VI. Disegni del pontefice contro il re di Francia. Inizi della guerra
contro Ferrara. Insuccesso della spedizione veneto pontificia contro Genova.
Successi dell'esercito pontificio nel ferrarese.
Ma cominciorono
al re di Francia le molestie onde manco pensava, e in tempo che non pareva che
alcuno movimento d'arme potesse essere preparato contro a sé. Perché il
pontefice, procedendo con grandissimo secreto, trattava che in uno tempo
medesimo fusse assaltata Genova per terra e per mare, e che nel ducato di
Milano scendessino dodicimila svizzeri, che i viniziani unite tutte le forze
loro si movessino per ricuperare le terre che si tenevano per Cesare, e che
l'esercito suo entrasse nel territorio di Ferrara, con intenzione di farlo
dipoi passare nel ducato di Milano se a' svizzeri cominciassino a succedere le
cose felicemente: sperando che Genova, assaltata all'improviso, avesse
facilmente a fare mutazione, per la volontà di molti avversa allo imperio de'
franzesi e perché si solleverebbe la parte Fregosa, procedendosi sotto nome di
fare doge Ottaviano, il padre e il zio del quale erano stati nella medesima
degnità; che i franzesi, spaventati per il movimento di Genova e assaltati da'
svizzeri, rivocherebbono nel ducato di Milano tutte le genti che aveano in
aiuto di Cesare e del duca di Ferrara, onde i viniziani facilmente
ricupererebbono Verona, e recuperatala procederebbono contro al ducato di
Milano; il medesimo farebbono le genti sue, ottenuta facilmente, come sperava,
Ferrara abbandonata dagli aiuti de' franzesi; talmente che non potrebbe
difendersi contro a tanti inimici, e da una guerra tanto repentina, lo stato di
Milano.
Cominciò in un
tempo medesimo la guerra contro a Ferrara e contro a Genova. Perché, con tutto
che 'l duca di Ferrara, contro al quale procedeva, per accelerare l'esecuzione,
come contro a notorio delinquente, gli offerisse di dargli i sali fatti a
Comacchio e obligarsi che non vi se ne lavorasse in futuro, licenziati di corte
i suoi oratori, mosse le genti contro a lui; le quali, con la denunzia
solamente di uno trombetto ottennono, non le difendendo Alfonso, Cento e la
Pieve: le quali castella, appartenenti prima al vescovado di Bologna, erano
state da Alessandro, nel matrimonio della figliuola, applicate al ducato di
Ferrara; data ricompensa a quel vescovado di altre entrate. Contro a Genova
andorno undici galee sottili de' viniziani, delle quali era capitano Grillo
Contareno, e una di quelle del pontefice, in sulle quali erano Ottaviano
Fregoso Ieronimo Doria e molti altri fuorusciti, e nel tempo medesimo per terra
Marcantonio Colonna con cento uomini d'arme e settecento fanti; il quale,
partitosi dagli stipendi de' fiorentini e soldato dal pontefice, si era fermato
nel territorio di Lucca sotto nome di fare la compagnia, spargendo voce d'avere
poi a passare a Bologna: la stanza del quale benché avesse dato a Ciamonte
qualche sospetto delle cose di Genova, nondimeno, non sapendo dovere venire
l'armata, ed essendosi astutamente, per opera del pontefice, divulgato che le
preparazioni per muoversi che già facevano i svizzeri e il soprasedere di
Marcantonio fussino per assaltare all'improviso Ferrara, non aveva Ciamonte
fatto altra provisione a Genova che di mandarvi pochi fanti. Accostossi
Marcantonio con le sue genti in val di Bisagna, uno miglio presso alle mura di
Genova, con tutto non fusse stato ricevuto, come il pontefice si era persuaso,
né in Serezana né nella terra della Spezie; e nel tempo medesimo l'armata di
mare, che aveva occupato Sestri e Chiaveri, era venuta da Rapalle alla foce del
fiume Entello, che entra in mare appresso al porto di Genova. Nella quale
città, al primo romore dello appropinquarsi degli inimici, era entrato in favore
del re di Francia con ottocento uomini del paese il figliuolo di Gianluigi dal
Fiesco, e con numero non minore uno nipote del cardinale del Finale; per i
quali presidi essendo confermata la città non vi si fece dentro movimento
alcuno: onde cessata la speranza principale de' fuorusciti e del pontefice, e
sopravenendovi tuttavia gente di Lombardia e della riviera di ponente, ed
essendo entrato nel porto Preianni con sei galee grosse, parve senza frutto e
non senza pericolo il dimorarvi più; in modo che e l'armata di mare e il
Colonna per terra si ritirorono a Rapalle, tentato nel ritorno di occupare
Portofino, dove fu morto Francesco Bollano, padrone di una galea de' viniziani.
E partendosi dipoi l'armata per ritirarsi a Civitavecchia, Marcantonio Colonna,
non confidando di potere condursi salvo per terra perché era sollevato tutto il
paese, ardente, secondo l'usanza de' villani, contro a' soldati quando
disfavorevolmente si ritirano, montato in su le galee con sessanta cavalli de'
migliori, rimandò gli altri per terra alla Spezie; i quali furono, la maggiore
parte, in quel di Genova, dipoi in quel di Lucca e ne' confini de' fiorentini,
svaligiati. Passò questo assalto con piccola laude di Grillo e di Ottaviano,
perché per timore si astennono da investire l'armata di Preianni, alla quale
superiori, si credette che innanzi entrasse nel porto l'arebbono con vantaggio
grande assaltata. Uscì del porto di Genova, dopo la partita loro, il Preianni
con sette galee e quattro navi, seguitando l'armata viniziana; la quale,
superiore di galee, era inferiore di numero di navi e meglio armate. Toccò
l'una e l'altra all'isola dell'Elba, la viniziana in Portolungaro, la franzese
in Portoferrato; e dipoi l'armata franzese, costeggiata la inimica insino al
monte Argentaro, si ritornò a Genova.
Erano in questo
tempo le genti del pontefice, sotto il duca d'Urbino, entrate contro al duca di
Ferrara in Romagna; dove, avendo preso la terra di Lugo, Bagnacavallo e tutto
quello che il duca teneva di qua dal Po, erano a campo alla rocca di Lugo. Alla
quale mentre che stanno con poca diligenza e poco ordine, sopravenendo avviso
che il duca di Ferrara, con le genti franzesi e con cento cinquanta uomini
d'arme de' suoi, con molti cavalli leggieri e con tremila fanti tra guasconi
spagnuoli e italiani, veniva per soccorrerla, il duca d'Urbino, levatosi
subitamente e lasciate in preda agli inimici tre bocche d'artiglierie, si
ritirò a Imola; e Alfonso con questa occasione recuperò tutto quello che in
Romagna gli era stato occupato. Ma rimessosi in ordine e ingrossato di nuovo il
campo ecclesiastico, ripigliò facilmente le terre medesime; e poco dipoi pigliò
la rocca di Lugo, dopo averla battuta molti dì: la quale spugnata, si presentò
loro occasione di maggiore successo. Perché non essendo in Modona presidio
alcuno, non avendo il duca, occupato nella difesa dell'altre cose ove il
pericolo era più propinquo, potuto provedervi da se stesso né ottenere da
Ciamonte che vi mandasse dugento lancie, il cardinale di Pavia, passato con
l'esercito a Castelfranco, ottenne subitamente d'accordo quella città; invitato
a andarvi da Gherardo e Francesco Maria conti de' Rangoni, gentiluomini
modonesi, di tale autorità che ne potevano, massime Gherardo, disporre ad
arbitrio loro: i quali si mosseno, secondo si credette, più per ambizione e per
cupidità di cose nuove che per altra cagione. Perduta Modona, il duca, temendo
che Reggio non facesse il medesimo, vi messe subito gente; e Ciamonte, facendo
dopo il danno ricevuto quel che più utilmente arebbe fatto da principio, vi
mandò dugento lancie: con tutto che già fusse occupato per il movimento de'
svizzeri.
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