VII. Sfortuna dei francesi nella guerra contro la Spagna. Cessazione delle
operazioni alla frontiera franco spagnola. La lotta al Garigliano. Infermità
nell'esercito francese e discordia fra i capitani. Sconfitta dei francesi; resa
di Gaeta. Le cause della sconfitta francese.
Queste furono le mutazioni che succederono
in Italia per la morte del pontefice. Ma in questi tempi medesimi l'imprese
cominciate con tanta speranza dal re di Francia di là da' monti erano ridotte
in molta difficoltà. Perché l'esercito andato a' confini di Guascogna, per
mancamento di danari e per poco governo di chi lo comandava, si era prestamente
risoluto; e l'armata di mare, avendo scorso con piccolo frutto per i mari di
Spagna, si era ritirata nel porto di Marsilia. E l'esercito andato verso
Perpignano, ne' progressi del quale il re molto confidava essendo continuamente
bene proveduto di tutte le cose necessarie, si era posto a campo a Sals,
fortezza vicina a Nerbona posta a' piedi de' monti Pirenei nel contado di
Rossiglione, la quale essendo bene difesa faceva gagliarda resistenza; e
ancoraché da' franzesi fusse valorosamente combattuta, e usate tutte le
diligenze di battere le mura con l'artiglierie e di rovinarle con le mine,
nondimeno non potettono mai ottenerla: anzi, essendosi congregato per
soccorrerla grandissimo esercito di tutti i regni di Spagna a Perpignano, ove
era venuta la persona del re, e unitesi a questo esercito, per la resoluzione
de' franzesi che erano stati mandati verso Fonterabia, le genti che erano
andate a difendere quella frontiera, e tutti insieme movendosi per assaltare
l'esercito franzese, i capitani conoscendosi inferiori si ritirorno col campo
verso Nerbona, essendo già stati intorno a Sals circa quaranta dì. Dietro a'
quali entrorno gli spagnuoli ne' confini del re di Francia; e prese alcune
terre di piccola importanza, essendo i franzesi fermatisi a Nerbona stativi
pochi dì, si ritirorono ne' terreni loro per comandamento del suo re, che
avendo conseguito quel che è il proprio fine di chi è assaltato nutriva
malvolentieri la guerra di là da' monti, conscio che i suoi regni potentissimi
a difendersi dal re di Francia erano deboli a offenderlo: né molti dì poi,
interponendosene il re Federigo, feciono insieme tregua per cinque mesi, per le
cose oltramontane solamente. Perché Federigo, essendogli data intenzione dal re
di Spagna di consentire alla restituzione sua nel regno di Napoli, e sperando
che il medesimo avesse a consentire il re di Francia, appresso al quale,
indotta a compassione, si affaticava molto per lui la reina di Francia, aveva
introdotto tra loro pratiche di pace: per le quali, mentre che ardeva la guerra
in Italia, andorno in Francia imbasciadori del re di Spagna, governandosi con
tanto artificio che Federigo si persuadeva che la difficoltà della sua
restituzione, contradetta estremamente da' baroni della parte angioina,
consistesse principalmente nel re di Francia.
Essendo adunque
ridotte tutte le guerre de' due re nel regno di Napoli, erano volti a quella
parte gli occhi e i pensieri di ciascuno. Perché i franzesi, partiti da Roma e
passati per le terre di Valmontone e de' Colonnesi, per le quali furono
concedute loro volontariamente le vettovaglie, camminavano per la campagna
ecclesiastica inverso San Germano; ove Consalvo, messa guardia in Roccasecca e
in Montecasino, si era fermato, non con intenzione di tentare la fortuna ma di
proibire che non passassino più innanzi, il che per la fortezza del sito sperava
agevolmente potere fare. Arrivati i franzesi a Pontecorvo e a Cepperano, si unì
con loro il marchese di Saluzzo con le genti di Gaeta; avendo prima, per
l'occasione della partita di Consalvo, ricuperato il ducato di Traietto e il
contado di Fondi insino al fiume del Garigliano. Fu la prima fatica dello
esercito franzese la oppugnazione di Roccasecca; dalla quale, dato che v'ebbono
invano uno assalto, si levorono, ma divenutine in tanto dispregio che
publicamente si affermava, nell'esercito spagnuolo, quel giorno avere
assicurato il reame di Napoli da' franzesi. I quali per questo, diffidandosi di
spuntare gli inimici dal passo di San Germano, deliberorno voltarsi al cammino
della marina; e perciò, poiché furono stati due dì fermi in Aquino, preso da loro,
lasciati settecento fanti in Rocca Guglielma, ritornati indietro a Pontecorvo,
andorno per la via di Fondi ad alloggiare alla torre posta in su il passo del
fiume del Garigliano, nel quale luogo è fama essere già stata la città
antichissima di Minturne: alloggiamento non solo opportuno per gittare il ponte
e passare il fiume, come era la loro intenzione, ma comodissimo in caso fussino
necessitati a soggiornarvi, imperocché avevano Gaeta e l'armata di mare alle
spalle, Traietto, Itri, Fondi e tutto il paese insino al Garigliano a sua
divozione. Riputavasi che nel passare l'esercito franzese il fiume consistesse
momento grande alla vittoria, perché, essendo Consalvo tanto inferiore di forze
che non poteva opporsi in sulla campagna aperta, rimaneva libero a' franzesi il
cammino insino alle mura di Napoli; alle quali si sarebbe medesimamente
accostata l'armata, che non aveva opposizione alcuna per mare. Perciò Consalvo,
partitosi da San Germano, era venuto dall'altra parte del Garigliano, per
opporsi con tutte le forze sue perché i franzesi non passassino: confidandosi
di poterlo proibire, per il disavvantaggio e difficoltà che hanno gli eserciti
nel passare, quando gli inimici si oppongono, i fiumi che non si guadano. Ma,
come spesso accade, riuscì più facile quello che prima si riputava più
difficile, e per contrario più difficile quel che da tutti era stimato dovere
essere più facile: perché i franzesi, ancora che gli spagnuoli si sforzassino
di vietarlo, gittato il ponte, guadagnorono il passo del fiume per forza delle
artiglierie, piantate parte in sulla ripa dove alloggiavano, più alta alquanto
che la ripa opposita, parte in sulle barche levate dalla armata e condotte
contro al corso dell'acqua. Ma avendo il dì seguente cominciato a passare si
opposeno loro gli spagnuoli, e assaltando quegli che già erano passati, con
grande animosità, gli rimessono sino a mezzo il ponte; e arebbeno seguitatigli
più oltre se dal furore delle artiglierie non fussino stati costretti a
ritirarsi. Morì in questo assalto dalla parte de' franzesi il luogotenente del
baglì di Digiuno, e dell'esercito spagnuolo Fabio figliuolo di Pagolo Orsino,
giovane tra i soldati italiani di non piccola espettazione. Fu fama che se i
franzesi, quando cominciorono a passare, fussino proceduti innanzi virilmente,
che sarebbono rimasti quel dì superiori; ma mentre che procedono lentamente e
con dimostrazione di timidità non solo perderono l'occasione della vittoria di
quel giorno ma si debilitorono in gran parte la speranza del futuro, perché
dopo quel dì le cose andorono sempre per loro poco felicemente; e già tra'
capitani era più presto confusione che concordia e, secondo il costume de'
soldati franzesi verso i capitani italiani, poca obedienza al marchese di
Mantova luogotenente regio: in modo che egli, o per questa cagione o perché
veramente fusse, come allegava, ammalato, o perché dalla esperienza fatta prima
a Roccasecca e poi il dì che si tentò di passare il ponte avesse perduto la
speranza della vittoria, si partì dello esercito; lasciato di sé nel re di
Francia concetto maggiore di fede che di animo o di governo nell'esercizio
militare. Dopo la partita del quale, i capitani franzesi, che erano i
principali il marchese di Saluzzo il baglì di Occan e Sandricort, fatto prima
alla testa del ponte di là dal fiume uno riparo con le carrette, vi fabricorno
uno bastione capace di molti uomini, per il quale non potevano gli inimici
assaltargli quando passavano il ponte.
Ma gli
ritardavano a procedere più oltre altre difficoltà, causate parte per colpa
loro parte per la virtù e tolleranza degli inimici parte per l'iniquità della
fortuna. Perché Consalvo, intento a impedirgli più con l'occasione della
vernata e del sito del paese che con le forze, si era fermato a Cintura, casale
posto in luogo alquanto eminente lontano dal fiume un miglio poco più; e la
fanteria e l'altre genti alloggiate all'intorno, ma con molta incomodità
perché, alloggiando in luogo solitario e dove sono rarissime le case e le
capanne de' contadini e de' pastori, non vi era quasi coperto alcuno, e il
terreno, per la bassezza naturale di quella pianura e perché i tempi erano
molti piovosi, pieno di acqua e di fango: però i soldati che non avevano luogo
di alloggiare ne siti più alti, conducendo quantità grande di fascine, si
sforzavano coprire con esse il terreno dove alloggiavano. Per le quali
difficoltà e perché l'esercito era mal pagato, e per avere i franzesi
guadagnato del tutto il passo del fiume, fu consiglio di alcuni capitani di
ritirarsi a Capua, acciò che le genti patissino manco, e per levarsi dal
pericolo in che pareva che si stesse continuamente essendo inferiori di gente
agli inimici. Il quale consiglio fu magnanimamente rifiutato da Consalvo, con
quella voce memorabile: desiderare più tosto di avere, al presente, la sua
sepoltura un palmo di terreno più avanti che, col ritirarsi indietro poche
braccia, allungare la vita cento anni; e così resistendo alle difficoltà con la
costanza dello animo, ed essendosi fortificato con uno fosso profondo e con due
bastioni fatti alla fronte dello alloggiamento dello esercito, si manteneva
opposito a' franzesi. I quali, benché avessino fatto il bastione, non tentavano
di muoversi perché, essendo il paese tutto inondato per le pioggie e per
l'acque del fiume (è questo luogo chiamato da Tito Livio, per la vicinità di
Sessa, l'acque sinuessane, e forse sono le paludi di Minturne nelle quali C.
Mario fuggendo Silla si occultò), non potevano procedere innanzi se non per via
stretta, piena di fango altissimo e dove era sfondato tutto il terreno, né
senza pericolo di essere assaltati per fianco dalla fanteria spedita degli
spagnuoli che alloggiava molto vicina. Ed erano per sorte quella vernata i
tempi freddissimi e asprissimi e con nevi e pioggie quasi continue, molto più
che non era il solito di quello paese e di quella stagione, onde pareva che la
fortuna e il cielo fussino congiurati contro a' franzesi: i quali,
soprasedendo, non solo consumavano il tempo inutilmente ma ricevevano dalla
dilazione, per la natura loro, quasi quel medesimo nocumento che dal veleno che
opera lentamente ricevono i corpi umani. Perché se bene alloggiavano con minore
incomodità che non alloggiavano gli spagnuoli, perché le reliquie di uno teatro
antico, alle quali avevano congiunti molti coperti di legname, e le case e
l'osterie vicine ne coprivano una parte, e il luogo intorno alla torre essendo
alquanto più alto che il piano di Sessa era manco offeso dalle acque, e si era
anche la maggiore parte della cavalleria ridotta in Traietto e nelle terre circostanti,
nondimeno, non resistendo per natura i corpi de' franzesi e de' svizzeri alle
fatiche lunghe e alle incomodità come resistono i corpi degli spagnuoli,
raffreddava continuamente l'impeto e la caldezza degli animi loro. E si
augumentavano queste difficoltà per la avarizia de' ministri proposti dal re
sopra le vettovaglie e sopra i pagamenti de' soldati; i quali, intenti al
guadagno proprio né pretermettendo alcuna specie di fraude, lasciavano
diminuire il numero, né tenevano il campo abbondante di vettovaglie. Per le
quali cagioni già molte infermità sopravenivano nell'esercito: e il numero de'
soldati, benché a' pagamenti fusse quasi il medesimo, era in quanto allo
effetto molto minore, essendosi anche delle genti italiane risoluta per se
stessa qualche parte. I quali disordini faceva maggiori la discordia de'
capitani, per la quale non si governava l'esercito né con lo ordine né con la
obbedienza conveniente. Così i franzesi, impediti dall'asprezza della vernata,
soggiornavano oziosamente in sulla ripa del Garigliano; non si facendo, né per
gli inimici né per loro, fazione alcuna eccetto che leggiere battaglie, non
importanti alla somma delle cose, nelle quali pareva che quasi sempre
prevalessino gli spagnuoli. E accadde anche, in questi dì medesimi, che i fanti
i quali erano stati lasciati da' franzesi alla guardia di Rocca Guglielma, non
potendo sostenere le molestie che dalle genti che guardavano Roccasecca e le
terre circostanti quotidianamente sostenevano e però ritornandosene
all'esercito, furono nel cammino rotti da quelle.
Ma essendo sute
già molti dì le cose in quello stato, sopragiunsono all'esercito spagnuolo con
le compagnie loro Bartolomeo da Alviano e gli altri Orsini: per la venuta de'
quali essendo accresciute le forze di Consalvo, in modo che aveva nello
esercito novecento uomini d'arme mille cavalli leggieri e novemila fanti
spagnuoli, cominciò a pensare non di stare più alla difesa ma di offendere
gl'inimici; dandogli maggiore animo il sapere che i franzesi, superiori molto
di cavalli ma non di fanti, si erano tanto sparsi per le terre vicine che già
gli alloggiamenti loro occupavano poco manco che dieci miglia di paese, in modo
che intorno alla torre del Garigliano erano rimasti il marchese di Saluzzo
viceré e gli altri capitani principali con la minore parte dello esercito, e
quella, benché vi fusse sopravenuta copia di vettovaglie, ampliandovisi ogni dì
più le infermità, per le quali erano morti molti e tra gli altri il baglì di
Occan, diminuiva continuamente. Però deliberando di tentare di passare il fiume
furtivamente, il che succedendo non si dubitava della vittoria, dette la cura
allo Alviano, autore, secondo dicono alcuni, di questo consiglio, che
fabricasse il ponte secretamente. Per ordine del quale essendo stato con molto
silenzio fabricato, in uno casale appresso a Sessa, uno ponte in sulle barche,
condottolo di notte al Garigliano e gittatolo al passo di Suio, quattro miglia
sopra il ponte de' franzesi, dove per loro non si teneva guardia alcuna, subito
che il ponte fu gittato, che fu la notte del vigesimo settimo dì di dicembre,
passò tutto l'esercito, e in esso la persona di Consalvo; i quali la notte
medesima alloggiorono nella terra di Suio contigua al fiume, occupata da' primi
che passorono. E la mattina seguente, dì pure di venerdì, felice agli
spagnuoli, avendo ordinato Consalvo che il retroguardo che era alloggiato tra
la rocca di Mondragone e Carinoli, quattro miglia di sotto al ponte de'
franzesi, andasse ad assaltare il ponte loro, si dirizzò con la vanguardia
guidata dall'Alviano e con la battaglia, che erano passate seco, a seguitare i
franzesi. I quali, avendo la notte medesima avuto notizia che gli spagnuoli,
gittato il ponte, già passavano, occupati da grandissimo terrore, come quegli
che avendo deliberato di non tentare insino sopravenisse benigna stagione più
cosa alcuna, e persuadendosi che negli inimici fusse la medesima negligenza e
ignavia, si commossono tanto più per questo ardire e accidente improviso; e
però, se bene, più presto trepidando, come si fa ne' casi subiti, che
consigliando o deliberando, il viceré, al quale molti levatisi da Traietto e
de' luoghi circostanti dove erano sparsi, si riducevano, avesse per proibire il
passo inviato Allegri con alcuni fanti e cavalli verso Suio, nondimeno,
occortisi che erano tardi, ed essendo superiore in ogni discorso e
considerazione il timore, si levorono tumultuosamente a mezzanotte dalla torre
del Garigliano per ritirarsi a Gaeta, lasciatavi la maggiore parte delle
munizioni e nove pezzi grossi d'artiglieria, e insieme rimanendovi i feriti e
moltitudine grande di ammalati. Ma Consalvo, intesa la levata loro,
seguitandogli con l'esercito, spinse innanzi Prospero Colonna co' cavalli
leggieri, acciò che essendo travagliati da loro fussino costretti a camminare
più lentamente. I quali essendo giunti alle spalle di essi, alla fronte di
Scandi, cominciorono insieme a scaramucciare, non intermettendo i franzesi di
camminare e nondimeno fermandosi spesso, per non si disordinare, a' ponti e a'
passi forti; donde dopo essersi alquanto sostenuti si ritiravano, sempre con
ricevere qualche danno: ed era l'ordine del procedere loro, l'artiglierie
innanzi a tutti, la fanteria dipoi e in ultimo luogo i cavalli, de' quali
quegli che erano gli ultimi combattevano continuamente con gl'inimici. Così
essendo proceduti, ora fermandosi ora leggiermente combattendo, insino al ponte
che è innanzi a Mola di Gaeta, la necessità costrinse il viceré a fare fermare
una parte delle sue genti d'arme in su quel passo, per dare spazio di
discostarsi alle sue artiglierie; le quali, non potendo procedere con la
celerità con la quale procedevano le genti, già cominciavano a mescolarsi con
loro. Però appiccata in quello luogo una battaglia grande, sopragiunse poco
dipoi il retroguardo spagnuolo, che passato il fiume senza resistenza alcuna,
con le barche medesime del ponte che era stato rotto da' franzesi, camminava
verso Gaeta per la strada diritta; essendo Consalvo, col resto dell'esercito,
andato sempre per la costiera. Combattessi al ponte di Mola per alquanto spazio
di tempo ferocemente; sostenendosi i franzesi, benché pieni di molto timore,
principalmente per la fortezza del sito, e assaltandogli gli spagnuoli, a'
quali già pareva essere in possessione della vittoria, molto impetuosamente.
Finalmente i franzesi non potendo più resistere, e temendo non fusse tagliata
loro la strada da una parte delle genti la quale Consalvo aveva mandata per la
costiera a questo effetto, cominciorono con disordine a ritirarsi; e
seguitandogli continuamente gli inimici, arrivati al capo di due vie, delle
quali l'una va a Itri l'altra a Gaeta, si messono in manifesta fuga; restandone
morti molti, tra' quali Bernardino Adorno luogotenente di cinquanta lancie,
lasciate l'artiglierie con tutti i cavalli del suo servigio, che erano stati
condotti di Francia, più di mille; e restandone molti prigioni: gli altri
fuggirono in Gaeta, seguitati vittoriosamente insino alle porte di quella
città. E nel tempo medesimo Fabrizio Colonna, mandato da Consalvo, poiché ebbe
passato il fiume, con cinquecento cavalli e mille fanti alla volta di Ponte
Corvo e delle Frace, col favore della maggior parte delle castella e degli
uomini del paese, svaligiò le compagnie di Lodovico della Mirandola e di
Alessandro da Triulzi. Furono, oltre a questi, presi e spogliati per il paese
molti di quegli i quali, alloggiati a Fondi a Itri e ne' luoghi circostanti,
inteso essersi gittato il ponte dagli spagnuoli, non erano andati a unirsi con
l'esercito alla torre del Garigliano ma per salvarsi avevano, sparsi, preso
tumultuosamente il cammino in diversi luoghi. Maggiore infortunio ebbono Piero
de' Medici, che seguitava il campo de' franzesi, e alcuni altri gentiluomini; i
quali, essendo nella levata dello esercito dal Garigliano saliti in su una
barca, con quattro pezzi di artiglieria per condurgli a Gaeta, per troppo peso
e perché ebbono i venti contrari, alla foce del fiume andata sotto la barca,
annegorono tutti. Alloggiò la notte seguente Consalvo con l'esercito a
Castellone e a Mola; e accostatosi il dì seguente a Gaeta, ove oltre a'
capitani franzesi erano rifuggiti i prìncipi di Salerno e di Bisignano, occupò
subito il borgo e il monte che era stato abbandonato da' franzesi. I quali,
benché in Gaeta fusse gente bastante a difenderla e a sufficienza vettovaglie,
e il luogo opportuno a essere con l'armate di mare soccorso, nondimeno
inviliti, né disposti a tollerare il tedio dello aspettare gli aiuti incerti,
voltorono subito l'animo ad accordarsi; e perciò, essendo di consentimento
degli altri andati a trattare con Consalvo il baglì di Digiuno, Santa Colomba e
Teodoro da Triulzi, convennono, il primo dì dell'anno mille cinquecento
quattro, di consegnare Gaeta e la fortezza a Consalvo, avendo facoltà d'uscire
con le robe loro salvi, per terra e per mare, fuora del reame di Napoli, e che
Obignì e gli altri prigioni fussino da ogni parte liberati; ma questo non fu sì
chiaramente capitolato che non avesse Consalvo occasione di disputare che, per
virtù di tale convenzione, non si intendevano liberati i baroni del regno
napoletano.
Questa è la
rotta che ebbe l'esercito del re di Francia appresso al fiume del Garigliano,
in sulla ripa del quale era stato fermo circa cinquanta dì; causata non meno
da' disordini propri che dalla virtù degli inimici; e rotta molto memorabile,
perché ne seguitò la perdita totale di sì nobile e potente reame e la stabilità
dello imperio degli spagnuoli; e più memorabile ancora, perché essendovi
entrati i franzesi molto superiori di forze agli inimici, e abbondantissimi di
tutte le provisioni terrestri e marittime che sono necessarie alla guerra,
furono debellati con tanta facilità, e senza sangue e pericolo alcuno de'
vincitori; e perché, con tutto che pochi ne morissino per il ferro degli
inimici, fu per vari accidenti piccolissimo il numero di quegli che si salvorno
di tanto esercito. Conciossiacosaché de' fanti i quali nella fuga salvorono le
persone loro, e di quegli ancora che fatto l'accordo si partirono per terra da
Gaeta, ne morì una parte per la strada consumati da' freddi e dalle infermità;
e quegli di loro che giunsono a Roma vivi vi si condussono la più parte ignudi
e miserabili, donde molti ne morirono per gli spedali, e la notte, per il
freddo e per la fame, per le piazze e per le strade. E quel che ne fusse
cagione, o il fato avverso a' franzesi (né meno avverso alla nobiltà che alla
gente plebea) o le infermità contratte per le incomodità sostenute intorno al
Garigliano, molti di quegli che, fatto che fu l'accordo, si erano per mare
partiti da Gaeta, ove lasciorno la maggiore parte de' loro cavalli, morirono o
in cammino o subito che furono arrivati in Francia: tra' quali fu il marchese
di Saluzzo, Sandricort e il baglì della Montagna e molti gentiluomini. Fu
considerato che, oltre a quello che si poteva attribuire alla discordia e al
poco governo de' capitani franzesi e alla asprezza de' tempi, e il non essere i
franzesi e i svizzeri abili quanto gli spagnuoli a tollerare con l'animo il
tedio della lunghezza delle cose né col corpo le incomodità e le fatiche, due
cose principalmente aveano impedita al re di Francia la vittoria. L'una, la
lunga dimora che fece l'esercito, per la morte del pontefice, in terra di Roma,
dalla quale fu causato che prima sopravenne la vernata, e che prima Consalvo condusse
agli stipendi suoi gli Orsini, che essi entrassino nel regno; perché non si
dubita che se vi fussino entrati nella stagione benigna sarebbe stato
necessitato Consalvo, allora molto inferiore di forze né favorito dalla
rigidità de' tempi, abbandonata la maggiore parte del reame, a ritirarsi in
pochi luoghi forti: l'altra, l'avarizia de' commissari regi, i quali fraudando
il re ne' pagamenti de' soldati, e disordinando per la medesima intenzione le
vettovaglie, furono non piccola cagione della diminuzione di quello esercito;
perché il re aveva con grandissima prontezza fatta provisione tale di tutte le
cose necessarie che è certo che al tempo della rotta erano in Roma, per ordine
suo, quantità grande di danari e apparato grande di vettovaglie; e se bene all'ultimo,
per le moltissime querele de' capitani e di tutto l'esercito, vi fusse maggiore
larghezza del vivere, nondimeno prima ve ne era stata strettezza tale che
questo disordine, aggiunto all'altre incomodità, era stato cagione di tante
infermità e della partita di molta gente e dell'essersi molti distesi ne'
luoghi circostanti: dalle quali cose finalmente procedette la ruina dello
esercito. Perché come alla sostentazione di uno corpo non basta solamente il
bene essere del capo ma è necessario che gli altri membri faccino lo ufficio
suo, così non basta che il principe sia senza colpa delle cose se ne' ministri
suoi non è proporzionatamente la debita diligenza e virtù.
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