III. Nuove vicende della lotta tra francesi ed aragonesi nel reame di
Napoli. La fortuna francese declina in Calabria. Carlo VIII consuma in divertimenti
il tempo a Lione. Ricusa proposte fatte avanzare da' veneziani per decidere le
cose del reame di Napoli.
Dove, e innanzi
alla perdita delle castella e poi, si era con vari accidenti, in vari luoghi,
continuamente travagliato e travagliava. Perché avendo da principio fatta testa
Ferdinando nel piano di Sarni, i franzesi ritiratisi da Pié di Grotta si erano
fermati a Nocera, vicini agli inimici a quattro miglia; dove essendo le forze
dell'uno e l'altro esercito assai del pari consumavano il tempo inutilmente a
scaramucciare, non facendosi cosa alcuna memorabile: eccetto che, essendo stati
condotti con trattato doppio per entrare nel castello di Gifone, vicino alla terra
di Sanseverino, circa a settecento cavalli e fanti di Ferdinando, vi rimasono
quasi tutti o morti o prigioni; ma essendo sopravenute in aiuto di Ferdinando
le genti del pontefice, i franzesi diventati inferiori si discostorono da
Nocera: onde quella terra insieme con la sua fortezza fu presa da Ferdinando,
con uccisione grande de' seguaci de' franzesi. Aveva in questo tempo
Mompensieri atteso a provedere le genti, uscite seco di Castelnuovo, di cavalli
e d'altre cose necessarie alla guerra; le quali riordinate, unito con gli altri
venne ad Ariano, terra molto abbondante di vettovaglie: e Ferdinando da altra
parte, essendo meno potente degli inimici, si fermò a Montefoscoli; per
temporeggiarsi, senza tentare la fortuna, insino a tanto che da' confederati avesse
maggiore soccorso. Prese Mompensieri la terra e dipoi la fortezza di San
Severino, e arebbe fatti senza dubbio maggiori progressi se non l'avesse
impedito la difficoltà de' danari; perché non essendogliene mandati di Francia,
né avendo facoltà di cavarne del regno, e perciò non potendo pagare i soldati,
e stando per questa cagione l'esercito malcontento e massimamente i svizzeri,
non faceva effetti pari alle forze che avea. Consumoronsi con queste azioni,
per l'uno e l'altro esercito, circa a tre mesi. Nel quale tempo e nella Puglia
guerreggiava con gli aiuti del paese don Federico, con cui era don Cesare
d'Aragona, essendogli oppositi i baroni e i popoli che seguitavano la parte
franzese; e nell'Abruzzi Graziano di Guerra, molestato dal conte di Popoli e da
altri baroni aderenti a Ferdinando, si difendeva con valore grande; e il
prefetto di Roma, che dal re aveva la condotta di dugento uomini d'arme,
molestava dagli stati suoi le terre di Montecasino e il paese circostante. Ma
più importanti erano le cose della Calavria, dove era declinata alquanto la
prosperità de' franzesi, essendo ammalato Obignì di lunga infermità, la quale
gli interroppe il corso della vittoria. Con tutto che quasi tutta la Calavria e
il Principato fussino a divozione del re di Francia, Consalvo, rimesse insieme
le genti spagnuole e i paesani amici degli aragonesi, i quali per l'acquisto di
Napoli erano augumentati, aveva prese alcune terre, e manteneva vivo in quella
provincia il nome di Ferdinando: dove per i franzesi erano le medesime
difficoltà, per mancamento di danari, che nello esercito. Nondimeno essendosi
ribellata da loro la città di Cosenza, la recuperorno e saccheggiorno. Né in
tante necessità e pericoli de' suoi provisione alcuna di Francia compariva:
perché il re, fermatosi a Lione, attendeva a giostre a torniamenti e a piaceri,
deposti i pensieri delle guerre; affermando sempre di volere di nuovo attendere
alle cose d'Italia ma non ne dimostrando co' fatti memoria alcuna. E nondimeno,
avendogli riportato Argentone da Vinegia che il senato viniziano aveva risposto
non pretendere d'avere inimicizia seco, non avendo pigliate l'armi se non dopo
l'occupazione di Novara, né per altro che per la difesa del duca di Milano loro
collegato, e però giudicare essere superfluo il riconfermare l'amicizia antica
con nuova pace, e che da altra parte gli aveva fatto offerire per terze persone
di indurre Ferdinando a dargli di presente qualche somma di danari e
costituirgli censo di cinquantamila ducati l'anno, lasciandogli per sicurtà in mano
Taranto per certo tempo, il re, come se avesse il soccorso preparato e potente,
ricusò di prestarvi orecchi: con tutto che, oltre alle difficoltà d'Italia, non
fusse a' confini della Francia senza molestia; perché Ferdinando re di Spagna,
venuto personalmente a Perpignano, aveva fatto correre delle sue genti in
Linguadoca, facendo prede e danni assai e continuando con dimostrazione di
maggiore moto; ed era morto nuovamente il delfino di Francia, unico figliuolo
del re: tutte cose da farlo più facilmente, se in lui fusse stata capacità di
determinarsi alla pace o alla guerra, inclinare a qualche concordia.
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