papa e Valentino avessino a avere più rispetto a offenderci; e
così si temporeggiavano le cose di Italia, quando nel reame nacque uno
accidente di momento grandissimo.
Era fra e'
franzesi e spagnuoli nata differenzia nel regno per conto della dogana di
Puglia, la quale non si potendo acconciare colle parole, si venne alle arme,
dove trovandosi e' franzesi più forti e superiori di numero, occuporono quasi
tutta la Calavria; ma poco di poi avendovi el re di Spagna mandato
rinfrescamento di gente, e trovandovisi per lui Consalvo Ferrando; uomo
valentissimo, si cominciorono a levare via e' vantaggi, e l'una parte e la
altra essere più del pari. In questo mezzo Filippo duca di Borgogna figliuolo
di Massimiano re de' romani e genero del re di Spagna, venuto personalmente in
Francia a aboccarsi col re, praticò e concluse accordo fra questi principi, per
virtù del quale avendosi a levare le offese, e l'una parte e l'altra a posare
le arme, e così avendo el re di Spagna a ratificare quello che era stato fatto
dal genero di suo mandato, faccendosi per parte di quello re molte
cavillazioni; lo effetto fu che Consalvi venne nel reame a giornata co'
franzesi e gli ruppe vittoriosamente. E di poi seguitando la vittoria, acquistò
in pochi dì Napoli con tutto el regno, ed espugnò con somma industria e laude
quelle fortezze di Napoli che erano riputate inespugnabile; e così ogni cosa
venne in sue mano, eccetto Gaeta, nella quale rifuggirono una parte delle gente
franzese.
Alterossi e
risentissi mirabilmente el re di questa percossa e benché dalla parte di Spagna
si facessino molte scuse ed introducessinsi nuove pratiche di accordo, veduto
alfine che tutte erano parole, si risolvé a fare uno sforzo ed una impresa
potentissima per recuperare lo stato e l'onore, e vendicare quella ingiuria che
gli era stata fatta sotto la fede degli accordi.
Era in questi
tempi nata fra lui ed el papa indegnazione, la quale ebbe forse origine
intrinseca, perché el re cominciava a non se ne fidare ed a temere della
potenzia sua; ma le cagione che apparirono di fuora, furono che doppo la morte
degli Orsini, el re scrisse al papa e Valentino, che in nessuno modo occupassino
lo stato di Gian Giordano Orsino che era suo soldato, e benché loro, spacciato
che ebbono lo stato degli altri Orsini, da Pitigliano in fuora, si accampassino
a certe castella di Gian Giordano, el re se ne riscaldò tanto con lettere e con
messi, e fecene tanta instanzia, che doppo molte querele del papa e Valentino,
lo effetto fu che nacque uno accordo tra loro, per virtù del quale le terre che
erano in quistione s'ebbono a dipositare in mano del re.
Aggiunsesi di
poi che el Valentino, el quale aveva a andare nel reame in aiuto de' franzesi,
differì tanto con varie cagioni la andata, che e' seguitò el disordine detto di
sopra, del quale el papa e lui si rallegrorono assai, giudicando che questa
mutazione fussi a suo proposito. Per la qual cosa el re insospettito che non si
accordassino con Ispagna, fece concetto che aparterebbe molto a sue sicurtà
degli stati di Italia potersi valere di Toscana, e però disegnò di fare una
unione di Firenze, Siena e Bologna. Ed a questo effetto avendone conferito
colla città e fatto che la prestò favore a questa opera, fece ritornare
Pandolfo Petrucci al governo di Siena, la quale cosa fu facile perché e' sanesi
amici di Pandolfo, in mano de' quali era lo stato, come ebbono intesa la
voluntà del re ed el favore che arebbono dalla città, posto da canto la paura
del papa e Valentino, pacificamente e sanza alcuno tumulto lo rimessono in
Siena. E lui prima promesse caldamente al re ed alla città, che come fussi
tornato restituirebbe Montepulciano, di che non fece nulla, allegando massime
non essere in potestà sua, perché el popolo non lo consentirebbe mai, e però
bisognare aspettare qualche occasione, la quale come venisse, lui eseguirebbe
volentieri; e così in questa cavillazione differì tanto, che e' si mutarono le
condizione de' tempi.
In questo tempo
la città, ristretto lo esercito suo, si volse a dare el guasto a' pisani, e'
quali, mandati oratori al papa e Valentino, ebbono da lui aiuto di qualche
somma di danari e di fanterie, nondimeno el guasto si dette quasi per tutto,
sendo commessario Antonio Giacomini che allora in quello mestiere avanzava di
riputazione tutti gli altri cittadini. Ma perché e' non mancava chi tuttavia
dessi soccorso, per via di mare, di vettovaglie a' pisani, non ne seguitava
quegli effetti che si disegnavano; perché se bene ne seguitava qualche carestia
e difficultà di vivere, pure la ostinazione loro era tanta, che e' s'aveva a
presupporre che innanzi arebbono acconsentito ogni cosa che ritornare sotto la
divozione della città, e però che non la difficultà, non la carestia, ma la
necessità e la forza sola gli aveva a condurre. Riebbesi, credo, quello anno, e
fu el sequente, Vicopisano e Librafatta, e presesi quasi a caso la Verrucola,
che sempre in questa guerra si era tenuta pe' pisani; dove si disegnò e
cominciò a murare una belle fortezza.
Creò in questo
tempo el papa molti cardinali, fra' quali messer Francesco Soderini, vescovo di
Volterra e fratello del gonfaloniere, uomo che per la età che era di circa a
cinquant'anni, per essere stato lungo tempo in corte, per essere litterato e di
gran cervello nelle cose del mondo ed assai costumato, secondo lo uso degli
altri preti sì gli conveniva quello grado. Nondimeno non gliene dettono questi
meriti, ma lo acquistò con qualche favore di Francia e della città, in nome; in
fatto, lo comperò buona somma di danari sendo così allora la consuetudine del
papa, ed el Soderino, uomo in molte cose virtuoso, pure, dove lo menava la
avarizia e la ambizione, immoderatissimo e sanza rispetto, sanza fede e sanza
conscienzia alcuna.
Aveva in questo
mezzo el re ordinato uno esercito potentissimo di più che millecinquecento
lancie franzese e quindicimila fanti, buona parte svizzeri; ed aviatolo in
Italia, fattone capitano generale monsignore della Tramoia che era el più
riputato uomo nelle arme che avessi Francia, così richiesto el marchese di
Mantova vi andassi personalmente, servito ancora di qualche numero di uomini
d'arme da Ferrara, Bologna e Siena, e da noi del Baglì di Can colle sue cento
lancie. E perché queste gente avessino meno riscontro, avendo esaminato che tre
cose gli potevano tòrre la vittoria: uno potente soccorso che el re di Spagna
mandassi nel reame, se e' viniziani favorissino quello re, se el papa e
Valentino si accordassino con lui, aveva, per divertire el soccorso di Spagna,
fatto uno altro esercito non meno potente di quello che veniva in Italia, e
mandatolo in Linguadoch a rompere guerra agli spagnuoli, acciò che, constretti
difendersi da quella banda, non potessino così attendere alle cose di Napoli;
aveva mandato a Vinegia per intratenergli oratore messer Constantino Lascari
greco, che già aveva letto greco in Firenze e di poi l'anno 94, andatosene in
Francia, era favorito da Roano; aveva fatto strignere el papa dagli oratori sua
che residevano a Roma, che manifestassi la sua intenzione. Dal quale però non
si traeva se non risposte dubie ed ambigue, perché el papa e Valentino
sagacissimamente considerando di avere acquistato con favore del re di Francia
lo stato de' Colonnesi, Imola, Furli, Faenza, Rimino, Pesero e tanti stati in
Romagna, el ducato di Urbino Camerino, Fermo e gran parte della Marca, Perugia,
Piombino, gli stati degli Orsini e Città di Castello, e che col favore suo non poteva
più acquistare, perché così era la voluntà del re, e n'aveva fatto pruova prima
nelle cose nostre di poi in Bologna, nello stato di Gian Giordano ed in Siena,
e considerando ancora che se el re otteneva la impresa del reame, lui e tutta
Italia rimaneva a sua discrezione, ed e converso che, accordandosi cogli
spagnuoli, loro gli farebbono partiti larghi e favorirebbonlo a acquistare
Siena, Bologna e dello stato nostro, si risolveva a non volere seguitare più la
amicizia del re di Francia; da altra parte considerando quanto grande e potente
era questo esercito, e con quanti apparati veniva a questa impresa, e così
certificandosi più ogni dì e' viniziani, se bene desideravano che el re di
Spagna avessi vittoria, pure si starebbono neutrali, o se pure favorissino el
re di Spagna, sarebbono favori piccoli ed occulti, gli pareva entrare in troppo
gran pericolo. Pure gli dava animo el vedere essere nel reame pel re di Spagna
uno esercito assai potente, ed esserne capitano Consalvi Ferrante, uomo di
grandissima virtù e riputazione, avere a soldo e' Colonnesi, aspettare di
Spagna el quale di poi venne un grosso rinfrescamento, essere in pratica di
condurre o di già avere condotto Bartolomeo d'Alviano Orsino, el quale, sendo
riputato de' primi condottieri di Italia si era partito da' soldi de'
viniziani, o per non essere di accordo delle convenzione, o perché loro sotto
questo colore ne volessino accomodare sanza loro carico el re di Spagna; in
modo che congiunto a queste forze da per sé grande l'esercito suo e del
Valentino, gli pareva essere gran momento alla vittoria, in modo che, fatti
questi discorsi, è opinione che in ultimo, vinto dalla ambizione che gli era
ogni dì cresciuta collo imperio, si sarebbe alienato da Francia e seguitate le
parte di Spagna; quando, fuora della espettazione di tutti, morì del mese di...
quasi di subito.
La cagione
della sua morte si disse variamente; nondimeno la più parte si accordò che e'
fussi stato veleno, perché faccendo uno convito a uno giardino, dove disegnava
avelenare alcuni cardinali per vendere poi gli ufici e benefìci loro, sendovi
lui ed el Valentino giunti a buon'ora e innanzi vi arrivassino le vettovaglie,
ed avendo per el caldo grande dimandato da bere, non vi essendo altro vino, fu
dato loro, da chi non sapeva lo ordine, di quello dove era el veleno, el quale
bevuto inavvertentemente fece questo effetto. E che questa sia la verità ne fa
fede che lui morì o la notte medesima o el dì sequente, fanne fede che
Valentino ed alcuni altri che vi si trovorono, caddono in mali lunghi e
pericolosi e con segni di veleno, de' quali però non morirono, perché, per
essere giovani, non fece sì subito lo effetto suo come nel papa che era vecchio
e però ebbono tempo a curarsi.
Così morì papa Alessandro
in somma gloria e felicità, circa la qualità del quale s'ha a intendere che lui
fu uomo valentissimo e di grande giudicio ed animo, come mostrorono e' modi sua
e processi, ma come el principio del salire al papato fu brutto e vituperoso,
avendo per danari comprato uno tanto grado, così furono e' sua governi non
alieni da uno fondamento sì disonesto. Furono in lui ed abundantemente tutti e'
vizi del corpo e dello animo, né si potette circa alla amministrazione della
Chiesa pensare uno ordine sì cattivo che per lui non si mettessi a effetto: fu
lussuriosissimo nell'uno e l'altro sesso, tenendo publicamente femine e
garzoni, ma più ancora nelle femine; e tanto passò el modo che fu publica
opinione che egli usassi con madonna Lucrezia sua figliuola, alla quale portava
uno tenerissimo e smisurato amore; fu avarissimo, non nel conservare el
guadagnato, ma nello accumulare di nuovo, e dove vedde uno modo di potere
trarre danari, non ebbe rispetto alcuno: vendevansi a tempo suo come allo
incanto tutti e' benefici, le dispense, e' perdoni, e' vescovadi, e'
cardinalati e tutte le dignità di corte, alle quali cose aveva deputati dua o
tre sua confidati, uomini sagacissimi, che gli allogavano a chi più ne dava.
Fece morire di
veleno molti cardinali e prelati, ancora confidatissimi sua, quali vedeva
ricchi di benefìci ed intendeva avere numerato assai in casa, per usurpare la
loro ricchezza. La crudeltà fu grande, perché per suo ordine furono morti molti
violentemente; non minore la ingratitudine colla quale fu cagione rovinare gli
Sforzeschi e Colonnesi che l'avevano favorito al papato. Non era in lui nessuna
religione, nessuna osservanzia di fede: prometteva largamente ogni cosa, non
osservava se non tanto quanto gli fussi utile, nessuna cura della giustizia,
perché a tempo suo era Roma come una spelonca di ladroni e di assassini; fu
infinita la ambizione, e la quale tanto cresceva quanto acquistava e faceva
stato; e nondimeno, non trovando e' peccati sua condegna retribuzione nel
mondo, fu insino allo ultimo dì felicissimo.
Giovane e quasi
fanciullo, avendo Calisto suo zio papa, fu creato da lui cardinale, e poi
vicecancelliere; nella quale degnità perseverò insino al papato con grande
entrata, riputazione e tranquillità. Fatto papa, fece Cesare, suo figliuolo
bastardo e vescovo di Pampalona, cardinale, contra tutti gli ordini e decreti
della Chiesa che proibiscono che uno bastardo non possi essere fatto cardinale
eziandio con dispensa del papa, fatto provare con falsi testimoni che gli era
legittimo. Fattolo di poi secolare e privatolo del cardinalato, e vòlto l'animo
a fare stato, furono e' successi sua più volte maggiori ch'e' disegni e
cominciando da Roma, disfatti gli Orsini, Colonnesi e Savelli, e quegli baroni
romani che solevano essere temuti dagli altri pontefici, fu più assoluto
signore di Roma che mai fussi stato papa alcuno; acquistò con somma facilità le
signorie di Romagna, della Marca e del ducato, e fatto uno stato bellissimo e
potentissimo, n'avevano e' fiorentini paura grande, e' viniziani sospetto, el
re di Francia lo stimava. Ridotto insieme uno bello esercito, dimostrò quanto
fussi grande la potenzia di uno pontefice, quando ha uno valente capitano e di
chi si possa fidare; venne a ultimo in termini, che era tenuto la bilancia
della guerra fra Francia e Spagna; fu insomma più cattivo e più felice che mai
per molti secoli fussi forse stato papa alcuno.
Morto
Alessandro, si feciono nuovi concetti al papato e nuovi disegni de' pricipi; ma
sopra tutto ci fece fondamento monsignore di Roana, el quale si dette a credere
che trovandosi in collegio più cardinali franzesi e molti italiani dependenti
dal suo re, ed essendo in Italia uno potentissimo esercito franzese, avere a
essere fatto papa, alla quale cosa aveva un pezzo innanzi aspirato. E
considerando quanta riputazione e seguito soleva avere in collegio monsignore
Ascanio, aveva molti mesi innanzi operato che el re a questo proposito l'aveva
cavato di prigione e ritenutolo in corte onoratamente e però, sendo venute le
nuove della morte di Alessandro, Ascanio, ristrettosi con lui e mostrando sommo
desiderio della elezione sua, gli persuase che aggiunti gli amici e credito suo
a quello favore che e' vi aveva per lo ordinario per conto del re, la via essere
facile. In modo che con questa speranza Roano ne venne in Italia e menò seco
monsignore Ascanio per trovarsi alla nuova elezione, avendolo fatto prima
giurare che a ogni volontà e richiesta del re se ne ritornerebbe in Francia. E
benché e' venissino non molto presto, nondimeno per aspettare e' cardinali
assenti, si era a Roma date tante dilazioni che e' furono a tempo a entrare in
conclave; e ne' medesimi giorni che e' passorono per Firenze, era passato molte
gente franzese, ed el marchese di Mantova, e monsignore della Tramoia, a chi fu
fatto grande onore e mandatogli incontro insino a Parma Alamanno Salviati.
Giunti e'
cardinali a Roma ed entrati in conclave in numero circa a trentotto, si venne
allo scrutinio, nel quale doppo molte pratiche ed aggiramenti restorono vani e'
pensieri di monsignore di Roano perché oltre alla opposizione che gli feciono
gli spagnuoli che erano in numero circa undici, tutti quegli cardinali che
erono sanza rispetto la contradissono in modo che e' si trovò sanza altro
favore che de' cardinali franzesi e degli italiani sudditi del re, del Soderino
e del Medici e pochi altri dependenti del re, che non erano tanti che forse
ascendessino al terzo. E però sendo disperato di sé, fece instanzia fussi fatto
el cardinale Santa Prassede, di nazione genovese, el quale per essere stato
amico di Alessandro, aveva ancora grazia con molti cardinali spagnuoli,
nondimeno opponendosi a questa intenzione, fra gli altri, monsignore Ascanio ed
el cardinale de' Medici, la fine fu che doppo uno dibattito di circa dodici dì,
fu creato papa Francesco Piccoluomini, cardinale di Siena, uomo vecchio e di
buoni costumi e qualità, el quale in memoria di papa Pio secondo, suo zio,
assunse el nome di Pio terzo. Fatta la elezione, e' franzesi che non erano
ancora passati el Tevere, ne andorono alla vòlta del reame; ma perché
monsignore della Tramoia, o per essere ammalato o per altra cagione, ritornò
indrieto, la cura ed el pondo di tutto lo esercito rimase nelle mani del
marchese di Mantova.
Doppo la morte
di Alesandro, el duca Valentino, sendo amalato, stette molti dì colle gente sue
in Roma, e fu opinione volessi fare forza di creare un pontefice nuovo a suo
modo, ma di poi, o sendo un poco alleggerito dal male o fatto altro disegno,
usci di Roma colle gente per venirsene alla vòlta di Romagna, ma el male lo
impedi tanto che e' fu necessario si fermassi verso Civita Castellana. Erano
intanto e' Vitelli ritornati in Castello, Giampaolo in Perugia, el duca Guido
da Montefeltro in Urbino, gli Orsini negli stati loro; in Piombino entrò gente
e commessari in nome della città nostra, e' quali potendolo ritenere per noi,
lo restituirono, di commessione publica, a quello signore. Solo gli stati di
Romagna stavano fermi ne' quali certo, se fussi stato sano, si sarebbe
conservato perché gli aveva messo a governo di quegli popoli, uomini che gli
avevano governati con tanta giustizia ed integrità, che era sommamente amato da
loro, aggiugnevasi che arebbono avuto favore da' fiorentini, e' quali
dubitavano che e' viniziani non si insignorissino di qualcuno di quegli stati.
Ma non potendo per la infermità venire in quella provincia, Pesero e Rimino
richiamorono e' signori sua, Imola e Furli si dettono al pontefice, benché la
ròcca fussi un pezzo tenuta in nome di uno castellano spagnuolo che vi era
drento, che cercava darla con suo vantaggio.
Restava Faenza
nella quale tenevano pratiche e cogli uomini e col castellano e' viniziani;
tenevanvi pratiche e' fiorentini, e' quali cercavano per alcuni vi erano
rimasti de' Manfredi, non tanto per amore loro, quanto perché la non venissi in
mano de' viniziani ed a questo effetto avevano mandato commessario a Castracaro
Giovan Batista Ridolfi; ma finalmente era la cosa ridotta in termini, benché io
per non essere stato in quegli tempi a Firenze non abbia notizia del
particulare, che con poca spesa e' fiorentini facevano di quella città quello
che volevano, e si conchiudeva pe' savi cittadini che si facessi a ogni modo
per levare a' viniziani la oportunità di quella città, della quale si
varrebbono assai per le altre cose di Romagna e per le cose nostre per essere
in su' confini nostri e presso alla città a meno di trenta miglia. Non parve al
gonfaloniere, o perché avessi rispetto alla Chiesa, o perché avessi, e sanza
bisogno, paura di non entrare in nuova guerra co' viniziani, in modo che non se
ne faccendo conclusioni, e' viniziani finalmente, comperata la ròcca dal
castellano, la acquistorono per sé; e ne' medesimi dì avendo messo paura a
Pandolfo Malatesta signore di Rimino, uomo da poco e leggiere, comperorono da
lui Rimino, dandogli in ricompensa, oltre a certa somma di danari, Cittadella,
castello in quello di Padova, e condotta.
Era in questi
tempi vacata di nuovo la Chiesa, perché el nuovo papa, sendo vecchio e male
sano, circa a uno mese poi che fu eletto papa, morì; ed essendo nel crearlo,
perché Roano si era tolto giù, stata concorrenzia fra monsignore di San Piero
in Vincula, e Santa Prassede, fu a ultimo creato Santo Piero in Vincula,
chiamato Giuliano, di nazione savonese, e nipote di Sisto, da chi era stato
fatto cardinale, e nominato Iulio secondo. Risentissi mirabilmente di questa
perdita di Faenza e di Rimino, ma invano, perché e' viniziani non l'avevono preso
per rendergliene; in modo che sendo sdegnati gli animi, stettono più di uno
anno innanzi mandassino oratori a dargli la ubidienzia.
Mandò la città
a costui subito, a dare la ubidienzia, sei imbasciadori, che furono messer
Cosimo de' Pazzi vescovo aretino, messer Guglielmo Capponi protonotario e
maestro d'Altopascio, quale era riputato amico del papa, messer Antonio
Malegonnelle, Francesco Girolami.
Tommaso di
Paolantonio Soderini e Matteo Strozzi, nella elezione de' quali, avoto rispetto
che e' vi fussi qualche uomo di autorità si cercò che gli altri fussino uomini
ricchi e da potere andare bene in ordine, come richiedeva una tale legazione.
Costoro, data la obedienzia, renderono Citerna al papa, la quale, essendo terra
de' Vitelli, era venuta in mano di Valentino e poi, doppo la morte di
Alessandro, datasi a' fiorentini, ma perché la era di ragione ecclesiastica, el
pontefice la rivolle, e la città, per non si adirare seco in una cosa di non
molta importanza, e perché e' si concitassi tanto più contro a' viniziani,
facilmente lo acconsentì.
Intanto e'
Baglioni e gli Orsini erano iti alla volta di Valentino per amazzarlo, ma lui
non avendo altro rimedio, sendo ancora ammalato si era ritirato in Roma, dove
avendo operato co' cardinali Spagnuoli per San Piero in Vincola ed avuto
promesse grandi da lui, venne nelle sue mani; dove, tenuto sanza effetto alcuno
come prigione molti mesi, si fuggì a Napoli a Consalvi, dove sendo raccolto con
buona cera, fu di poi imprigionato e mandato prigione in Spagna; e quivi stato
in prigione più d'uno anno, si fuggì occultamente ed andossene in Navarra da'
sua parenti, dove fu preso in battaglia assaltato e morto.
In questo mezzo
erano e' franzesi entrati nel reame, e perché el marchese di Mantova amalato si
era ritornato a Mantova, sotto el governo de' capi franzesi erano venuti in sul
fiume del Garigliano, dove per la parte di Consalvo si era fatta resistenzia
che non potessino passare. Quivi stettono molti dì, ne' quali non facendo
profitto alcuno cominciorono, secondo che è la natura loro quando truovono
riscontro a disordinarsi, a andarsene in qua ed in là per la quale cosa
Consalvi uomo valentissimo, conosciuta la occasione, gli assaltò e dette una rotta
grandissima. Fu in questo conflitto lodata assai la virtù degli italiani,
massime de' Colonnesi e di Bartolomeo d'Albiano; de' franzesi una parte ne
fuggì a Gaeta, fra quali Piero de' Medici, fuggendo, annegò nel Garigliano; e
pochi dì poi e' franzesi che erano in Gaeta privati d'ogni speranza,
patteggiata la salute loro, dettono Gaeta a Consalvo, in forma che tutto quello
regno venne nelle mani del re di Spagna, e la riputazione di Consalvo, che era
chiamato el gran capitano, cominciò a essere sì grande, che tutta Italia non
diceva altro e n'aveva paura e riverenzia.
Né fu migliore
la fortuna del re di Francia di là da' monti, perché in Linguadoch a Salsa fu
interamente rotto dagli spagnuoli lo esercito suo; per le quali cose essendo quello
re assai sdegnato e conoscendo esserne state in gran parte cagione e' disordini
degli uomini sua, deliberò volersi per lo innanzi trovare personalmente a tutte
le imprese s'avessino a fare, le quali tutte insino a quello dì aveva
amministrate per mano de' sue capitani; e così sendo molto sbattuta e debole la
potenzia del re ed inviliti assai per Italia gli amici e dependenti sua, fu
ferma opinione che se Consalvi si fussi fatto innanzi colle sue gente, arebbe
co' danari medesimi degli italiani rivolto per tutta Italia lo stato de'
franzesi. Ma lui, o non considerando questo partito o per qualche altro
rispetto e fine incognito, acquistato che ebbe tutto el reame, eccetti quegli
porti che erano in mano de' viniziani co' quali teneva buona amicizia, fermò le
arme; in modo che poco poi tra Francia e Spagna si contrasse una triegua e si
cominciò a praticare accordo, el quale, come di poi si dirà, ebbe effetto.
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