II. Lamentele del pontefice coi prìncipi e richieste di aiuti. Risposte
diverse dei prìncipi al pontefice, e nuova convenzione di questo col re di
Francia. Patti stabiliti nella convenzione.
Conciossiaché,
nel principio di questo movimento, procurando di aiutarsi eziandio con
l'autorità pontificale, avesse istantemente dimandato aiuto da tutti i
prìncipi, querelandosi con gli oratori loro che erano in Roma e, per brevi
apostolici e per messi, co' prìncipi medesimi. Ma [non] con tutti nel modo
medesimo: perché significando a Cesare e al re di Spagna la cospirazione fatta
da Francesco Maria dalla Rovere e da' fanti spagnuoli, nel campo del re di
Francia e in su gli occhi del suo luogotenente, inserì ne' brevi tali parole
che si poteva comprendere avere non piccola dubitazione che queste cose fussino
state ordinate con saputa di quel re; ma col re cristianissimo, dimostrando
qualche sospetto di Lautrech, non passorno più oltre le sue querele.
Fu questa cosa
da' prìncipi predetti accettata diversamente. Perché Cesare e il nipote
intesono molto lietamente che il pontefice riputasse questa ingiuria dal re di
Francia; conciossiaché Cesare, alienandosi già, per l'odio antico e per la sua
incostanza, dal re di Francia, si era confederato di nuovo col re di
Inghilterra, e convenuto col nipote appresso ad Anversa l'aveva confortato a
non si abboccare col re di Francia, il che finalmente fu intermesso con
consentimento dell'uno e dell'altro re; e nel re di Spagna non bastava a
cancellare l'emulazione e il sospetto la confederazione fatta con lui. Però
offersono al pontefice prontamente l'opera loro, comandorno a tutti i loro
sudditi che si partissino dalla guerra che si faceva contro al pontefice; e il re
cattolico mandò il conte di Potenza nel regno di Napoli perché, riordinate le
genti d'arme, conducesse quattrocento lancie in aiuto suo, e per maggiore
testimonianza della sua volontà, spogliò come inobbediente Francesco Maria del
ducato di Sora, il quale comperato dal padre possedeva ne' confini di Terra di
Lavoro. Ma al re di Francia furno grati per altra cagione gli affanni del
pontefice, come di principe che avesse l'animo alieno da lui: però nel
principio, seguitando l'esempio suo, deliberando nutrirlo con vane speranze,
rispondeva averne ricevuto molestia grande promettendo di operare che Lautrech
darebbe favore alle cose sue; soggiugnendo nondimeno che il pontefice pativa di
quel che era stato causato da se medesimo, perché gli spagnuoli non arebbono
avuto tanto ardire se non fusse cresciuto il numero loro, per quegli che con
licenza sua erano passati da Napoli a Verona. Questa fu da principio la
intenzione del re. Ma dipoi, considerando che il pontefice abbandonato da lui
precipiterebbe senza alcuno freno alla amicizia del re di Spagna, deliberò di
dargli favore; ma traendo nel tempo medesimo qualche frutto delle sue
necessità. Però, ricercandolo il pontefice di aiuto, ordinò che da Milano vi
andassino trecento lancie; e insieme propose doversi fare nuova confederazione
tra loro, perché quella che era stata fatta a Bologna, essendo stata violata
dal pontefice in molti modi, non era più di alcuna considerazione. Aggiugneva
alle offerte molte querele: perché ora si lamentava che il pontefice gli desse carico
appresso agli altri prìncipi; ora che, per fare ingiuria a sé e cosa grata al
cardinale sedunense, avesse scomunicato Giorgio Soprasasso, il quale favoriva
ne' svizzeri le cose sue. Oltre a questo, la reggente, madre del re e appresso
a lui di grande autorità, riprendeva senza rispetto la empietà del pontefice,
che non gli bastando l'avere cacciato uno principe dello stato proprio l'avesse
poi ancora tenuto sottoposto alle censure, e denegando dare le doti o gli
alimenti di quelle alla duchessa vedova e alla duchessa giovane sua moglie,
fusse cagione che elle non avessino modo di sostentarsi: le quali parole
ritornando agli orecchi del pontefice gli augumentavano il sospetto. Ma
costituito in tante difficoltà, e desiderando gli aiuti suoi non per l'effetto
ma per la riputazione e per il nome, le trecento lancie, partite sotto... di
Sise da Milano, furno fatte dal pontefice, che non poteva dissimulare il
sospetto, soprasedere molti dì nel modonese e nel bolognese, e poi da Lorenzo
fatte fermare a Rimini: perché essendo quella città lontana agli inimici
aveano, stando quivi, minore facoltà di nuocergli. Né si alleggierirono questi
sospetti per la confederazione, la quale, quasi in questo tempo medesimo, si
conchiuse in Roma; perché il re, innanzi ratificasse, fece nuove difficoltà per
le quali la cosa stette sospesa molti dì. Finalmente, cedendo a molte cose il
pontefice, il re ratificò.
Contenne la
confederazione obligazione reciproca tra 'l pontefice e il re a difesa degli
stati loro con certo numero di gente, e di dodicimila ducati per ciascuno mese:
che tra il re di Francia e i fiorentini, co' quali si congiugneva l'autorità di
Lorenzo de' Medici con inclusione del ducato di Urbino, fusse la medesima
obligazione, ma con minore numero di genti, e di seimila ducati per ciascuno
mese: fusse tenuto il re ad aiutare il pontefice quando volesse procedere
contro a' sudditi e feudatari della Chiesa. Al re fu conceduta la nominazione
de' benefici e la decima, secondo le promesse fatte a Bologna, con patto che si
deponessino i danari per spendergli contro a' turchi (concedevasi sotto
l'onestà di questo colore la decima) ma con tacita speranza data al re che,
fatto il diposito di tutta la quantità, licenziata per un altro breve la
condizione apposta, si convertissino liberamente in uso del re. Promesse il
pontefice al re, per uno breve separato, di non lo richiedere mai di aiuto
contro al duca di Ferrara, anzi essere contento che il re lo ricevesse nella
sua protezione. Lunga altercazione fu sopra la restituzione di Reggio, Modona e
Rubiera, dimandata con somma instanza dal re secondo le promesse ricevute a
Bologna, né dal pontefice dinegata ma riservata ad altro tempo, allegando
essergli molto indegno, e quasi confessione di ultima necessità, il restituirle
quando era oppressato dalla guerra; e il re facendo instanza ch'elle si
restituissino di presente. All'ultimo, dimostrandosi grande, se più volesse
strignerlo, l'alterazione del pontefice, ed essendo al re inimico il re di
Inghilterra, sospetti Cesare il re di Spagna e i svizzeri, accettò che il
pontefice, per uno breve il quale fusse consegnato a lui, promettesse di
restituire al duca di Ferrara Modena, Reggio e Rubiera infra sette mesi
prossimi: avendo il pontefice nell'animo, se prima cessavano i suoi pericoli,
non fare maggiore stimazione del breve che delle parole dette in Bologna; e al
re, poi che senza pericolo di grandissima indegnazione non poteva più ottenere,
parendo pure di qualche momento che le promesse e la fede apparissino per iscrittura.
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