III. Forze del re di Francia in Italia. Sospetti del re per la politica
sempre ambigua del pontefice e del Valentino.
Acceleravano
intanto le provisioni ordinate per usarle di qua e di là da' monti. Perché in
Ghienna erano andati, per rompere la guerra verso Fonterabia, monsignore di
Alibret e il marisciallo di Gies con quattrocento lancie e cinquemila fanti tra
svizzeri e guasconi; e nella Linguadoca, per muovere la guerra nella contea di
Rossiglione, il marisciallo Ruis brettone con ottocento lancie e ottomila
fanti, parte svizzeri parte franzesi; e nel tempo medesimo si moveva l'armata
per infestare la costa di Catalogna e del regno di Valenza. E in Italia aveva
espedito il re per capitano generale dell'esercito monsignore della Tramoglia,
a cui allora per consentimento di tutti si dava il primo luogo, nell'armi, di
tutto il reame di Francia; e aveva mandato il baglì di Digiuno a fare muovere
ottomila svizzeri; e le genti d'arme e l'altre fanterie sollecitavano di
camminare: non essendo però l'esercito tanto potente come da principio aveva
disegnato, non perché fusse raffreddato l'ardore del re, né perché lo ritenesse
o la impotenza o il desiderio di spendere meno, ma perché si conducesse nel
regno di Napoli, come era giudicato molto utile, con maggiore celerità, e in
parte perché Allegri, significandogli lo stato delle cose di là, aveva
affermato essere più gagliarde le reliquie dello esercito che in fatto non
erano e più ferme le terre e i baroni che ancora si tenevano a sua divozione, e
perché aveva ricercato aiuto di gente da tutti quegli che in Italia gli
aderivano; onde i fiorentini gli concederono il baglì d'Occan con le cinquanta
lancie pagate da loro e cento cinquanta altri uomini d'arme, cento uomini
d'arme per uno dettono il duca di Ferrara i bolognesi e il marchese di Mantova,
il quale chiamato dal re v'andava in persona, e cento altri i sanesi. Le quali
genti, aggiunte a ottocento lancie e cinquemila guasconi che conduceva in
Italia la Tramoglia, e agli ottomila svizzeri che si aspettavano e a' soldati
che erano in Gaeta, facevano il numero di mille ottocento lancie tra franzesi e
italiane, e di più di diciottomila fanti; oltre a' quali si era mossa l'armata
marittima molto potente, sotto monsignore di... : di maniera che si confessava
per ciascuno non essere memoria che alcuno re di Francia, computato le forze
preparate per terra e per mare e di qua e di là da' monti, avesse mai fatto più
potente e maggiore preparazione.
Ma non era
riputato sicuro che l'esercito regio passasse Roma se prima il re non era
sicuro del pontefice e del Valentino, avendo causa giustissima di sospettarne
per molte ragioni e per molti indizi, e perché per lettere intercette molto
prima di Valentino a Consalvo si era compreso essere stato trattato tra loro
che se Consalvo espugnava Gaeta, assicurato in caso tale delle cose del regno,
passasse innanzi con l'esercito, occupasse Pisa il Valentino, e che uniti
insieme Consalvo ed egli assaltassino la Toscana: e perciò il re, passato già l'esercito
in Lombardia, faceva instanza grandissima che e' dichiarassino per ultimo la
mente loro. I quali se bene udivano e trattavano con tutti, nondimeno
giudicando essere il tempo comodo a fare mercatanzia de' travagli degli altri,
aveano maggiore inclinazione a congiugnersi con gli spagnuoli; ma gli riteneva
il pericolo manifesto che l'esercito franzese non cominciasse ad assaltare gli
stati loro, e così, che avessino a cominciare a sentire danni e molestie donde
disegnavano di conseguire premi ed esaltazione: nella quale ambiguità
permettevano che ciascuna delle parti soldasse scopertamente fanti in Roma,
differendo il più potevano a dichiararsi. Ma essendo finalmente ricercatine
strettamente dal re, offerivano che il Valentino si unirebbe con l'esercito suo
con cinquecento uomini d'arme e dumila fanti, consentendogli il re non
solamente le terre di Giangiordano ma eziandio l'acquisto di Siena; e nondimeno
quando s'approssimavano alla conclusione variavano dalle cose trattate,
introducendo nuove difficoltà, come quegli che per potere, secondo la loro
consuetudine, pigliare consiglio dagli eventi delle cose, erano alieni dal
dichiararsi. Però fu introdotta un'altra pratica, per la quale il pontefice,
proponendo di non volere dichiararsi per alcuna delle parti per conservarsi
padre comune, consentiva dare allo esercito franzese passo per il dominio della
Chiesa, e prometteva durante la guerra nel regno di Napoli non molestare né i
fiorentini né i sanesi né i bolognesi; le quali condizioni sarebbeno state finalmente,
perché l'esercito passasse senza maggiore indugio nel reame, accettate dal re,
ancora che conoscesse non essere questo partito né con onore né con sicurtà sua
e di quegli che da lui in Italia dependevano: perché certezza alcuna non aveva
che, se a' suoi nel reame sinistro alcuno sopravenisse, che il pontefice e il
Valentino non se gli scoprissino contro; ed era oltre a questo mal sicuro che,
uscite che fussino le genti sue di terra di Roma, essi, tenuto poco conto della
fede, non assaltassino la Toscana, la quale per la sua disunione e per gli
aiuti dati al re restava debole e quasi disarmata. E che avessino a tentare o
questa o altra impresa era verisimile, poiché d'avere a conseguire di tanta
occasione guadagni immoderati presupposto s'aveano.
|