V. Federigo d'Aragona si prepara alla difesa. Gli ambasciatori di Francia e
di Spagna notificano al pontefice gli accordi conclusi: impressione in Italia.
Federigo delibera di tentare la sorte delle armi. I francesi occupano Capua;
patti fra Federigo e i francesi. Sventure della famiglia di Federigo. Federigo
in Francia. Il duca di Calabria in Ispagna.
Contro a' quali
movimenti il re Federigo, non sapendo che l'armi spagnuole fussino sotto specie
di amicizia preparate contro a lui, sollecitava Consalvo Ferrando, il quale con
la armata de' re di Spagna era, sotto simulazione di dargli aiuto, fermatosi in
Sicilia, che venisse a Gaeta; avendogli messe in mano alcune terre di Calavria,
dimandate da lui per farsi più facile l'acquisto della sua parte, ma sotto
colore di volerle per sicurtà delle sue genti. E sperava Federigo, congiunto
che fusse Consalvo con l'esercito suo, il quale, parte d'uomini soldati da sé
parte che da' Colonnesi si soldavano a Marino, disegnava che fusse di
settecento uomini d'arme seicento cavalli leggieri e seimila fanti, avere
esercito potente a resistere, senza essere necessitato a rinchiudersi per le terre,
a' franzesi: con tutto gli mancassino gli aiuti sperati dal principe de'
turchi, al quale aveva con grandissima instanza dimandato soccorso,
dimostrandogli dalla vittoria del re presente quel medesimo anzi maggiore
pericolo di quello che aveva temuto dalla vittoria del re passato. E per
assicurarsi dalle fraudi, essendogli accusati il principe di Bisignano e il
conte di Meleto d'avere occulte pratiche col conte di Caiazzo, che era con
l'esercito franzese, gli aveva fatti incarcerare. Con le quali speranze, avendo
perciò prima mandato Ferdinando suo primogenito, ancora fanciullo, a Taranto,
più per sicurtà sua, se caso avverso succedesse, che per difesa di quella
città, si fermò con l'esercito a San Germano; ove aspettando gli aiuti
spagnuoli e le genti che gli conducevano i Colonnesi, sperava d'avere con più
felice successo a difendere l'entrata del regno che non aveva, nella venuta di
Carlo, fatto Ferdinando suo nipote.
Nel quale stato
delle cose era certamente Italia ripiena di incredibile sospensione,
giudicandosi per ciascuno che questa impresa avesse a essere principio di
gravissime calamità; perché né l'esercito preparato dal re di Francia pareva sì
potente che dovesse facilmente superare le forze unite di Federigo e di Consalvo,
e si giudicava che cominciando a irritarsi gli animi di re sì potenti avesse
l'una parte e l'altra a continuare la guerra con maggiori forze, onde
facilmente potessino sorgere per tutta Italia, per le varie inclinazioni degli
altri potentati, gravi e pericolosi movimenti. Ma si dimostrorno vani questi
discorsi subito che l'esercito franzese fu giunto in terra di Roma. Perché gli
oratori franzesi e spagnuoli, entrati insieme nel concistorio, notificorono al
pontefice e a' cardinali la lega e la divisione fatta tra' loro re, per potere
attendere, come dicevano, all'espedizione contro agli inimici della religione
cristiana; dimandandone la investitura secondo il tenore della convenzione che
avevano fatta, che fu senza dilazione conceduta dal pontefice. E perciò, non si
dubitando più quale avesse a essere il fine di questa guerra e convertito il
timore degli uomini in somma ammirazione, era molto desiderata da ciascuno la
prudenza del re di Francia, che avesse più tosto voluto che la metà di quel
reame cadesse nelle mani del re di Spagna e messo in Italia, dove prima era
solo arbitro delle cose, uno re emulo suo, al quale potessino ricorrere tutti
gli inimici e malcontenti di lui e congiunto oltre a questo al re de' romani
con interessi molto stretti, che comportare che Federigo restasse nel tutto,
riconoscendolo da lui e pagandogliene tributo, come per vari mezzi aveva
cercato di ottenere. Ma non era nel concetto universale meno desiderata la
integrità e la fede di Ferdinando, maravigliandosi tutti gli uomini che, per
cupidità di ottenere quella parte del reame, si fusse congiurato contro a uno
re del sangue suo, e che per potere più facilmente sovvertirlo l'avesse sempre
pasciuto di promissioni false di aiutarlo; e oscurato lo splendore del titolo
di re cattolico (il quale titolo egli e la reina Elisabetta avevano, pochi anni
innanzi, conseguito dal pontefice), e quella gloria con la quale era stato
esaltato insino al cielo il nome loro, di avere, non meno per zelo della
religione che per proprio interesse, cacciato i mori del reame di Granata. Alle
quali calunnie, date all'uno e all'altro re, non si rispondeva, in nome del re
di Francia, se non che la possanza franzese era bastante a dare rimedio, quando
fusse il tempo, a tutti i disordini; ma in nome di Ferdinando si diceva che se
bene da Federigo gli fusse stata data giusta cagione di muoversi contro a lui,
per sapere che egli molto prima aveva tenuto pratiche secrete col re di Francia
in suo pregiudicio, nondimeno non averlo mosso questo ma la considerazione che,
avendo quel re deliberato di fare a ogni modo la impresa del reame di Napoli,
si riduceva in necessità o di difenderlo o di abbandonarlo. Pigliando la
difesa, era principio di incendio sì grave che sarebbe stato molto pernicioso
alla republica cristiana, e massimamente trovandosi l'armi de' turchi sì
potenti contro a' viniziani per terra e per mare; abbandonandolo, conoscere che
il regno suo di Sicilia restava in grave pericolo e, senza questo, risultare in
danno suo notabile che il re di Francia occupasse il regno di Napoli
appartenente a sé giuridicamente, e che gli poteva anche pervenire con nuove
ragioni in caso mancasse la linea di Federigo. Però in queste difficoltà avere
eletto la via della divisione, con speranza che per i cattivi governi de' franzesi
gli potrebbe in breve tempo pervenire medesimamente la parte loro: il che
quando succedesse, secondo che lo consigliasse il rispetto dell'utilità
publica, alla quale sempre più che allo interesse proprio aveva riguardato, o
lo riterrebbe per sé o lo restituirebbe a Federigo; anzi più presto a'
figliuoli, perché non negava d'avere quasi in orrore il nome suo, per quello
che e' sapeva che, insino innanzi che il re di Francia pigliasse il ducato di
Milano, aveva trattato co' turchi.
La nuova della
concordia di questi re spaventò in modo Federigo che, ancora che Consalvo,
mostrando di disprezzare quello che si era publicato a Roma, gli promettesse
con la medesima efficacia di andare al soccorso suo, si partì dalle prime
deliberazioni; e ritirato da San Germano verso Capua, aspettava le genti che
per ordine suo avevano soldate i Colonnesi: i quali, lasciata guardata Amelia e
Rocca di Papa, abbandonorono tutto il resto di quello tenevano in terra di
Roma, perché il pontefice, con consentimento del re di Francia, aveva mosso
l'armi per occupare gli stati loro. Nelle quali difficoltà, avendo pure
Consalvo, come intese l'esercito franzese avere passato Roma, scoperte le sue
commissioni e mandato a Napoli sei galee per levarne le due reine vecchie,
sorella l'una l'altra nipote del suo re, consigliava Prospero Colonna che
Federigo ritenesse quelle galee, e unite tutte le forze sue si opponesse in
sulla campagna agli inimici; perché nel tentare la fortuna poteva pure essere
qualche speranza di vittoria, essendo incertissimi più che di tutte l'altre
azioni degli uomini gli eventi delle battaglie, ma in qualunque altro modo
essere certissimo che e' non aveva facoltà alcuna di resistere a due
potentissimi re che l'assaltavano in diverse parti del reame; nondimeno
Federigo, giudicando anche di piccolissima speranza questo consiglio, deliberò
di ridursi alla guardia delle terre. Però essendo, già innanzi che Obignì
uscisse di Roma, ribellato San Germano e altri luoghi vicini, determinò di fare
la prima difesa nella città di Capua; nella quale, con trecento uomini d'arme
alcuni cavalli leggieri e tremila fanti, messe Fabrizio Colonna, e con lui
Rinuccio da Marciano condotto nuovamente agli stipendi suoi. A guardia di
Napoli lasciò Prospero Colonna, ed egli col resto delle genti si fermò ad
Aversa.
Ma Obignì,
partito di Roma, fece nel passare innanzi abbruciare Marino, Cavi e certe altre
terre de' Colonnesi, sdegnato perché Fabrizio aveva fatto in Roma ammazzare i
messi di alcuni baroni del regno seguaci della parte franzese, che erano andati
a convenire con lui. Dirizzossi poi a Montefortino, dove si pensava che Giulio
Colonna facesse resistenza; ma avendolo abbandonato con poca laude, Obignì
procedendo più oltre occupò tutte le terre circostanti alla via di Capua insino
al Volturno, il quale non si potendo guadare presso a Capua, andò con lo
esercito a passarlo più alto verso la montagna: il che inteso per Federigo si
ritirò in Napoli, abbandonata Aversa; la quale città, insieme con Nola e molti
altri luoghi, si dette a' franzesi. Lo sforzo de' quali si ridusse totalmente
intorno a Capua, dove si accamporono parte di qua parte di là dal fiume, dalla
banda di sopra dove il fiume comincia a passare accanto alla terra; e avendola
battuta da ogni parte gagliardamente, detteno uno assalto molto feroce, il
quale benché non riuscisse prospero, anzi si ritirassino dalle mura con molto
danno, nondimeno, non essendo stato senza grave pericolo di quegli di dentro,
cominciorono gli animi de' capitani e de' soldati a inclinarsi all'accordo,
massime vedendo sollevazione grande nel popolo della città e negli uomini del
paese, ché ve ne era rifuggito grandissimo numero. Ma avendo, l'ottavo dì poi
che era stato posto il campo, cominciato a parlare, da uno bastione, sopra le
condizioni dello arrendersi, Fabrizio Colonna col conte di Gaiazzo, la mala
guardia di quegli di dentro, come spesso è intervenuto nella speranza propinqua
degli accordi, dette occasione agli inimici di entrarvi; i quali, per la
cupidità di rubare e per lo sdegno del danno ricevuto quando dettono l'assalto,
la saccheggiorno tutta con molta uccisione, ritenendo prigioni quelli che
avanzorono alla loro crudeltà. Ma non fu minore la empietà efferatissima contro
alle donne, che d'ogni qualità, eziandio le consecrate alla religione, furno
miserabile preda della libidine e della avarizia de' vincitori; molte delle
quali furono poi per minimo prezzo vendute a Roma: ed è fama che in Capua
alcune, spaventandole manco la morte che la perdita dell'onore, si gittorno chi
ne' pozzi chi nel fiume. Divulgossi, oltre all'altre sceleratezze degne di
eterna infamia, che essendone rifuggite in una torre molte che avevano scampato
il primo impeto, il duca Valentino, il quale con titolo di luogotenente del re
seguitava l'esercito, non con altre genti che co' suoi gentiluomini e con la
sua guardia, le volle vedere tutte, e consideratele diligentemente ne ritenne
quaranta delle più belle. Rimasono prigioni Fabrizio Colonna don Ugo di Cardona
e tutti gli altri capitani e uomini di condizione, tra' quali Renuccio da
Marciano, che il dì che si dette l'assalto era stato ferito da una freccia di
balestra; ed essendo in mano d'uomini del Valentino sopravisse due dì, non
senza sospetto di morte procurata. Con la perdita di Capua fu troncata ogni
speranza di potere più difendere cosa alcuna. Arrendessi senza dilazione Gaeta;
ed essendo Obignì venuto con l'esercito ad Aversa, Federigo, abbandonata la
città di Napoli, la quale si accordò subito con condizione di pagare sessantamila
ducati a' vincitori, si ritirò in Castelnuovo; e pochi dì poi convenne con
Obignì di consegnargli fra sei dì tutte le terre e le fortezze che si tenevano
per lui, della parte la quale, secondo la divisione fatta, apparteneva al re di
Francia, ritenendosi solamente l'isola di Ischia per sei mesi: nel quale spazio
di tempo gli fusse lecito di andare in qualunque luogo gli paresse eccetto che
per il regno di Napoli, e di mandare a Taranto cento uomini d'arme; potesse
cavare qualunque cosa di Castelnuovo e di Castel dell'Uovo, eccetto che
l'artiglierie che vi rimasono del re Carlo; fusse data venia a ciascuno delle
cose fatte dappoi che Carlo acquistò Napoli, e i cardinali Colonna e di Aragona
godessino l'entrate ecclesiastiche che avevano nel regno.
Ma nella rocca
di Ischia certamente si veddono accumulate, con miserabile spettacolo, tutte le
infelicità della progenie di Ferdinando vecchio. Perché oltre a Federigo,
spogliato nuovamente di regno sì preclaro, ansio ancora più della sorte di tanti
figliuoli piccoli e del primogenito rinchiuso in Taranto che della propria, era
nella rocca Beatrice sua sorella; la quale, poiché dopo la morte di Mattia
famosissimo re di Ungheria, suo marito, ebbe promessa di matrimonio da
Uladislao re di Boemia per indurla a dargli aiuto a conseguire quello regno,
era stata da lui poiché ebbe ottenuto il desiderio suo ingratamente repudiata,
e celebrato con dispensazione di Alessandro pontefice un altro matrimonio.
Eravi ancora Isabella già duchessa di Milano, non meno infelice di tutti gli
altri, essendo stata, quasi in uno tempo medesimo, privata del marito, dello
stato e dell'unico suo figliuolo.
Né è forse da
pretermettere una cosa grandissima, tanto più rara quanto è più raro a' tempi
nostri l'amore de' figliuoli verso il padre: e questo è che essendo andato a
Pozzuolo per vedere il sepolcro paterno [uno] figliuolo di Giliberto di
Mompensieri, commosso da gravissimo dolore, poi che ebbe sparse infinite
lacrime cadde morto in sul sepolcro medesimo.
Ma Federigo,
risoluto per l'odio estremo che e' portava al re di Spagna di rifuggire più
tosto nelle braccia del re di Francia, mandò al re a dimandargli salvocondotto;
e ottenutolo, lasciati tutti i suoi nella rocca d'Ischia, dove rimasono anche
Prospero e Fabrizio Colonna, che pagata la taglia era stato liberato da'
franzesi, e lasciata l'isola, come prima era, sotto il governo del marchese del
Guasto e della contessa di Francavilla, e mandate parte delle sue genti alla
difesa di Taranto, se ne andò con cinque galee sottili in Francia: consiglio
certamente infelice, perché se fusse stato in luogo libero arebbe forse, nelle
guerre che poi nacqueno tra i due re, avuto molte occasioni di ritornare nel
suo reame. Ma eleggendo la vita più quieta, e forse sperando questa essere la
via migliore, accettò dal re il partito di rimanere in Francia, dandogli il re
la ducea d'Angiò e tanta provisione che ascendeva l'anno a trentamila ducati; e
comandò a quegli che aveva lasciati al governo d'Ischia che la dessino al re di
Francia; i quali, recusando di ubbidire, la ritenneno lungamente, benché sotto
le insegne di Federigo.
Era nel tempo
medesimo passato Consalvo in Calavria; dove, benché quasi tutto il paese
desiderasse più presto il dominio de' franzesi, nondimeno, non avendo chi gli
difendesse, tutte le terre lo riceverono volontariamente, eccetto Manfredonia e
Taranto. Ma avuta Manfredonia e la fortezza per assedio, si ridusse col campo
intorno a Taranto, dove era maggiore difficoltà; ma l'ottenne finalmente per
accordo, perché il conte di Potenza, sotto la cui custodia era stato dato dal
padre il piccolo duca di Calavria, e fra Lionardo napoletano cavaliere di Rodi
governatore di Taranto, non vedendo speranza di potere più difendersi,
convennono di dargli la città e la rocca se in tempo di quattro mesi non
fussino soccorsi: ricevuto da lui giuramento solennemente in su la ostia
consegrata di lasciare libero il duca di Calavria, il quale aveva segreto
ordine dal padre di andarsene, quando più non si potesse resistere alla
fortuna, a ritrovarlo in Francia. Ma né il timore di Dio né il rispetto della
estimazione degli uomini potette più che lo interesse dello stato: perché
Consalvo, giudicando che in molti tempi potrebbe importare assai il non essere
in potestà de' re di Spagna la sua persona, sprezzato il giuramento, non gli
dette facoltà di partirsi, ma come prima potette lo mandò bene accompagnato in
Ispagna; dove dal re raccolto benignamente fu tenuto appresso a lui, nelle
dimostrazioni estrinseche, con onori quasi regi.
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