V. Ferdinando d'Aragona minacciato dalla venuta di nuove truppe nemiche.
Aiuti de' veneziani e degli altri confederati a Ferdinando. Nuove vicende della
guerra. Equilibrio delle forze avversarie.
Perché il pericolo del regno di Napoli da
ogn'altra cura gli divertiva: atteso che Verginio, raccolti al Bagno a Rapolano
e poi nel perugino, dove dimorò qualche giorno, molti soldati, andava con gli
altri della casa Orsina verso lo Abruzzi; e al medesimo cammino andavano con la
compagnia loro Cammillo e Pagolo Vitelli. A' quali denegando di dare
vettovaglie il castello di Montelione fu da loro messo a sacco; da che spaventate
l'altre terre della Chiesa donde avevano a passare, non si ritenendo per i
gravi comandamenti fatti in contrario dal pontefice, concedevano loro per tutto
alloggiamento e vettovaglie. Per il che, e molto più perché si affermava che di
Francia veniva per mare nuovo soccorso, parendo che le cose franzesi fussino
per ricevere nel reame di Napoli grande augumento, né potendo Ferdinando, il
quale era senza danari e con molte difficoltà, sostenere senza maggiori aiuti
tanto peso, fu costretto di pensare per la difesa sua a nuovi rimedi.
Non avevano gli
altri potentati da principio compreso Ferdinando nella loro confederazione; e
ancora che, da poi che ebbe ricuperato Napoli, i re di Spagna avessino fatto
instanza che e' vi fusse ammesso, i viniziani l'avevano recusato, persuadendosi
le sue necessità essere mezzo atto al disegno che già facevano che in potestà
loro pervenisse una parte di quel reame. Però Ferdinando, privato d'ogn'altra
speranza, perché di Spagna non aspettava nuovi sussidi né volevano gli altri
collegati sottomettersi a tanta spesa, convenne col senato viniziano,
promettendo l'osservanza per ciascuna delle parti il pontefice e gli oratori
de' re di Spagna in nome de' suoi re, che i viniziani mandassino nel regno in
soccorso suo il marchese di Mantova loro capitano, con settecento uomini d'arme
cinquecento cavalli leggieri e tremila fanti, e vi mantenessino l'armata di
mare la quale allora vi avevano, ma con patto di potere rivocare questi sussidi
ogni volta che per difesa propria n'avessino di bisogno; e gli prestassino per
le necessità presenti quindicimila ducati: e perché fussino assicurati di
recuperare le spese farebbono, che Ferdinando consegnasse loro Otranto,
Brindisi e Trani, e consentisse ritenessino Monopoli e Pulignano che avevano
ancora in mano, ma con condizione di dovergli restituire quando ne fussino
rimborsati; ma non potessino allegare che, o per conto della guerra o della
guardia o delle fortificazioni che vi facessino, passassino la somma di
dugentomila ducati. I quali porti, per essere nel mare di sopra, e perciò molto
opportuni a Vinegia, accrescevano assai la loro grandezza: la quale, non avendo
più chi se gli opponesse, né essendo uditi più, dopo la protezione accettata
de' pisani, i consigli di coloro che arebbono voluto che a' venti che sì
prosperi si dimostravano le vele più lentamente si spiegassino, cominciava a
distendersi per tutte le parti d'Italia; perché, oltre alle cose del regno di
Napoli e di Toscana, avevano di nuovo condotto Astore signore di Faenza e
accettata la protezione del suo stato, il quale era molto accomodato a tenere
in timore i fiorentini, la città di Bologna e tutto il resto di Romagna. A
questi aiuti particolari de' viniziani si aggiugnevano altri aiuti de'
confederati, perché il pontefice i viniziani e il duca di Milano mandavano in
soccorso di Ferdinando alcune altre genti d'arme, soldate comunemente; benché
il duca, non partitosi ancora in tutto dalla simulazione di non contrafare allo
accordo di Vercelli, non ostante che per consiglio suo si indirizzasse la
maggiore parte di queste cose, ricusando che nelle condotte o in altre
apparenze si usasse il nome suo, si era convenuto di pagare occultamente
ciascuno mese per il soccorso del reame diecimila ducati.
L'andata degli
Orsini e de' Vitelli fermò le cose dello Abruzzi, le quali erano in manifesto
movimento contro a' franzesi, essendosi già ribellato Teramo e Civita di
Chieti, e dubitandosi che l'Aquila, città principale di quella regione, non
facesse il medesimo; la quale avendo eglino confermata nella divozione
franzese, e avendo recuperato per accordo Teramo e saccheggiata Giulianuova,
quasi tutto l'Abruzzi seguitava il nome de' franzesi: in modo che le cose di
Ferdinando parevano per tutto il regno in manifesta declinazione. Perché la
Calavria quasi tutta era in potestà di Obignì, con tutto che la sua lunga
infermità, per la quale s'era fermato in Ghiarace, desse comodità a Consalvo di
tenere, con le genti spagnuole e con le forze di alcuni signori del paese,
accesa la guerra in quella provincia; Gaeta con molte terre circostanti
ubbidiva a' franzesi; il prefetto di Roma con la compagnia sua e con le forze
del suo stato, recuperate le castella di Montecasino, infestava Terra di Lavoro
da quella banda; e Mompensieri, con tutto che molto lo impedisse a usare le
forze sue il mancamento de' danari, costrigneva Ferdinando a rinchiudersi ne'
luoghi forti, oppressato dalla medesima necessità di danari e di molte altre
provisioni, ma fondato interamente in sulla speranza del soccorso viniziano; il
quale, perché la convenzione tra loro era stata fatta poco innanzi, non poteva
essere così presto come sarebbe stato di bisogno. Tentò Mompensieri di occupare
per trattato Benevento, ma Ferdinando avutone sospetto vi entrò subitamente con
le sue genti. Accostoronsi i franzesi a Benevento, alloggiando al ponte a
Finocchio, e avendo preso Fenezano, Apice e molte terre circostanti. Ne' quali
luoghi mancando loro le vettovaglie, e approssimandosi il tempo di riscuotere
la dogana delle pecore della Puglia, entrata delle più importanti del reame di
Napoli, perché era solita ascendere ciascuno anno a ottantamila ducati, che
tutti si riscotevano nello spazio quasi di uno mese, Mompensieri, per privare
gli inimici di questa comodità e non meno per l'estremo bisogno delle sue
genti, si voltò al cammino di Puglia, della quale regione una parte si teneva
per sé un'altra ne tenevano gli inimici; né molto dietro a lui Ferdinando,
intento a impedire più presto, con qualche arte o diligenza, i progressi degli
inimici che a combattere, insino a tanto che i soccorsi suoi non arrivassino.
Nel quale tempo giunse a Gaeta un'armata franzese di quindici legni grossi e
sette minori, in sulla quale si erano imbarcati a Savona ottocento fanti tedeschi
condotti delle terre del duca di Ghelleri, e quelli svizzeri e guasconi che
prima il re aveva ordinato che fussino portati in sulle navi grosse che si
doveano armare a Genova; alla quale armata l'armata di Ferdinando, che era
sopra a Gaeta per impedire che non vi entrassino vettovaglie, essendo per
mancamento di danari male proveduta delle cose necessarie, avea dato luogo: in
modo che, essendo entrata nel porto sicuramente, i fanti posti in terra presono
Itri e altre terre circostanti, e fatte per il paese molte prede speravano di
ottenere Sessa, per opera di Giovambatista Caracciolo che prometteva di
mettergli occultamente dentro; ma don Federigo, il quale essendosi ridotto con
le genti che lo seguivano intorno a Taranto era poi stato mandato da Ferdinando
al governo di Napoli, avutane notizia, entratovi subito, fece prigioni il
vescovo e certi altri consci del trattato.
Ma in Puglia,
ove era ridotta la somma della guerra, procedevano le cose con varia fortuna;
perché l'uno e l'altro esercito, distribuitosi per l'asprezza del tempo per le
terre, né alcuno in una sola, per la incapacità d'esse, ma in più, attendeva
con correrie e cavalcate grosse a predare i bestiami, usando più tosto
industria e celerità che virtù d'arme. In Foggia si era fermato Ferdinando con
parte delle sue genti, messe le altre parte in Troia e parte in Nocera: ove
intendendo che, tra San Severo, nella quale terra alloggiava con trecento
uomini d'arme Verginio Orsino, venuto a unirsi con Mompensieri, e la terra di
Porcina ove era Mariano Savello con cento uomini d'arme, si era ridotta
quantità quasi infinita di pecore e di altre bestie, si mosse con secento
uomini d'arme ottocento cavalli leggieri e mille cinquecento fanti, e arrivato,
all'alba del dì, innanzi a San Severo, fermatosi quivi con gli uomini d'arme
per resistere a Verginio se si movesse, fece correre i cavalli leggieri, che
allargandosi per tutto il paese predorno circa sessantamila bestie; ed essendo
uscito fuora della Porcina Mariano Savello a molestargli lo costrinsono a
ritirarsi, perduti trenta uomini d'arme. Questo danno e la vergogna ricevuta fu
cagione che Mompensieri, raccolte tutte le sue genti, andò verso Foggia per
recuperare la preda e l'onore perduto: dove, succedendogli più di quello che da
principio aveva disegnato, scontrò tra Nocera e Troia ottocento fanti tedeschi,
venuti prima per mare a' soldi di Ferdinando, i quali partitisi da Troia, dove
era il loro alloggiamento, andavano, più per propria temerità che per
comandamento del re, e contro al consiglio di Fabrizio Colonna che alloggiava
medesimamente a Troia, per unirsi a Foggia con Ferdinando; i quali, non potendo
salvarsi né con la fuga né con l'armi, né volendo arrendersi, furono
combattendo tutti ammazzati, non lasciata perciò la vittoria senza sangue agli
inimici. Presentossi poi Mompensieri con l'esercito ordinato a combattere
innanzi a Foggia, ma non lasciando Ferdinando uscire fuori altri che i cavalli
leggieri, andorono ad alloggiare al bosco della Incoronata, dove stati due dì
con difficoltà di vettovaglie, e riavuta la maggiore parte delle bestie
predate, di nuovo tornorno innanzi a Foggia, e alloggiati quivi una notte
ritornorno il dì prossimo a San Severo, non avendo condotta tutta la preda
riavuta, perché nel ritornarsene ne fu tolta loro una parte da' cavalli
leggieri di Ferdinando. Così, disperdendosi le bestie, cavò l'una parte e
l'altra delle entrate della dogana piccolissima utilità.
Andorno pochi
dì poi i franzesi, cacciati dalla penuria delle vettovaglie, a Campobasso che
si teneva per loro, dal quale luogo presono per forza la Coglionessa o vero
Grigonisa, terra vicina, dove da' svizzeri, contro alla volontà de' capitani,
fu usata crudeltà tale che se bene si empiesse il paese di spavento alienò da
loro gli animi di molti: e Ferdinando, attendendo a difendere il meglio poteva
le cose sue e aspettando la venuta del marchese di Mantova, riordinava intanto
le genti, con sedicimila ducati che gli aveva mandati il pontefice e con quegli
che aveva potuti raccorre da sé. Nel qual tempo si unirono con Mompensieri i
svizzeri, e gli altri fanti che erano venuti per mare a Gaeta; e da altra parte
il marchese di Mantua, entrato nel regno e venuto a Capua per la via di San
Germano, avendo per il cammino prese, parte per forza parte per accordo, molte
terre benché di piccola importanza, si unì, circa il principio di giugno, col
re a Nocera; dove don Cesare d'Aragona condusse le genti che erano state
intorno a Taranto. Così ridotte in luoghi vicini quasi tutte le forze de'
franzesi e di Ferdinando, superiori le franzesi di fanti l'italiane di cavalli,
pareva molto dubbio l'evento delle cose, non si potendo discernere a quale
delle due parti fusse per inclinare la vittoria.
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