XII. I Colonnesi, occupata la rocca di Ostia, si dichiarano apertamente per
il re di Francia. Scarsa fortuna dell'esercito aragonese in Romagna.
Ma mentre che 'l re impedito dalla
infermità si stava in Asti, nacque nel paese di Roma nuovo tumulto; perché i
Colonnesi, i quali, benché Alfonso avesse accettate tutte le dimande immoderate
che avevano fatte, si erano, subito che Obignì fu entrato con le genti franzesi
in Romagna, deposta la simulazione, dichiarati soldati del re di Francia,
occuporno la rocca d'Ostia, per trattato tenuto da alcuni fanti spagnuoli che
v'erano a guardia. Costrinse questo caso il pontefice a querelarsi della
ingiuria franzese con tutti i prìncipi cristiani, e specialmente co' re di
Spagna e col senato viniziano, al quale, benché invano, domandò aiuto, per
l'obligo della confederazione contratta l'anno precedente insieme; e voltatosi
con animo costante alle provisioni della guerra, citati Prospero e Fabrizio, a'
quali fece poi spianare le case che avevano in Roma, e unite le genti sue e
parte di quelle d'Alfonso sotto Verginio, in sul fiume del Teverone appresso a
Tivoli, le mandò in sulle terre de' Colonnesi, i quali non avevano altre genti
che dugento uomini d'arme e mille fanti. Ma dubitando poi il pontefice che
l'armata franzese, la quale era fama dovere andare da Genova al soccorso
d'Ostia, non avesse ricetto a Nettunno, porto de' Colonnesi, Alfonso, raccolte
a Terracina tutte le genti che il pontefice ed egli avevano in quelle parti, vi
pose il campo, sperando di espugnarlo agevolmente; ma difendendolo i Colonnesi
francamente, e essendo passata senza opposizione nelle terre loro la compagnia
di Cammillo Vitelli da Città di Castello e de' fratelli, soldati di nuovo dal
re di Francia, il pontefice richiamò a Roma parte delle sue genti che erano in
Romagna con Ferdinando.
Le cose del
quale non continuavano di procedere con quella prosperità la quale pareva che
si fusse dimostrata da principio. Perché arrivato a Villafranca tra Furlì e
Faenza, e di quivi prendendo il cammino per la strada maestra verso Imola,
l'esercito inimico, che era alloggiato appresso a Villafranca, essendo
inferiore di forze, si ritirò tra la selva di Lugo e Colombara presso al
fossato del Genivolo, alloggiamento per natura molto forte, luogo d'Ercole da
Esti, del dominio del quale aveva le vettovaglie; onde tolta a Ferdinando, per
la fortezza del sito, la facoltà d'assaltargli senza gravissimo pericolo,
partito da Imola, andò ad alloggiare a Toscanella appresso a Castel San Piero
nel territorio bolognese; perché desiderando di combattere, cercava, con la
dimostrazione di andare verso Bologna, mettere gli inimici, per non gli
lasciare libero l'andare innanzi, in necessità di condursi in alloggiamenti non
tanto forti: ma essi dopo qualche dì, approssimatisi a Imola, si fermorono in
sul fiume del Santerno tra Lugo e Santa Agata, avendo alle spalle il fiume del
Po, e in alloggiamento molto fortificato. Alloggiò Ferdinando, il dì seguente,
vicino a loro a sei miglia, in sul fiume medesimo appresso a Mordano e Bubano,
e l'altro dì con l'esercito ordinato in battaglia si presentò vicino a uno
miglio; ma poi che per spazio di qualche ora gli ebbe aspettati indarno nella
pianura, comodissima per la sua larghezza a combattere, essendo di manifesto
pericolo l'assaltargli a quello alloggiamento, andò ad alloggiare a Barbiano
villa di Cotignuola, non più verso la montagna, come insino ad allora aveva
fatto, ma per fianco agli inimici; avendo sempre il medesimo intento di
costrignergli, se avesse potuto, a uscire degli alloggiamenti così forti. Era
paruto che insino a questo dì le cose del duca di Calavria fussino procedute
con maggiore riputazione, perché e gli inimici avevano apertamente ricusato il
combattere, difendendosi più con la fortezza degli alloggiamenti che con la
virtù dell'armi, e in qualche riscontro fatto tra i cavalli leggieri erano più
tosto gli aragonesi rimasti superiori; ma essendo poi continuamente augumentato
l'esercito franzese e sforzesco, per il sopravenire delle genti che da
principio erano restate indietro, cominciò a variarsi lo stato della guerra.
Perché il duca, raffrenato l'ardore suo dai consigli de' capitani che gli erano
appresso, per non si commettere se non con vantaggio alla fortuna, si ritirò a
Santa Agata, terra del duca di Ferrara; dove, essendo diminuito di fanti e in
mezzo delle terre ferraresi, e partita già quella parte delle genti d'arme
della Chiesa la quale aveva rivocata il pontefice, attendeva a fortificarsi; ma
soprasedutovi pochi dì, avuta notizia aspettarsi di nuovo nel campo degl'inimici
dugento lancie e mille fanti svizzeri mandati dal re di Francia subito che e'
fu arrivato in Asti, si ritirò nella cerca di Faenza, luogo tralle mura di
quella città e uno fosso, il quale lontano circa uno miglio della terra e
circondandola tutta rende quel sito molto forte; per la ritirata del quale gli
inimici venneno nell'alloggiamento, abbandonato da lui, di Santa Agata.
Dimostrossi certamente animoso l'uno esercito e l'altro quando vedde l'inimico
inferiore, ma quando le cose erano quasi pareggiate, ciascuno fuggiva il
tentare la fortuna; perché (quel che rarissime volte accade che uno medesimo
consiglio piaccia a due eserciti inimici) pareva a' franzesi e agli sforzeschi
ottenere l'intento per il quale si erano mossi di Lombardia se impedivano che
gli aragonesi non passassino più innanzi, e il re Alfonso, riputando acquisto
non piccolo che i progressi degli inimici insino alla vernata si ritardassino,
aveva commesso espressamente al figliolo e ordinato a Gianiacopo da Triulzi e
al conte di Pitigliano che non mettessino senza grande occasione in potestà
della fortuna il regno di Napoli, che era perduto se quell'esercito si perdeva.
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