Cacciati che
furono e' Medici di Firenze, e restata la città nel governo populare, furono e'
portamenti di Piero altieri e violenti, secondo la natura sue bestiale, e molto
alieni dal ritornare nella città; perché egli aveva a presupporre che la città
benché conquassata e smembrata del dominio di Pisa e delle altre terre, era
pure rimasta sì potente, che s'egli aveva a entrarvi per forza, bisognava che
avessi una forza ed uno appoggio molto grande ed estraordinario, in modo che
era tanto difficile, che e' si accostava allo impossibile. E però doveva
pensare che la principale parte che lo potessi rimettere in casa sua, sarebbe
stata l'avere qualche benivolenzia nella città, e così tenere modi di addolcire
gli inimici sua, mostrando di conoscere che l'avessino cacciato meritamente per
lo errore di avere voluto negare el passo al re di Francia, e nondimeno
scusarsene collo essere stato giovane e male consigliato, ma che aveva
imparato, in modo che in futuro, se mai ritornassi nella città, presterebbe
fede a' cittadini da bene e prudenti e vorrebbe che lo stato ed el governo
fussi più loro che suo; così ancora standosi in quiete e non suscitando
movimento alcuno, né tenendo pratica del ritornare con potentati italiani o
esterni, mostrare di non volere che per sua cagione la città ed el popolo
ricevessi danno o lesione alcuna, e con queste vie ingegnarsi di placare el
popolo e muoverlo in compassione di sé e fare scusa che gli errori sua erano
proceduti dalla età, e chiedere la tornata nella patria amorevolmente, e di
essere rimesso non come capo del governo e dello stato, ma come privato
cittadino. E corto era da giudicare che o questa via l'arebbe condotto alla
intenzione sua, o se questa non era buona, che nessuna altra bastava.
Ma lui usò modi
in tutto contrari: non era prima uscito di Firenze che scrisse una villana
lettera a Francesco Valori; cominciò a minacciare che ritornerebbe e
gastigherebbe gli inimici sua, venne più volte armato contro alla città, prima
a' confini di Arezzo, di poi alla porta in Casentino, a Arezzo; tenne
continuamente pratiche con viniziani con Milano col re di Francia col papa e
Valentino, tutte contro alla città, in modo che fu cagione di tenerla
continuamente in spese, sospetti, guerre ed affanni, e fu sempre uno instrumento
a quegli che vollono per tempo alcuno battere la città. Per le quali cose non
solo gli inimici sue vegghiavano sempre e' sue andamenti e di continuo gli
erano implacabili, ma ancora lo universale della città l'aveva in odio grande.
Fugli posta la
taglia drieto a lui e di poi a Giuliano suo fratello; furono fatte legge che
proibivano lo stare in casa el cardinale ed ogni commerzio con ciascuno di
loro, e poste grandissime pene a chi contrafacessi; per le quali, e di poi per
la morte di Bernardo del Nero e degli altri, e' cittadini spaventati, quando
capitavano a Roma o in luogo dove e' fussino, non conversavano con loro se non
occultamente e con riguardo; in modo che e' si faceva giudicio, e massime
quando fu fatto el gonfaloniere a vita e riformati e' disordini della città,
che e' Medici fussino in tutto spacciati; e' quali oltre al non avere più
grazia nella città, si trovavano in gran disordine, perché Piero nelle imprese
sue avendo speso tutto el mobile che gli era avanzato della ribellione, aveva
ancora messo el cardinale in grande spese e disordini
Ma creato el
gonfaloniere a vita, ed essendo circa a uno anno di poi morto Piero nel
Garigliano, el cardinale e Giuliano, o perché per lo ordinario fussino di
natura più civile ed umana, o perché considerassino che e' portamenti di Piero
non erano stati a proposito, cominciorono a tenere altri modi, ed ingegnarsi di
apparecchiarsi la tornata, non per forza e dispetto, ma con amore e
benivolenzia, e con beneficare e' cittadini, non con offendergli né in publico
né in privato. E però non pretermettevano di fare spezie alcuna di piacere a
quegli fiorentini che stavano o capitavano a Roma, dando loro grande aiuto e
favore in tutte le occorrenzie ed espedizione loro, servendo ancora di danari o
di credito chi n'avessi bisogno; ed in effetto la casa, le facultà, le forze e
la riputazione tutta del cardinale erano a saccomanno de' fiorentini. Le quali
cose faceva molto più grate el cardinale Soderino, che, essendo di natura avarissimo
e tutto di sé, né servendo o facendo piacere a alcuno fiorentino, era uno
paragone da fare cognoscere meglio la liberalità e benefici del Medici.
Queste cose,
divulgate a Firenze, avevano fatto che tutti quasi e' fiorentini, a chi
accadeva in Roma avere bisogno della corte o per espedizione di benefìci o per
altro, facevano o personalmente o con lettere capo al cardinale de' Medici,
insino ancora a quegli che erano stati loro inimici, e lui gli serviva tutti
prontissimamente, in modo che non solo avevano desti alla memoria loro molti
degli amici vecchi, ma ancora degli altri nella città; e dove, vivente Piero,
soleva essere odioso quasi a ognuno el nome di quella casa, ora, morto lui,
pareva che avessi favore e compassione. Il che procedeva massime da questi
modi, e perché tutto lo odio che si era portato loro era proceduto da Piero,
perché el cardinale e Giuliano, mentre che erano nella città, non avevono mai
né in publico né in privato offeso persona, né di poi, se non tanto quanto
erano stati mossi da Piero, ed inoltre erano sempre stati riputati di migliore
cervello e natura assai che Piero. Aggiunsesi lo odio del gonfaloniere, el
quale, sendo male voluto da tutti quegli a chi dispiaceva el Consiglio e che
arebbono voluto uno stato, da molti ancora a chi piaceva questo vivere e
nondimeno dispiacevano e' modi sua, aveva dato loro favore, e però si parlava
nella città più liberamente di loro che non si soleva, e non ostante le legge
che proibivano e' commerzi, molti scrivevano lettere a loro, tutti quegli che
capitavano a Roma o in luoghi dove e' fussino, non avendo eziandio bisogno di
loro, o alloggiavano con loro o gli andavano a visitare.
Le quali cose
benché dispiacessino al gonfaloniere insino al cuore nondimeno non se ne
risentiva né cercava di farne punizione; in modo che pigliandovisi su animo, si
conversava publicamente con loro, e molti giovani da bene, e' padri e le casa
di chi erano stati loro inimici nel 94, andando a Roma, si erano intrinsicati
seco e parevano diventati loro amici, mossi o per fare dispetto al
gonfaloniere, o perché desiderassino più oltre, e forse di rimettergli in casa.
Di questi era uno Bartolomeo Valori, el zio del quale, Francesco, era stato
inimico loro capitale, prima nel cacciargli, di poi nel perseguitargli, in
ultimo in fare tagliare el capo a Bernardo del Nero e gli altri, erane Piero di
Braccio Martelli, el padre di chi, benché solessi essere amico di Lorenzo, si
era nel scoperto vivamente contro a Piero, erane Giovanni di Bardo Corsi, el
padre di chi era stato inimico capitale di Lorenzo ed ammunito da lui e però,
benché e' fussi uomo di non molta qualità, fu nel 94 creato de' venti, e di poi
fatto due volte gonfaloniere di giustizia; erane Gino di Neri Capponi, el padre
di chi, trovandosi in Francia quando el re Carlo passò in Italia, aveva molto
perseguitato Piero, ed el zio Piero Capponi gli era stato inimico fierissimo ed
in gran parte cagione di tórgli lo stato, erane Antonio Francesco di Luca
d'Antonio degli Albizzi, ancora quasi fanciullo, ma di natura molto altiera ed
inquieta, el padre di chi, avendo insino a tempo di Lorenzo in odio la casa de'
Medici, si era nel 94 fatto vivo, e di poi nel tagliare el capo a' cinque
cittadini, seguitate gagliardamente le pedate di Francesco Valori, ed in ultimo
trovandosi in sulla ribellione di Arezzo, imbasciadore in Francia, non solo
allora ed in tutta quella legazione aveva fieramente perseguitato e' Medici, ma
ancora scritte a Firenze lettere caldissime in publico, confortando a volere
conservare la libertà e non volere avere per tiranni cittadini ingiuriati,
poverissimi ed usi alla tirannide.
Tutti costoro
capitando in diversi tempi a Roma, e stati raccolti lietamente dal cardinale e
Giuliano, ed intrinsicatisi con loro, avevano data la via a molti altri che,
veduto che nella città non se ne teneva conto, usavano liberamente le casa
loro, non come di rubelli, ma come dello oratore fiorentino residente a Roma.
Aggiugnevasi che era ferma opinione che Giovanni, figliuolo di Bernardo
Rucellai, vi fussi qualche volta ito scogniosciuto in poste, di che si traeva
coniettura che Bernardo suo padre, avendo più nel cuore lo odio che aveva col
gonfaloniere che lo odio ed inimicizie antiche co' Medici, si fussi
riconciliato con loro; e così Filippo Buondelmonti, inimicissimo del
gonfaloniere, el quale per l'adrieto era stato capitale inimico e di Lorenzo e
di Piero. E faceva giudicio qualche savio, che le pratiche di Bernardo fussino
ite più là che una semplice riconciliazione, massime ne' tempi che viveva
monsignore Ascanio, e di poi in sulla venuta di Bartolomeo d'Alviano, di che
nacque forse la cagione della partita sua.
Stando in
questi termini le cose de' Medici, e parendo al cardinale che e' modi tenuti da
lui gli avessino fatto profitto, e però disegnando di continuare ad acquistarsi
quanta più amicizia e benivolenzia poteva nella città, publicò di volere
maritare in Firenze una figliuola di Piero de' Medici e dargli una grossa dota
di cinque o seimila ducati, ed avendo tentato lo animo del gonfaloniere e
trovato che, benché e' dessi buone parole, pure quando si veniva allo
strignere, che la intenzione sua era che la non si maritassi a Firenze,
cominciò a tenere diverse pratiche. E benché tutti e' giovani che avevano a
tôrre donna l'avessino fatto volentieri per la qualità della dota, pure
dubitando non se ne facessi caso di stato, non era nessuno che avessi ardire di
tôrla e però per fare cimento di quello che n'avessi a essere, el cardinale
fece publicare d'averla maritata a Francesco figliuolo di Piero di messer Luca
Pitti, il che in fatto non era né aveva a essere, ma vollono tentare se a
Firenze se ne faceva romore. E però el gonfaloniere che cognobbe questo tratto,
ne fece fare una quarantìa, per dimostrare a qualunche la togliessi, che la
città lo punirebbe, di che si sopì chi aveva voglia di tôrla.
Ma poco poi el
cardinale, per mezzo di madonna Lucrezia donna di Iacopo Salviati e sua
sorella, tenne pratica col gonfaloniere di darla a Giovan Batista di
Paolantonio Soderini, nipote del gonfaloniere, a che el gonfaloniere prestò
orecchi, e nondimeno non si concluse, o perché non fussino d'accordo della
dota, o perché el gonfaloniere fussi stato da principio di questo animo, o
perché se ne ritraessi dubitando di non avere carico e venirne in sospetto al
popolo. Ma apiccata di poi per mezzo di messer Francesco di messer Tommaso
Minerbetti archidiacono di Santa Liperata, che era tornato da Roma, una pratica
di darla Filippo di Filippo Strozzi, garzone nobile e ricchissimo, lo effetto
fu che doppo molti e molti mesi detto parentado si concluse l'anno 1508, e
subito, non sendo ancora publicato, Filippo se ne andò a Napoli, e poco di poi
del mese di novembre in detto anno si scoperse in Firenze e venne a luce.
Di che
cominciandosi a parlare, si trovorono gli animi di diversi e vari gusti:
dispiaceva al gonfaloniere insino al cuore, e diceva che essendo Filippo
giovane, non aveva preso uno partito di questa natura da se medesimo, ma
confortato e consigliato da altri di maggiore autorità, e' quali non avevono
cerco di fare uno semplice parentado, ma sotto questa ombra tenere pratiche di
mutare lo stato e di rimettere e' Medici. Ed in questo parlare concorrevano con
lui Antonio Canigiani, Pierfrancesco Tosinghi, Alessandro Accialuoli, Niccolò
Valori, Alfonso Strozzi e simili, stati inimici de' Medici e mai riconciliatisi
per tempo alcuno, dando carico nominatamente a molti cittadini vecchi e
giovani; in modo che publicamente erano nominati come autori e consigliatori di
questo parentado, l'arcivescovo nuovo, Filippo Buondelmonti, Bernardo Rucellai,
e Palla e Giovanni sua figliuoli, madonna Lucrezia, Giovanni Corsi ed Antonio
Francesco degli Albizzi, compagno di Filippo e simili, e perché costoro avevano
infamia ed erano in sospetto di volere mutare lo stato, moltissimi che non si
scoprivano, sarebbono concorsi a ritrovare la origine e cagione di questa cosa
ed a punirla gagliardamente.
Da altra parte
gli Strozzi quasi tutti, sendone capi messer Antonio e Matteo, tutti quegli di
che di sopra è detto che si erano intrinsicati co' Medici, e di più Antonio
Giacomini e molti inimici del gonfaloniere, massime Giovan Batista Ridolfi ed
e' Salviati, benché questi procedessino più copertamente, erano alla difesa del
garzone, mossi chi per parentado suo, chi per affezione che avevano a' Medici,
chi per odio portavano al gonfaloniere, parendo loro, se non tirava questa
impresa, dargli una bastonata. Costoro tutti di accordo confessavano essere
state grande leggerezza quella di Filippo, che avendo uno stato bellissimo, e
per la nobilità della casa e per essere ricchissimo, si fussi impacciato con
rubelli ed inimici dello stato ed avessi preso uno partito da poterlo mettere
in pericolo assai; ma lo scusavano in quanto allo essere punito, allegando che
questo era uno parentado fatto semplicemente di suo moto proprio e sanza misura
alcuna di stato e sanza consiglio e conforto di altri; e però si vi cadeva
pena, non era per avere contrafatto allo stato, ma per avere tolto per donna
una già figliuola di rubello, in che non si trovava legge alcuna che punissi
questo caso; e se pure vi era, era uno statuto che metteva di pena quattromila
lire, el quale era giusto che si osservassi, e non si punissi alcuno a libito
del gonfaloniere o altri, se non in quanto esprimevano le legge della città.
Sendo le cose
in questi ragionamenti, gli Strozzi, ristretti insieme, andorono alla signoria,
e dicendo non sapere se el parentado era fatto o se era in termini da tornare
adrieto, si giustificorono, che quando fussi fatto, non era stato di loro
saputa e consentimento, e che per loro non resterebbe di fare ogni opera di
impedirlo, in caso che [non] fussi fatto. E così con licenzia della signoria
mandorono uno in poste a Filippo con lettere a sconfortarnelo; ed in
particulare Alfonso, suo fratello, mostrò una lettera ricevuta da lui, dove
confessava el parentado, dicendo averlo fatto per scarsità di parentadi, e che
non si curava del giudicio de' foggiettini, il che lo aggravò apresso a molti,
come se gli paressi essere di qualità che non trovassi in Firenze parentado
conveniente a lui, e così chiamando foggiettini e' popolani, si facessi beffe
del consiglio a governo populare; benché in fatto questa seconda parte non
nacque da lui, ma fu in risposta a una lettera di Alfonso, dove gli diceva che
faccendo questo parentado n'arebbe a stare a giudicio de' foggiettini.
Ed in quegli
medesimi dì, avendo un poco di male Alessandro Acciaiuoli, si ragunorono una
sera in casa sua Antonio Canigiani, Pierfrancesco Tosinghi e Niccolò Valori ed
alcuni altri, e' quali per essere stati aderenti di Francesco Valori si
chiamavano la setta valoriana; intervennevi ancora Alfonso Strozzi che faceva contro
al fratello. Consultorono costoro quello che fussi da fare di questa cosa, e fu
opinione conchiudessino quello che seguì; perché la mattina sequente o la altra
mattina di poi, el gonfaloniere, essendo Proposto, propose due partiti: uno,
che si comandassi a Filippo Strozzi che comparissi innanzi a loro per tutto dì
venticinque di dicembre, sotto pena di essere confinato nel reame di Napoli per
anni dieci, l'altro, che si comandassi alla madre, a' fratelli ed a chi aveva
in mano del suo che non gli rimettessino nulla sotto pena di ducati diecimila
per ogni volta che contrafacessino. E si vinsono con nove fave nere de'
signori; di che appresso agli uomini di mezzo e che giudicavano sanza passione
ebbe el gonfaloniere carico, perché pareva che governandosi da sé, trattassi
questo caso non come publico ed apartenente alla città, ma come privato, e così
parve cosa di pessimo esemplo, che sanza consulta ed e' modi ordinari facessi
con sei fave manomettere e' cittadini. Ebbonne carico e' signori d'aversene lasciati
menare da lui, e massime Luigi di Piero Guicciardini, el quale pareva che per
le qualità del padre suo e per ogni altro conto avessi avuto a considerare la
importanza di questa cosa ed a contradirgli, ma loro errorono non pensando.
Fattisi questi
partiti ed aspettandosi se e' compariva o no, ed essendo creati gli otto nuovi
che avevano a entrare di gennaio, fu posta una querela agli otto vecchi di
questo caso, e come Filippo l'aveva fatto per mutare stato; e fu opinione che
el gonfaloniere, parendogli che forse gli otto creati di nuovo non fussino a
suo proposito, facessi porre la querela agli otto vecchi, a fine la lasciassino
andare in quarantìa dove pensava aversi a fare uno giudicio severo. Ma fu
disegno vano, perché la fu posta a tempo che el termino del giudicarla andava
più là un mezzo dì che el tempo degli otto vecchi e così secondo gli statuti
della città ricadeva agli otto nuovi, a chi el tempo ricominciava a correre
come dal dì della querela data.
E pendendo così
la cosa si venne alla elezione della signoria nuova dove el gonfaloniere
osservando el costume, che è di confortare a fare buona elezione, ricordò al
consiglio come gli avevano una bella autorità ed uno pacifico vivere, e che lo
sapessino riconoscere e conservare, volendo mettere loro con queste parole
sospetto che el parentado era fatto a fine di mutare lo stato, a fine che gli
eleggessino uomini secondo el gusto suo; che furono verba ad corinthios perché,
come si intese poi, e' partiti andorono sanza riguardo e larghi al modo usato.
Posesi di poi una nuova querela agli otto, la quale significava come, per
essere Piero de' Medici venuto armata manu contro alla città nella
ribellione di Arezzo ed in altri tempi, era per virtù di uno statuto nostro caduto
in pena di rubello e lui e sua descendenti, e così che Filippo Strozzi aveva a
essere punito, non come se avessi tolto per donna una figliuola di uno rubello,
ma come d'avere tolto una rubella. Venne di poi uno brieve alla signoria
mandato dal pontefice, che confortava e priegava che volessino non impedire
questo matrimonio; a che la signoria rispose per ordine del gonfaloniere molto
caldamente pregandolo non volessi richiedere di queste cose, come né anche noi
lo richiederemo in quello che attenessi a' rubelli di Bologna.
Sopravenne poi
el termine del comparire, nel quale Filippo venne occultamente in Firenze,
essendo confortato al comparire sicuramente da alcuni de' signori che si
pentivano de' partiti che avevano fatti, e così el gonfaloniere disse agli
Strozzi che lo facessino venire; e però venne al termine ed essendo comparito,
non ostante che el gonfaloniere avessi avuto carico de' partiti fatti sanza
consulta, ed inoltre che fussi stato avvertito che non tentassi di farne più, perché
la signoria non reggerebbe, e massime da Piero Guicciardini che gliene fece
intendere per mezzo di messer Giovan Vettorio, nondimeno propose che gli era
bene fargli uno comandamento che non partissi de' terreni nostri sanza licenzia
dalla signoria. Ma non lo cimentò, veduto non vi essere el partito, perché
messer Francesco di Bartolomeo Pandolfini, Antonio di Lione Castellani, Luigi
Guicciardini e Francesco di... Calderini apertamente gliene contradissono
allegando che poi che la querela ne pendeva agli otto non era uficio della
signoria impacciarsene più, ma di lasciarla terminare agli otto, e così si
differì nel gennaio sequente, perché la signoria che successe non volle
impacciarsene; che furono Neri di Gino Capponi, parente degli Strozzi, Rafaello
di Alfonso Pitti, Averano di... Peruzzi, Federigo di Giuliano Gondi, Gentile
di... Sassetti, Ugolino di Giuliano Mazzinghi, Biagio di... Monti, Girolamo
di... dello Straffa.
E però pendendo
el giudicio nelle mani degli otto, cominciò a riscaldare questo umore
fieramente, perché da una parte erano caricati e' cittadini nominati di sopra
ed inoltre Giovan Batista Ridolfi e più e' Salviati riputati sua fautori, come
se e' volessino mutare lo stato; da altra era caricato el gonfaloniere in più modi:
prima che e' doveva, come aveva fatto Lorenzo nelle fanciulle de' Pazzi
lasciarla maritare a Firenze in qualche uomo da bene, e nondimeno non di
qualità che se n'avessi a pigliare sospetto; di poi, se pure e' non voleva
questo, sapendo che gli era qualche pratica di maritarla in Firenze, fare una
legge che lo proibissi e così come savio riparare più tosto che el male non
venissi che, venuto che fussi, averlo a medicare, e però potersi imputare alla
sua negligenzia questo disordine. Inoltre soggiugnevano che se questo era
delitto, s'aveva a punire ancora lui, per avere tenuta pratica di darla a
Giovan Batista suo nipote; e ancora el cardinale averla tenuta a Roma,
aggiugnendo la ritornata di Lorenzo figliuolo di Piero e promettendone el
consenso del gonfaloniere, il che e' non arebbe fatto sanza licenzia sua; e
però conoscersi che e' non aveva voluto fare legge probitiva, non per
negligenzia, ma perché non credendo che alcuno avessi animo di tôrla sanza sua
licenzia, voleva si maritassi per le mani sue, e darla a chi paressi a lui.
E si procedeva
ogni dì più caldo in queste quistione, in forma che Alfonso Strozzi disse che
volendo sanare la città bisognava tagliare el capo allo arcivescovo, a Bernardo
Rucellai, a Filippo Buondelmonti, a Giovanni Corsi ed a più altri; ed
Alessandro Acciaiuoli disse che Giovan Batista Ridolfi si faceva capo de'
giovani per fare scandolo tanto che ne feciono quistione; ed essendo in carico
grande Bernardo Rucellai che si trovava a Vinegia, scrisse una lettera alla
signoria in sua giustificazione, repetendo tutti e' processi sua insino da
Lorenzo, da Piero e dal frate, pe' quali si mostrava quanto sempre e' fussi
stato caldo che la città stessi in libertà ed in quiete.
In ultimo gli
otto, che ne erano massime capi Bernardo di Carlo Gondi, Carlo di Dionardo del
Benino e Giovan Francesco Fantoni considerando quanta divisione partoriva ogni
dì più questo caso e quanto terrebbe la città più inferma e sospesa se si
conducessi in una quarantìa, ed avendo forse notizia che el gonfaloniere
acconsentiva che la posassi, ne dettono con otto fave nere giudicio in questo
effetto: condannorono Filippo in ducati cinquecento d'oro e lo confinorono nel
reame di Napoli per anni tre; dichiarorono essere rubello Lorenzo figliuolo di
Piero secondo la forma degli statuti che parlavano della materia, e non la
femina, perché si era trovato uno altro statuto che ne eccettuava le femine. E
benché questo giudicio a chi paressi troppo, a chi poco, pure fu universalmente
riputato giudicio ragionevole, e gli otto furono commendati d'avere spento
questo fuoco che ogni dì più multiplicava e si estendeva.
Furono varie
opinioni quello che fussi seguìto di questo caso se e' fussi ito nella
quarantìa, e benché si fussi ridotto molto alla sorte degli uomini che fussino
stati tratti, pure io sono di opinione che se fussino stati tratti uomini di
mezzo, arebbe Filippo avuto maggiore pregiudicio, perché molti erano
insospettiti che non fussino pratiche di mutare lo stato, a molti dispiaceva
che la casa degli Strozzi, potente e grande, avessi avuto ardire fare una tale
cosa, e però giudicavano essere bene bastonargli. E certo è opinione che se el
gonfaloniere avessi da principio, quando el caso venne a luce, chiamato una
pratica e voluto che o con polizze o con fave manifestassino el parere loro, ne
sarebbe nato uno giudicio aspro, ma lui insospettito, secondo la natura sua,
de' cittadini, la volle governare da se medesimo; di che molti a chi
dispiaceva, si stettono a vedere, molti si sdegnorono che e' trattassi le cose
publiche come private e sue proprie; e nondimeno se gli Strozzi non si fussino
aiutati potentemente, el garzone capitava male, ma sendosene loro risentiti, e
perché Alfonso suo fratello teneva col gonfaloniere e Lorenzo Strozzi era
giovane, avendone preso la cura Matteo e governandola con consiglio
occultamente ed aiuto di Iacopo Salviati, ebbe fine facile.
Seguitavasi di
poi tuttavia nello strignere Pisa, e perché, secondo che di sotto si dirà, le
pratiche con Francia andavano alla via della conclusione, si fece risoluzione
fare ogni forza che non vi entrassi grano, ma sopravenendo nuova di Riviera di
Genova da Livorno e molti luoghi, come a Genova si caricava grano per metterlo
in Pisa, con tutto che si dubitassi non fussi ordine del re di Francia, pure
perché di Francia s'avevano di continuo buone lettere, e perché gli
imbasciadori scrivevano queste cose essere contro alla intenzione del re, si
deliberò proibirlo. E però, per fare più forte la armata nostra, si mandò una
parte delle nostre gente di arme con parecchi migliaia di battaglioni verso San
Piero in Grado, e' quali si divisono, ed una parte ne andò di qua di Arno, una
di là, in modo che sopravenendo poco poi la armata inimica, non ebbe ardire
andare più innanzi, ma si ritornò presto indrieto; e si intese era cosa di poco
fondamento e fatta più tosto con ordine di genovesi privati che del publico, e
non con legni della communità di Genova, ma di privati e forestieri soldati,
come mostrò lo effetto, per pochi dì. E perché, se tale sussidio venissi più
potente, si deliberò ripararvi e si conchiuse fare a San Piero in Grado uno
ponte in su Arno, come avevano fatto e' padri nostri quando ebbono Pisa; le
quale cose perché si facessino con più ordine e più riputazione, non si
trovando in campo pel publico altri che Niccolò Machiavelli cancelliere de'
dieci, vi furono eletti dagli ottanta, commessari generali Iacopo ed Alamanno
Salviati con grandissima riputazione di quella casa, ma trovato poi che tutti a
due insieme avevano divieto, sendo Alamanno di meno fave, rimasono Iacopo ed
Antonio da Filicaia. E perché Iacopo essendo di collegio rifiutò, fu in suo
luogo Alamanno, e così Antonio da Filicaia ed Alamanno Salviati andorono
commessari in quello di Pisa, e lasciato Niccolò Capponi in Cascina per le
provisioni necessarie, Alamanno andò a stare a San Piero in Grado ed Antonio a
Librafatta al governo del campo che era dalla altra parte di Arno.
In Pisa si
intendeva essere strettezza, e benché non tanta che si morissono di fame, pure
carestia grande e molti speravano che vedutosi privati dello aiuto de'
lucchesi, e come intendessino la conclusione fatta con Francia fussino per
venire a qualche accordo, e però avendo in quegli tempi el signore di Piombino
avisato a Firenze come imbasciadori pisani volevano venire a lui a trattare
accordo se avessino salvocondotto, parve al gonfaloniere concederlo loro, e fu
mandato el Machiavello a Piombino per intendere quello che dicessino, dove
sendo venuti circa venti fra cittadini e contadini di Pisa, la Pratica rimase
vana, perché non avevano mandato da conchiudere, e si comprese che non erano
venuti per accordarsi, ma e' capi che reggevano Pisa e che erano ostinatissimi
avevano introdutta questa pratica per pascere lo universale loro e tenerlo
disposto el meglio potevano; perché in fatto nella moltitudine erano molti che,
vedutosi in povertà e stento grande, arebbono desiderato pigliare accordo.
Alla fine di
questo anno si conchiuse con Francia in modo diverso dal ragionato di sopra; il
che perché si intenda meglio e si abbia notizia di uno principio di movimento
grande che andava a torno, s'ha a ripetere più da alto. Poi che el re de'
romani stretto da necessità fece vituperosamente triegua co' viniziani, per
virtù della quale le terre perdute rimanevano durante la triegua in mano de'
viniziani, con tutto che loro gli avessino a pagare le entrate, se ne andò
malissimo contento verso la Fiandra dove el duca di Ghelleri colle spalle de'
franzesi molestava quello stato; e' quali gli davano favore, perché lo
imperadore, constretto difendere lo stato de' nipoti sua, si divertissi dalle
imprese di Italia. Quivi stimolato da madonna Margarita figliuola sua e che era
a governo di quello dominio, stimolato da' popoli che desideravano non
guerreggiare co' franzesi, volse lo animo a' pensieri della pace con Francia.
La quale cosa era molto desiderata da Francia, perché la guerra de' tedeschi lo
teneva in spesa grande, con pericolo di molta perdita e sanza speranza alcuna
di guadagno, e però sendosi apiccata una pratica e trovatasi la materia
disposta, monsignore di Roano ne andò in Fiandra a aboccarsi con madonna
Margherita, e finalmente si fece conclusione e lega fra el re de' romani, re di
Francia e re di Spagna, per virtù della quale avendo el re di Francia la
investitura di Milano in certi modi, aveva a dare al re de' romani buona somma
di danari. Furono molti patti e capitoli segreti, l'effetto de' quali era
muovere di subito guerra a' viniziani e reintegrare ognuno di questi prìncipi
degli stati che apartenevano a loro, e perché el papa era ne' medesimi termini
rispetto alle cose di Romagna, gli fu riservato el luogo a entrare nella lega,
e fu fatto con sua saputa e consenso e dichiarato avessi a essere arbitro delle
differenzie nascessino fra questi principi e disegnato, per quanto si poté
comprendere, che avessi a concorrere alla impresa o con gente o con danari.
Fatto e
publicato questo accordo, subito el re di Francia dette danari a Massimiano e
cominciò a mettere in ordine uno esercito grossissimo per venire a tempo nuovo
in Italia contro a' viniziani e revocò da Vinegia lo imbasciadore vi teneva e
licenziò quello de' viniziani che era in Francia. Nel quale tempo essendo
ritornato Roan alla corte, chiamati gli imbasciadori nostri, e mostro loro con
quanta spesa facessi la impresa contro a' viniziani, alla quale moltissime
volte era stato stimolato da noi, e che cedeva in nostra grandissima utilità
richiese che la città lo servissi in presto di ducati cinquantamila, e lui ed
el re di Spagna si obligherebbono alla protezione nostra per tre anni,
aggiugnendo di favorirci alla impresa di Pisa, ed in caso che Pisa s'avessi fra
uno anno, noi gli avessimo a dare ducati cinquantamila ed altretanti al re di
Spagna; e così non s'avendo, non solo non vorrebbe altro, ma ci renderebbe e'
ducati cinquantamila datigli in prestanza.
Scrissono gli
imbasciadori a Firenze questa dimanda, e parve molto strana, perché, secondo le
condizione ragionate prima, non aveva a avere un quattrino innanzi alla avuta
di Pisa, e benché promettessi rendergli al caso che Pisa non si avessi,
nondimeno non si faceva fondamento l'avessi a fare; pure avendosi speranza di
Pisa e considerato che negandogli, era al tutto spicciata quella impresa,
considerando ancora la sua venuta in Italia con uno esercito potentissimo, e
quanta differenzia fussi l'averlo a avere amico o inimico, si concluse
facilmente el farlo e si dette commessione agli imbasciadori che
conchiudessino. E però, essendo loro in sul serrare, el re disse essere
contento alla protezione nostra contro a ognuno, etiam contro allo
imperadore, ma che per rispetto dello imperio non voleva si nominassi, ma si
includessi con parole generale, le quale quando non bastassino, che prometteva
a parole ed in fatto lo osserverebbe. Avisoronne gli oratori a Firenze, e si
concluse non si lasciassi per questo, perché quando bene si esprimessi, non lo
osserverebbe più che gli paressi, o se pure lo osservassi, così lo osserverebbe
promettendolo a parole. E così ridata la commessione, l'accordo si conchiuse
ne' modi detti di sopra, e ne venne a Firenze le nuove alla fine dello anno
1508, negli ultimi dì. In detto tempo, intendendosi come monsignore di Ciamonte
ne era venuto a Milano in poste per apparecchiare le cose necessarie alla
espedizione contro a' viniziani, gli fu mandato oratore Francesco Pandolfini.
|