II. Difficili condizioni de' pisani; fallito tentativo de' genovesi e de'
lucchesi di introdurre grano in Pisa; accordi fra fiorentini e lucchesi.
Convenzione fra i fiorentini e i re di Francia e d'Aragona.
Erano, in
questo tempo medesimo, ridotte e ogni dì più si riduceano in grandissima
strettezza le cose de' pisani: perché i fiorentini, oltre all'avere la state
precedente tagliate tutte le loro ricolte, e oltre al correre continuamente le
genti loro dalle terre circostanti insino in sulle porte di Pisa, aveano, per
impedire che per mare non vi entrassino vettovaglie, soldato con alcuni legni
il figliuolo del Bardella da Portoveneri; onde i pisani, assediati quasi per
terra e per mare, né avendo per la povertà loro facoltà di condurre o legni o
soldati forestieri, ed essendo da' vicini aiutati lentamente, non avevano più
quasi speranza alcuna di sostentarsi. Dalle quali cose mossi i genovesi e
lucchesi deliberorono di fare esperienza che in Pisa entrasse quantità grande
di grani; i quali, caricati sopra grande numero di barche e accompagnati da due
navi genovesi e due galeoni, erano stati condotti alla Spezie e dipoi a
Vioreggio, acciò che di quivi per ordine de' pisani, con quattordici brigantini
e molte barche, si conducessino in Pisa. Ma volendo opporsi i fiorentini,
perché nella condotta o esclusione di questi grani consisteva totalmente la
speranza o la disperazione di conseguire quello anno Pisa, aggiunsono a' legni
che aveano prima una nave inghilese, che per ventura si trovava nel porto di
Livorno, e alcune fuste e brigantini; e aiutando quanto potevano, con le
preparazioni terrestri, l'armata marittima, mandorno tutta la cavalleria e
grande numero di fanti, raccolti subitamente del loro dominio, a tutte quelle
parti donde i legni degli inimici potessino, o per la foce d'Arno o per la foce
di Fiumemorto entrando in Arno, condursi in Pisa. Condussonsi gli inimici
tralla foce d'Arno e...; [e] essendo i legni de' fiorentini tra la foce e
Fiumemorto, e la gente di terra occupati tutti i luoghi opportuni e distese
l'artiglierie in sulle ripe da ogni parte del fiume donde aveano a passare,
giudicando non potere procedere più innanzi, si ritornorno nella riviera di Genova,
perduti tre brigantini carichi di frumento. Dal quale successo apparendo quasi
certa per mancamento di vettovaglie la vittoria i fiorentini, per impedire più
agevolmente che per il fiume non ne potessino essere condotte, gittorono in su
Arno uno ponte di legname, fortificandolo con bastioni dall'una e l'altra ripa;
e nel tempo medesimo, per rimuovere gli aiuti de' vicini, convennono co'
lucchesi, avendo prima, per reprimere l'audacia loro, mandato a saccheggiare,
con una parte delle genti mossa da Cascina, il porto di Vioreggio e i magazzini
dove erano molti drappi di mercatanti di Lucca. E per questo avendo i lucchesi
impauriti mandato a Firenze imbasciadori, rimasono finalmente concordi che tra
l'una e l'altra republica fusse confederazione difensiva per anni tre,
escludendo nominatamente i lucchesi dalla facoltà di aiutare in qualunque modo
i pisani; la quale confederazione, recuperandosi per i fiorentini Pisa infra
uno anno, si intendesse prorogata per altri dodici anni, e durante questa
confederazione non dovessino i fiorentini, senza pregiudicio per ciò delle loro
ragioni, molestare i lucchesi nella possessione di Pietrasanta e di Mutrone.
Ma fu di
momento molto maggiore a facilitare lo acquisto di Pisa la capitolazione fatta
da loro coi re cristianissimo e cattolico. La quale, trattata molti mesi, aveva
avuto varie difficoltà: temendo i fiorentini, per l'esperienza del passato, che
questo non fusse mezzo a trarre da loro quantità grande di danari e nondimeno
che le cose di Pisa rimanessino nel medesimo grado; e da altra parte
interpretando il re di Francia procurarsi la dilazione artificiosamente, per la
speranza che i pisani, l'estremità de' quali erano notissime, da loro medesimi
cedessino, né volendo che in modo alcuno la ricuperassino senza pagargliene la
mercede, comandò al Bardella suo suddito che si partisse da' soldi loro, e a
Ciamonte che da Milano mandasse in aiuto de' pisani secento lancie: per la
quale cosa, rimosse tutte le dubitazioni e difficoltà, convenneno in questa
forma: non dessino né il re di Francia né il re d'Aragona favore o aiuto a'
pisani, e operassino con effetto che da' luoghi sudditi a loro, o confederati o
raccomandati, non andassino a Pisa vettovaglie né soccorso di danari né di
genti né di alcun'altra cosa; pagassino i fiorentini in certi termini a
ciascuno di essi, se infra un anno prossimo ricuperassino Pisa, cinquantamila
ducati; e nel caso predetto si intendesse fatta tra loro lega per tre anni dal
dì della recuperazione, per la quale i fiorentini fussino obligati difendere
con trecento uomini d'arme gli stati che aveano in Italia, ricevendo per la
difesa propria da qualunque di loro almeno trecento uomini d'arme. Alla
capitolazione fatta in comune fu necessario aggiugnere, senza saputa del re,
cattolico, nuove obligazioni di pagare al re di Francia, ne' tempi e sotto le
condizioni medesime, cinquantamila altri ducati. Oltre che fu di bisogno
promettessino di donare a' ministri de' due re venticinquemila ducati, de'
quali la maggiore parte s'aveva a distribuire secondo la volontà del cardinale
di Roano. Le quali convenzioni, benché fussino con gravissima spesa de'
fiorentini, dettono nondimeno appresso a tutti gli uomini infamia più grave a
quei re: de' quali l'uno si dispose per danari ad abbandonare quella [città],
che molte volte aveva affermato avere ricevuta nella sua protezione, e della
quale, come si manifestò poi, essendosegli spontaneamente data, il gran
capitano avea accettato in suo nome il dominio; l'altro, non si ricordando
delle promesse fatte molte volte a' fiorentini, o vendé per brutto prezzo la
libertà giusta de' pisani o costrinse i fiorentini a comperare da lui la
facoltà di ricuperare giustamente le cose proprie. Tanto può oggi comunemente
più la forza della pecunia che il rispetto dell'onestà.
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