IV. Paolo Vitelli toglie nuove terre a' pisani. Il marchese di Mantova
passa dagli stipendi di Lodovico Sforza a quelli dei veneziani, e quindi
sdegnato per la lentezza di questi ritorna col duca di Milano. L'Alviano occupa
Bibbiena. I fiorentini per difendere il Casentino ritirano milizie dal contado
di Pisa. I fiorentini
riconquistano terre del Casentino. Maggiore stanchezza a Venezia per la guerra
di Pisa e tentativi di accordi.
Ma in questo
mezzo Pagolo Vitelli, poiché dopo lo acquisto di Vico Pisano ebbe, per
mancamento delle provisioni necessarie, soggiornato qualche dì, continuando
nella medesima intenzione di impedire a' pisani la facilità del soccorso, si
era indirizzato alla impresa di Librafatta; e per accostarvisi da quella parte
della terra che era più debole, e fuggire le molestie che potessino essere date
allo esercito impedito da artiglierie e carriaggi, lasciata la via che per i
monti scende nel piano di Pisa e quella che per il piano di Lucca gira alle
radici del monte, fatta con moltitudine grande di guastatori una nuova via per
i monti, ed espugnato per il cammino, il dì medesimo, il bastione di
Montemaggiore fatto da' pisani in sulla sommità del monte, scese
sicurissimamente nel piano di Librafatta. Alla quale accostatosi il dì
seguente, e necessitati facilmente ad arrendersi i fanti messi a guardia di
Potito e Castelvecchio, due torri distanti l'una dopo l'altra per piccolo
spazio da Librafatta, piantò dalla seconda torre e da altri luoghi
l'artiglierie contro alla terra, bene proveduta e guardata perché vi erano
dugento fanti de' viniziani; da' quali luoghi battendo la muraglia da alto e da
basso, sperò il primo dì di espugnarla: ma essendo per avventura ruinato uno
arco della muraglia, quello ruinando, la notte, alzò quattro braccia il riparo
cominciatovi; in modo che Paolo, avendo tentato invano tre dì di salirvi con le
scale, cominciò del successo non mediocremente a dubitare, ricevendo l'esercito
molti danni da una artiglieria di dentro che tirava per una bombardiera bassa.
Ma fu la industria e virtù sua aiutata dal beneficio della fortuna, senza il
favore della quale sono spesso fallaci i consigli de' capitani; perché da uno
colpo d'artiglieria di quelle del campo fu rotta quella bombarda e ammazzato
uno de' migliori bombardieri che fusse dentro, e passò la palla per tutta la
terra. Dal qual caso spaventati, perché per l'artiglieria piantata alla seconda
torre difficilmente potevano affacciarsi, si arrenderono il quarto dì, e poco
poi la rocca, aspettati pochi colpi d'artiglieria, fece il medesimo. Acquistata
Librafatta, attese a fare alcuni bastioni in sui monti vicini; ma sopra tutti
uno forte e capace di molti uomini sopra Santa Maria in Castello, chiamato, dal
monte in sul quale fu posto, il bastione della Ventura, il quale scorreva tutto
il paese circostante, e dove è fama esserne anticamente stato fabricato un
altro da Castruccio lucchese, capitano nobilissimo de' tempi suoi, acciocché,
guardandosi questo e Librafatta, restassino impedite le comodità che, per la
via di Lucca e di Pietrasanta, potessino andare a Pisa.
Ma non
cessavano i viniziani di pensare a ogni rimedio per sollevare, ora per via di
soccorso ora con diversione, quella città; della qual cosa potere fare
accrebbono loro speranza le difficoltà che nacqueno tra il duca di Milano e il
marchese di Mantova, condottosi di nuovo col duca. Il quale, per non privare
del titolo di capitano generale delle sue genti Galeazzo da San Severino,
maggiore appresso a lui per favore che per virtù, aveva promesso al marchese di
dargli infra tre mesi titolo di capitano suo generale, a comune o con Cesare o
col pontefice o col re Federigo o co' fiorentini; il che non avendo eseguito
nel termine promesso, perché medesimamente a questo Galeazzo repugnava, e
aggiugnendosi difficoltà per cagione de' pagamenti, il marchese voltò l'animo a
ritornare agli stipendi de' viniziani, i quali trattavano di mandarlo con
trecento uomini d'arme a soccorrere Pisa: il che presentendo Lodovico lo
dichiarò, con consentimento di Galeazzo, capitano suo e di Cesare. Ma già il
marchese andato a Vinegia, e dimostrata al senato grandissima confidenza di
entrare in Pisa nonostante l'opposizione delle genti de' fiorentini, si era
ricondotto con loro; e ricevuta parte de' denari e ritornato a Mantova attendeva
a mettersi in ordine, e sarebbe entrato presto in cammino se i viniziani
avessino usata la medesima celerità nello espedirlo che avevano usata nel
condurlo: alla quale cosa cominciorno a procedere lentamente perché, essendo
stata di nuovo data loro speranza di entrare, per mezzo di uno trattato tenuto
da certi seguaci antichi de' Medici, in Bibbiena, castello del Casentino,
giudicavano che, per la difficoltà del passare a Pisa, fusse più utile
attendere alla diversione che al soccorso. Dalla quale tardità il marchese
sdegnato, di nuovo si ricondusse con Lodovico con trecento uomini d'arme e con
cento cavalli leggieri, con titolo di capitano generale cesareo e suo;
ritenendo a conto degli stipendi vecchi i danari avuti da loro.
Non era stata
senza qualche sospetto de' fiorentini la pratica di questo trattato, anzi,
oltre a molte notizie avutene generalmente, ne avevano non molti dì innanzi
ricevuto avviso più particolare da Bologna. Ma sono inutili i consigli
diligenti e prudenti quando l'esecuzione procede con negligenza e imprudenza.
Il commissario, il quale per assicurarsi da questo pericolo subito vi
mandorono, poi che ebbe ritenuti quegli de' quali si aveva maggiore sospetto e
che erano consci della cosa, prestata imprudentemente fede alle parole loro,
gli rilasciò; e nell'altre azioni fu sì poco diligente che fece facile il
disegno all'Alviano, deputato alla esecuzione di questo trattato. Perché avendo
mandati innanzi alcuni cavalli in abito di viandanti, i quali, dopo avere
cavalcato tutta la notte, giunti in sul fare del dì alla porta l'occuporono
senza difficoltà, non avendo il commissario postavi guardia alcuna, né almeno
proveduto che la si aprisse più tardi che non era consueto aprirsi ne' tempi
non sospetti, dietro a questi sopravenneno di mano in mano altri cavalli, che
avevano per il cammino data voce di essere gente de' Vitelli; e levatisi in
loro favore i congiurati, si insignorirno presto di tutta la terra. E il
medesimo dì vi arrivò l'Alviano, il quale, benché con poca gente, come per sua
natura spingeva con incredibile celerità sempre innanzi le occasioni, andò
subito ad assaltare Poppi castello principale di tutta quella valle: ma
trovatavi resistenza si fermò a occupare i luoghi vicini a Bibbiena, benché
piccoli e di piccola importanza.
È il paese di
Casentino, per mezzo del quale discorre il fiume d'Arno, paese stretto sterile
e montuoso, situato a piè dell'alpi dell'Apennino, cariche allora, per essere
il principio della vernata, di neve, ma passo opportuno ad andare verso
Firenze, se all'Alviano fusse succeduto felicemente l'assalto di Poppi, né meno
opportuno a entrare nel contado di Arezzo e nel Valdarno, paesi che per essere
pieni di grosse terre e castella erano molto importanti allo stato de' fiorentini.
I quali, non negligenti in tanto pericolo, fatta subito provisione in tutti i
luoghi dove era di bisogno, oppressono uno trattato che si teneva in Arezzo; e
stimando più che altro lo impedire che i viniziani non mandassino nel Casentino
nuove genti, levato di quel di Pisa il conte Renuccio lo mandorono subito a
occupare i passi dell'Apennino, tra Valdibagno e la Pieve a Santo Stefano: e
nondimeno non potettono proibire che il duca d'Urbino, Carlo Orsino e altri
condottieri non passassino; i quali, avendo in quella valle settecento uomini
d'arme e seimila fanti e tra questi qualche numero di fanti tedeschi,
occuporono da pochi luoghi in fuora tutto il Casentino, e di nuovo tentorono,
ma invano, di pigliare Poppi. Però furono necessitati i fiorentini, secondo che
era stato lo intento proprio de' viniziani, a volgervi del contado di Pisa
Pagolo Vitelli con le sue genti, lasciando con guardia sufficiente le terre
importanti e il bastione della Ventura: per la giunta del quale nel Casentino i
capitani viniziani, che si erano mossi per accamparsi il dì medesimo intorno a
Pratovecchio, si ritirorono.
Venuto Pagolo
Vitelli nel Casentino e unitosi seco il Fracassa, mandato dal duca di Milano
con cinquecento uomini d'arme e cinquecento fanti in favore de' fiorentini,
ridusse presto in molte difficoltà gli inimici, sparsi in molti luoghi per la
strettezza degli alloggiamenti e perché, per lasciarsi aperta la strada
dell'entrare e dell'uscire del Casentino, erano necessitati guardare i passi della
Vernia di Chiusi, e di Montalone, luoghi alti in su l'alpi; e rinchiusi, in
tempo asprissimo, in quella valle, non aveano speranza di fare più, né quivi né
in altra parte, progresso alcuno: perché in Arezzo si era fermato con dugento
uomini d'arme il conte Renuccio; e nel Casentino, poiché non era riuscito da
principio l'occupare Poppi, né faceva momento alcuno il nome de' Medici avendo
inimici gli uomini del paese, nel quale si possono difficilmente adoperare i
cavalli, avevano innanzi alla venuta de' Vitelli ricevuto già molti danni da'
paesani. E però, intesa la venuta loro e del Fracassa, rimandata di là
dall'alpi una parte de' carriaggi e dell'artiglierie, ristrinsono insieme,
quanto comportava la natura de' luoghi, le genti loro. Contro a' quali il Vitello
deliberò servare la sua consuetudine, che era più tosto, per ottenere più
sicuramente la vittoria, non avere rispetto né a lunghezza di tempo né al
pigliare molte fatiche, né volere, per risparmiare la spesa, procedere senza
molte provisioni, che, per acquistare la gloria di vincere con facilità e
acceleratamente, mettere in pericolo insieme col suo esercito l'evento della
cosa. Perciò fu nel Casentino il consiglio suo non andare subito a ferire i
luoghi più forti ma sforzarsi di fare da principio abbandonare agli inimici i
più deboli, e chiudere i passi dell'alpi e gli altri passi del paese con
guardie con bastioni con tagliate di strade e altre fortificazioni, acciocché
non potessino essere soccorsi da nuove forze né avessino facoltà di aiutare da un
luogo quegli che erano nell'altro; sperando, con questo procedere, avere
occasione di opprimerne molti, e che 'l numero maggiore che era in Bibbiena, se
non per altro, per le incomodità de' cavalli e per mancamento di vettovaglie si
consumerebbe. Col quale consiglio avendo recuperato alcuni luoghi vicini a
Bibbiena, poco importanti per se stessi ma opportuni alla intenzione con la
quale aveva presupposto di vincere la guerra, e facendo ogni dì maggiore
progresso, svaligiò molti uomini d'arme alloggiati in certe piccole terre
vicine a Bibbiena; e per impedire il cammino alle genti de' viniziani che per
soccorrere i suoi si congregavano di là dalle alpi, attese a occupare tutti i
luoghi che sono attorno al monte della Vernia, e a fare tagliate a tutti i passi
circostanti: di maniera che, crescendo continuamente le difficoltà degli
inimici e la carestia del vivere, molti di loro alla sfilata si partivano; i
quali quasi sempre, per l'asprezza de' passi, erano o da' paesani o da' soldati
svaligiati.
Questi erano i
progressi dell'armi tra i viniziani e i fiorentini: e in questo tempo medesimo,
con tutto che gli imbasciadori fiorentini si fussino senza speranza alcuna di
concordia partiti da Vinegia, nondimeno si teneva a Ferrara nuova pratica di
composizione, proposta dal duca di Ferrara per opera de' viniziani; perché già
molti e di maggiore autorità di quel senato, stracchi dalla guerra che si
sostentava con gravi spese e con molte difficoltà, e perduta la speranza di
avere maggiori successi nel Casentino, desideravano liberarsi dalle molestie
della difesa di Pisa, pure che si trovasse modo che con onesto colore potessino
rimuoversene.
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