VIII. Morte di Giulio II: giudizio dell'autore. Occupazione di Piacenza e
di Parma da parte del viceré. Elezione di Leone X; sue promesse di benevolenza
verso i cardinali scismatici. Magnifica incoronazione del nuovo pontefice.
In questa
agitazione di cose e in tempi tanto gravi sopravenne la infermità del
pontefice, pieno (perché dall'avere ottenuto le cose desiderate non si diminuiscono
ma si accrescono sempre i disegni) di maggiori voglie e concetti che forse
fusse stato innanzi, per tempo alcuno. Perché aveva deliberato di fare, al
principio della primavera, la impresa tanto desiderata di Ferrara; la quale
città, essendo abbandonata da tutti gli aiuti, e dovendovi andare oltre alle
genti sue l'esercito spagnuolo, si credeva avesse a fare piccola resistenza:
aveva comperato secretamente, per prezzo di trentamila ducati da Cesare la
città di Siena per il duca d'Urbino; al quale, per conservarsi intera la gloria
d'avere pensato schiettamente alla esaltazione della Chiesa, non avea, da
Pesero infuora, voluto mai concedere cosa alcuna dello stato ecclesiastico;
conveniva prestare a Cesare quarantamila ducati, ricevendone in pegno Modena;
minacciava i lucchesi che ne' travagli del duca di Ferrara avessino occupato la
Garfagnana, instando la dessino a lui; e sdegnato col cardinale de' Medici per
parergli che aderisse più al re cattolico che a sé, e per conoscere di non
potere disporre come si aveva presupposto di quella città, già aveva nuovi
disegni e nuove pratiche per alterare lo stato di Firenze: sdegnato col
cardinale sedunense, perché di stati e di beni di diverse persone nello stato
di Milano aveva attribuito a sé entrata di più di trentamila ducati l'anno, gli
aveva tolto il nome del legato e chiamatolo a Roma: aveva, acciò che le cose
del duca di Urbino in Siena, per la intelligenza de' vicini, fussino più
stabili, condotto di nuovo Carlo Baglione, per cacciare Giampaolo di Perugia
congiuntissimo di affinità co' figliuoli di Pandolfo Petrucci, successori della
grandezza paterna: voleva costituire in Genova nuovo doge Ottaviano Fregoso,
rimosso Ianus di quella degnità; consentendo a questo gli altri Fregosi perché,
per il grado il quale v'avevano tenuto i suoi maggiori, pareva che più a lui si
appartenesse: pensava assiduamente come potesse o rimuovere di Italia o
opprimere con l'aiuto de' svizzeri, i quali soli magnificava e abbracciava,
l'esercito spagnuolo, acciò che, occupato il regno napoletano, Italia rimanesse
(queste parole uscivano frequentemente della bocca sua) libera da' barbari; e a
questo fine aveva impedito che i svizzeri non si confederassino col re
cattolico. E nondimeno, come se in potestà sua fusse percuotere in un tempo
medesimo tutto il mondo, continuando nel solito ardore contro al re di Francia,
con tutto che avesse udito uno messo della reina, concitava il re di
Inghilterra alla guerra; al quale aveva ordinato che, per decreto del concilio
lateranense, si trasferisse il nome del re cristianissimo; sopra la qual cosa
era già scritta una bolla, contenendosi in essa medesimamente la privazione
dalla degnità e dal titolo di re di Francia, concedendo quel regno a qualunque
lo occupasse. In questi tali e tanti pensieri, e forse ancora in altri più
occulti e maggiori (perché nello animo tanto feroce non era incredibile
concetto alcuno quantunque vasto e smisurato), l'oppresse, dopo infermità di
molti giorni, la morte. Dalla quale sentendosi prevenire, fatto chiamare il
concistorio, al quale per la infermità non poteva intervenire personalmente,
fece confermare la bolla publicata prima da lui contro a chi ascendesse al
pontificato per simonia, e dichiarare la elezione del successore appartenere al
collegio de' cardinali e non al concilio, e che i cardinali scismatici non vi
potessino intervenire: a' quali disse che perdonava l'ingiurie fatte a sé, e
che pregava Dio che perdonasse loro le ingiurie fatte alla sua Chiesa. Supplicò
poi al collegio de' cardinali che, per fare cosa grata a sé, concedessino la
città di Pesero in vicariato al duca di Urbino; ricordando che per opera
principalmente di quel duca era stata, alla morte di Giovanni Sforza,
ricuperata alla Chiesa. In niuna altra cosa dimostrò affetti privati o propri;
anzi, supplicando instantemente madonna Felice sua figliuola, e per sua
intercessione molti altri, che creasse cardinale [Guido] da Montefalco perché
erano nati di una medesima madre, rispose apertamente non essere persona degna
di quel grado: e ritenendo in tutte le cose la solita costanza e severità, e il
medesimo giudicio e vigore d'animo che aveva innanzi alla infermità, ricevuti
divotamente i sacramenti ecclesiastici, finì, la notte innanzi al vigesimo
primo dì di febbraio essendo già propinquo il giorno, il corso delle fatiche
presenti. Principe d'animo e di costanza inestimabile ma impetuoso e di
concetti smisurati, per i quali che non precipitasse lo sostenne più la
riverenza della Chiesa, la discordia de' prìncipi e la condizione de' tempi,
che la moderazione e la prudenza. Degno certamente di somma gloria se fusse
stato principe secolare, o se quella cura e intenzione che ebbe a esaltare con
l'arti della guerra la Chiesa nella grandezza temporale avesse avuta a
esaltarla con l'arti della pace nelle cose spirituali: e nondimeno, sopra tutti
i suoi antecessori, di chiarissima e onoratissima memoria; massimamente
appresso a coloro i quali, essendo perduti i veri vocaboli delle cose, e
confusa la distinzione del pesarle rettamente, giudicano che sia più officio
de' pontefici aggiugnere, con l'armi e col sangue de' cristiani, imperio alla
sedia apostolica che l'affaticarsi, con lo esempio buono della vita e col
correggere e medicare i costumi trascorsi, per la salute di quelle anime, per
la quale si magnificano che Cristo gli abbia costituiti in terra suoi vicari.
Morto il
pontefice, il viceré di Napoli, andato co' soldati spagnuoli verso Piacenza,
costrinse quella città a ritornare, come già soleva, sotto l'imperio de' duchi
di Milano: l'esempio de' piacentini seguitorno, per il medesimo terrore, i
parmigiani. Da altra parte, il duca di Ferrara, ricuperate subito le terre di
Romagna, si accostò a Reggio; ma non si movendo dentro cosa alcuna non ebbe
ardire di fermarvisi, perché l'esercito spagnuolo si era disteso ad alloggiare
tra Piacenza e Reggio. Niuno altro movimento fu nello stato della Chiesa, né
sentì Roma o il collegio de' cardinali alcuna di quelle difficoltà che avea
sentite nella morte de' due prossimi pontefici: però, finite secondo l'uso
l'esequie, entrorono pacificamente nel conclave ventiquattro cardinali; avendo
prima conceduto che il figliuolo del marchese di Mantova, che era appresso a
Giulio per statico, libero dalla fede data, potesse ritornarsene al padre.
Nel conclave fu
la prima cura moderare con capitoli molto stretti l'autorità del futuro
pontefice, esercitata, come dicevano, dal morto troppo impotentemente: benché
non molto poi (come degli uomini alcuni non hanno ardire di opporsi al
principe, altri appetiscono di farselo benevolo) gli annullorno da loro
medesimi quasi tutti. Elessono il settimo dì, non discrepando alcuno, in
pontefice Giovanni cardinale de' Medici, il quale assunse il nome di Leone
decimo, di età d'anni trentasette; cosa, secondo la consuetudine passata,
maravigliosa, e della quale fu principale cagione la industria de' cardinali
giovani, convenutisi molto prima tacitamente insieme di creare il primo
pontefice del numero loro. Sentì di questa elezione quasi tutta la cristianità grandissimo
piacere, persuadendosi universalmente gli uomini che avesse a essere rarissimo
pontefice, per la chiara memoria del valore paterno e per la fama, che risonava
per tutto, della sua liberalità e benignità; stimato casto e di integerrimi
costumi; e sperandosi che a esempio del padre avesse a essere amatore de'
letterati e di tutti gl'ingegni illustri: la quale espettazione accresceva
l'essere stata fatta l'elezione candidamente, senza simonia o sospetto di
macula alcuna. E pareva già che Iddio cominciasse ad approvare questo
pontificato, perché il quarto dì dalla elezione vennono in sua potestà i
cardinali privati di Santa Croce e di San Severino. I quali, intesa la morte di
Giulio, andavano per mare a Roma, accompagnati da... Solier imbasciadori del re
di Francia; ma intesa nel porto di Livorno, ove erano sorti, essere eletto il
cardinale de' Medici in nuovo pontefice, confidatisi nella sua benignità, e
specialmente Sanseverino nella amicizia stretta che aveva avuto seco e col
fratello, impetrato salvocondotto, dal capitano di Livorno, il quale non si
stendeva oltre a' limiti della sua giurisdizione, discesono in terra, e dipoi,
non ricercata altra sicurezza, spontaneamente andorno a Pisa: nella quale città
raccolti onoratamente, e dipoi condotti a Firenze, erano onestamente custoditi,
di maniera che non aveano facoltà di partirsi: così desiderando il pontefice.
Il quale, mandato il vescovo d'Orvieto, gli confortò con parole molto benigne
che, per sicurtà loro e per pace della Chiesa, soprasedessino in Firenze insino
a tanto si determinasse in che modo avessino a andare a Roma; e che, essendo
stati privati giuridicamente e confermata la privazione nel concilio
lateranense, non andassino più in abito di cardinali, perché facendo segni
d'umiliarsi, faciliterebbono a lui il ridurre, secondo che aveva in animo di
fare, in porto le cose loro.
Fu la prima
azione del nuovo pontificato la incoronazione sua, fatta secondo l'uso degli
antecessori nella chiesa di San Giovanni Laterano, con tanta pompa, così dalla
famiglia e corte sua come da tutti i prelati e da molti signori che vi erano
concorsi e dal popolo romano, che ciascuno confessò non avere mai veduto Roma,
dopo le inondazioni de' barbari, dì più magnifico e più superbo che questo.
Nella quale solennità portò il gonfalone della Chiesa Alfonso da Esti; il
quale, ottenuta la sospensione dalle censure, era andato a Roma, con speranza
grande di comporre, per la mansuetudine del pontefice, le cose sue: portò
quello della religione di Rodi Giulio de' Medici, armato, in su uno grosso
corsiere; inclinato dalla volontà sua alla professione dell'armi ma tirato da'
fati alla vita sacerdotale, nella quale avesse a essere esempio maraviglioso
della varietà della fortuna. E fece questo dì più memorabile e di maggiore
ammirazione il considerare che colui che ora pigliava, con sì rara pompa e
splendore, le insegne di tanta degnità era stato nel dì medesimo, l'anno
dinanzi, fatto miserabilmente prigione. Confermò questa magnificenza appresso
al volgo la espettazione che si aveva di lui, promettendosi ciascuno che Roma
avesse a essere felice sotto uno pontefice ornato di tanta liberalità e di
tanto splendore; perché era certo essere stati spesi da lui in questo dì
centomila ducati: ma gli uomini prudenti desiderorno maggiore gravità e
moderazione, giudicando né convenire tanta pompa a' pontefici, né essere
secondo la condizione de' tempi presenti il dissipare inutilmente i danari
accumulati dal precessore.
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