II. Accordi fra il pontefice ed il re di Francia; progressi del Valentino
in Romagna. Insuccesso del Valentino contro Faenza per l'eroica resistenza del
popolo. Il giubileo del 1500 e gli aiuti di danaro del pontefice al Valentino.
Procedeano in
questo tempo prosperamente le cose di Cesare Borgia: perché se bene il re, mal
sodisfatto del pontefice per non l'avere aiutato nella ricuperazione del ducato
di Milano, avesse tardato a dargli aiuto a proseguire la impresa cominciata
contro a' vicari di Romagna, nondimeno lo indusse finalmente in altra sentenza
il desiderio di conservarsi benevolo il pontefice per il timore che avea de'
movimenti di Germania, non trovando mezzo alcuno di concordia con Cesare, e
molto più l'autorità del cardinale di Roano per la cupidità di ottenere la
legazione del regno di Francia. Promesse adunque il pontefice al re di
aiutarlo, con le genti e con la persona del figliuolo, quando volesse fare
l'impresa del regno di Napoli, e concedette al cardinale di Roano per
[diciotto] mesi la legazione del regno di Francia; concessione che, per essere
cosa nuova, e perché divertiva ancora che non vi fusse compresa la Brettagna,
molte faccende e molti guadagni dalla corte di Roma, fu riputata cosa molto
grande: e da altra parte il re mandò in aiuto suo, sotto Allegri, trecento
lancie e dumila fanti, significando a ciascuno che riputerebbe per propria
ingiuria se alcuno si opponesse alla impresa del pontefice. Con la quale
reputazione, e con le forze proprie che erano settecento uomini d'arme e
seimila fanti, entrato il Valentino in Romagna, prese senza resistenza alcuna
le città di Pesero e di Rimini, fuggendosene i suoi signori; e dipoi si voltò
verso Faenza, non difesa da altri che dal popolo medesimo: perché non solo
Giovanni Bentivogli, avolo materno di Astore piccolo fanciullo, si asteneva,
per non irritare l'armi del pontefice e del figliuolo e per il comandamento
avuto dal re, dal porgergli aiuto, e i fiorentini e il duca di Ferrara per le
medesime cagioni facevano il medesimo, ma ancora i viniziani, obligati alla sua
difesa, gli intimorono, perché così furono ricercati dal re, di avere
rinunziato alla protezione che avevano di lui, come similmente aveano fatto
prima per la medesima cagione a Pandolfo Malatesta signore di Rimini; anzi, per
maggiore dimostrazione di essere favorevoli alle cose del pontefice, creorono
in questo tempo medesimo il duca Valentino loro gentiluomo, dimostrazione
solita farsi da quella republica o per recognizione di benefici ricevuti o per
segno di stretta benivolenza.
Aveva il
Valentino condotto a' soldi suoi Dionigi di Naldo da Bersighella, uomo di
seguito grande in Valdilamona, per opera del quale occupò senza difficoltà la
terra di Bersighella e quasi tutta la valle; e avendo espugnata la rocca
vecchia conseguì la nuova per accordo dal castellano, e sperò, per trattato
tenuto dal medesimo Dionigi col castellano di Faenza, uomo della valle medesima
e che lungamente avea governato lo stato di Astore, entrare nella rocca di
quella città; ma venuto il trattato a luce, fu fatto prigione da' faventini. I
quali, né sbigottiti per essere abbandonati da ciascuno né per la perdita molto
importante della valle, avevano deliberato di correre ogni pericolo per
conservarsi nella soggezione della famiglia de' Manfredi, dalla quale erano
stati moltissimi anni signoreggiati; e però avevano atteso con grandissima
sollecitudine alla fortificazione della terra. Dalla quale disposizione il
Valentino non potendo rimuovergli né con promesse né con minaccie, si accampò
alle mura della città tra i fiumi di Lamone e di Marzano, e piantò
l'artiglierie a quella parte che è verso Furlì, la quale, benché circondata di
mura, volgarmente si chiama il borgo, ove i faventini avevano fatto uno
gagliardo bastione; e battuto che ebbe a sufficienza, massime al portone che è
tra 'l borgo e la terra, dette il quinto dì la battaglia, dalla quale
difendendosi valorosamente ridusse i suoi agli alloggiamenti con molto danno,
tra' quali restò morto Onorio Savello. Né erano quieti gli altri dì, essendo
infestato continuamente l'esercito dalle artiglierie di dentro, e perché gli
uomini della terra, se bene non aveano se non piccolissimo numero di soldati
forestieri, uscivano spesso ferocemente a scaramucciare. Ma sopra tutte l'altre
cose, ancora che non fusse finito il mese di novembre, se gli opponeva
l'acerbità del tempo, asprissimo sopra quella stagione, perché erano nevi
grandissime e freddi intollerabili, per i quali si impedivano quasi del tutto
le fatiche militari e l'alloggiare sotto 'l cielo scoperto; avendo i faventini,
innanzi che 'l campo si accostasse alle mura, abbruciate tutte le case e
tagliati tutti gli alberi propinqui alla città. Dalle quali difficoltà
necessitato il Valentino, levato il campo il decimo dì, distribuì le genti alle
stanze per le terre vicine: pieno di sommo dolore che, avendo, oltre alle forze
franzesi, uno esercito molto fiorito di capitani e soldati italiani, perché vi
erano Pagolo e Giulio Orsini, Vitellozzo, e Giampagolo Baglioni, con molti
uomini eletti, e avendosi promesso, co' suoi concetti smisurati, che né mari né
monti gli avessino a resistere, gli fusse oscurata la fama de' princìpi della
sua milizia da uno popolo vivuto in lunga pace, e che in quel tempo non aveva
altro capo che un fanciullo; giurando efficacemente e con molti sospiri che,
come prima la stagione lo comportasse, tornerebbe alla medesima impresa, con
animo deliberato di riportarne o la vittoria o la morte.
Nel qual tempo
Alessandro suo padre, acciocché tutte le opere proprie corrispondessino a uno
medesimo fine, avendo questo anno medesimo creati, con grandissima infamia,
dodici cardinali non de' più benemeriti ma di quegli che gli offersono prezzo
maggiore, per non pretermettere specie alcuna di guadagno, spargeva per tutta
Italia e per le provincie forestiere il giubileo, celebrato in Roma con
concorso grande, massimamente delle nazioni oltramontane; dando facoltà di
conseguirlo a ciascuno che, non andato a Roma, porgesse qualche quantità di
danari: i quali tutti, insieme con gli altri che in qualunque modo poteva
cavare de' tesori spirituali e del dominio temporale della Chiesa, somministrava
al Valentino. Il quale, fermatosi a Furlì, preparava le cose necessarie
all'oppugnazione per l'anno futuro: né con minore prontezza attendevano i
faventini alla fortificazione della città.
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