LIBRO
SESTO.
I. Lamentele del re di Francia per la inosservanza de' patti conclusi con
l'arciduca Filippo; politica ambigua de' re di Spagna. Preparativi di guerra
del re di Francia. Espugnazione di Castelnuovo da parte degli spagnuoli.
Consalvo s'avvia verso Gaeta. Pietro Navarra prende Castel dell'Uovo. Altre
vicende della guerra.
Pervenute al re
di Francia le novelle di tanto danno, in tempo che più poteva in lui la
speranza della pace che i pensieri della guerra, commosso gravissimamente per
la perdita di uno reame tanto nobile, per la ruina degli eserciti suoi ne'
quali era tanta nobiltà e tanti uomini valorosi, per i pericoli ne' quali
rimanevano l'altre cose che in Italia possedeva, né meno per riputarsi
grandissimo disonore di essere vinto da' re di Spagna senza dubbio meno potenti
di lui, e sdegnato sommamente di essere stato ingannato sotto la speranza della
pace, deliberava di attendere con tutte le forze sue a recuperare l'onore e il
regno perduto e vendicarsi con l'armi di tanta ingiuria. Ma innanzi procedesse
più oltre si lamentò efficacissimamente con l'arciduca, che ancora non era
partito da Bles, dimandandogli facesse quella provisione che era conveniente se
voleva conservare la sua fede e il suo onore: il quale, essendo senza colpa,
ricercava con grandissima instanza i suoceri del rimedio, dolendosi sopra modo
che queste cose fussino così succedute, con tanta sua infamia, nel cospetto di
tutto il mondo. I quali, innanzi alla vittoria, avevano con varie scuse
differito di mandare la ratificazione della pace, allegando ora non trovarsi
tutt'a due in uno luogo medesimo, come era necessario avendo a fare
congiuntamente le espedizioni, ora di essere occupati molto in altri negozi;
come quegli che erano mal sodisfatti della pace, o perché il genero avesse
trapassato le loro commissioni o perché, dopo la partita sua di Spagna,
avessino conceputo maggiore speranza dello evento della guerra, o perché fusse
paruto loro molto strano ch'egli avesse convertita in se medesimo la parte loro
del reame e senza avere certezza alcuna, per l'età tanto tenera degli sposi,
che avesse ad avere effetto il matrimonio del figliuolo: e nondimeno non
negando, anzi sempre dando speranza di ratificare ma differendo, si avevano
riservato libero, più tempo potevano, il pigliare consiglio secondo i successi
delle cose. Ma intesa la vittoria de' suoi, deliberati di disprezzare la pace
fatta, allungavano nondimeno il dichiarare all'arciduca la loro intenzione,
perché quanto più tempo ne stesse ambiguo il re di Francia tanto tardasse a
fare nuove provisioni per soccorrere Gaeta e l'altre terre che gli restavano.
Ma stretti finalmente dal genero, determinato di non partire altrimenti da
Bles, vi mandorono nuovi imbasciadori; i quali, dopo avere trattato qualche
giorno, manifestorono finalmente non essere la intenzione de' loro re di
ratificare quella pace, la quale non era stata fatta in modo che fusse per loro
né onorevole né sicura: anzi, venuti in controversia con l'arciduca, gli
dicevano essersi i suoceri maravigliati assai che egli nelle condizioni della
pace la volontà loro trapassata avesse; perché, benché per onore suo il mandato
fusse stato libero e amplissimo, che egli si aveva a riferire alle istruzioni,
che erano state limitate. Alle quali cose rispondeva Filippo non essere state
manco libere le istruzioni che il mandato; anzi, avergli alla partita sua
efficacemente detto, l'uno e l'altro de' suoceri, che desideravano e volevano
la pace per mezzo suo, e avergli giurato, in sul libro dello evangelio e in su
l'immagine di Cristo crocifisso, che osserverebbono tutto quello che da lui si
conchiudesse; e nondimeno non avere voluto usare sì ampia e sì libera facoltà
se non con partecipazione de' due uomini che seco mandati avevano. Proposeno
gli oratori con le medesime arti nuove pratiche di concordia, mostrandosi
inclinati a restituire il regno al re Federigo; ma conoscendosi essere cose non
solo vane ma insidiose, perché tendevano ad alienare dal re di Francia l'animo
di Filippo intento a conseguire quel reame per il figliuolo, il re proprio, in
publica udienza, fece loro risposta, denegando volere prestare orecchi in modo
alcuno a nuovi ragionamenti se prima non ratificavano la pace fatta e facevano
segni che fussino dispiaciuti loro i disordini seguiti; aggiugnendo parergli
cosa non solo maravigliosa ma detestanda e abominevole che quegli re, che tanto
d'avere acquistato il titolo di cattolici si gloriavano, tenessino sì poco
conto dell'onore proprio, della fede data, del giuramento e della religione, né
avessino rispetto alcuno all'arciduca, principe di tanta grandezza nobiltà e
virtù, e figliuolo ed erede loro: con la quale risposta avendo il dì medesimo
fattigli partire dalla corte, si volse con tutto l'animo alle provisioni della
guerra; disegnando farle maggiori, e per terra e per mare, che già gran tempo
fa fussino state fatte per alcuno re di quel reame. Deliberò adunque di mandare
grandissimo esercito e potentissima armata marittima nel regno di Napoli; e
perché in questo mezzo non si perdesse Gaeta e le castella di Napoli, mandarvi
con prestezza, per mare, soccorso di nuove genti e di tutte le cose necessarie;
e per impedire che di Spagna non vi andasse soccorso, il che era stato causa di
tutti i disordini, assaltare con due eserciti per terra il regno di Spagna,
mandandone uno nel contado di Rossiglione, che è contiguo al mare Mediterraneo,
l'altro verso Fonterabia e gli altri luoghi circostanti posti in sul mare
Oceano; e con una armata marittima molestare, nel tempo medesimo, la costiera
di Catalogna e di Valenza. Le quali espedizioni mentre che con grandissima
sollecitudine si preparano, Consalvo, intento alla espugnazione delle castella
di Napoli, piantò l'artiglierie contro a Castelnuovo alle radici del monte di
San Martino, onde di luogo rilevato si batteva il muro della cittadella, la
quale situata di verso il detto monte era di mura antiche fondate quasi sopra
terra; e nel tempo medesimo Pietro Navarra faceva una mina per ruinare le mura
della cittadella; e similmente si battevano le mura del castello dalla Torre di
San Vincenzio, stata presa pochi dì prima da Consalvo. Era allora Castelnuovo
in forma diversa dalla presente, perché ora, levata via la cittadella, comincia
dove erano le mura di quella un circuito nuovo di mura che si distende per la
piazza del castello insino alla marina; il quale circuito, principiato da
Federigo e alzato da lui insino al bastione, fabbricato di muraglia forte e
bene fondata, è molto difficile a minare, per essere contraminato bene per
tutto e perché la sommità dell'acqua è molto vicina alla superficie della
terra. Ed era il disegno di Consalvo, presa che avesse la cittadella,
accostandosi alla scarpa del muro del castello, sforzarsi di rovinarlo con
nuove mine; ma dalla temerità o dalla mala fortuna de' franzesi gli fu presentata
maggiore occasione. Perché, poi che alla mina condotta alla sua perfezione fu
fatto dare il fuoco da Pietro Navarra, aperse l'impeto della polvere il muro
della cittadella; e nel tempo medesimo i fanti spagnuoli che stavano in
battaglia aspettando questo, parte per la rottura del muro parte salendo con le
scale da più bande, entrorono dentro: e da altra parte i franzesi, usciti del
castello, per non gli lasciare fermare nella cittadella andorono incontro a
loro: dalle forze de' quali in poco tempo soprafatti, ritirandosi nel
rivellino, gli spagnuoli alla mescolata con loro vi entrorono dentro, e
spingendosi col medesimo impeto alla via della porta, dove non era allora il
nuovo torrione il quale fece poi fabbricare Consalvo, accrebbono ne' franzesi,
già inviliti, tanto il terrore che in meno d'una mezza ora, perduto al tutto
l'animo, detteno il castello con le robe, delle quali vi era rifuggita quantità
grandissima, e persone loro, a discrezione: ove restò prigione il conte di
Montorio e molti altri signori. E riuscì questo acquisto più opportuno, perché
il dì seguente arrivò per soccorrerlo, da Genova, una armata di sei navi grosse
e di molti altri legni carichi di vettovaglie d'armi e di munizioni, e con
dumila fanti. In su l'approssimarsi della quale, l'armata spagnuola che era nel
porto di Napoli si ritirò a Ischia; dove, intesa che ebbe la perdita di
Castelnuovo, la seguitò l'armata franzese: ma avendo la spagnuola, per non
essere sforzata a combattere, affondato innanzi a sé certe barche, poiché s'ebbono
tirato qualche colpo d'artiglieria, l'una andò a Gaeta, l'altra assicuratasi
per la partita sua ritornò al molo di Napoli.
Espugnato
Castelnuovo, Consalvo intento allo acquisto di tutto il reame, non aspettato
l'esercito di Calavria, il quale per levarsi tutti gli impedimenti del venire
innanzi s'era fermato a conquistare la valle d'Ariano, mandò Prospero Colonna
nello Abruzzi; ed egli, lasciato Pietro Navarra alla espugnazione di Castel
dell'Uovo, si dirizzò col resto dello esercito a Gaeta: nella espugnazione
della quale consisteva la perfezione della vittoria, perché la speranza e la
disperazione de' franzesi dependeva totalmente dalla salvazione o dalla perdita
di quella città, forte, marittima, e che ha porto tanto capace e sì opportuno
alle armate mandate da Genova e di Provenza. Né erano perciò i franzesi
ristretti in Gaeta sola, ma oltre a' luoghi circostanti che si tenevano per
loro tenevano nello Abruzzi l'Aquila la Rocca d'Evandro e molte altre terre: e
Luigi d'Ars, raccolti molti cavalli e fanti e fattosi forte col principe di
Melfi in Venosa, molestava tutto il paese vicino; e Rossano, Matalona e molte
altre terre forti, che erano di baroni della parte angioina, si conservavano
costantemente alla divozione del re di Francia.
Faceva in
questo tempo Pietro Navarra certe barche coperte, con le quali, accostatosi al
muro di Castel dell'Uovo più sicuramente, fece la mina dalla parte che guarda
Pizzifalcone, non s'accorgendo quegli che erano dentro dell'opera sua; per la
quale, dato il fuoco, balzò con grande impeto in aria una parte del masso
insieme con gli uomini che vi erano sopra; per il qual caso spaventati gli
altri fu subito presa la fortezza, con tanta riputazione di Pietro Navarra e
con tanto terrore degli uomini che (come sono più spaventevoli i modi nuovi
dell'offese perché non sono ancora escogitati i modi delle difese) si credeva
che alle sue mine muraglia o fortezza alcuna resistere più non potesse. Ed era
certamente cosa molto orribile che con la forza della polvere d'artiglieria,
messa nella cava o veramente nella mina, si gittassino in terra grandissime
muraglie. La quale specie d'espugnazione era stata la prima volta usata in
Italia da' genovesi, co' quali, secondo che affermano alcuni, militava per
fante privato Pietro Navarra, quando l'anno mille quattrocento ottantasette
s'accamporono alla rocca di Serezanello tenuta da' fiorentini; ove con una cava
fatta in simile modo aperseno parte della muraglia; ma non conquistando la
rocca, per non essere la mina penetrata tanto sotto i fondamenti del muro
quanto era necessario, non fu seguitato per allora l'esempio di questa cosa.
Ma
approssimandosi Consalvo a Gaeta, Allegri, che aveva distribuito quattrocento
lancie e quattromila fanti, di quegli che s'erano salvati della rotta, tra
Gaeta, Fondi, Itri, Traietto e Rocca Guglielma, gli ritirò tutti in Gaeta; e vi
entrorno insieme i prìncipi di Salerno e di Bisignano il duca di Traietto il
conte di Consa e molti baroni del regno, che prima si erano uniti con lui. Dopo
la ritirata de' quali, Consalvo, insignoritosi di tutte quelle terre e della
rocca di San Germano, alloggiò col campo nel borgo di Gaeta, col quale, poco
poi, avendo presa la valle d'Ariano, si unì l'esercito di Calavria; e piantate
le artiglierie batté con impeto grande dalla parte del porto e dalla parte del
monte detto volgarmente il Monte di Orlando, congiunto e supereminente alla
città, e il quale, cinto dipoi di mura da lui, era stato allora con ripari e
con bastioni di terra fortificato da' franzesi: e avendo tentato invano, con
due assalti non ordinati, di entrarvi, s'astenne finalmente di dare la
battaglia ordinata, il dì che avevano determinato di darla, riputando la
espugnazione difficile per il numero e virtù de' difensori, e considerando che
quando bene l'esercito suo fusse per forza entrato nel monte si riduceva in
maggior pericolo, perché sarebbe stato esposto alle artiglierie piantate nel
monasterio e altri luoghi rilevati che erano in sul monte. Continuava nondimeno
di battere con l'artiglierie e molestare la terra: stretta similmente dalla
parte del mare, perché innanzi al porto erano diciotto galee spagnuole, delle
quali era capitano don Ramondo di Cardona. Ma pochi dì poi arrivò una armata di
sei caracche grosse genovesi sei altre navi e sette galee, carica di
vettovaglie e di molti fanti, in sulla quale era il marchese di Saluzzo,
mandato, per la morte del duca di Nemors, per nuovo viceré dal re di Francia,
sollecito quanto era possibile alla conservazione di Gaeta, e perciò, parte in
su questi legni parte in su altri che giunsono poco poi, vi mandò in pochi dì
mille fanti corsi e tremila guasconi: per la venuta della quale armata l'armata
spagnuola fu costretta a ritirarsi a Napoli; e Consalvo, disperando di potere
farvi più frutto alcuno, ridusse le genti a Mola di Gaeta e al Castellone,
donde teneva Gaeta come assediata di largo assedio; avendovi perduto, parte
nello scaramucciare parte nel ritirarsi, molti uomini, tra' quali fu ammazzato
dall'artiglieria di dentro don Ugo di Cardona. Ma gli succedevano nel tempo
medesimo prosperamente tutte le altre cose del regno: perché Prospero Colonna
aveva preso la Rocca d'Evandro e l'Aquila, e tutte l'altre terre dello Abruzzi
ridotte alla divozione spagnuola; e la Calavria quasi tutta la medesima
ubbidienza seguitava, per l'accordo che nuovamente aveva fatto il conte di
Capaccio con loro; né vi rimaneva altro che Rossano e Santa Severina, ove era
assediato il principe di Rossano.
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