XI. Prime imprese dei veneziani, e dedizioni di città del ducato di Milano
ai francesi. Fazioni vittoriose dei tedeschi nel veronese. Genova ridotta alla
devozione del re di Francia.
Era Bartolomeo
d'Alviano andato da Susa, per lungo circuito, a Vinegia; dove, avendo ne' loro
consigli, poi che della rotta di Ghiaradadda ebbe, senza contradizione,
riferita la colpa nel conte di Pitigliano, parlato magnificamente della
presente guerra, fu eletto dal senato per capitano generale, con le medesime
condizioni con le quali aveva quel grado ottenuto il conte di Pitigliano e, per
avventura, il dì medesimo (tanto spesso si ride la fortuna della ignoranza de'
mortali) nel quale, quattro anni innanzi, era venuto in potestà degli inimici:
onde subito andato all'esercito, che si raccoglieva a San Bonifazio nel
veronese, essendo seco Teodoro da Triulzi come luogotenente del re di Francia,
si accostò con grandissima celerità, il dì medesimo che l'esercito franzese si
mosse da Susa, alle porte di Verona; nella quale città avevano congiurato
alcuni per riceverlo dentro. Ma il dì seguente entrorno in Verona, per il fiume
dell'Adice, cinquecento fanti tedeschi; ed essendo venuto a luce quel che
dentro si trattava, l'Alviano, perduta la speranza di ottenerla, deliberò,
contro all'autorità del proveditore veneto, di andare verso il fiume del Po,
per impedire gli spagnuoli o, secondo i progressi delle cose, unirsi co'
franzesi. Né significò questa deliberazione al senato se non poi che, per uno
alloggiamento, si fu discostato da Verona: perché, con tutto che allegasse
dependere interamente la somma del tutto da quel che succederebbe del ducato di
Milano e, procedendo in quello avversamente a' franzesi le cose, vano essere e
non durabile ciò che in altro luogo si tentasse o ottenesse, e però doversi
quanto era possibile aiutare quivi la vittoria del re di Francia, nondimeno
temeva, né vanamente, che il senato non contradicesse, non tanto per desiderio
che prima s'attendesse alla recuperazione di Verona e di Brescia quanto perché
alcuni degli altri condottieri dannavano il passare il fiume del Mincio, se
prima de' progressi de' franzesi non s'aveva più particolare notizia;
dimostrando, se sopravenisse qualche sinistro, quanto sarebbe difficile il
ritirarsi salvi, avendo a passare per il veronese e mantuano, paesi o sudditi o
divoti a Cesare. Arrenderonsigli, impaurite da' suoi minacci, Valeggio e la terra
di Peschiera: onde, spaventato, il castellano dette la rocca, ricevuta
piccolissima quantità di danari per sé e per alcuni fanti tedeschi che vi erano
dentro. Entrorno ne' dì medesimi in Brescia, in favore de viniziani, alcuni de'
principali della montagna con molti paesani, e nondimeno l'Alviano, benché
pregato dagli imbasciadori bresciani che lo trovorno a Gambera, e facendone
instanza il proveditore viniziano, non volle consentire di andare a Brescia,
per dimorarvi pure un dì solo a fine si recuperasse la fortezza, guardata in
nome del viceré: tanto era l'ardore di proseguire senza alcuna intermissione la
prima deliberazione. Con la quale celerità venuto alle porte di Cremona, e
trovando che nel medesimo tempo vi entrava, pure in favore del re di Francia,
Galeazzo Palavicino chiamato da alcuni cremonesi, non volendo comunicare ad
altri la gloria d'averla ricuperata, roppe e messe in preda le genti sue; ed
entrato dentro svaligiò Cesare Fieramosca, che con trecento cavalli e
cinquecento fanti del duca di Milano vi era rimasto a guardia. Né accadeva
perdere tempo per la recuperazione della fortezza, perché sempre era stata
tenuta per il re di Francia, proveduta poco innanzi di vettovaglie da Renzo da
Ceri; il quale nel ritornare a Crema, ove era preposto alla guardia, avendo
scontrati a Serzana dugento cavalli d'Alessandro Sforza gli aveva rotti: donde
fermatosi alla Cava in sul Po, col ponte ordinato per passare, non proibì che i
suoi soldati non molestassino alcuna volta le terre del pontefice. Andò di poi
a Pizichitone; avendo già, per la mutazione di Cremona, Sonzino, Lodi e l'altre
terre circostanti alzate le bandiere de' franzesi. Ma prima, subito che
recuperò Cremona, aveva mandato Renzo da Ceri a Brescia con una parte delle
genti, per provedere allo stabilimento di quella città e alla ricuperazione
della fortezza; e molto più per raffrenare i successi prosperi de' tedeschi.
Perché, quasi subito che egli si discostò da Verona, Roccandolf, capitano de'
fanti tedeschi, e con lui Federigo Gonzaga da Bozzole, usciti di Verona con
secento cavalli e duemila fanti, erano andati a San Bonifazio, ove l'Alviano
aveva lasciati sotto Sigismondo Caballo e Giovanni Forte trecento cavalli
leggieri e secento fanti; i quali, sparsi per il paese senza alcuna disciplina militare,
sentita la venuta degli inimici, si erano fuggiti a Cologna; ove i tedeschi
seguitandogli, entrati per forza nella terra, fattigli tutti prigioni, la
saccheggiorno e abbruciorno: il medesimo feciono poi a Soavi, roppono il ponte
fatto da' viniziani in sull'Adice, e arebbono con l'impeto medesimo occupata
Vicenza se non vi fusse entrato dentro subitamente numero grandissimo di
paesani. I quali progressi faceva di maggiore considerazione l'essersi
divulgato che dal contado di Tiruolo venivano a Verona nuovi fanti.
Nel qual tempo
medesimo si accostò per mare a Genova l'armata del re di Francia, con nove
galee sottili e altri legni; e per terra, col favore de' rivieraschi della loro
parte e con altri soldati condotti co' danari del re, Antoniotto e Ieronimo
fratelli degli Adorni, mossisi con grandissima occasione, per la discordia nata
poco innanzi tra' Fieschi e il doge di Genova, con cui erano stati prima uniti
contro agli Adorni: perché, o per quistione nata a caso o per sospetto sopravenuto,
Ieronimo, figliuolo di Gianluigi dal Fiesco, uscendo del palagio publico, era
stato ammazzato da Lodovico e da Fregosino fratelli del doge. Per la quale
ingiuria, Ottobuono e Sinibaldo suoi fratelli, ritiratisi alle loro castella, e
poco dipoi convenutisi col re di Francia e cospirando con gli Adorni, si
accostorno da altra parte con quattromila fanti a Genova. Non era il doge
potente a resistere per se stesso alla parte Gattesca e Adorna congiunte
insieme, né per la celerità degli avversari poteva essere a tempo il soccorso
che aveva chiesto al viceré; e inclinò del tutto le cose, che mille fanti de'
suoi fermatisi in su' monti vicini, non potendo resistere al numero maggiore,
furno rotti. Onde il doge, insieme con Fregosino, avendo a fatica avuto tempo
di salvare la propria vita, fuggì per mare, lasciato Lodovico, l'altro
fratello, alla custodia del Castelletto, e i vincitori entrorno in Genova: dove
i fratelli de' Fieschi, traportati dall'impeto della vendetta, feciono
ammazzare e dipoi, legato crudelmente alla coda di un cavallo, strascinare per
tutta la città Zaccheria fratello del doge, rimasto prigione alla battaglia
fatta in su' monti; il quale era insieme cogli altri intervenuto alla morte del
fratello. Così ridotta Genova alla divozione del re di Francia, fu fatto in
nome suo governatore Antoniotto Adorno; e l'armata franzese fornì di gente e di
vettovaglie la Lanterna, e di poi saccheggiata la Spezie si fermò a
Portovenere.
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