XV. Primo diffondersi delle idee luterane; occasione offerta dalla corte
pontificia e scandalo della vendita delle indulgenze in Germania. Come Lutero
passò a negare i princìpi della Chiesa. Misure prese dal pontefice contro
Lutero; perché poco giovarono.
Séguita l'anno
mille cinquecento venti: nel quale, continuandosi per le medesime cagioni per
le quali era stata conservata l'anno precedente la pace di Italia, cominciorono
molto ad ampliarsi dottrine nate di nuovo, prima contro all'autorità della
Chiesa romana dipoi contro alla autorità della cristiana religione. Il quale
pestifero veleno ebbe origine nella Alamagna, nella provincia di Sassonia, per
le predicazioni di Martino Lutero, frate professo dell'ordine di Santo
Augustino, suscitatore per la maggiore parte, ne' princìpi suoi, degli antichi
errori de' boemi; i quali, reprobati per il concilio universale della Chiesa
celebrato a Costanza, e abbruciati con l'autorità di quello Giovanni Hus e
Ieronimo da Praga, due de' capi principali di questa eresia, erano stati
lungamente ristretti ne' confini di Boemia. Ma a suscitargli nuovamente in Germania
aveva dato occasione l'autorità della sedia apostolica, usata troppo
licenziosamente da Lione; il quale, seguitando, nelle grazie che sopra le cose
spirituali e beneficiali concede la corte, il consiglio di Lorenzo de' Pucci
cardinale di Santi Quattro, aveva sparso per tutto il mondo, senza distinzione
di tempi e di luoghi, indulgenze amplissime, non solo per potere giovare con
esse a quegli che ancora sono nella vita presente ma con facoltà di potere
oltre a questo liberare l'anime de' defunti dalle pene del purgatorio: le quali
cose non avendo in sé né verisimilitudine né autorità alcuna, perché era
notorio che si concedevano solamente per estorquere danari dagli uomini che
abbondano più di semplicità che di prudenza, ed essendo esercitate impudentemente
da' commissari deputati a questa esazione, la più parte de' quali comperava
dalla corte la facoltà di esercitarle, avevano concitato in molti luoghi
indegnazione e scandolo assai; e specialmente nella Germania, dove molti de'
ministri erano veduti vendere per poco prezzo, o giuocarsi in su le taverne, la
facoltà del liberare le anime de' morti dal purgatorio. E accrebbe
[l'indegnazione] che il pontefice, il quale per la facilità della natura sua
esercitava in molte cose con poca maestà l'officio pontificale, donò a
Maddalena sua sorella lo emolumento e l'esazione delle indulgenze di molte
parti di Germania, la quale, avendo fatto deputare commissario il vescovo
Arcimboldo, ministro degno di questa commissione, che l'esercitava con grande
avarizia ed estorsione, e sapendosi per tutta la Germania che i danari che se
ne cavavano non andavano al pontefice o alla camera apostolica (donde pure
sarebbe forse stato possibile che qualche parte se ne fusse spesa in usi
buoni), ma era destinata a sodisfare all'avarizia d'una donna, aveva fatto
detestabile non solo la esazione e i ministri di quella ma il nome ancora e
l'autorità di chi tanto inconsultamente le concedeva. La quale occasione avendo
presa il Lutero, e avendo cominciato a disprezzare queste concessioni e a
tassare in queste l'autorità del pontefice, moltiplicandogli in causa
favorevole agli orecchi de' popoli numero grande di uditori, cominciò ogni dì
più scopertamente a negare l'autorità del pontefice.
Da questi
princìpi forse onesti o almanco, per la giusta occasione che gli era data, in
qualche parte scusabili, traportandolo l'ambizione e l'aura popolare, e il
favore del duca di Sassonia, non solo fu troppo immoderato contro alla potestà
de' pontefici e autorità della Chiesa romana; ma trascorrendo ancora negli
errori de' boemi, cominciò in progresso di tempo a levare le immagini delle
chiese, a spogliare i luoghi ecclesiastichi de' beni, permettere a' monachi e
alle monache professe il matrimonio, convalidando questa opinione non solo con
l'autorità e con gli argomenti ma eziandio con l'esempio di se medesimo; negare
la potestà del papa distendersi fuora dello episcopato di Roma, e ogn'altro
episcopo avere nella diocesi sua quella medesima autorità che aveva il papa
nella romana; disprezzare tutte le cose determinate ne' concili, tutte le cose
scritte da quegli che si chiamano i dottori della Chiesa, tutte le leggi
canoniche e i decreti de' pontefici, riducendosi solo al Testamento Vecchio al
libro degli Evangeli agli Atti degli apostoli e a tutto quello che si comprende
sotto il nome del Testamento Nuovo e alle epistole di san Paolo, ma dando a
tutte queste nuovi e sospetti sensi e inaudite interpretazioni. Né stette in
questi termini la insania di costui e de' seguaci suoi, ma seguitata si può
dire da quasi tutta la Germania, trascorrendo ogni dì in più detestabili e
perniciosi errori, penetrò a ferire i sagramenti della Chiesa, disprezzare i
digiuni le penitenze e le confessioni; scorrendo poi alcuni de' suoi settatori,
ma diventati già in qualche parte discrepanti dalla autorità sua, a fare
pestifere e diaboliche invenzioni sopra la eucarestia. Le quali cose, avendo
tutte per fondamento la reprobazione della autorità de' concili e de' sacri
dottori, hanno dato adito a ogni nuova e perversa invenzione o interpretazione;
e ampliatosi in molti luoghi, eziandio fuora della Germania, per contenere
dottrina di sorte che, liberando gli uomini da molti precetti, trovati per la
salute universale dai concili universali della Chiesa dai decreti de' pontefici
dalla autorità de' canoni e dalle sane interpretazioni de' sacri dottori, gli
riducono a modo di vita quasi libero e arbitrario.
Sforzavasi ne'
princìpi suoi di spegnere questa pestifera dottrina il pontefice, non usando
per ciò i rimedi e le medicine convenienti a sanare tanta infermità. Perché
citò a Roma Martino Luther sospeselo dallo officio del predicare, e dipoi per
la inobbedienza sua lo sottopose alle censure ecclesiastiche; ma non si astenne
da molte cose di pessimo esempio, e che dannate ragionevolmente da lui erano
molestissime a tutti: donde il procedergli contro con l'armi ecclesiastiche non
diminuì appresso a' popoli, anzi augumentò la riputazione di Martino, come se
le persecuzioni nascessino più dalla innocenza della sua vita e dalla sanità
della dottrina che da altra cagione. Mandò il pontefice molti religiosi a
predicare in Germania contro a lui, scrisse molti brevi a prìncipi e a prelati;
ma non giovando né questo né molti altri modi usati per reprimerlo (per la
inclinazione de' popoli, e per il favore grande che nelle terre sue aveva dal
duca di Sassonia), cominciava a parere in corte di Roma, ogni dì più, questa
causa più grave, e a crescere la dubitazione che alla grandezza de' pontefici
alla utilità della corte romana e alla unità della religione cristiana non ne
nascesse grandissimo detrimento. Per questo si facevano quello anno a Roma
spessi concistori, spesse consulte di cardinali e teologi deputati nella camera
del pontefice, per trovare i rimedi a questo male che continuamente cresceva: e
ancora che non mancasse chi riducesse in memoria che la persecuzione fattagli
insino a quello dì, poi che non era accompagnata col correggere in loro
medesimi le cose dannabili, gli aveva cresciuto la riputazione e la benivolenza
de' popoli, e che minore male sarebbe stato dissimulare di non sentire questa
insania, che forse per se medesima si dissolverebbe, che soffiando nel fuoco
accenderlo e farlo maggiore; nondimeno, come è natura degli uomini di procedere
volentieri a' rimedi caldi, non solo furono accresciute le persecuzioni contro
a lui e contro agli altri suoi settatori, chiamati volgarmente i luterani, ma
ancora deliberato uno monitorio gravissimo contro al duca di Sassonia, dal
quale esacerbato diventò fautore più veemente della causa sua. La quale, in
spazio di più anni, andò in modo moltiplicando che sia stato molto pericoloso
che da questa contagione non resti infetta quasi tutta la cristianità. Né ha
tanto raffrenato il corso suo cosa alcuna quanto lo essersi conosciuto, i
settatori di questa dottrina non essere manco infesti alla potestà de' prìncipi
temporali che alla autorità de' pontefici romani; il che ha fatto che molti
prìncipi hanno, per lo interesse proprio, con vigilanza e con severità proibito
che ne' regni suoi non entri questa contagione: e per contrario, nessuna cosa
ha sostenuto tanto la pertinacia di questi errori (i quali qualche volta, per
la troppa trasgressione de' capi di queste eresie e per la varietà ed eziandio
contrarietà dell'opinioni tra loro medesimi, sono stati vicini a confondersi e
a cadere) quanto la licenziosa libertà che nel modo del vivere ne hanno
acquistato i popoli, e l'avarizia de' potenti per non restare spogliati de'
beni che hanno occupati delle chiese.
|