IX. La bastia del Genivolo è presa da' fanti spagnuoli e ben presto ripresa
dal duca di Ferrara. L'esercito ispano pontificio sotto Bologna. Discussioni e
varietà di pareri nell'esercito. Assalto a Bologna; miracoloso effetto della
mina posta alla cappella del Baracane. Entrata dell'esercito francese in
Bologna, gli ispano pontifici levano il campo e si ritirano verso Imola.
Ma non molto dipoi che i svizzeri furno
ritornati alle case loro cominciorno i soldati spagnuoli e quegli del pontefice
a entrare nella Romagna; alla venuta de' quali tutte le terre che teneva il
duca di Ferrara di qua dal Po, eccetto la bastia del fossato di Genivolo, si
arrenderono alla semplice richiesta di uno trombetto. Ma perché non erano
ancora condotte in Romagna tutte le genti e l'artiglierie, le quali il viceré
aspettando si era fermato a Imola, parve che, per non consumare quel tempo
oziosamente, Pietro Navarra capitano generale de' fanti spagnuoli andasse alla
espugnazione della bastia. Il quale avendo cominciato a batterla con tre pezzi
di artiglieria, e trovando maggiore difficoltà a espugnarla che non avea
creduto, perché era bene munita e valorosamente difesa da cento cinquanta fanti
che vi erano dentro, attese a fare fabbricare due ponti di legname, per dare
maggiore comodità a' soldati di passare le fosse piene d'acqua; i quali due
ponti come furono finiti, il terzo dì che vi si era accostato, che fu l'ultimo
dì dell'anno mille cinquecento undici, dette ferocemente lo assalto, in modo
che dopo lungo e bravo combattere i fanti saliti in sulle mura colle scale
finalmente l'ottenneno, ammazzati quasi tutti i fanti e Vestitello loro
capitano. Lasciò Pietro Navarra alla bastia dugento fanti, contradicendo
Giovanni Vitelli, il quale affermava essere tanto indebolita da' colpi delle
artiglierie che senza nuova riparazione non si poteva più difendere: ma a
fatica era ritornato a unirsi col viceré che il duca di Ferrara, andatovi con
nove pezzi grossi d'artiglieria, l'assaltò con tale furore che squarciato quel
luogo piccolo in molte parti vi entrò per forza il dì medesimo: ammazzati,
parte nel combattere parte per vendicare la morte de' suoi, il capitano con
tutti i fanti; ed egli percosso di un sasso in sulla testa, benché per la
difesa della celata non gli facesse nocumento.
Eransi
intratanto raccolte a Imola tutte le genti così ecclesiastiche come spagnuole,
potenti di numero e di virtù di soldati e di valore di capitani; perché per il
re d'Aragona vi erano, così divulgava la fama, mille uomini d'arme ottocento
giannettari e ottomila fanti spagnuoli, e oltre alla persona del viceré molti
baroni del reame di Napoli, de' quali il più chiaro per fama e per perizia
d'arme era Fabrizio Colonna, che aveva il titolo di governatore generale;
perché Prospero Colonna, sdegnandosi d'avere a stare sottoposto nella guerra a'
comandamenti del viceré, aveva ricusato d'andarvi. Del pontefice vi erano
ottocento uomini d'arme ottocento cavalli leggieri e [otto] mila fanti italiani,
sotto Marcantonio Colonna, Giovanni Vitelli, Malatesta Baglione, figliuolo di
Giampagolo, Raffaello de' Pazzi e altri condottieri, sottoposti tutti
all'ubbidienza del cardinale de' Medici legato; né avevano capitano generale,
perché..., duca di Termini, eletto dal pontefice come confidente al re
d'Aragona, era, venendo all'esercito, morto a Civita Castellana; e il duca di
Urbino, solito a ottenere questo grado, non veniva, o perché così fusse
piaciuto al pontefice o perché non reputasse essere cosa degna di lui
l'ubbidire, massimamente nelle terre della Chiesa, al viceré capitano generale
di tutto l'esercito de' confederati. Con queste genti, provedute
abbondantemente d'artiglierie condotte quasi tutte del regno di Napoli, si
deliberò di porre il campo a Bologna, non perché non si conoscesse impresa
molto difficile, per la facilità che avevano i franzesi di soccorrerla, ma
perché niuna altra impresa si poteva fare che non avesse maggiori difficoltà e
impedimenti: starsi con tanto esercito oziosi arguiva troppo manifesta
timidità, e la instanza del pontefice era tale che chiunque avesse messo in
considerazione le difficoltà gli arebbe dato cagione di credere e di lamentarsi
che già cominciassino ad apparire gli artifici e le fraudi degli spagnuoli.
Però il viceré, mosso l'esercito, si fermò tra 'l fiume dell'Idice e Bologna,
ove ordinate le cose necessarie all'oppugnazione delle città e dirivati i
canali che da' fiumi di Reno e di Savana entrano in Bologna, si accostò poi
alle mura, distendendo la maggiore parte dell'esercito tra 'l monte e la strada
che va da Bologna in Romagna, perché da quella parte aveva la comodità delle
vettovaglie. Tra 'l ponte a Reno posto in sulla strada Romea che va in
Lombardia e la porta di San Felice posta in sulla medesima strada andò ad
alloggiare Fabrizio Colonna con l'avanguardia, la quale conteneva settecento
uomini di arme cinquecento cavalli leggieri e seimila fanti, per potere più
facilmente vietare se i franzesi vi mandassino soccorso; e perché i monti
fussino in potestà loro, messono una parte delle genti nel monasterio di San
Michele in Bosco, molto vicino alla città ma posto in luogo eminente e che la
sopragiudica; e occuporno similmente la chiesa più alta, che si dice di Santa
Maria del Monte.
In Bologna,
oltre al popolo armigero, benché forse più per consuetudine che per natura, e
alcuni cavalli e fanti soldati da' Bentivogli, aveva Fois mandato duemila fanti
tedeschi e dugento lancie, sotto Odetto di Fois e Ivo di Allegri chiari
capitani, questo per la lunga esperienza della guerra, quello per la nobiltà
della famiglia sua e perché si vedevano in lui aperti segni di virtù e di
ferocia; e vi erano due altri capitani, Faietta e Vincenzio cognominato il
grandiavolo: e nondimeno collocavano più la speranza del difendersi nel
soccorso promesso da Fois che nelle forze proprie, atteso il circuito grande
della città, il sito dalla parte del monte molto incomodo, né vi essere altre
fortificazioni che quelle che per il pericolo presente erano state fatte
tumultuariamente; sospetti molti della nobiltà e del popolo a' Bentivogli, e
per essere antica laude de' fanti spagnuoli, confermata nuovamente intorno alla
bastia del Genivolo, che nell'oppugnazioni delle terre fussino per la agilità e
destrezza loro di gran valore. Ma confermò non poco gli animi loro il procedere
lentissimo degli inimici; i quali stettono nove dì oziosi intorno alle mura
innanzi tentassino cosa alcuna, eccetto che cominciorono, con due sagri e due
colubrine piantate al monasterio di San Michele, a tirare a caso e senza mira
certa nella città per offendere gli uomini e le case, ma presto se ne astennono
conoscendo per l'esperienza non si offendere con questi colpi gli inimici, né
farsi altro effetto che consumare le munizioni inutilmente. Cagione di tanta
tardità fu l'avere, il dì che s'accamporono, avuto notizia che Fois venuto al
Finale raccoglieva da ogni parte le genti; e pareva verisimile quel che
divulgava la fama che, per considerare quanto nocesse alle cose del re e quanta
riputazione gli diminuisse il lasciare perdere una città tanto opportuna,
avesse a esporsi a ogni pericolo per conservarla: onde veniva quasi
necessariamente in discussione non solamente da qual parte si potessino più
facilmente, e con maggiore speranza di espugnarla, piantare l'artiglierie ma
ancora come si potesse vietare che non vi entrasse il soccorso de' franzesi.
Perciò, fu nella prima consulta deliberato che Fabbrizio Colonna, proveduto
prima di vettovaglie, passando dall'altra parte della terra, alloggiasse in sul
poggio situato sotto Santa Maria del Monte, dal qual luogo potrebbe facilmente
opporsi a quegli che venissino per entrare in Bologna, né essere tanto distante
dal resto dell'esercito che, sopravenendogli pericolo alcuno, non potesse a
tempo essere soccorso; e che nel tempo medesimo si cominciasse, dalla parte
dove erano alloggiati o in luogo poco distante, a battere la terra: allegando
gli autori di questo parere, non essere da credere che, dependendo la
conservazione di tutto quello che i franzesi tenevano in Italia dalla
conservazione dell'esercito, Fois tentasse cosa nell'esecuzione della quale
fusse potuto essere costretto a combattere; né medesimamente che avesse in
animo, quando bene conoscesse poterlo fare sicuramente, di impiegarsi con tutto
l'esercito in Bologna, e così privarsi della facoltà di soccorrere, se fusse di
bisogno, lo stato di Milano, non sicuro interamente da' movimenti de' svizzeri
ma con maggiore sospetto di essere assaltato dall'esercito viniziano; il quale,
venuto a' confini del veronese, minacciava d'assaltare Brescia. Ma il dì
seguente fu, quasi da tutti i medesimi che l'aveano consentito, riprovato
questo; considerando non essere certo che l'esercito franzese non avesse a
venire, e se pure venisse non essere potente l'avanguardia sola a resistere, né
potersi lodare quella deliberazione sostentata da uno fondamento tale che in
potestà degli inimici fusse variarlo o mutarlo. Però fu approvato dal viceré il
parere di Pietro Navarra, non comunicato ad altri che a lui; il quale consigliò
che, fatta provisione di vettovaglie per cinque dì e lasciata solamente guardia
nella chiesa di San Michele, tutto l'esercito passasse alla parte opposita
della città, onde potrebbe impedire che l'esercito inimico non vi entrasse; e
non essendo la terra riparata da quella parte, perché non aveano mai temuto
dovervi essere assaltati, indubitatamente intra cinque dì si piglierebbe. Ma
come questa deliberazione fu nota agli altri, niuno fu che apertamente non
contradicesse l'andare con l'esercito ad alloggiare in luogo privato
interamente delle vettovaglie che si conducevano di Romagna, con le quali sole
si sostentava; di maniera che senza dubbio si dissolveva o distruggeva se infra
cinque dì non otteneva la vittoria. E quale è quello, diceva Fabrizio Colonna,
che se la possa promettere assolutamente in termine tanto stretto? e come si
debbe, sotto una speranza fallacissima per sua natura e sottoposta a molti
accidenti, mettersi in tanto pericolo? e chi non vede che, mancandoci l'ore misurate
e avendo alla fronte Bologna, ove è il popolo grande e molti soldati, alle
spalle i franzesi e il paese inimico, non potremo senza la disfazione nostra
ritirarci, colle genti affamate disordinate e impaurite? Proponevano alcuni
altri che aggiunto all'avanguardia maggiore numero di fanti si fermasse di là
da Bologna, quasi alle radici del monte tralle porte di Saragosa e di San
Felice, fortificando l'alloggiamento con tagliate e altri ripari; e che la
terra si battesse da quella parte dalla quale non solo era debolissima di
muraglie e di ripari, ma ancora, piantando qualche pezzo di artiglieria in sul
monte, si offendevano per fianco, mentre si dava la battaglia, quegli che
dentro difendessino la parte già battuta: il quale consiglio era medesimamente riprovato
come non sufficiente a impedire la venuta de' franzesi e come pericoloso,
perché se fussino assaltati non poteva l'esercito, con tutto che in potestà sua
fussino i monti, condursi al soccorso loro in minore spazio di tre ore. Nelle
quali ambiguità essendo più facile riprovare, e meritamente, i consigli
proposti dagli altri che proporre di quegli che meritassino di essere
approvati, inclinorno finalmente i capitani che la terra si assaltasse da
quella parte dalla quale alloggiava l'esercito; mossi, trall'altre ragioni, dal
diminuire già l'opinione che Fois, poiché tanto tardava, avesse a venire
innanzi. Perciò, e cominciorno a fare le spianate per accostare alle mura
l'artiglierie e fu richiamata l'avanguardia ad alloggiare insieme cogli altri.
Ma poco dipoi, essendo venuti molti avvisi che le genti franzesi continuamente
moltiplicavano al Finale, e però ritornando il sospetto primo della venuta
loro, cominciò di nuovo a pullulare la varietà delle opinioni: perché,
consentendo tutti che se Fois s'approssimava si doveva procurare di assaltarlo
innanzi entrasse in Bologna, molti ricordavano che l'avere in tal caso a
ritirare dalle mura l'artiglierie piantate darebbe molte difficoltà e
impedimenti all'esercito; il che, quando le cose erano ridotte a termini tanto
stretti, non poteva essere né più pericoloso né più pernicioso. Altri
ricordavano essere cosa non meno vituperosa che dannosa stare oziosamente tanti
dì intorno a quelle mura, confermando in uno tempo medesimo gli animi degli
inimici che erano dentro e dando spazio di soccorrerla a quegli che erano
fuora: però non essere più da differire il piantare dell'artiglierie, ma in
luogo che si potessino comodamente ritirare; facendo, per andare a opporsi a'
franzesi, le spianate tanto larghe che insieme si potesse muovere l'artiglierie
e l'esercito. All'opinione di quegli che confortavano il dare principio al
combattere la terra aderiva cupidissimamente il legato, infastidito di tante
dilazioni né già senza sospetto che questo fusse, per ordinazione del re loro,
procedere artificioso degli spagnuoli; dolendosi che se avessino subito, quando
si accostorno, cominciato a battere la città, forse che a quell'ora l'arebbono
espugnata. Non doversi più moltiplicare negli errori, non stare come inimici
intorno a una città e da altra parte fare segni di non avere ardire
d'assaltarla: stimolarlo ogni dì con corrieri e con messi il pontefice; non
sapere più che si rispondere né che si allegare, né potere più nutrirlo con
promesse e speranze vane. Dalle quali parole commosso il viceré si lamentò
gravemente che, non essendo egli nutrito nell'armi e negli esercizi della
guerra, volesse essere cagione, col tanto sollecitare, di deliberazioni
precipitose. Trattarsi in questi consigli dell'interesse di tutto il mondo, né
potersi procedere con tanta maturità che non convenisse usarla maggiore. Essere
costume de' pontefici e delle republiche pigliare volonterosamente le guerre,
ma prese, cominciando presto a rincrescere lo spendere e le molestie,
desiderare di finirle troppo presto. Lasciasse deliberare a' capitani, che
avevano la medesima intenzione che egli ma avevano di più l'esperienza della
guerra. In ultimo, Pietro Navarra, al quale molto si riferiva il viceré,
ricordò che in una deliberazione di tanto momento non dovevano essere in
considerazione due o tre giorni più; e però, che si continuassino i
provedimenti necessari e per l'espugnazione di Bologna e per la giornata con
gl'inimici, per seguitare quello che consigliasse il procedere de' franzesi.
Non apparì, per
il corso de' due dì, lume alcuno della migliore risoluzione: perché Fois, a cui
si erano arrendute Cento, la Pieve e molte castella del bolognese, soggiornava
ancora al Finale, attendendo a raccorre le genti; le quali, per essere divise
in vari luoghi, né venendo così presto i fanti italiani che aveva soldati, non
senza tardità si raccoglievano. Però, non apparendo più cagione alcuna di
differire, furno finalmente piantate l'artiglierie contro alla muraglia,
distante circa trenta braccia dalla porta detta di Santo Stefano donde si va a
Firenze, ove il muro volgendosi verso la porta detta di Castiglione, volta alla
montagna, fa uno angolo; e nel medesimo tempo si dava opera per Pietro Navarra
a fare una cava sotterranea più verso la porta di strada Castiglione, a quella
parte del muro nel quale era, dalla parte di dentro, fabbricata una piccola
cappella detta del Baracane, acciò che, dandosi la battaglia insieme, potessino
più difficilmente resistere essendo divisi che se uniti avessino a difendere uno
luogo solo: e oltre a questo, non abbandonando i pensieri dello opporsi a'
franzesi, vollono che l'avanguardia ritornasse allo alloggiamento dove era
prima. Rovinoronsi in un dì colle artiglierie poco meno di cento braccia di
muraglia, e si conquassò talmente la torre della porta che più non si potendo
difendere fu abbandonata: di maniera che da quella parte si poteva comodamente
dare la battaglia, ma si aspettava che prima avesse perfezione la mina
cominciata; benché per temerità della moltitudine [poco mancò], che il dì
medesimo disordinatamente non si combattesse. Perché alcuni fanti spagnuoli,
saliti per una scala a uno foro fatto nella torre, scesono di quivi in una
casetta congiunta con le mura di dentro, ove non era guardia alcuna; il che
veduto dagli altri fanti, quasi tutti tumultuosamente vi si volgevano se i
capitani, corsi al romore, non gli avessino ritenuti: ma avendo quegli di
dentro, con uno cannone voltato alla casetta, ammazzatane una parte, gli altri
fuggirono dal luogo nel quale inconsideratamente erano entrati. E mentre che
alla mina si lavora si attendeva per l'esercito a fare ponti di legname e a
riempiere le fosse di fascine, per potere, andando quasi a piano, accostare i
fanti al muro rotto e tirare in sulla rovina qualche pezzo di artiglierie;
acciò che quegli di dentro, quando si dava l'assalto, non potessino fermarsi
alla difesa. Le quali preparazioni vedendo i capitani franzesi, e intendendo
che già il popolo cominciava a essere soprafatto dal timore, mandorono subito a
dimandare soccorso a Fois; il quale il dì medesimo mandò mille fanti, e il dì
prossimo cento ottanta lancie; la quale cosa generò credenza ferma negli
inimici esso avere deliberato di non venire più innanzi, perché non pareva
verisimile che se altrimenti avesse in animo ne separasse da sé una parte; e
tale era veramente la sua intenzione, perché, stimando questi sussidi essere
sufficienti a difendere Bologna, non voleva senza necessità tentare la fortuna
del combattere. Finita in ultimo la mina e stando l'esercito armato per dare
incontinente la battaglia, la quale perché si desse con maggiori forze era
stata richiamata l'antiguardia, fece il Navarra dare il fuoco alla mina. La
quale con grandissimo impeto e romore gittò talmente in alto la cappella che,
per quello spazio che rimase tra 'l terreno e il muro gittato in alto, fu da
quegli che erano fuora veduta apertamente la città dentro e i soldati che
stavano preparati per difenderla; ma subito scendendo in giù, ritornò il muro
intero nel luogo medesimo onde la violenza del fuoco l'aveva sbarbato, e si
ricongiunse insieme come se mai non fusse stato mosso: onde non si potendo
assaltare da quella parte, i capitani giudicorno non si dovere dare [la
battaglia] solamente dall'altra. Attribuirono questo caso i bolognesi a miracolo,
riputando impossibile che senza l'aiutorio divino fusse potuto ricongiugnersi
così appunto ne' medesimi fondamenti; onde fu dipoi ampliata quella cappella, e
frequentata con non piccola divozione del popolo.
Inclinò questo
successo Fois, come se non più fusse da temere di Bologna, a andare verso
Brescia, perché aveva notizia che l'esercito viniziano si moveva verso quella
città; della quale, per avervi, per il pericolo di Bologna, lasciati i
provedimenti deboli e perché dubitava che dentro fussino occulte fraudi, non
mediocremente temeva. Ma i prieghi de' capitani che erano in Bologna, ora
dimostrando continuare il pericolo maggiore che prima se si partiva, ora
dandogli speranza, se vi entrava, di rompere il campo degli inimici, lo
alienorno da questo proposito. Però, ancora che nel consiglio avessino
contradetto quasi tutti i capitani, mossosi, inclinando già il dì alla notte,
dal Finale, la mattina seguente, non essendo più che due ore di dì, camminando
con tutto l'esercito ordinato a combattere, con neve e venti asprissimi, entrò
per la porta di San Felice in Bologna; avendo seco [mille trecento] lancie,
seimila fanti tedeschi i quali tutti aveva collocati nell'antiguardia, e [otto]
mila tra franzesi e italiani. Entrato Fois in Bologna, trattò di assaltare la
mattina seguente il campo degli inimici, uscendo fuora i soldati per tre porte
e il popolo per la via del monte; i quali arebbe trovati senza pensiero alcuno
della venuta sua, della quale è manifesto che i capitani non ebbono, né quel dì
né per la maggiore parte del dì prossimo, notizia: ma Ivo di Allegri consigliò
che per uno dì ancora riposasse la gente, stracca per la difficoltà del
cammino; non pensando, né egli né alcuno altro, potere essere che senza saputa
loro fusse entrato, di dì e per la strada romana, uno esercito sì grande in una
città alla quale erano accampati. La quale ignoranza continuava medesimamente
insino all'altro dì se per sorte non fusse stato preso uno stradiotto greco,
uscito insieme con altri cavalli a scaramucciare; il quale, dimandato quel che
si facesse in Bologna, rispose che da sé ne riceverebbono piccolo lume, perché
vi era venuto il dì dinanzi con l'esercito franzese: sopra le quali parole
interrogato con maraviglia grande diligentemente da' capitani, e trovatolo
costante nelle risposte, prestandogli fede, deliberorno levare il campo;
giudicando che, per essere vessati i soldati dalla asprezza della stagione e
per la vicinità della città nella quale era entrato uno tale esercito, fusse
pericoloso il soprastarvi. Però la notte seguente, che fu il decimonono dì dal
dì che si erano accampati, fatte ritirare tacitamente l'artiglierie, l'esercito
a grande ora si mosse verso Imola, camminando per le spianate per le quali era
venuto, che mettevano in mezzo la strada maestra e l'artiglierie: e avendo
posto nel retroguardo il fiore dell'esercito si discostorno sicuramente, perché
non uscirno di Bologna altri che alcuni cavalli de' franzesi; i quali, avendo
saccheggiata parte delle munizioni delle vettovaglie, e perciò essendosi
cominciati a disordinare, furono, né senza danno, rimessi dentro da Malatesta
Baglione, il quale andava nell'ultima parte dell'esercito.
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