IV. Morte del pontefice; malattia del Valentino; giubilo di Roma per la
morte del pontefice. Il Valentino si riconcilia con i Colonnesi. Torbidi in
Roma. Ritorno di signori spodestati in terre dello stato pontificio e del
Valentino. Accordi del Valentino col re di Francia. Il conclave e l'elezione di
Pio III.
Ma ecco che nel colmo più alto delle
maggiori speranze (come sono vani e fallaci i pensieri degli uomini) il
pontefice, da una vigna appresso a Vaticano, dove era andato a cenare per
ricrearsi da' caldi, è repentinamente portato per morto nel palazzo pontificale
e incontinente dietro è portato per morto il figliuolo: e il dì seguente, che
fu il decimo ottavo dì d'agosto, è portato morto secondo l'uso de' pontefici
nella chiesa di San Piero, nero enfiato e bruttissimo, segni manifestissimi di
veleno; ma il Valentino, col vigore dell'età e per avere usato subito medicine
potenti e appropriate al veleno, salvò la vita, rimanendo oppresso da lunga e
grave infermità. Credettesi costantemente che questo accidente fusse proceduto
da veleno; e si racconta, secondo la fama più comune, l'ordine della cosa in
questo modo: che avendo il Valentino, destinato alla medesima cena, deliberato
di avvelenare Adriano cardinale di Corneto, nella vigna del quale doveano
cenare (perché è cosa manifesta essere stata consuetudine frequente del padre e
sua non solo di usare il veleno per vendicarsi contro agl'inimici o per
assicurarsi de' sospetti ma eziandio per scelerata cupidità di spogliare delle
proprie facoltà le persone ricche, in cardinali e altri cortigiani, non avendo
rispetto che da essi non avessino mai ricevuta offesa alcuna, come fu il
cardinale molto ricco di Santo Angelo, ma né anche che gli fussino amicissimi e
congiuntissimi, e alcuni di loro, come furono i cardinali di Capua e di Modona,
stati utilissimi e fidatissimi ministri), narrasi adunque che avendo il
Valentino mandati innanzi certi fiaschi di vino infetti di veleno, e avendogli
fatti consegnare a un ministro non consapevole della cosa, con commissione che
non gli desse ad alcuno, sopravenne per sorte il pontefice innanzi a l'ora
della cena, e, vinto dalla sete e da' caldi smisurati ch'erano, dimandò gli
fusse dato da bere, ma perché non erano arrivate ancora di palazzo le
provisioni per la cena, gli fu da quel ministro, che credeva riservarsi come
vino più prezioso, dato da bere del vino che aveva mandato innanzi Valentino;
il quale, sopragiugnendo mentre il padre beeva, si messe similmente a bere del
medesimo vino. Concorse al corpo morto d'Alessandro in San Piero con
incredibile allegrezza tutta Roma, non potendo saziarsi gli occhi d'alcuno di
vedere spento un serpente che con la sua immoderata ambizione e pestifera
perfidia, e con tutti gli esempli di orribile crudeltà di mostruosa libidine e
di inaudita avarizia, vendendo senza distinzione le cose sacre e le profane,
aveva attossicato tutto il mondo; e nondimeno era stato esaltato, con rarissima
e quasi perpetua prosperità, dalla prima gioventù insino all'ultimo dì della
vita sua, desiderando sempre cose grandissime e ottenendo più di quello
desiderava. Esempio potente a confondere l'arroganza di coloro i quali,
presumendosi di scorgere con la debolezza degli occhi umani la profondità de'
giudìci divini, affermano ciò che di prospero o di avverso avviene agli uomini
procedere o da' meriti o da' demeriti loro: come se tutto dì non apparisse
molti buoni essere vessati ingiustamente e molti di pravo animo essere esaltati
indebitamente; o come se, altrimenti interpretando, si derogasse alla giustizia
e alla potenza di Dio; la amplitudine della quale, non ristretta a' termini
brevi e presenti, in altro tempo e in altro luogo, con larga mano, con premi e
con supplìci sempiterni, riconosce i giusti dagli ingiusti.
Ma Valentino,
ammalato gravemente in palazzo, ridusse intorno a sé tutte le sue genti; e
avendo prima sempre pensato di fare, alla morte del padre, parte col terrore
delle sue armi parte col favore de' cardinali spagnuoli, che erano undici,
eleggere uno pontefice ad arbitrio suo, aveva al presente molto maggiore
difficoltà che prima non s'era immaginato a questo e a tutti gli altri disegni,
per la sua pericolosissima infermità: per il che si querelava con grandissima
indegnazione che, avendo pensato molte volte in altri tempi a tutti gli
accidenti che nella morte del padre potessino sopravenire, e a tutti pensato i
rimedi, non gli era mai caduto nella mente potere accadere che nel tempo
medesimo avesse egli a essere impedito da sì pericolosa infermità. Però,
bisognandogli accomodare i consigli suoi non a disegni fatti prima ma alla
necessità sopravenuta, parendogli non potere sostenere in un tempo medesimo
l'inimicizia de' Colonnesi e degli Orsini e temendo non si unissino insieme
contro a lui, si risolvé a fidarsi più presto di quegli i quali aveva offesi
solamente nello stato che di quegli i quali aveva offesi nello stato e nel
sangue; e per questo, riconciliatosi prestamente co' Colonnesi e colla famiglia
della Valle seguace della medesima fazione, e invitandogli a tornare negli
stati propri, restituì loro le fortezze, le quali con spesa grande erano state
fortificate e ampliate da Alessandro. Ma non bastava questo né alla sicurtà sua
né a quietare la città di Roma, ove ogni cosa era piena di sospetti e di
tumulti. Perché Prospero Colonna era venutovi e tutta la parte colonnese avea
prese l'armi; e Fabio Orsino, venuto alle case loro in Montegiordano, aveva con
turba grande di partigiani degli Orsini abbruciati alcuni fondachi e case di
mercatanti e cortigiani spagnuoli (contro al nome della quale nazione erano
concitati gli animi quasi di ciascuno, per la memoria delle insolenze che
avevano usate nel pontificato d'Alessandro), e sitibondo del sangue del
Valentino congregava molti soldati forestieri, e sollecitava Bartolomeo
d'Alviano, che allora era agli stipendi de' veneziani, che venisse a
vendicarsi, insieme con gli altri della famiglia loro, di tante ingiurie. Il
Borgo e i Prati erano pieni di gente del Valentino; e i cardinali, giudicando
non potere sicuramente congregarsi nel palazzo pontificale, si congregavano nel
convento della chiesa della Minerva: nel qual luogo, fuora del costume antico,
si cominciorono, ma più tardi che 'l consueto, a fare le esequie d'Alessandro.
Temevasi della venuta di Consalvo a Roma, massimamente perché Prospero Colonna
avea lasciato a Marino certo numero di soldati spagnuoli, e perché per la
riconciliazione del Valentino co' Colonnesi si era creduto che egli avesse
convenuto di seguitare la parte spagnuola. Ma molto più si temeva che non vi
venisse l'esercito franzese, proceduto insino a quel dì lentamente perché i
consigli publici de' svizzeri, spaventati per gl'infelici successi avuti da
quella nazione nel regno di Napoli, erano stati molto sospesi innanzi
concedessino a' ministri del re che soldassino de' fanti loro, e ricusando per
la medesima cagione quasi tutti i capitani e fanti eletti di andarvi, erano
stati soldati più tardamente e dipoi stati lenti nel camminare. Ma per la morte
del pontefice l'esercito, governato dal marchese di Mantova con titolo di
luogotenente del re, e in compagnia sua, quanto all'effetto ma non in nome, dal
baglì di Occan e da Sandricort (perché la Tramoglia ammalato s'era fermato a
Parma) non aspettati i svizzeri, s'era condotto nel territorio di Siena con
intenzione di andare a Roma, perché così avea commesso il re, ed eziandio che
andasse a Ostia l'armata di mare che era a Gaeta, per impedire (secondo
dicevano) se Consalvo volesse andare con l'esercito a Roma per costrignere i
cardinali a eleggere ad arbitrio suo il nuovo pontefice. Soggiornorono
nondimeno qualche dì tra Buonconvento e Viterbo, perché avendo, per le
turbolenze di Roma, i mercatanti fatto difficoltà d'accettare le lettere di
cambio mandate di Francia, i svizzeri condotti in quel di Siena recusavano, se
prima non erano pagati, passare più avanti.
Nel qual tempo
non erano minori i tumulti nel territorio di Roma, e in molti altri luoghi
dello stato della Chiesa e del Valentino. Perché gli Orsini e tutti i baroni
romani ritornavano agli stati loro; i Vitelli erano tornati in Città di
Castello; e Giampaolo Baglione aveva, sotto speranza d'un trattato, assaltato
Perugia, e benché messo in fuga dagli inimici fusse stato costretto a
partirsene, nondimeno tornatovi di nuovo con molta gente e con gli aiuti
scoperti de' fiorentini, datovi uno assalto gagliardo, v'entrò dentro, non
senza qualche uccisione degli inimici e de' suoi. Aveva e la terra di Piombino
pigliato l'armi, e benché i sanesi si sforzassino di occuparla vi ritornò, col
favore de' fiorentini, il vecchio signore. Il medesimo facevano negli stati
loro il duca d'Urbino, i signori di Pesero, di Camerino e di Sinigaglia.
Solamente la Romagna, benché non stesse senza sospetto de' viniziani, i quali a
Ravenna molta gente riducevano, stava quieta, e inclinata alla divozione del
Valentino; avendo per esperienza conosciuto quanto fusse più stato tollerabile
a quella regione il servire tutta insieme sotto un principe solo e potente che
quando ciascuna di quelle città stava sotto un signore particolare, il quale né
per la sua debolezza gli potesse difendere né per la povertà beneficare, più
tosto, non gli bastando le sue piccole entrate a sostentarsi, fusse costretto a
opprimergli. Ricordavansi ancora gli uomini che, per l'autorità e grandezza sua
e per l'amministrazione sincera della giustizia, era stato tranquillo quel
paese da' tumulti delle parti, da' quali prima soleva essere vessato
continuamente con spesse uccisioni d'uomini. Con le quali opere s'avea fatti benevoli
gli animi de' popoli; e similmente co' benefici fatti a molti di loro,
distribuendo soldi nelle persone armigere, uffici, per le terre sue e della
Chiesa, nelle togate, e aiutando le ecclesiastiche nelle cose beneficiali
appresso al padre: onde né l'esempio degli altri, che tutti si ribellavano, né
la memoria degli antichi signori gli alienava dal Valentino. Il quale benché
fusse oppressato da tante difficoltà, pure e gli spagnuoli e i franzesi
facevano instanza grande, con molte promesse e offerte, di congiugnerselo:
perché oltre al valersi delle sue genti speravano di guadagnare i voti de'
cardinali spagnuoli per la futura elezione. Ma egli, benché per la
reconciliazione fatta co' Colonnesi si fusse creduto che si fusse aderito agli
spagnuoli, nondimeno non l'avendo indotto a quella altro che il timore che non
si unissino con gli Orsini, e allora, secondo affermava, dichiarato di non
volere essere tenuto a cosa alcuna contro al re di Francia, deliberò di
seguitare la parte sua; perché, e in Roma, ove aveva sì vicino l'esercito, e
negli altri suoi stati, poteva più e nuocergli e giovargli che non potevano gli
spagnuoli. Però, il primo dì di settembre, convenne col cardinale di San
Severino e con monsignore di Trans oratore regio contraenti in nome del re,
promettendo le genti sue all'impresa di Napoli, e a ogn'altra impresa contro a
ciascuno eccetto che contro alla Chiesa; e da altra parte gli agenti predetti
obligorno il re alla sua protezione con tutti gli stati possedeva, e ad
aiutarlo alla recuperazione di quegli che aveva perduti. Dette oltre a questo
il Valentino speranza di voltare i voti della maggiore parte de' cardinali
spagnuoli al favore del cardinale di Roano; il quale, pieno di grandissima
speranza d'avere a ottenere il pontificato con l'autorità co' danari e con
l'armi del suo re, subito dopo la morte del pontefice si era partito di Francia
per venire a Roma, menando seco oltre al cardinale di Aragona il cardinale
Ascanio; il quale, cavato due anni innanzi della torre di Borges, era poi stato
intrattenuto onoratamente nella corte e carezzato molto da Roano, sperando che
nella prima vacazione del pontificato gli avesse a giovare molto l'antica
riputazione e l'amicizie e dependenze grandi che egli soleva avere nella corte
romana: fondamenti non molto saldi, perché né il Valentino poteva disporre
totalmente de' cardinali spagnuoli, intenti più, secondo l'uso degli uomini,
all'utilità propria che alla remunerazione de' benefici ricevuti dal padre e da
lui, e perché molti di loro, avendo rispetto a non offendere l'animo de' suoi
re, non sarebbono trascorsi a eleggere in pontefice uno cardinale franzese; né
Ascanio, se avesse potuto, arebbe consentito che Roano conseguitasse il
pontificato, a perpetua depressione ed estinzione d'ogni speranza che avanzava
a sé e alla casa sua.
Non si era dato
ancora principio alla elezione del nuovo pontefice; non solo per essersi
cominciate a celebrare più tardi che 'l solito l'esequie del morto, innanzi
alla fine delle quali, che durano nove dì, non entrano, secondo la consuetudine
antica, i cardinali nel conclave, ma perché, per levare l'occasioni e i
pericoli dello scisma in tanta confusione delle cose e in sì importante
divisione de' prìncipi, avevano i cardinali presenti consentito che si desse
tempo a venire a' cardinali assenti: i quali benché fussino venuti, teneva
sospeso il collegio il sospetto che l'elezione non avesse a essere libera,
rispetto alle genti del Valentino e perché l'esercito franzese, ridotto
finalmente tutto tra Nepi e l'Isola e che voleva distendersi insino a Roma,
recusava di passare il fiume del Tevere se prima non si creava il nuovo
pontefice, o per timore che la parte avversa non isforzasse il collegio a
eleggere a modo suo o perché il cardinale di Roano volesse così, per più
sicurtà sua e per speranza di favorirsene al pontificato. Le quali cose, dopo
molte contenzioni, recusando il collegio di volere altrimenti entrare nel
conclave, pigliorono forma: perché il cardinale di Roano dette a tutto il
collegio la fede sua che l'esercito franzese non passerebbe Nepi e l'Isola, e
il Valentino consentì d'andarsene a Nepi e poi a Civita Castellana, mandati nel
campo franzese dugento uomini d'arme e trecento cavalli leggieri sotto Lodovico
dalla Mirandola e Alessandro da Triulzi; e il collegio, ordinati molti fanti
per la guardia di Roma, dette autorità a tre prelati preposti alla custodia del
conclave d'aprirlo se sentissino alcuno tumulto, acciò che, restando qualunque
de' cardinali libero d'andare dove gli paresse, ciascuno perdesse la speranza
di sforzargli. Entrorno finalmente i cardinali nel conclave, trentotto in
numero; ove la disunione, solita in altri tempi a partorire dilazione, fu causa
che accelerando creassino fra pochi dì il nuovo pontefice. Perché, non concordi
della persona che avessino a eleggere, per l'altre loro cupidità e
principalmente per la contenzione che era tra i cardinali dependenti dal re di
Francia e i cardinali spagnuoli o dependenti da' re di Spagna, ma spaventati
dal pericolo proprio, essendo le cose di Roma in tanti sospetti e tumulti, e
dalla considerazione degli accidenti che, in tempi tanto difficili, sopravenire
per la vacazione della sedia potevano, si inclinorono, consentendovi ancora il
cardinale di Roano, al quale ogni dì più mancava la speranza di essere eletto,
a eleggere in pontefice Francesco Piccoluomini cardinale di Siena; il quale,
perché era vecchio e allora infermo, ciascuno presupponeva dovere in brevissimo
tempo terminare i suoi dì: cardinale certamente di intera fama, e giudicato per
l'altre sue condizioni non indegno di tanto grado. Il quale, per rinnovare la
memoria di Pio secondo, suo zio, e da cui era stato promosso alla degnità del
cardinalato, assunse il nome di Pio terzo.
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