X. L'armata aragonese di nuovo contro Genova. Sconfitta di Obietto dal
Fiesco a Rapallo. Rinuncia di don Federigo d'Aragona ad ogni altra impresa
d'importanza contro le riviere.
Ma il dì
medesimo che il re arrivò nella città di Asti, cominciando a dimostrarsigli con
lietissimo augurio la benignità della fortuna, gli sopravennono da Genova
desideratissime novelle. Perché don Federigo, poiché ritiratosi da Portovenere
nel porto di Livorno ebbe rinfrescata l'armata e soldato nuovi fanti, ritornato
nella medesima riviera, pose in terra Obietto dal Fiesco con tremila fanti; il
quale, occupata senza difficoltà la terra di Rapalle, distante da Genova venti
miglia, cominciò a infestare il paese circostante; il quale principio non
essendo di piccola importanza, perché nelle cose di quella città è, per la
infezione delle parti, pericolosissimo ogni quantunque minimo movimento, non
parve a quegli di dentro da comportare che per gli inimici si facesse maggiore
progresso. Però, lasciata una parte delle genti alla guardia della città, si
mossono col resto, per terra, alla volta di Rapalle i fratelli Sanseverini e
Giovanni Adorno, fratello di Agostino governatore di Genova, co' fanti
italiani, e il duca di Orliens con mille svizzeri in sulla armata di mare nella
quale erano diciotto galee, sei galeoni e nove navi grosse; i quali, unitisi
tutti presso a Rapalle, assaltorono con impeto grande gli inimici che avevano
fatto testa al ponte che è tra 'l borgo di Rapalle e uno stretto piano il quale
si distende insino al mare. Combatteva per gli aragonesi oltre alle forze
proprie il vantaggio del sito, per l'asprezza del quale più che per altra
munizione sono forti i luoghi del paese; e perciò il principio dell'assalto non
si dimostrava felice per gli inimici, e già i svizzeri, essendo in luogo
inabile a spiegare la loro ordinanza, cominciavano quasi a ritirarsi: ma
concorrevano tumultuosamente da ogni banda molti paesani seguaci degli Adorni,
i quali tra quegli sassi e monti asprissimi sono attissimi a combattere; e
essendo oltre a questo nel tempo medesimo infestati gli aragonesi per fianco
dall'artiglierie dell'armata franzese, accostatasi al lito quanto poteva, cominciorono
a sostenere difficilmente l'impressione degli inimici; e essendo già spuntati
dal ponte, sopragiunsono avvisi a Obietto, in favore del quale i suoi
partigiani non si erano mossi, appropinquarsi Gianluigi dal Fiesco con molti
fanti: per il che, dubitando di non essere assaltati dalle spalle, si messono
in fuga, e Obietto il primo, secondo l'uso de' fuorusciti, per la via della
montagna; restando, parte nel combattere parte nel fuggire, morti di loro più
di cento uomini, uccisione senza dubbio non piccola secondo le maniere del
guerreggiare le quali a quello tempo in Italia si esercitavano. Furono
medesimamente fatti molti prigioni, tra i quali Giulio Orsino, che, soldato del
re, avea con quaranta uomini d'arme e alcuni balestrieri a cavallo seguitata
l'armata, e Fregosino figliuolo del cardinale Fregoso e Orlandino della
medesima famiglia. Assicurò al tutto questa vittoria le cose di Genova: perché
don Federigo, il quale, subito che ebbe posti i fanti in terra, si era, per non
essere costretto a combattere nel golfo di Rapalle con l'armata inimica,
allargato in alto mare, disperandosi di potere fare per allora più frutto
alcuno, ritirò un'altra volta l'armata nel porto di Livorno: e benché quivi di
nuovi fanti si provedesse, e disegni vari avesse di assaltare qualche altro
luogo delle riviere, nondimeno, come per i princìpi avversi delle imprese si
perde e l'animo e la riputazione, non tentò più cosa alcuna di momento;
lasciando giusta cagione a Lodovico Sforza di gloriarsi che aveva con la
industria e consigli suoi scherniti gli avversari, perché non altro avere
salvato le cose di Genova che la tardità della mossa loro, procurata con l'arti
sue e con le speranze vane che aveva date.
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