XIX. Morte del re d'Aragona; giudizio dell'autore. Morte del gran capitano.
Aspirazione del re di Francia alla conquista del regno di Napoli e sue
speranze. Liberazione di Prospero Colonna dalla prigionia.
Rimasono in
Italia accese le cose tra Cesare e i viniziani, desiderosi di ricuperare,
coll'aiuto del re di Francia, Brescia e Verona: l'altre cose parevano assai
quiete. Ma presto cominciorno ad apparire princìpi di nuovi movimenti, che si
suscitavano per opera del re di Aragona; il quale, temendo al regno di Napoli
per la grandezza del re di Francia, trattava con Cesare e col re di Inghilterra
che di nuovo si movessino l'armi contro a lui: il che non solamente non era
stato difficile persuadere a Cesare, desideroso sempre di cose nuove, e il
quale da se stesso difficilmente poteva conservare le terre tolte a viniziani;
ma ancora il re di Inghilterra, potendo meno in lui la memoria dell'avere il
suocero violatogli le promesse che la emulazione e l'odio presente contro al re
di Francia, vi assentiva. Stimolavalo oltre a questo il desiderio che il re di
Scozia pupillo fusse governato per uomini o proposti o dependenti da lui. Le
quali cose si sarebbono tentate con maggiore consiglio e con maggiori forze se,
mentre si trattavano, non fusse succeduta la morte del re d'Aragona; il quale,
afflitto da lunga indisposizione, morì del mese di [gennaio], mentre andava
colla corte a Sibilia, in Madrigalegio, villa ignobilissima. Re di
eccellentissimo consiglio e virtù, e nel quale, se fusse stato costante nelle
promesse, non potresti facilmente riprendere cosa alcuna; perché la tenacità
dello spendere, della quale era calunniato, dimostrò facilmente falsa la morte
sua, conciossiaché avendo regnato [quarantadue] anni non lasciò danari
accumulati. Ma accade quasi sempre, per il giudicio corrotto degli uomini, che
ne' re è più lodata la prodigalità, benché a quella sia annessa la rapacità,
che la parsimonia congiunta con la astinenza della roba di altri. Alla virtù
rara di questo re si aggiunse la felicità rarissima, perpetua, se tu levi la
morte dell'unico figliuolo maschio, per tutta la vita sua: perché i casi delle
femmine e del genero furno cagione che insino alla morte si conservasse la
grandezza; e la necessità di partirsi, dopo la morte della moglie, di Castiglia
fu più tosto giuoco che percossa della fortuna. Tutte l'altre cose furno
felicissime. Di secondogenito del re di Aragona, morto il fratello maggiore,
[ottenne quel reame], pervenne, per mezzo del matrimonio contratto con
Isabella, al regno di Castiglia; scacciò vittoriosamente gli avversari che
competevano al medesimo reame; recuperò poi il regno di Granata, posseduto
dagli inimici della nostra fede poco meno di ottocento anni; aggiunse allo
imperio suo il regno di Napoli, quello di Navarra, Orano e molti luoghi
importanti de' liti di Africa: superiore sempre e quasi domatore di tutti gli
inimici suoi. E, ove manifestamente apparì congiunta la fortuna con la
industria, coprì quasi tutte le sue cupidità sotto colore di onesto zelo della
religione e di santa intenzione al bene comune.
Morì, circa a
uno mese innanzi alla morte sua, il gran capitano, assente dalla corte e male
sodisfatto di lui: e nondimeno il re, per la memoria della sua virtù, aveva
voluto che da sé e da tutto il regno gli fussino fatti onori insoliti a farsi
in Spagna ad alcuno, eccetto che nella morte de' re; con grandissima
approbazione di tutti i popoli, a' quali il nome del gran capitano per la sua
grandissima liberalità era gratissimo e, per l'opinione della prudenza e che
nella scienza militare trapassasse il valore di tutti i capitani de' tempi
suoi, era in somma venerazione.
Accese la morte
del re cattolico l'animo del re di Francia alla impresa di Napoli, alla quale
pensava mandare subito il duca di Borbone con ottocento lancie e diecimila
fanti; persuadendosi, per essere il regno sollevato per la morte del re e male
ordinato alla difesa, né potendo l'arciduca essere a tempo a soccorrerlo,
averne facilmente a ottenere la vittoria. Né dubitava che il pontefice, per le
speranze avute da lui quando furno insieme a Bologna e per la benivolenza
contratta seco nello abboccamento, gli avesse a essere favorevole; né meno per
lo interesse proprio, come se gli avesse a essere molesta la troppa grandezza
dello arciduca, successore di tanti regni del re cattolico e successore futuro
di Cesare. Sperava oltre a questo che l'arciduca, conoscendo potergli molto
nuocere l'inimicizia sua nello stabilirsi i regni di Spagna e specialmente
quello di Aragona (al quale, se alle ragioni fusse stata congiunta la potenza,
arebbono aspirato alcuni maschi della medesima famiglia), sarebbe proceduto
moderatamente a opporsegli. Perché se bene, vivente il re morto e Isabella sua
moglie, era stato nelle congregazioni di tutto il regno interpretato che le
costituzioni antiche di quel reame escludenti dalla successione della corona le
femmine non pregiudicavano a' maschi nati di quelle, quando nella linea
mascolina non si trovavano fratelli zii o nipoti del re morto o chi gli fusse
più prossimo del nato delle femmine o almeno in grado pari, e che per questo
fusse stato dichiarato appartenersi a Carlo arciduca, dopo la morte di
Ferdinando, la successione, adducendo in esempio che per la morte di Martino re
d'Aragona morto senza figliuoli maschi era stato, per sentenza de' giudici
deputati a questo da tutto il regno, preferito Ferdinando avolo di questo
Ferdinando, benché congiunto per linea femminina, al conte d'Urgelli e agli
altri congiunti a Martino per linea mascolina ma in grado più remoto di
Ferdinando: nondimeno era stata insino ad allora tacita querela ne' popoli che
in questa interpretazione e dichiarazione avesse più potuto la potenza di
Ferdinando e di Isabella che la giustizia; non parendo a molti debita
interpretazione, che esclude le femmine possa essere ammesso chi nasce di
quelle, e che nella sentenza data per Ferdinando vecchio avesse più potuto il
timore dell'armi sue che la ragione. Le quali cose essendo note al re, e noto
ancora che i popoli della provincia d'Aragona di Valenza e della contea di
Catalogna (includendosi tutti questi sotto il regno d'Aragona) arebbeno desiderato
un re proprio, sperava che l'arciduca, per non mettere in pericolo tanta
successione e tanti stati, non avesse finalmente a essere alieno dal
concedergli con qualche condecevole composizione il regno di Napoli. Nel qual
tempo, per aiutarsi oltre alle forze co' benefici, volle che Prospero Colonna,
il quale consentiva di pagare per la liberazione sua trentacinquemila ducati,
fusse liberato pagandone solamente la metà; onde molti credettono che Prospero
gli avesse secretamente [promesso] di non prendere arme contro a lui, o forse
di essergli favorevole nella guerra napoletana, ma con qualche limitazione o
riserbo dell'onore suo.
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