XVIII. Favore delle popolazioni del reame di Napoli per i francesi. Alfonso
d'Aragona abbandona l'autorità di re a favore del figliuolo Ferdinando e fugge
a Mazari in Sicilia. Ferocia dei francesi al Monte di San Giovanni.
Dimorò Carlo in
Roma circa uno mese, non avendo per ciò cessato di mandare gente a' confini del
regno napoletano: nel quale già ogni cosa tumultuava in modo che l'Aquila e
quasi tutto l'Abruzzi aveva, prima che 'l re partisse di Roma, alzate le sue
bandiere, e Fabrizio Colonna aveva occupato i contadi d'Albi e di Tagliacozzo;
né era molto più quieto il resto del reame. Perché subito che Ferdinando fu
partito da Roma cominciorono i frutti dell'odio che i popoli portavano ad
Alfonso ad apparire, aggiugnendosi la memoria di molte acerbità usate da
Ferdinando suo padre; donde, esclamando con grandissimo ardore delle iniquità
de' governi passati e della crudeltà e superbia d'Alfonso, il desiderio della
venuta de' franzesi palesemente dimostravano; in modo che le reliquie antiche
della fazione angioina, benché congiunte con la memoria e col seguito di tanti
baroni stati scacciati e incarcerati in vari tempi da Ferdinando, cosa per sé
di somma considerazione e potente instrumento ad alterare, facevano in questo tempo,
a comparazione dell'altre cagioni, piccolo momento: tanto senza questi stimoli
era concitata e ardente la disposizione di tutto il regno contro ad Alfonso. Il
quale, intesa che ebbe la partita del figliuolo da Roma, entrò in tanto terrore
che, dimenticatosi della fama e gloria grande la quale con lunga esperienza
aveva acquistato in molte guerre d'Italia, e disperato di potere resistere a
questa fatale tempesta, deliberò di abbandonare il regno, rinunziando il nome e
l'autorità reale a Ferdinando, e avendo forse qualche speranza che rimosso con
lui l'odio sì smisurato, e fatto re uno giovane di somma espettazione, il quale
non aveva offeso alcuno e quanto a sé era in assai grazia appresso a ciascuno,
allenterebbe per avventura ne' sudditi il desiderio de' franzesi: il quale
consiglio, se forse anticipato arebbe fatto qualche frutto, differito a tempo
che le cose non solo erano in veemente movimento ma già cominciate a
precipitare, non bastava più a fermare tanta rovina. È fama eziandio (se però è
lecito tali cose non del tutto disprezzare) che lo spirito di Ferdinando apparì
tre volte in diverse notti a Iacopo primo cerusico della corte, e che prima con
mansuete parole dipoi con molte minaccie gli impose dicesse ad Alfonso, in suo
nome, che non sperasse di potere resistere al re di Francia, perché era
destinato che la progenie sua, travagliata da infiniti casi e privata
finalmente di sì preclaro regno, si estinguesse. Esserne cagione molte enormità
usate da loro, ma sopra tutte quella che, per le persuasioni fattegli da lui
quando tornava da Pozzuolo, nella chiesa di San Lionardo in Chiaia appresso a
Napoli aveva commessa: né avendo espresso altrimenti i particolari, stimorono
gli uomini che Alfonso l'avesse in quel luogo persuaso a fare morire
occultamente molti baroni, i quali lungo tempo erano stati incarcerati. Quel
che di questo sia la verità, certo è che Alfonso, tormentato dalla coscienza
propria, non trovando né dì né notte requie nell'animo, e rappresentandosegli
nel sonno l'ombre di quegli signori morti, e il popolo per pigliare supplicio
di lui tumultuosamente concitarsi, conferito quel che aveva deliberato
solamente con la reina sua matrigna, né voluto, a' prieghi suoi, comunicarlo né
col fratello né col figliuolo, né soprastare pure due o tre dì soli per finire
l'anno intero del suo regno, si partì con quattro galee sottili cariche di
molte robe preziose; dimostrando nel partire tanto spavento che pareva fusse
già circondato da' franzesi, e voltandosi paurosamente a ogni strepito come
temendo che gli fussino congiurati contro il cielo e gli elementi; e si fuggì a
Mazari terra in Sicilia, statagli prima donata da Ferdinando re di Spagna.
Ebbe il re di
Francia, all'ora medesima che si partiva di Roma, avviso della sua fuga. Il
quale come fu arrivato a Velletri, il cardinale di Valenza fuggì occultamente
da lui: della quale cosa benché il padre facesse gravi querele, offerendo
d'assicurare il re in qualunque modo volesse, si credette fusse stato per suo
comandamento, come quello che voleva fusse in sua facoltà l'osservare o no le
convenzioni fatte con lui. Da Velletri andò l'antiguardia a Montefortino, terra
posta nella campagna della Chiesa e suddita a Iacopo Conte barone romano; il
quale, condotto prima agli stipendi di Carlo, si era di poi, potendo più in lui
l'odio de' Colonnesi che l'onore proprio, condotto con Alfonso: il quale
castello battuto dall'artiglierie, benché fortissimo di sito, presono i
franzesi in pochissime ore, ammazzando tutti quegli che v'erano dentro eccetto
tre suoi figliuoli con alcuni altri che rifuggiti nella fortezza, come veddono
dirizzarvisi l'artiglierie, s'arrenderono prigioni. Andò dipoi l'esercito al
Monte di San Giovanni, terra del marchese di Pescara, posta in su i confini del
regno nella medesima campagna, la quale forte di sito e di munizione non era
meno munita di difensori, perché vi erano dentro trecento fanti forestieri e
cinquecento degli abitatori dispostissimi a ogni pericolo, in modo si giudicava
non si dovesse espugnare se non in ispazio di molti dì. Ma i franzesi avendolo
battuto con l'artiglierie poche ore, gli dettono, presente il re che vi era
venuto da Veroli, con tanta ferocia la battaglia che, superate tutte le
difficoltà, l'espugnorono per forza il dì medesimo: dove, per il furore loro
naturale e per indurre con questo esempio gli altri a non ardire di resistere,
commessono grandissima uccisione; e dopo avervi esercitato ogn'altra specie di
barbara ferità incrudelirono contro agli edifici col fuoco. Il quale modo di
guerreggiare, non usato molti secoli in Italia, empié tutto il regno di
grandissimo terrore, perché nelle vittorie, in qualunque modo acquistate,
l'ultimo dove soleva procedere la crudeltà de' vincitori era spogliare e poi
liberare i soldati vinti, saccheggiare le terre prese per forza e fare prigioni
gli abitatori perché pagassino le taglie, perdonando sempre alla vita degli
uomini i quali non fussino stati ammazzati nello ardore del combattere.
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