IX. Il 1518 anno di quiete e di pace per l'Italia: trattative fra i
prìncipi per una spedizione contro i turchi. Delitti domestici e progressi di
Selim; i mammalucchi. Potenza di Selim. Appello del pontefice ai prìncipi
cristiani, e disegni per la spedizione; pubblicazione in concistorio d'una
tregua di cinque anni fra i prìncipi cristiani. Scarso entusiasmo dei prìncipi
per l'impresa; morte di Selim.
Séguita l'anno
mille cinquecento diciotto, nel quale Italia (cosa non accaduta già molti anni)
non sentì movimento alcuno, benché minimo, di guerra. Anzi appariva la medesima
disposizione in tutti i prìncipi cristiani; tra' quali, essendone autore il
pontefice, si trattava, ma più presto con ragionamenti apparenti che con
consigli sostanziali, la espedizione universale di tutta la cristianità contro
a Selim principe de' turchi: il quale aveva l'anno precedente ampliata tanto la
sua grandezza che, considerando la sua potenza e non meno la cupidità del
dominare, la virtù e la ferocia, si poteva meritamente dubitare che, non
prevenendo i cristiani di assaltarlo, avesse, innanzi passasse molto tempo, a
voltare le armi vittoriose contro a loro.
Perché Selim,
avendo innanzi compreso che Baiset suo padre, già molto vecchio, pensava di
stabilire la successione dello imperio in Acomath suo primogenito, ribellatosi
da lui, lo costrinse con l'armi, e con l'avere corrotto i soldati pretoriani, a
rinunziargli la signoria; e si credette anche universalmente che, per
assicurarsi totalmente di lui, lo facesse morire sceleratamente di veleno.
Vincitore dipoi in uno fatto d'arme contro al fratello, lo privò apertamente
della vita; il medesimo fece a Corcù fratello minore di tutti: né contento
d'avere fatto ammazzare, secondo il costume degli ottomanni, i nipoti e
qualunque viveva di quella stirpe, si credé, tanto fu di ingegno acerbo e
implacabile, che qualche volta pensasse di privare della vita Solimanno suo
unico figliolo. Da questi princìpi continuando di guerra in guerra, vinti gli
aduliti popoli montani e feroci, trapassato in Persia contro al sofì, e venuto
con lui a giornata lo ruppe, occupò la città di Tauris, sedia di quello
imperio, con la maggiore parte della Persia: la quale fu costretto ad
abbandonare, non per virtù degli inimici (che diffidandosi di potere sostenere
l'esercito suo si erano ritirati a' luoghi montuosi e salvatichi), ma perché,
essendo stato quello anno sterilissimo, gli mancavano le vettovaglie. Da questa
espedizione poiché ritornato in Costantinopoli, e puniti molti soldati autori
di sedizione, ebbe restaurato per qualche mese l'esercito, simulando di volere
ritornare a debellare la Persia, voltò le armi contro al soldano re della Soria
e dello Egitto, principe non solo di antichissima riverenza e degnità appresso
a quella religione ma potentissimo, per la amplitudine del dominio per le
entrate grandi e per la milizia de' mammalucchi, dalle armi de' quali era stato
posseduto quello imperio con grandissima riputazione [trecento] anni. Perché
essendo retto da soldani, i quali non per successione ma per elezione ascendevano
al supremo grado, e dove non erano esaltati se non uomini di manifesta virtù, e
provetti per tutti i gradi militari, al governo delle provincie e degli
eserciti, e constando il nervo delle armi loro non di soldati mercenari e
forestieri ma di uomini eletti, i quali, rapiti da fanciulli delle provincie
vicine, e nutriti per molti anni con parcità di vitto, tolleranza delle fatiche
e con esercitarsi continuamente nelle armi nel cavalcare e in tutte le
esercitazioni appartenenti alla disciplina militare, erano ascritti nello
ordine de' mammalucchi (succedendo di mano in mano in quello ordine non i
figliuoli de' mammalucchi morti ma altri, che presi da fanciulli per schiavi vi
pervenivano con la medesima disciplina e con le medesime arti che erano di mano
in mano pervenuti gli antecessori) questi, in numero non più di sedici o
diciottomila, tenevano soggiogati con acerbissimo imperio tutti i popoli dello
Egitto e della Soria, spogliati di tutte l'armi e proibiti di non cavalcare
cavalli. Ed essendo uomini di tanta virtù e ferocia e che facevano la guerra
per sé propri, perché del numero loro e da loro si eleggevano i soldani, loro
gli onori le utilità e l'amministrazione di tutto quello opulentissimo e
ricchissimo imperio, non solo avevano domate molte nazioni vicine, battuti gli
arabi, ma, fatte molte guerre co' turchi, erano rimasti molte volte vittoriosi
ma rare volte o non mai vinti da loro. Contro a questi adunque mossosi con
l'esercito suo Salim e rottogli in più battaglie in campagna, nelle quali fu ammazzato
il soldano, e dipoi preso in una battaglia l'altro soldano suo successore, il
quale fece morire publicamente con ignominioso supplicio, e fatta uccisione
grandissima anzi quasi spento il nome de' mammalucchi, debellato il Cairo,
città popolosissima nella quale risedevano i soldani, occupò in brevissimo
tempo tutta la Soria e tutto lo Egitto; in modo che, avendo così presto
accresciuto tanto lo imperio, duplicate quasi le entrate, levatosi lo ostacolo
di emuli tanto potenti e di tanta riputazione, era non senza cagione
formidabile a' cristiani. E accresceva meritamente il timore l'essere congiunta
a tanta potenza e valore una ardente cupidità di dominare e di fare
gloriosissimo a' posteri con le vittorie il suo nome; per la quale, leggendo
spesso, come era la fama, le cose fatte da Alessandro magno e da Giulio Cesare,
si cruciava nello animo mirabilmente che le cose fatte da sé non fussino in
parte alcuna comparabili a tante vittorie e trionfi loro. E riordinando
continuamente i suoi eserciti e la sua milizia, fabricando di nuovo numero
grandissimo di legni e facendo molte provisioni necessarie alla guerra, si
temeva pensasse di assaltare, quando fusse preparato, chi diceva Rodi,
propugnacolo de' cristiani nelle parti dell'Oriente, chi diceva il regno d'Ungheria,
già per la ferocia degli abitatori temuto da' turchi ma in questo tempo
indebolito per essere in mano d'uno re pupillo, governato da' prelati e da'
baroni del regno discordanti tra loro medesimi. Altri affermavano essere i suoi
pensieri volti tutti a Italia; come se ad assaltarla gli desse audacia la
discordia de' prìncipi e il sapere quanto fusse lacerata da lunghe guerre, e lo
incitasse la memoria di Maumeth suo avolo che, con potenza molto minore e con
piccola armata mandata nel regno di Napoli, aveva con assalto improviso
espugnata la città d'Otranto, e apertasi, se non gli fusse sopravenuta la
morte, una porta e stabilita una sedia da vessare continuamente gli italiani.
Però il
pontefice insieme con tutta la corte romana spaventato da tanto successo, e
dimostrando, per provedere a sì grave pericolo, volere prima ricorrere agli
aiuti divini, fece celebrare per Roma devotissime supplicazioni, alle quali
andò egli co' piedi nudi; e dipoi voltatosi a pensare e a trattare degli aiuti
umani scrisse brevi a tutti i prìncipi cristiani, ammonendogli di tanto
pericolo e confortandogli che, deposte le discordie e contenzioni, volessino
prontamente attendere alla difesa della religione e della salute comune, la
quale stava continuamente sottoposta a gravissimi pericoli se con gli animi e
con le forze unite di tutti non si trasferisse la guerra nello imperio del
turco e assaltassesi lo inimico nella casa propria. Sopra la quale cosa essendo
stati esaminati molti pareri d'uomini militari e di persone perite de' paesi,
della disposizione delle provincie e delle forze e armi di quello imperio, si
risolveva essere necessario che, fatta grossissima provisione di danari con la
contribuzione volontaria de' prìncipi e con imposizione universale a tutti i
popoli cristiani, Cesare accompagnato dalla cavalleria degli ungheri e de'
polloni, nazioni bellicose ed esercitate in continue guerre contro a' turchi, e
con uno esercito, quale si convenisse a tanta impresa, di cavalli e di fanti
tedeschi, navigasse per il Danubio nella Bossina (dicevasi anticamente Misia)
per andare di quivi in Tracia e accostarsi a Costantinopoli sedia dello imperio
degli ottomanni; che il re di Francia, con tutte le forze del regno suo, de'
viniziani e degli altri d'Italia, accompagnato dal peditato de' svizzeri,
passasse dal porto di Brindisi in Albania, passaggio facile e brevissimo, per
assaltare la Grecia piena di abitatori cristiani, e per questo e per la
acerbità dello imperio de' turchi dispostissima a ribellarsi; che i re di
Spagna di Portogallo e d'Inghilterra, congiunte l'armate loro a Cartagenia e
ne' porti vicini, si dirizzassino con dugento navi piene di fanti spagnuoli e
d'altri soldati allo stretto di Galipoli, per assaltare, espugnati che fussino
i Dardanuli (altrimenti le castella poste in su la bocca dello stretto),
Gostantinopoli: al quale cammino navigasse medesimamente il pontefice,
movendosi da Ancona, con cento navi rostrate. Co' quali apparati essendo
coperta la terra e il mare, e assaltato da tante parti lo stato de' turchi, i
quali fanno principalmente il fondamento di difendersi alla campagna, pareva,
aggiunto massimamente l'aiutorio divino, potersi sperare di guerra tanto
pietosa felicissimo fine. Queste cose per trattare, o almanco per non potere
essere imputato di mancare allo officio pontificale, Lione, tentati prima gli
animi de' prìncipi, publicò in concistorio tregue universali per cinque anni
tra tutti i potentati cristiani, sotto pena di gravissime censure a chi
contravenisse; e perché fussino accettate, e trattate le cose appartenenti a
tanta impresa, le quali anche consultava continuamente con gli oratori de'
prìncipi, destinò legati il cardinale di Santo Sisto a Cesare, quello di Santa
Maria in Portico al re di Francia, il cardinale Egidio al re di Spagna e
Lorenzo cardinale Campeggio al re d'Inghilterra; cardinali tutti di autorità, o
per esperienza di faccende o per opinione di dottrina o per essere intrinsechi
al pontefice. Le quali cose benché cominciate con grande espettazione, e ancora
che la tregua universale fusse stata accettata da tutti, e che tutti contro a'
turchi, con ostentazione e magnificenza di parole, si dimostrassino, se gli
altri concorrevano, di essere pronti con tutte le forze loro a causa tanto
giusta, nondimeno, essendo reputato da tutti il pericolo incerto e molto
lontano, e appartenente più agli stati dell'uno che dell'altro, ed essendo
molto difficile e che ricercava tempo lungo l'introdurre uno ardore e una
unione tanto universale, prevalevano i privati interessi e comodità: in modo
che queste pratiche non solo non si condusseno a speranza alcuna ma non si
trattorono se non leggiermente e quasi per cerimonia: essendo anche naturale
degli uomini che le cose che ne' princìpi si rappresentano molto spaventose si
vadino di giorno in giorno in modo diminuendo e cancellando che, non
sopravenendo nuovi accidenti che rinfreschino il terrore, se ne rendino in
progresso di non molto tempo gli uomini quasi sicuri. La quale negligenza alle
cose publiche, e affezione immoderata alle particolari, confermò più la morte
che succedette, non molto poi, di Salim: il quale, avendo per lunga infermità
sospesi gli apparati della guerra, consumato finalmente da quella, passò
all'altra vita, lasciato tanto imperio a Solimanno suo figliuolo; giovane di
età ma riputato di ingegno più mansueto e di animo, benché gli effetti
dimostrorono poi altrimenti, non acceso alla guerra.
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