VI. I preparativi de' collegati contro i francesi. Intimazioni e minacce di
Lodovico Sforza al duca d'Orliens che si fortifica in Asti. Il duca d'Orliens
occupa Novara. Fazione di Vigevano.
Ma già le cose
di Lombardia non mediocremente travagliavano; perché da' viniziani e da
Lodovico Sforza, il quale aveva ne' medesimi dì ricevuto da Cesare con grandissima
solennità i privilegi della investitura del ducato di Milano, e prestato, agli
imbasciadori che gli aveano portati, publicamente l'omaggio e il giuramento
della fedeltà, si facevano grandissime provisioni per impedire a Carlo la
facoltà di ritornarsene in Francia, o almeno per assicurare il ducato di
Milano, per il quale egli aveva ad attraversare per tanto spazio di paese: e a
questo effetto, avendo ciascun di loro riordinato le sue genti, avevano, parte
a comune parte in proprio, condotto di nuovo molti uomini d'arme, e dopo varie
difficoltà ottenuto che Giovanni Bentivogli, preso lo stipendio comune da loro,
aderisse alla lega, con la città di Bologna. Armava ancora a Genova Lodovico,
per sicurtà di quella città, dieci galee a spese sue proprie, e quattro navi
grosse a spese comuni del papa de' viniziani e sue; e intanto, per eseguire
quello che era obligato per i capitoli della confederazione, alla espugnazione
di Asti, aveva mandato a soldare in Germania dumila fanti, e voltato a quella
espedizione Galeazzo da San Severino con settecento uomini d'arme e tremila
fanti: promettendosene con tanta speranza la vittoria che, come era per natura
molto insolente nelle prosperità, per schernire il duca d'Orliens, mandò a
ricercarlo che in futuro non usurpasse più il titolo di duca di Milano, il
quale titolo avea dopo la morte di Filippo Maria Visconte assunto Carlo suo
padre; non permettesse che nuove genti franzesi passassino in Italia; facesse
ritornare quelle che erano in Asti di là da' monti; e che per sicurtà
dell'osservanza di queste cose depositasse Asti in mano di Galeazzo da San
Severino, del quale il suo re poteva confidare non meno di lui, avendo l'anno
dinanzi in Francia ammessolo nella confraternita e ordine suo di San Michele:
magnificando, oltre a questo, con la medesima iattanza le forze sue, le
provisioni de' collegati per opporsi al re in Italia, e gli apparati che
faceano il re de' romani e i re di Spagna per muovere la guerra di là da'
monti. Ma poco moveva Orliens la vanità di queste minaccie. Il quale, subito
che aveva avuto notizia trattarsi di fare la nuova confederazione, aveva atteso
a fortificare Asti, e con grande instanza sollecitato che di Francia venissino
nuove genti; le quali, essendo state dimandate dal re che venissino in soccorso
proprio, cominciavano con prestezza a passare i monti: e perciò Orliens, non
temendo degli inimici, uscito alla campagna, prese nel marchesato di Saluzzo la
terra e la rocca di Gualfinara, posseduta da Antonio Maria da San Severino;
donde Galeazzo, che prima aveva prese alcune piccole castella, si ritirò con
l'esercito ad Anon, terra del ducato di Milano vicina ad Asti, non avendo né
speranza di potere offendere né timore di essere offeso. Ma la natura di
Lodovico, inclinatissima a implicarsi prontamente in imprese che ricercavano
grandissime spese, e per contrario alienissima, benché nelle maggiori
necessità, dallo spendere, fu cagione di mettere lo stato suo in gravissimi
pericoli; perché per la scarsità de' pagamenti erano venuti pochissimi de' fanti
alamanni, e per la medesima strettezza le genti che erano con Galeazzo ogni
giorno diminuivano: e per contrario, sopravenendo continuamente gli aiuti di
Francia, i quali, per essere chiamati al soccorso della persona del re,
passavano con grande prontezza, il duca d'Orliens aveva già insieme trecento
lancie tremila fanti svizzeri e tremila guasconi: e benché da Carlo gli fusse
stato precisamente comandato che, astenendosi da ogni impresa, stesse preparato
a potere, quando fusse chiamato, farsegli incontro, nondimeno, come è difficile
il resistere agli interessi propri, deliberò di accettare l'occasione
d'occupare la città di Novara, nella quale offerivano di metterlo due Opizini
Caza, l'uno cognominato nero l'altro cognominato bianco, gentil'uomini di quella
città; a' quali era molto odioso il duca di Milano, perché a loro e a molti
altri novaresi aveva, con false calunnie e con giudici ingiusti, usurpato certi
condotti di acque e possessioni. Però Orliens, composta la cosa con loro,
accompagnato da Lodovico marchese di Saluzzo, passato di notte il fiume del Po
al ponte a Stura, giurisdizione del marchese di Monferrato, fu con le sue genti
da' congiurati, senza alcuna resistenza, ricevuto in Novara, donde avendo
subito fatto scorrere parte delle sue genti insino a Vigevano, si crede che se
con tutto l'esercito fusse sollecitamente andato verso Milano si sarebbono
suscitati grandissimi movimenti: perché, intesa la perdita di Novara, si
veddono molto sollevati a cose nuove gli animi de' milanesi; e Lodovico, non
manco timido nell'avversità che immoderato nelle prosperità (come quasi sempre
è congiunta in uno medesimo subietto la insolenza con la timidità), dimostrava
con inutili lagrime la sua viltà; né le genti che erano con Galeazzo, nelle
quali sole consisteva la sua difesa, restate indietro, si dimostravano in luogo
alcuno.
Ma non essendo
sempre note a' capitani le condizioni e i disordini degli inimici, si perdono
spesso nelle guerre bellissime occasioni: né anche pareva verisimile che contro
a uno principe tanto potente potesse succedere sì subita mutazione. Orliens,
per stabilire l'acquisto di Novara, si fermò all'espugnazione della rocca, la
quale il quinto dì convenne d'arrendersi se infra uno dì non fusse soccorsa;
per il quale intervallo di tempo ebbe spazio il Sanseverino di ridursi con le
sue genti in Vigevano, e il duca, che per riconciliarsi gli animi de' popoli
aveva, per bando publico, levati molti dazi che prima aveva imposti, di
accrescere l'esercito. E nondimeno Orliens, accostatosi con le sue genti alle
mura di Vigevano, presentò la battaglia agli inimici; i quali erano in tanto
terrore che ebbono inclinazione d'abbandonare Vigevano, e passare il fiume del
Tesino per il ponte che v'avevano fatto in sulle barche. Ma ritiratosi Orliens
a Trecas, poi che essi recusavano di combattere, cominciorono le cose di
Lodovico Sforza a prosperare, sopravenendo continuamente all'esercito suo
cavalli e fanti, perché i viniziani, contenti che a loro rimanesse quasi tutto
il peso di opporsi a Carlo, consentirono che Lodovico richiamasse parte delle
genti che avea mandate in parmigiano, e gli mandorono oltre a ciò quattrocento
stradiotti; talmente che a Orliens fu tolta la facoltà di passare più innanzi,
e avendo fatto correre di nuovo cinquecento cavalli insino a Vigevano, uscendo
fuora ad assaltargli i cavalli degli inimici, riceverono quegli di Orliens
grave danno. Andò dipoi il Sanseverino, già superiore di forze, a presentargli
la battaglia a Trecas; e ultimamente, raccolto tutto l'esercito, nel quale
oltre a soldati italiani erano arrivati mille cavalli e dumila fanti tedeschi,
alloggiò appresso a un miglio a Novara, ove Orliens si era con tutte le genti
ritirato.
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