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Francesco Guicciardini
Storia d’Italia

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  • LIBRO TREDICESIMO.
    • XV. Primo diffondersi delle idee luterane; occasione offerta dalla corte pontificia e scandalo della vendita delle indulgenze in Germania. Come Lutero passò a negare i princìpi della Chiesa. Misure prese dal pontefice contro Lutero; perché poco giovarono.
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XV. Primo diffondersi delle idee luterane; occasione offerta dalla corte pontificia e scandalo della vendita delle indulgenze in Germania. Come Lutero passò a negare i princìpi della Chiesa. Misure prese dal pontefice contro Lutero; perché poco giovarono.

 

Séguita l'anno mille cinquecento venti: nel quale, continuandosi per le medesime cagioni per le quali era stata conservata l'anno precedente la pace di Italia, cominciorono molto ad ampliarsi dottrine nate di nuovo, prima contro all'autorità della Chiesa romana dipoi contro alla autorità della cristiana religione. Il quale pestifero veleno ebbe origine nella Alamagna, nella provincia di Sassonia, per le predicazioni di Martino Lutero, frate professo dell'ordine di Santo Augustino, suscitatore per la maggiore parte, ne' princìpi suoi, degli antichi errori de' boemi; i quali, reprobati per il concilio universale della Chiesa celebrato a Costanza, e abbruciati con l'autorità di quello Giovanni Hus e Ieronimo da Praga, due de' capi principali di questa eresia, erano stati lungamente ristretti ne' confini di Boemia. Ma a suscitargli nuovamente in Germania aveva dato occasione l'autorità della sedia apostolica, usata troppo licenziosamente da Lione; il quale, seguitando, nelle grazie che sopra le cose spirituali e beneficiali concede la corte, il consiglio di Lorenzo de' Pucci cardinale di Santi Quattro, aveva sparso per tutto il mondo, senza distinzione di tempi e di luoghi, indulgenze amplissime, non solo per potere giovare con esse a quegli che ancora sono nella vita presente ma con facoltà di potere oltre a questo liberare l'anime de' defunti dalle pene del purgatorio: le quali cose non avendo in sé né verisimilitudineautorità alcuna, perché era notorio che si concedevano solamente per estorquere danari dagli uomini che abbondano più di semplicità che di prudenza, ed essendo esercitate impudentemente da' commissari deputati a questa esazione, la più parte de' quali comperava dalla corte la facoltà di esercitarle, avevano concitato in molti luoghi indegnazione e scandolo assai; e specialmente nella Germania, dove molti de' ministri erano veduti vendere per poco prezzo, o giuocarsi in su le taverne, la facoltà del liberare le anime de' morti dal purgatorio. E accrebbe [l'indegnazione] che il pontefice, il quale per la facilità della natura sua esercitava in molte cose con poca maestà l'officio pontificale, donò a Maddalena sua sorella lo emolumento e l'esazione delle indulgenze di molte parti di Germania, la quale, avendo fatto deputare commissario il vescovo Arcimboldo, ministro degno di questa commissione, che l'esercitava con grande avarizia ed estorsione, e sapendosi per tutta la Germania che i danari che se ne cavavano non andavano al pontefice o alla camera apostolica (donde pure sarebbe forse stato possibile che qualche parte se ne fusse spesa in usi buoni), ma era destinata a sodisfare all'avarizia d'una donna, aveva fatto detestabile non solo la esazione e i ministri di quella ma il nome ancora e l'autorità di chi tanto inconsultamente le concedeva. La quale occasione avendo presa il Lutero, e avendo cominciato a disprezzare queste concessioni e a tassare in queste l'autorità del pontefice, moltiplicandogli in causa favorevole agli orecchi de' popoli numero grande di uditori, cominciò ogni più scopertamente a negare l'autorità del pontefice.

Da questi princìpi forse onesti o almanco, per la giusta occasione che gli era data, in qualche parte scusabili, traportandolo l'ambizione e l'aura popolare, e il favore del duca di Sassonia, non solo fu troppo immoderato contro alla potestà de' pontefici e autorità della Chiesa romana; ma trascorrendo ancora negli errori de' boemi, cominciò in progresso di tempo a levare le immagini delle chiese, a spogliare i luoghi ecclesiastichi de' beni, permettere a' monachi e alle monache professe il matrimonio, convalidando questa opinione non solo con l'autorità e con gli argomenti ma eziandio con l'esempio di se medesimo; negare la potestà del papa distendersi fuora dello episcopato di Roma, e ogn'altro episcopo avere nella diocesi sua quella medesima autorità che aveva il papa nella romana; disprezzare tutte le cose determinate ne' concili, tutte le cose scritte da quegli che si chiamano i dottori della Chiesa, tutte le leggi canoniche e i decreti de' pontefici, riducendosi solo al Testamento Vecchio al libro degli Evangeli agli Atti degli apostoli e a tutto quello che si comprende sotto il nome del Testamento Nuovo e alle epistole di san Paolo, ma dando a tutte queste nuovi e sospetti sensi e inaudite interpretazioni. Né stette in questi termini la insania di costui e de' seguaci suoi, ma seguitata si può dire da quasi tutta la Germania, trascorrendo ogni in più detestabili e perniciosi errori, penetrò a ferire i sagramenti della Chiesa, disprezzare i digiuni le penitenze e le confessioni; scorrendo poi alcuni de' suoi settatori, ma diventati già in qualche parte discrepanti dalla autorità sua, a fare pestifere e diaboliche invenzioni sopra la eucarestia. Le quali cose, avendo tutte per fondamento la reprobazione della autorità de' concili e de' sacri dottori, hanno dato adito a ogni nuova e perversa invenzione o interpretazione; e ampliatosi in molti luoghi, eziandio fuora della Germania, per contenere dottrina di sorte che, liberando gli uomini da molti precetti, trovati per la salute universale dai concili universali della Chiesa dai decreti de' pontefici dalla autorità de' canoni e dalle sane interpretazioni de' sacri dottori, gli riducono a modo di vita quasi libero e arbitrario.

Sforzavasi ne' princìpi suoi di spegnere questa pestifera dottrina il pontefice, non usando per ciò i rimedi e le medicine convenienti a sanare tanta infermità. Perché citò a Roma Martino Luther sospeselo dallo officio del predicare, e dipoi per la inobbedienza sua lo sottopose alle censure ecclesiastiche; ma non si astenne da molte cose di pessimo esempio, e che dannate ragionevolmente da lui erano molestissime a tutti: donde il procedergli contro con l'armi ecclesiastiche non diminuì appresso a' popoli, anzi augumentò la riputazione di Martino, come se le persecuzioni nascessino più dalla innocenza della sua vita e dalla sanità della dottrina che da altra cagione. Mandò il pontefice molti religiosi a predicare in Germania contro a lui, scrisse molti brevi a prìncipi e a prelati; ma non giovando né questo né molti altri modi usati per reprimerlo (per la inclinazione de' popoli, e per il favore grande che nelle terre sue aveva dal duca di Sassonia), cominciava a parere in corte di Roma, ogni più, questa causa più grave, e a crescere la dubitazione che alla grandezza de' pontefici alla utilità della corte romana e alla unità della religione cristiana non ne nascesse grandissimo detrimento. Per questo si facevano quello anno a Roma spessi concistori, spesse consulte di cardinali e teologi deputati nella camera del pontefice, per trovare i rimedi a questo male che continuamente cresceva: e ancora che non mancasse chi riducesse in memoria che la persecuzione fattagli insino a quello , poi che non era accompagnata col correggere in loro medesimi le cose dannabili, gli aveva cresciuto la riputazione e la benivolenza de' popoli, e che minore male sarebbe stato dissimulare di non sentire questa insania, che forse per se medesima si dissolverebbe, che soffiando nel fuoco accenderlo e farlo maggiore; nondimeno, come è natura degli uomini di procedere volentieri a' rimedi caldi, non solo furono accresciute le persecuzioni contro a lui e contro agli altri suoi settatori, chiamati volgarmente i luterani, ma ancora deliberato uno monitorio gravissimo contro al duca di Sassonia, dal quale esacerbato diventò fautore più veemente della causa sua. La quale, in spazio di più anni, andò in modo moltiplicando che sia stato molto pericoloso che da questa contagione non resti infetta quasi tutta la cristianità. Né ha tanto raffrenato il corso suo cosa alcuna quanto lo essersi conosciuto, i settatori di questa dottrina non essere manco infesti alla potestà de' prìncipi temporali che alla autorità de' pontefici romani; il che ha fatto che molti prìncipi hanno, per lo interesse proprio, con vigilanza e con severità proibito che ne' regni suoi non entri questa contagione: e per contrario, nessuna cosa ha sostenuto tanto la pertinacia di questi errori (i quali qualche volta, per la troppa trasgressione de' capi di queste eresie e per la varietà ed eziandio contrarietà dell'opinioni tra loro medesimi, sono stati vicini a confondersi e a cadere) quanto la licenziosa libertà che nel modo del vivere ne hanno acquistato i popoli, e l'avarizia de' potenti per non restare spogliati de' beni che hanno occupati delle chiese.

 




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