VI. Diversità di giudizi intorno alla politica del pontefice. Atti del
pontefice contro a' cardinali dissidenti; sdegno suo contro Firenze e il
Soderini. Orazione del Soderini perché si usino le entrate dei beni delle
chiese se il pontefice muoverà guerra. Ragioni per cui si delibera di non
assalire i fiorentini.
Destò questa
confederazione, fatta dal pontefice sotto nome di liberare Italia da' barbari,
diverse interpretazioni negli animi degli uomini, secondo la diversità delle
passioni e degli ingegni. Perché molti, presi dalla magnificenza e giocondità
del nome, esaltavano con somme laudi insino al cielo così alto proposito,
chiamandola professione veramente degna della maestà pontificale; né potere la
grandezza dell'animo di Giulio avere assunto impresa più generosa, né meno
piena di prudenza che di magnanimità, avendo con la industria sua commosso
l'armi de' barbari contro a' barbari; onde spargendosi contro a' franzesi più
il sangue degli stranieri che degli italiani, non solamente si perdonerebbe al
sangue nostro, ma cacciata una delle parti sarebbe molto facile cacciare con
l'armi italiane l'altra già indebolita ed enervata. Altri, considerando forse
più intrinsecamente la sostanza delle cose né si lasciando abbagliare gli occhi
dallo splendore del nome, temevano che le guerre che si cominciavano con
intenzione di liberare Italia da' barbari nocerebbono molto più agli spiriti
vitali di questo corpo che non aveano nociuto le cominciate con manifesta
professione e certissima intenzione di soggiogarla; ed essere cosa più temeraria
che prudente lo sperare che l'armi italiane, prive di virtù, di disciplina, di
riputazione, di capitani di autorità, né conformi le volontà de' prìncipi suoi,
fussino sufficienti a cacciare di Italia il vincitore; al quale quando
mancassino tutti gli altri rimedi non mancherebbe mai la facoltà di riunirsi
co' vinti a ruina comune di tutti gli italiani: ed essere molto più da temere
che questi nuovi movimenti dessino occasione di depredare Italia a nuove
nazioni che da sperare che, per l'unione del pontefice e de' viniziani,
s'avessino a domare i franzesi e gli spagnuoli. Avere da desiderare Italia che
la discordia e consigli malsani de' nostri prìncipi non avessino aperta la via
d'entrarvi all'armi forestiere; ma che, poi che per la sua infelicità due de'
membri più nobili erano stati occupati dal re di Francia e dal re di Spagna,
doversi riputare minore calamità che amendue vi rimanessino, insino a tanto che
la pietà divina o la benignità della fortuna conducessino più fondate occasioni
(perché dal fare contrapeso l'un re all'altro si difendeva la libertà di quegli
che ancora non servivano) che il venire tra loro medesimi alle armi; per le
quali, mentre durava la guerra, si lacererebbono, con depredazioni con incendi
con sangue e con accidenti miserabili, le parti ancora intere, e finalmente
quel di loro che rimanesse vincitore l'affliggerebbe tutta con più acerba e più
atroce servitù.
Ma il
pontefice, il quale sentiva altrimenti, divenuti per la nuova confederazione
gli spiriti suoi maggiori e più ardenti, subito che passò il termine prefisso
nel monitorio fatto prima a' cardinali autori del concilio, convocato con
solennità grande il concistorio publico, sedendo nell'abito pontificale nella
sala detta de' re, dichiarò i cardinali di Santa Croce, di San Malò, di Cosenza
e quel [di] Baiosa essere caduti dalla degnità del cardinalato, e incorsi in
tutte le pene alle quali sono sottoposti gli eretici e gli scismatici. Publicò,
oltre a questo, uno monitorio sotto la forma medesima al cardinale di San
Severino, il quale insino a quel dì, non avea molestato; e procedendo col
medesimo ardore a' pensieri delle armi sollecitava continuamente la venuta
degli spagnuoli, avendo nell'animo che innanzi a ogni altra cosa si movesse la
guerra contro a' fiorentini, per indurre a' voti de' confederati quella
republica, rimettendo al governo la famiglia de' Medici, né meno per saziare
l'odio smisurato conceputo contro a Piero Soderini gonfaloniere, come se dalla
autorità sua fusse proceduto che i fiorentini non si fussino mai voluti
separare dal re di Francia e che dipoi avessino consentito che in Pisa si
celebrasse il concilio. Della quale deliberazione penetrando molti indizi a
Firenze, e facendosi per potere sostenere la guerra diverse preparazioni, fu
trall'altre cose proposto essere molto conveniente che alla guerra mossa
ingiustamente dalla Chiesa si resistesse colle entrate de' beni delle chiese, e
perciò si astringessino gli ecclesiastici a pagare quantità grandissima di
danari; ma con condizione che, deponendosi in luogo sicuro, non si spendessino
se non in caso fusse mossa la guerra, e che cessato il timore che la dovesse
essere mossa si restituissino a chi gli avesse pagati: alla qual cosa
contradicevano molti cittadini, alcuni temendo di non incorrere nelle censure e
nelle pene imposte dalle leggi canoniche contro a' violatori della libertà
ecclesiastica, ma la maggiore parte di loro per impugnare le cose proposte dal
gonfaloniere, dalla autorità del quale era manifesto procedere principalmente questo
consiglio. Ma essendo, per la diligenza del gonfaloniere e per la inclinazione
di molti altri, deliberata già ne' consigli più stretti la nuova legge ordinata
sopra questo, né mancando altro che l'approvazione del consiglio maggiore, il
quale era convocato per questo effetto, il gonfaloniere parlò per la legge in
questa sentenza:
- Niuno è che
possa, prestantissimi cittadini, giustamente dubitare quale sia stata sempre
contro alla vostra libertà la mente del pontefice, non solo per quel che ne
apparisce di presente, d'averci tanto precipitosamente sottoposti allo
interdetto, senza udire molte nostre verissime giustificazioni e la speranza
che se gli dava di operare di maniera che dopo pochi dì si removesse il
concilio da Pisa, ma molto più per il discorso delle azioni continuate da lui
in tutto il tempo del suo pontificato. Delle quali raccontando brevemente una
parte (perché ridurle tutte alla memoria sarebbe cosa molto lunga) chi è che
non sappia che nella guerra contro a' pisani non si potette ottenere da lui,
benché molte volte ne lo supplicassimo, favore alcuno né palese né occulto? con
tutto che e la giustizia della causa lo meritasse, e che lo spegnere quel
fuoco, che non molti anni prima era stato materia di gravissime perturbazioni,
appartenesse e alla sicurtà dello stato della Chiesa e alla quiete di tutta
Italia; anzi, come insino allora si sospettò, e fu dopo la vittoria nostra più
certo sempre, quante volte ricorrevano a lui uomini de' pisani gli udiva
benignamente e gli nutriva nella pertinacia loro con varie speranze:
inclinazione in lui non nuova ma cominciata insino nel cardinalato; perché,
come è noto a ciascuno di voi, levato che fu da Pisa il campo de' franzesi,
procurò quanto potette appresso al re di Francia e il cardinale di Roano
perché, esclusi noi, ricevessino in protezione i pisani. Pontefice, non
concedette mai alla republica nostra alcuna di quelle grazie delle quali è
solita a essere spesso liberale la sedia apostolica; perché in tante difficoltà
e bisogni nostri non consentì mai che una volta sola ci aiutassimo delle
entrate degli ecclesiastici (come più volte aveva consentito Alessandro sesto,
benché inimico tanto grande di questa republica) ma, dimostrando nelle cose
minori l'animo medesimo che aveva nelle maggiori, ci negò ancora il trarre dal
clero i danari per sostentare lo studio publico, benché fusse piccola quantità
e continuata con la licenza di tanti pontefici, e che si convertiva in causa
pietosa della dottrina e delle lettere. Quel che per Bartolomeo d'Alviano fu
trattato col cardinale Ascanio in Roma non fu trattato senza consentimento del
pontefice, come allora ne apparirono molti indizi, e tosto ne sarebbono
appariti effetti manifesti se gli altri di maggiore potenza che vi
intervenivano non si fussino ritirati per la morte improvisa del cardinale: ma
benché, cessati i fondamenti primi non volle mai consentire a' giusti prieghi
nostri di proibire all'Alviano che non adunasse o intrattenesse soldati nel
territorio di Roma, ma proibì bene a' Colonnesi e a' Savelli, per mezzo de'
quali aremmo con piccola spesa divertiti i nostri pericoli, che non
assaltassino le terre di quegli che si preparavano per offenderci. Nelle cose
di Siena, difendendo sempre Pandolfo Petrucci contro a noi, ci astrinse con minaccie
a prolungare la tregua, né si interpose poi per altro, perché noi recuperassimo
Montepulciano (per la difesa del quale avea mandato gente a Siena), se non per
paura che l'esercito del re di Francia non fusse da noi chiamato in Toscana. Da
noi, pel contrario, non gli era mai stata fatta offesa alcuna, ma proceduti
sempre con la divozione conveniente verso la Chiesa, gratificato lui
particolarmente in tutte le dimande che sono state in potestà nostra,
concedutegli, senza alcuna obligazione anzi contro alla propria utilità, le
genti d'arme alla impresa di Bologna; ma niuno officio niuno ossequio è bastato
a placare la mente sua. Della quale sono molti altri segni, ma il più potente
quello, che per non parere traportato dallo sdegno e perché so essere nella
memoria di ciascuno voglio tacitamente passare, d'avere prestato orecchie
(voglio che le parole siano moderate) a quegli che gli offersono la morte mia;
non per odio contro a me, dal quale mai avea ricevuta ingiuria alcuna, e che
quando era cardinale m'avea sempre onoratamente raccolto, ma per il desiderio
ardente che ha di privare voi della vostra libertà: perché avendo sempre
cercato che questa republica aderisse alle sue immoderate e ingiuste volontà,
fusse partecipe delle sue spese e de' suoi pericoli, né sperando dalla
moderazione e maturità de' consigli vostri potere nascere imprudenti e
precipitose deliberazioni, ha diritto il fine suo a procurare di introdurre in
questa città una tirannide che dependa da lui, che non si consigli e governi
secondo le vostre utilità ma secondo l'impeto delle sue cupidità; con le quali,
tirato da fini smisurati, non pensa ad altro che a seminare guerre di guerre e
a nutrire continuamente il fuoco nella cristianità. E chi è quello che possa
dubitare che ora che seco si dimostrano congiunte sì potenti armi, che ora che
signoreggia la Romagna, che gli ubbidiscono i sanesi (donde ha lo adito a
penetrare insino nelle viscere nostre), che e' non abbi intenzione di
assaltarci? che e' non sia per ingegnarsi apertamente di ottenere colle forze
quel che già ha tentato occultamente colle insidie, e che con tanto ardore ha
bramato sì lungamente? e tanto più quanto più fussimo mal preparati a
difenderci. Ma quando niuna altra cosa il dimostrasse, non dimostra egli i
pensieri suoi abbastanza d'avere diputato nuovamente legato di Bologna il
cardinale de' Medici, con intenzione di proporlo all'esercito? cardinale non
mai onorato o beneficato da lui, e nel quale non dimostrò mai alcuna
confidenza. Che significa questo, altro che, dando autorità, accostando a'
vostri confini anzi mettendo quasi in sul collo vostro, con tanta degnità con
riputazione e con armi, quel che aspira a essere vostro tiranno, dare animo a'
cittadini (se alcuni ne sono tanto pravi) che amino più la tirannide che la
libertà, e sollevare i sudditi vostri a questo nome? Per le quali cose questi
miei onorevoli colleghi, e molti altri buoni e savi cittadini, hanno giudicato
essere necessario che per difendere questa libertà si faccino i medesimi
provedimenti che s'arebbono a fare se la guerra fusse certa; e se bene sia
verisimile che il re di Francia, almeno per l'interesse proprio, ci aiuterà
potentemente, non dobbiamo per questa speranza omettere i rimedi che sono in
nostra potestà, né dimenticarci che facilmente molti impedimenti potrebbono
sopravenire che ci priverebbono in qualche parte degli aiuti suoi. Non crediamo
che alcuno nieghi che questo sia salutifero e necessario consiglio, e chi pure
lo negasse potrebbe essere che altro lo movesse che 'l zelo del bene comune. Ma
sono bene alcuni che allegano che, essendo noi incerti se il pontefice ha
nell'animo di muoverci la guerra, è inutile deliberazione, offendendo
l'autorità sua e gravando i beni ecclesiastici, dargli giusta cagione di
sdegnarsi e provocarlo a farci quasi necessariamente la guerra: come se, per
tanti e così evidenti segni e argomenti, non si comprendesse manifestamente
quale sia la mente sua; o come se appartenesse a prudenti governatori delle
republiche tardare a prepararsi dopo il principio dell'assalto, volere prima
ricevere dall'inimico il colpo mortale che vestirsi dell'armi necessarie a
difendersi. Altri dicono che, per non aggiugnere all'ira del pontefice l'ira
divina, si debbe provedere alla salute nostra con altro modo, perché non è in
noi quella necessità senza la quale è sempre proibito, con pene gravissime,
dalle leggi canoniche, a' secolari, imporre gravezze a' beni o alle persone
ecclesiastiche. È stata considerata questa ragione similmente da noi e dagli
altri che hanno consigliato che si faccia questa legge: ma non bastando, come
voi sapete, l'entrate publiche alle spese che occorreranno, ed essendo state sì
lungamente e sì gravemente affaticate le borse vostre, ed essendo manifesto che
nella guerra aranno a ogn'ora a essere di nuovo affaticate, chi è quello che
non vegga essere molto conveniente e necessario che le spese che si faranno per
difenderci dalla guerra mossa dalle persone ecclesiastiche si sostenghino in
qualche parte co' danari delle persone ecclesiastiche? cosa molte altre volte
usata nella nostra città e molto più da tutti gli altri prìncipi e republiche,
ma non già mai, né qui né altrove, con maggiore moderazione e circospezione;
poiché non s'hanno a spendere in altro uso, anzi s'hanno a depositare in luogo
sicuro, per restituirgli, se il timore nostro sarà stato vano, a' religiosi
medesimi. Se adunque il pontefice non ci moverà la guerra non spenderemo i
danari degli ecclesiastici, né quanto allo effetto aremo imposto loro gravezza
alcuna; se ce la moverà, chi si potrà lamentare che con tutti i modi a noi
possibili ci difendiamo da una guerra tanto ingiusta? Che cagione gli dà questa
republica, che per necessità non per volontà, come a lui è notissimo, ha
tollerato che a Pisa si chiami il concilio, per la quale si possa dire che
l'abbiamo provocato o irritato? se già non si dice provocare o irritare chi non
porge il collo o il petto aperto allo assaltatore. Benché, non lo provoca o
irrita chi si prepara a difendersi, chi si mette in ordine per resistere alla
sua ingiusta violenza; ma lo provocheremmo o irriteremmo se non ci
provedessimo, perché, per la speranza della facilità della impresa,
diventerebbe maggiore lo impeto e l'ardore che ha di distruggere da' fondamenti
la vostra libertà. Né vi ritenga il timore di offendere il nome divino; perché
il pericolo è sì grave e sì evidente, e sono tali i bisogni e le necessità
nostre (né si può in pregiudicio vostro trattare cosa di maggiore peso), che è
permesso non solo l'aiutarsi con quella parte di queste entrate che non si
converte in usi pii, anzi sarebbe lecito mettere mano alle cose sacre: perché
la difesa è, secondo la legge della natura, comune a tutti gli uomini e
approvata dal sommo Iddio e dal consentimento di tutte le nazioni; nata insieme
col mondo e duratura quanto il mondo, e alla quale non possono derogare né le
leggi civili né le canoniche fondate in su la volontà degli uomini, e le quali,
scritte in sulle carte, non possono derogare a una legge non fatta dagli uomini
ma dalla stessa natura, e scritta scolpita e infissa ne' petti e negli animi di
tutta la generazione umana. Né si ha aspettare che noi siamo ridotti a estrema
necessità, perché condotti in tale stato, e circondati e quasi oppressi dagli
inimici, tardi ricorreremmo a' rimedi, tardi sarebbono gli antidoti, incarnato
che fusse nel corpo nostro il veleno. Ma oltre a questo, come si può negare che
ne' privati non sia gravissima necessità? quando le gravezze che si pongono ne
costringono una grandissima parte a estremare di quelle spese senza le quali
non possono vivere se non con grandissima incomodità, e con diminuire assai
delle cose necessarie al grado loro. Questa è la necessità considerata dalle
leggi, le quali non vogliono che si aspetti che i vostri cittadini siano
ridotti al pericolo della fame e in termine che non possino sostentare più né
sé né le sue famiglie: e da altra parte, con questa imposizione, non si dà agli
ecclesiastici alcuna incomodità, anzi si disagiano di quella parte delle
entrate la quale o conserverebbeno inutilmente nella cassa o consumerebbeno in
spese superflue, o forse molti di loro (siami perdonata questa parola)
spenderebbeno in piaceri non convenienti e non onesti. È conclusione comune di
tutti i savi che a Dio piaccino sommamente le libertà delle città, perché in
quelle più che in altra specie di governi si conserva il bene comune,
amministrasi più senza distinzione la giustizia, accendonsi più gli animi de'
cittadini all'opere virtuose e onorate, e si ha più rispetto e osservanza alla
religione. E voi credete che gli abbia a dispiacere che per difendere cosa sì
preziosa, per la quale chi sparge il proprio sangue è laudato sommamente, vi
vagliate d'una piccola parte di frutti e di entrate di cose temporali? le quali
benché dedicate alle chiese sono però pervenute tutte in quelle dalle elemosine
dalle donazioni e da' lasci de' nostri maggiori; e le quali si spenderanno non
meno in conservazione e per salute delle chiese, sottoposte nelle guerre non
altrimenti che le cose secolari alla crudeltà e avarizia de' soldati, e che non
saranno più riguardate in una guerra fatta dal pontefice che sarebbeno in una
guerra fatta da qualunque empio tiranno o da' turchi. Aiutate, mentre che voi
potete, cittadini, la vostra patria e la vostra libertà; e vi persuadete non
potere fare cosa alcuna più grata e più accetta al sommo Iddio, e che a
rimuovere la guerra dalle case dalle possessioni da i tempii, e da i monasteri
vostri non è migliore rimedio che fare conoscere, a chi pensa di offendervi,
che voi siete determinati di non pretermettere cosa alcuna per difendervi. -
Udito il
parlare del gonfaloniere non fu difficoltà alcuna che la legge proposta non
fusse approvata dal consiglio maggiore. Dalla qual cosa benché crescesse sopra
modo la indignazione del pontefice e si concitasse tanto più al disporre i
confederati a rompere la guerra a' fiorentini, nondimeno rimossono da questa
sentenza e lui e quegli che in Italia trattavano per il re d'Aragona le
persuasioni di Pandolfo Petrucci; il quale, confortando che si assaltasse
Bologna, detestava il muovere la guerra in Toscana: allegando che Bologna,
impotente per se medesima a difendersi, sarebbe solamente difesa dalle forze
del re di Francia; ma per i fiorentini resisterebbe e la potenza di loro
medesimi e, per l'utilità propria non meno che per Bologna, il medesimo re. I
fiorentini, se bene inclinati con l'animo al re di Francia, nondimeno prudenti
e gelosi della conservazione dello stato loro, non avere in tanti moti a
instanza sua offeso alcuno coll'armi, né gli essere stati utili in altro che in
accomodarlo, per difesa dello stato di Lombardia, di dugento uomini d'arme, per
gli oblighi della capitolazione fatta comunemente col re cattolico e con lui:
non potersi fare cosa più grata né più utile al re di Francia che necessitare i
fiorentini a partirsi dalla neutralità, e fare diventare la causa loro comune
con la causa sua; ed essere grande imprudenza, avendo invano il re astrettigli
con molti prieghi e promesse che si dichiarino per lui, che gli inimici suoi
sieno cagione di fargli conseguire quello che con l'autorità sua non avesse
potuto ottenere: comprendersi da ciascuno per molti segni, ma averne egli
certissima notizia, che a' fiorentini era molestissimo che il concilio si
celebrasse in Pisa, né averlo consentito per altro che per non avere avuto
ardire di repugnare alle dimande del re di Francia, fatte subito dopo la
rebellione di Bologna e quando non si vedevano armi opposite in Italia; e che
era certo concorrere al concilio l'autorità di Cesare, e si credeva che anche
vi fusse il consentimento del re cattolico: sapere egli medesimamente che i
fiorentini non erano per tollerare che nel dominio loro si fermassino soldati
franzesi, ed essere cosa molto perniciosa il minacciargli o l'aspreggiargli,
anzi per il contrario essere utilissimo il trattare con mansuetudine e con
dimostrazione di ammettere le loro scuse; perché così procedendo o si
otterrebbe da loro, col tempo o con qualche occasione, quel che ora non si
poteva sperare, o almeno, non gli costringendo a fare per timore nuove deliberazioni,
si addormenterebbono in modo che ne' tempi pericolosi non nocerebbeno, e
ottenendosi la vittoria sarebbe in potestà de' confederati dare quella forma al
governo de' fiorentini che più giudicassino espediente. Diminuiva in questa
causa l'autorità di Pandolfo il conoscersi che per l'utilità propria desiderava
che nella Toscana non si incominciasse una guerra tanto grave, per la quale o
dagli eserciti amici o dagli inimici sarebbono parimenti distrutti i paesi di
tutti; ma parveno tanto efficaci le sue ragioni che facilmente si deliberò di
non assaltare i fiorentini. Il quale consiglio fece riputare migliore la
contenzione che, non molti dì poi, cominciò tra' fiorentini e i cardinali.
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