VII. Gli svizzeri soldati dal pontefice giungono a Varese. Azione de'
francesi contro gli svizzeri. Ritirata degli svizzeri.
Era molti mesi
prima finita la confederazione tra i svizzeri e il re di Francia, avendo il re
perseverato nella sentenza di non accrescere loro le pensioni (benché contro al
consiglio di tutti i suoi, i quali gli ricordavano considerasse di quanta
importanza fusse il farsi inimiche quelle armi colle quali prima avea
spaventato ciascuno); e perciò essi, sollevati dalla autorità e promesse del
pontefice e istigati dal vescovo di Sion, e accendendogli sopratutto lo sdegno,
per le dimande negate, contro al re, aveano con consentimento grande della
moltitudine, in una dieta tenuta a Lucerna deliberato di muoversi contro a lui.
Il movimento de' quali avendo presentito Ciamonte avea posto guardia a' passi
verso Como, rimosso del lago tutte le barche, ritirato le vettovaglie a' luoghi
sicuri e levato i ferramenti de' mulini; e incerto se i svizzeri volessino
scendere nello stato di Milano o, calato il monte di San Bernardo, entrare per
Val di Augusta nel Piemonte per andare a Savona, con intenzione di molestare le
cose di Genova, o di condursi di quivi, passato lo Apennino, contro al duca di
Ferrara, aveva indotto il duca di Savoia a negare loro il passo e, per potergli
impedire, mandato di consentimento suo a Ivrea cinquecento lancie: non cessando
però in questo mezzo di fare ogni opera per corrompere con doni o con promesse
i prìncipi della nazione, per divertirgli da questo moto. Ma questo vanamente
si tentava, tanto odio avevano e tanto erano concitati, massime la moltitudine,
contro al nome del re di Francia: talmente che, reputando la causa quasi
propria, non ostante le difficoltà che aveva il pontefice di mandare loro
denari (perché i Fucheri, mercatanti tedeschi, che avevano prima promesso di
pagargli, aveano poi ricusato, per non offendere l'animo del re de' romani), si
mossono al principio di settembre seimila, soldati dal pontefice, tra' quali
erano quattrocento cavalli, la metà scoppiettieri, dumila cinquecento fanti con
gli scoppietti e cinquanta con gli archibusi, senza artiglieria senza
provedimento o di ponti o di navi; e voltatisi al cammino di Bellinzone, e
preso il ponte della Tresa abbandonato da seicento fanti de' franzesi che vi
erano alla guardia, si fermorno a Varese, per aspettare, secondo publicavano,
il vescovo di Sion con nuove genti.
Turbava molto
questa cosa l'animo de' franzesi, e per il terrore ordinario che avevano de'
svizzeri e più particolarmente perché allora era piccolo numero di gente d'arme
a Milano; essendone distribuita una parte alla guardia di Brescia, Lignago,
Valeggio e Peschiera, trecento lancie erano andate in aiuto al duca di Ferrara,
cinquecento congiunte con l'esercito tedesco contro a' viniziani: nondimeno
Ciamonte, ristrette le forze sue, venne con cinquecento lancie e quattromila
fanti nel piano di Castiglione distante da Varese due miglia; avendo mandato
nel monte di Brianza Gianiacopo da Triulzi, acciocché non tanto con la gente
che menò seco, che fu piccola quantità, quanto col favore degli uomini del
paese si sforzasse di impedire che i svizzeri non facessino quel cammino. I
quali, subito che arrivorono a Varese, avevano mandato a dimandare il passo a
Ciamonte, dicendo volere andare in servigio della Chiesa; e perciò si dubitava
che o per il ducato di Milano volessino passare a Ferrara, per il quale
cammino, oltre alle opposizioni delle genti franzesi, arebbono avuto la
difficoltà di passare i fiumi del Po e dell'Oglio, o che volgendosi a mano
sinistra girassino per le colline sotto Como e dipoi sotto Lecco, per passare
Adda in quegli luoghi dove è stretto e poco corrente, e che dipoi per le
colline del bergamasco e del bresciano, passato il fiume dell'Oglio,
scendessino o per il bresciano o per la Ghiaradadda nel mantovano, paese largo
e dove non si trovavano terre o fortezze che gli potessino impedire: e in
qualunque di questi casi era la intenzione di Ciamonte, ancora che scendessino
nella pianura (tanta era la riputazione della ferocia e della ordinanza di
quella nazione), di non gli assaltare, ma uniti insieme i cavalli e i fanti e
con molte artiglierie da campagna andargli costeggiando, per impedire loro le
vettovaglie e difficultare, in quanto si potesse fare senza tentare la fortuna,
i passi de' fiumi. E in questo mezzo, avendo bene proveduti di cavalli e di
fanti i luoghi vicini a Varese, col fare nascere spesso la notte romori vani e
costrignergli a dare all'arme, gli tenevano infestati tutta la notte.
A Varese, dove
già si pativa molto di vettovaglie, si unirno di nuovo insieme cogli altri
quattromila svizzeri; dopo la venuta de' quali il quarto dì tutti si mossono
verso Castiglione e si voltorono alla mano sinistra per le colline, camminando
sempre stretti e in ordinanza con lento passo, essendo in ciascuna fila ottanta
o cento di loro e nell'ultime file tutti gli scoppiettieri e gli archibusieri:
col quale modo procedendo si difendevano valorosamente dallo esercito franzese,
il quale gli andava continuamente costeggiando e scaramucciando alla fronte e
alle spalle; anzi uscivano spesso cento o centocinquanta svizzeri dello
squadrone per andare a scaramucciare, andando, stando e ritirandosi senza che
nascesse nella loro ordinanza uno minimo disordine. Arrivorono con questo
ordine il primo dì al passo del ponte di Vedan, guardato dal capitano Molard
co' fanti guasconi; donde avendolo fatto ritirare con gli scoppietti,
alloggiorono la notte ad Appiano distante otto miglia da Varese; e Ciamonte si
fermò ad Assaron, villa grossa verso il monte di Brianza lontana sei miglia da
Appiano. Il dì seguente si dirizzorno per le colline al cammino di Cantù,
costeggiandogli pure Ciamonte con dugento lancie, perché, per l'asprezza de'
luoghi, l'artiglierie e alla guardia di quelle i fanti erano restati più al
basso: e nondimeno, a mezzo il cammino, o per le molestie, come si gloriava
Ciamonte, avute il dì da' franzesi o perché tale fusse stato il disegno loro,
lasciato il cammino di Cantù, voltatisi più alla sinistra, si andorono per
luoghi alti ritirando verso Como; in uno borgo della quale città e nelle ville
vicine alloggiorono quella notte. Dal borgo di Como feciono l'altro
alloggiamento al Chiasso, tre miglia più innanzi, tenendo sospesi i franzesi se
per la valle di Lugana se ne ritornerebbeno a Bellinzone o se pure si
condurrebbeno in su l'Adda, dove benché non avessino ponte era opinione di
molti che si sforzerebbono passare tutti il fiume in uno tempo medesimo in su
foderi di legname; ma levata l'altro giorno questa dubitazione, se ne andorono
ad alloggiare al ponte a Tressa, e di quivi sparsi alle case loro; ridotti già
in ultima estremità di pane e con carestia grandissima di danari: la quale
subita ritirata si credette procedesse per la carestia di danari, per la
difficoltà del passare i fiumi e molto più per la necessità delle vettovaglie.
Così si liberorono per allora i franzesi da quel pericolo, non stimato poco da
loro: ancora che il re, magnificando sopra la verità le cose sue, affermasse
stare ambiguo se fusse stato utile alle cose il lasciargli passare, e che cosa
facesse più debole il pontefice, o essere senza armi o avere armi che lo
offendessino come offenderebbono i svizzeri; i quali egli, con tante forze e
con tanti danari, aveva avuto infinite difficoltà a maneggiare.
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