VI. Francesco Maria si volge verso Perugia. Esecuzione di capi di milizie
spagnuole colpevoli di accordi coi nemici. Provvedimenti dei pontifici per far
fallire l'impresa del duca di Urbino. Accordi di Giampaolo Baglioni con
Francesco Maria. I progressi dei nemici costringono Francesco Maria a ritornare
nel ducato.
Ma Francesco
Maria, essendo tanto accresciute le forze sue e diminuite quelle degli
avversari, alzò l'animo a maggiori pensieri, stimolato ancora dalla necessità;
perché i fanti venuti seco erano stati tre mesi quasi senza danari, a questi
venuti nuovamente niuna facoltà avea di darne; ed essendo il ducato di Urbino
esausto e quasi tutto spogliato, non solo non vi avevano i soldati facoltà di
predare ma con difficoltà vi erano vettovaglie bastanti a nutrirgli. Ma nella
elezione della impresa gli bisognò seguitare la volontà di altri. Perché esso,
per lo stabilimento del suo stato, desiderava, innanzi tentasse altra cosa,
assaltare di nuovo Fano o qualcun'altra delle terre poste in sul mare; ma per
l'inclinazione de' soldati cupidi delle prede e delle rapine deliberò voltarsi
più presto in Toscana, dove, per essere pieno il paese, che era senza sospetto,
ed esservi piccoli provedimenti, speravano potere fare grandissimi guadagni.
Incitavalo oltre a questo la speranza di potere, per mezzo di Carlo Baglione e
di Borghese Petrucci, fare mutazione in Perugia e in Siena, donde sarebbono
augumentate assai le cose sue, e le molestie e i pericoli del pontefice e del
nipote. Perciò, il dì seguente a quello nel quale ebbe raccolti i guasconi, mosse
l'esercito verso Perugia, ma come fu nel piano di Agobbio, deliberò manifestare
il sospetto suo, anzi scienza quasi certa, che avea, della perfidia del
colonnello Maldonato e di alcuni altri congiunti nella medesima causa con lui.
Era la cosa
nata e venuta a luce in questo modo. Quando l'esercito passò per la Romagna,
Suares, uno de' capitani spagnuoli, rimasto indietro sotto finzione di essere
ammalato, si era lasciato studiosamente fare prigione; e menato a Cesena a
Lorenzo, gli disse, per parte di Maldonato e di due altri capitani spagnuoli,
la causa di congiugnersi con Francesco Maria non essere stata per altro che per
avere occasione di fare qualche servizio notabile al pontefice e a lui, poiché
non era stato in potestà di essi ovviare che questo movimento si facesse;
promettendogli in nome loro che, subito che avessino opportunità di farlo, lo
metterebbono a esecuzione. Le quali cose non essendo note a Francesco Maria,
cominciò a sospettare per alcune parole dette incautamente da Renzo da Ceri a
uno tamburino degli spagnuoli; perché, come motteggiando, lo dimandò: - Quando
vorranno quegli spagnuoli darci prigione il vostro duca? - La quale voce,
entrata più altamente nel petto di Francesco Maria, gli avea data cagione di
osservare diligentemente se nello esercito fusse fraude alcuna. Ma finalmente,
per le scritture intercette ne' carriaggi di Lorenzo, comprese, Maldonato
essere autore di qualche insidia. La quale cosa avendo dissimulata insino a
quello dì, né gli parendo doverla più dissimulare, chiamati a parlamento tutti
i fanti spagnuoli, egli stando in luogo rilevato in mezzo di tutti, cominciò a
ringraziargli con efficacissime parole delle opere che con tanta prontezza
avevano fatto per lui, confessando non essere, o ne' tempi moderni o nelle
istorie antiche, memoria di principe o di capitano alcuno che avesse tante
obligazioni a gente di guerra quante conosceva egli d'avere con loro:
conciossiaché, non avendo denari né modo di promettere loro remunerazione,
essendo, quando bene avesse recuperato tutto il suo stato, piccolo signore, non
fatto mai loro alcuno beneficio, non essendo della medesima nazione né avendo
mai militato ne' campi loro, si fussino sì prontamente disposti a seguitarlo
contro a uno principe di tanta grandezza e riputazione; né tirati dalla
speranza della preda, perché sapevano essere condotti in uno paese povero e
sterile. Delle quali operazioni non avendo facoltà di rendere loro grazie se
non con la sincerità della volontà e dell'animo, essersi sommamente rallegrato
che avessino acquistato, non solo per tutta Italia ma per tutte le provincie di
Europa, maravigliosa fama, alzando insino al cielo ciascuno la loro egregia
fede e virtù, che pochissimi di numero, senza danari senza artiglierie senza
alcuna delle provisioni necessarie alla guerra, avessino tante volte fatto
voltare le spalle a uno esercito abbondantissimo di danari e di tutte l'altre
cose, nel quale militavano tante bellicose nazioni, e contro alla potenza di
uno pontefice grandissimo e dello stato de' fiorentini, a' quali era congiunta
l'autorità e il nome de' re di Francia e di Spagna: disprezzati, per mantenere
la fede e la fama degli uomini militari, i comandamenti de' propri signori. Le
quali cose come per la gloria del nome loro gli davano incredibile piacere,
così per contrario avergli dato e dargli molestia incredibile tutte le cose che
potessino oscurare tanto splendore. Malvolentieri e con inestimabile dolore
indursi a manifestare cose che gli costrignessino a offendere alcuno di quegli
a ciascuno de' quali aveva prima fatta deliberazione di essere, mentre gli
durava la vita, schiavo particolarmente; nondimeno, perché per il tacere suo il
disordine cominciato non diventasse maggiore, e perché la malignità di alcuni
non spegnesse tanta gloria acquistata da quello esercito, ed essendo anche
conveniente che in lui potesse più l'onore di tutti che il rispetto di pochi,
manifestare loro essere in quello esercito quattro persone che tradivano la
gloria e la salute di tutti. Della sua non fare menzione né lamentarsi, perché,
travagliato da tanti casi e stato perseguitato senza sua colpa sì acerbamente
dalla fortuna, essere qualche volta manco desideroso della vita che della
morte; ma non patire le obligazioni che aveva con loro, non l'amore smisurato
che meritamente gli portava che non facesse loro palese che il colonnello
Maldonato (quello in cui doveva essere maggiore cura della salute e gloria di
tutti), il capitano Suares (quello che per ordire tanta tristizia, simulando di
essere infermato, si era fatto in Romagna pigliare dagli inimici), e due altri
capitani, avevano con scelerati consigli promesso tradirgli a Lorenzo de'
Medici: i quali consigli erano stati interrotti dalla vigilanza sua, per la
quale rendendosi sicuro, non avere prima voluto manifestare tanto peccato; ma
non gli parendo di tenere più sottoposto sé e tutti gli altri a sì grave
pericolo, avere aperto loro quello che molto innanzi era stato saputo da lui.
Apparire queste cose per lettere autentiche trovate nelle scritture che furono
intercette di Lorenzo, apparire per molti indizi e congetture; le quali tutte
volere proporre loro, acciò che fussino giudici di tanto delitto, e udito le
cose proposte, quello che in defensione loro dicessino questi accusati,
potessino risolversi a quella deliberazione che paresse loro più conforme alla
giustizia, e alla gloria e utilità dello esercito. Finito che ebbe di parlare
fece leggere le lettere ed esporre gli indizi. Le quali cose udite da tutti con
grandissima attenzione, non fu dubbio che per giudicio comune non fussino,
senza udirgli altrimenti, Maldonato, Suares e gli altri due capitani,
condannati alla morte; la quale subito, fattigli passare in mezzo delle file
delle picche, fu messa a esecuzione: e purgato, secondo dicevano, con questo
supplizio tutta la malignità che era nell'esercito, seguitorono il cammino
verso Perugia.
Nella quale era
già entrato Giampaolo Baglione, partitosi da Pesero subito che ebbe inteso il
disegno loro, e si preparava per difendersi, avendo armati gli amici e messi
dentro molti del contado e de' luoghi vicini; e gli aveva mandato il legato in
aiuto Cammillo Orsino suo genero condottiere de' fiorentini, con gli uomini
d'arme della condotta sua e con dugento cinquanta cavalli leggieri: con le
quali forze si credeva che avesse a sostenere l'impeto degli inimici, massime
essendosi fatto molti provedimenti per interrompere i progressi loro. Perché a
Città di Castello era andato Vitello con la compagnia sua delle genti d'arme e
Sise con le lancie franzesi, le quali, perché tra 'l pontefice e il re era
stabilita la confederazione, non erano più sospette; e Lorenzo de' Medici, che
guarito della sua ferita era nuovamente venuto da Ancona a Pesero, erane andato
in poste a Firenze per fare di là le provisioni che fussino necessarie alla
conservazione di quello dominio e delle città vicine; e si era deliberato che
il legato col resto dello esercito, per necessitare Francesco Maria ad
abbandonare la impresa di Toscana, entrasse nel ducato di Urbino, alla guardia
del quale non erano restati altri che gli uomini delle terre.
Accostossi
Francesco Maria a Perugia, non senza speranza di qualche intelligenza. Dove
cavalcando Giampaolo per la città, fu assaltato in mezzo della strada da uno
della terra; il quale, non gli essendo riuscito il ferirlo, fu subito ammazzato
dal concorso di quegli che accompagnavano Giampaolo: il quale, in questo
tumulto, fece ammazzare alcuni altri di quegli che gli erano sospetti; e
liberato dalle insidie, pareva liberato da ogni pericolo, perché gli inimici,
stati già intorno a Perugia più dì, non avevano facoltà di sforzarli. E
nondimeno Giampaolo, quando manco il pontefice aspettava questo, allegando in
giustificazione sua che il popolo di Perugia, al quale non era in potestà sua
di resistere, non voleva più tollerare i danni che si facevano nel paese,
convenne con quello esercito di pagare diecimila ducati, concedere vettovaglia
per quattro dì, non pigliare arme contro a Francesco Maria in quella guerra, e
che essi si uscissino subito del perugino: cosa molto molesta e ricevuta in
sinistra parte dal pontefice, perché confermò la opinione insino da principio
della guerra conceputa di lui, quando molto lentamente andò allo esercito con
gli aiuti promessi, che per essergli sospetta la potenza di Lorenzo desiderasse
che Francesco Maria si conservasse il ducato di Urbino; aggiugnendosi
l'essergli stato molesto che, mentre stette nel campo appresso a Lorenzo, fusse
stata molto maggiore l'autorità di Renzo e di Vitello che la sua. La memoria
delle quali cose fu nel tempo seguente, per avventura, cagione in gran parte
delle sue calamità.
Convenuto
Francesco Maria co' perugini, si voltò verso Città di Castello; dove avendo
fatto qualche scorreria, con intenzione di entrare dalla parte del Borgo a San
Sepolcro nel dominio fiorentino, il pericolo dello stato proprio lo indusse ad
altra deliberazione. Perché il legato Bibbiena, avendo di nuovo soldato molti
fanti italiani, seguitando la deliberazione fatta a Pesero, [si] era col resto
dell'esercito accostato a Fossombrone: la quale città, battuta dalle
artiglierie, fu il terzo dì espugnata e saccheggiata. Andò dipoi a campo alla
Pergola, dove il secondo dì si unì coll'esercito il conte di Potenza, con
quattrocento lancie spagnuole mandate dal re di Spagna in aiuto del pontefice.
Non era nella Pergola soldato alcuno, ma solamente uno capitano spagnuolo e
molti uomini del paese, i quali impauriti cominciorono a trattare di
arrendersi; ma mentre che si trattava essendo stato ferito nel volto il
capitano che stava in sul muro, voltatisi i soldati, senza ordine alcuno e
senza comandamento de' capitani, alla muraglia, preseno per forza la terra.
Dalla Pergola si disegnava di andare a campo a Cagli; ma essendo venuto avviso
che Francesco Maria, intesa la perdita di Fossombrone, ritornava con celerità
grande in quello stato, deliberorono di ritirarsi. Però la notte medesima che
il legato ebbe questa notizia si levorono dalla Pergola, e venuti a Montelione
e già cominciato a farvi lo alloggiamento per stare quivi la notte, avuti
avvisi nuovi che la prestezza degli inimici riusciva maggiore di quello che si
erano persuasi, e che mandava innanzi mille cavalli con un fante in groppa per
uno, acciò che, costrignendogli a camminare più lentamente, avesse tempo
l'esercito a sopragiugnergli, andorono sette miglia più innanzi, a uno luogo
detto il Bosco; donde partiti la mattina seguente innanzi al giorno, si
ridussono la sera a Fano; avendo già quasi alla coda i cavalli degli inimici,
venuti con tanta prestezza che se solamente quattro ore fusse stata più tarda
la ritirata non sarebbe stato senza difficoltà il fuggire la necessità del
combattere.
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