X. Manifestazioni di cordialità fra il pontefice e il re di Francia.
Proroga della tregua dei veneziani con Cesare. Lega e parentado fra i re di
Francia e d'Inghilterra. Conferma della pace fra i re di Francia e di Spagna.
Morte di Gianiacopo da Triulzi; giudizio dell'autore.
Nel quale tempo
tra il pontefice e il re di Francia si dimostrava grandissima congiunzione.
Perché il re dette per moglie a Lorenzo suo nipote la damigella di Bologna,
nata di sangue molto nobile, e con entrata di scudi diecimila, parte donatagli
dal re parte appartenentegli del patrimonio suo; ed essendo nato al re uno
figliuolo maschio, richiese il pontefice che lo facesse tenere al battesimo in
nome suo. Per la quale cagione Lorenzo, che si ordinava per andare a sposare la
nuova moglie, accelerando l'andata, si condusse in poste; dove fu molto
carezzato e onorato dal re; al quale egli dimostrando di darsi tutto, e
promettendo di seguitare in ogni caso la sua fortuna, acquistò molto della sua
grazia. Portò al re uno breve del pontefice per il quale gli concedeva che,
insino a tanto che i danari riscossi della decima e della crociata non si
avessino a spendere contro a' turchi, potesse spendergli ad arbitrio suo,
promettendo restituirgli ogni volta che allo effetto per che era stata posta ne
fusse di bisogno; convertendone però in uso di Lorenzo scudi cinquantamila: e
il re, che insino a quel dì aveva dissimulato il non eseguire il pontefice la
promessa, fattagli per breve, della restituzione di Modena e di Reggio, ancora
che fusse passato il termine de' sette mesi, conoscendo non potere fare al
pontefice cosa più molesta che fargli instanza di questa restituzione, e
tenendo, come spesso accade, più conto de' maggiori che de' minori, rimesse in
mano di Lorenzo il breve della promessa.
Prorogorono
anche, quasi nel tempo medesimo, i viniziani per mezzo del re di Francia, la
tregua loro con Cesare per cinque anni, con condizione gli pagassino, ciascuno
de' cinque anni, scudi ventimila; e nella quale era espresso che ciascuno anno
pagassino a' fuorusciti delle terre loro, i quali avevano seguitato Cesare, il
quarto delle entrate de' beni che prima possedevano; tassando pagassino per
questa causa ducati cinquemila. E si sarebbe Cesare indotto per avventura, se
gli avessino dato maggiore somma di danari, a fare la pace; ma al re era più
grata la tregua perché i viniziani, non assicurati del tutto, avessino maggiore
cagione di tenere cara la sua amicizia, e perché a Cesare non fusse data
facoltà di fare co' danari che avesse da loro qualche innovazione.
E dirizzandosi
le cose da ogni banda a concordia, si composono anche le differenze tra il re
di Francia e d'Inghilterra, confermandole, acciocché la convenzione fusse più
stabile, con nuovo parentado; perché il re d'Inghilterra promesse dare la
figliuola sua unica (alla quale, non avendo altri figliuoli, si sperava doversi
appartenere la successione del regno) al delfino figliuolo primogenito del re
di Francia, con ducati quattrocentomila di dota; l'uno e l'altra di età sì
tenera che infiniti accidenti potevano nascere innanzi che, per l'abilità della
età, si potesse stabilire il matrimonio. Fu fatta lega difensiva tra loro,
nominandovi per contraenti principali Cesare e il re di Spagna in caso
ratificassino infra certo tempo: e il re d'Inghilterra si obligò a restituire
Tornai, la guardia del quale gli era di spesa molto grave, ricevendo da lui di
presente per le spese fatte ducati dugento sessantamila; trecentomila ne
confessasse d'avere ricevuti per la dota della nuora, e pagandone trecentomila
altri in tempo di dodici anni; promettendo eziando di rendergli indietro Tornai
se la pace e il parentado non seguitasse. Per la quale lega e parentado essendo
andati da l'una parte a l'altra imbasciadori a ricevere le ratificazioni e i
giuramenti, furono espediti questi atti nell'una e nell'altra corte con
grandissima solennità e cerimonia, e stabilito che i due re si abboccassino
insieme tra Calès e Bologna, né molto poi fatta la restituzione di Tornai.
Nel medesimo
tempo, essendo morta la figliuola del re di Francia destinata a essere sposa
del re di Spagna, fu riconfermata tra loro la pace e prima capitolazione, con
la promessa del matrimonio della seconda figliuola; celebrando l'uno e l'altro
principe questa congiunzione con grandissime dimostrazioni estrinseche di
benivolenza: il re di Spagna, che aveva già fattogli pagare in Lione i
centomila ducati, portò publicamente l'ordine di San Michele il dì della sua
festività; e il re di Francia, il dì dedicato a santo Andrea, portò
publicamente l'ordine del tosone.
Così stando
quiete le cose d'Italia e d'oltre a' monti, solo Gianiacopo da Triulzi
travagliava, non gli giovando né la età ridotta quasi a ultima vecchiezza né la
virtù esperimentata tante volte in servigio della casa di Francia. Perché, dandone
forse cagione in qualche parte l'ambizione e la inquietudine sua, essendo
combattuto da' sottili umori degli emoli suoi e perseguitato in molte cose da
Lautrech, era stato fatto sospetto al re che egli e la casa sua, per
l'interesse della fazione guelfa e per antichi intrattenimenti, fusse troppo
accetto a' viniziani, delle genti de' quali era governatore Teodoro da Triulzi,
e che avevano nuovamente soldato Renato della medesima famiglia: però il re,
essendo dopo la morte di Francesco Bernardino Visconte rimasto capo della
fazione ghibellina Galeazzo Visconte, per opporlo al Triulzio con maggiore
autorità gli aveva dato l'ordine di San Michele, costituito pensione, ed egli e
Lautrech in ogni occasione gli davano riputazione; le quali cose non passando
senza depressione del Triulzio, male paziente a dissimulare e che si lamentava
frequentemente, diventava ogni dì più esoso e più sospetto. Ma dette occasione
a Lautrech e agli altri, che lo calunniavano appresso al re, l'essersi fatto
borghese de' svizzeri, come se e' volesse per mezzo loro avere patrocinio
contro al re e forse aspirasse a maggiori pensieri: delle quali calunnie
essendo, così vecchio come era, andato in Francia a giustificarsi, non solo
Lautrech, come egli fu partito, per ordinazione avuta dal re, ritenne a
Vigevano con onesta custodia la moglie e il nipote nato del conte di Musocco
suo unico figliuolo già morto, ma eziandio dal re non fu raccolto né con
benignità né con l'onore solito; anzi riprendendolo di essersi fatto svizzero,
gli disse che da punirlo, secondo sarebbe stato conveniente, non lo riteneva
altro che la fama divulgata per tutto, ma sopra la verità, de' meriti suoi
verso la corona di Francia. Fu necessitato ritrattare quello che aveva fatto; e
pochi dì poi, seguitando la corte, ammalato a Ciartres, passò all'altro secolo.
Uomo a giudizio di tutti (come avevano confermato molte esperienze) di valore
grande nella disciplina militare, e sottoposto per tutta la vita alla
incostanza della fortuna, che ora lo abbracciava con prosperi successi ora lo
esagitava con avversi; e a chi meritatamente si convenisse quello che, per
ordine suo, fu inscritto nel suo sepolcro: riposarsi in quello sepolcro
Gianiacopo da Triulzi, che innanzi non si era mai riposato.
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