V. Assedio di Parma; opere di preparazione per l'assalto. Gli assedianti
occupano il Codiponte abbandonato dai francesi. Il Lautrech con le sue milizie
a sette miglia da Parma. Imprese fortunate del duca di Ferrara nel modenese e
milizie mandate contro di lui. Dubbi dei comandanti dell'esercito
ispano-pontificio; discussione del commissario generale con
loro. Si leva il campo da Parma.
Nel quale
tempo, dimorando oziosamente l'esercito, non si faceva intorno a Parma altro
che leggerissime battaglie. Finalmente il [terzodecimo] dì poi che erano
alloggiati a San Martino, l'esercito, passato la notte di là dal fiume della
Parma, alloggiò in sulla strada romana, ne' borghi della porta che va a
Piacenza, che si dice di Santa Croce; i quali, il dì davanti, lo Scudo,
presentendo la loro venuta, avea fatti abbruciare. Divide la città di Parma,
non con tali acque che non si possa, eccetto che ne' tempi molto piovosi,
guadare, uno fiume del medesimo nome: la minore parte della quale, abitata da
persone più ignobili e che è circa la terza parte del tutto, detta dagli
abitatori il Codiponte, rimane verso Piacenza. Elessono questo luogo i capitani
per impedire più facilmente che in Parma non entrasse soccorso, e molto più
perché la muraglia da quella parte era debole e situata in modo che non poteva
percuotere per fianco. Aveva riferito il marchese, il quale il dì precedente
era andato con alcuni capitani a speculare il luogo, che il dì medesimo si
darebbe principio a battere la muraglia; ma essendo stato necessario, per
levare le difese, battere prima, dal mezzo in su, una torre che era in sulla
porta, di muro saldo e molto massiccia, si consumò tutto il dì intorno a
questo, ove si roppe una colubrina grossa. Piantoronsi la notte seguente
l'artiglierie alla muraglia, dalla mano sinistra della porta, secondo che si
entra; ed era stato disegnato fare il medesimo dalla mano destra, mettendo con
le batterie la porta in mezzo: perché, non si potendo, perché non erano stati
condotti più che sei cannoni e due colubrine grosse, piantare l'artiglierie in
due luoghi separati, pareva che dal necessitare quegli di dentro a distendersi
alla difesa per lungo spazio ne risultasse quasi il medesimo effetto. Ma questo
non fu mandato a esecuzione, perché da quella parte era, a capo del fosso che
circonda le mura, uno argine sì alto che se prima non si spianava o non si
apriva (cosa da non si potere fare in tempo sì breve) impediva che
l'artiglierie potessino percuotere la muraglia. Non resisteva il muro, per
essere vecchio e molto debole, alla artiglieria, la quale avendo già fatte due
rotture di muro assai patenti, si ragionava tra i capitani dare il dì medesimo,
benché non con ferma risoluzione, la battaglia. Ma avendo il marchese, che
insieme co' fanti spagnuoli aveva tutta la cura della batteria, mandato certi
fanti ad affacciarsi alla rottura per vedere, se si poteva, come stessino
dentro i ripari, quegli, come furono in sul muro rotto, cominciorono con alta
voce a gridare che l'esercito si accostasse per entrare dentro, donde i fanti
spagnuoli e italiani corsono tumultuosamente senza ordine alcuno alla muraglia;
alla quale appresentatisi e già cominciando a volere salire in sul muro rotto,
i capitani, corsi al romore, considerando che uno assalto, anzi tumulto, debole
e disordinato non poteva partorire frutto alcuno, gli feciono ritirare: il
quale accidente o raffreddò il pensiero o dette scusa di non dare, il dì,
ordinatamente la battaglia. Seguitossi il dì seguente a battere il muro rimasto
intero in mezzo delle due rotture, e uno fianco fatto in su la torre della
porta dal lato di dentro. Ma divulgandosi per l'esercito che per i ripari
grandi fatti da' franzesi sarebbe molto difficile con semplice assalto di
espugnarla, mandorono i capitani due fanti di ciascheduna lingua ad affacciarsi
alla rottura del muro; i quali, o occupati da troppo timore o da poca
diligenza, o forse (come alcuni dubitorono) subornati da altri, riferirono
restare dal muro battuto alla terra altezza di più di cinque braccia, essere
fatto dentro uno fosso profondo, e tali gli altri ripari che i capitani,
diffidandosi di poterla espugnare altrimenti, determinorono che si facessino
mine allato al muro rotto, che si tagliasse il muro contiguo con gli scarpelli
e co' picconi, per riempiere con quelle rovine il fosso che si diceva essere
fatto di dentro e fare più facile l'entrata: le quali opere come fussino condotte
alla perfezione, che, aggiunti all'artiglieria che era nello esercito due
cannoni i quali venivano da Mantova, si facesse un'altra batteria, ove il muro,
distesosi per linea retta per lungo spazio, dalla parte destra della porta,
volgendosi, fa angolo; al quale cantone, gittandosi in terra il muro, si
potevano percuotere per fianco quegli che difendessino dal lato di dentro.
Così, dalla parte dalla quale era stato battuto, si cominciò a lavorare una
trincea e pochi dì poi un'altra, per gittare con le mine in terra il muro: ma
andavano adagio le opere, sì perché, per avere avuto Prospero pensieri diversi,
non erano ancora in campo tutte le provisioni necessarie a questi lavori, sì
perché il terreno dove si cavava riusciva difficile e duro.
Alle quali
opere mentre che si attende con intenzione di non assaltare la terra innanzi
che l'opere fussino finite, Lautrech, il quale era tardato tanto a muoversi per
la tardità delle genti che venivano all'esercito, avendone già insieme la maggiore
parte, venne cinque miglia più innanzi, pure lungo il fiume, avendo seco
cinquecento lancie, circa settemila svizzeri, quattromila fanti che il dì
medesimo avea condotto monsignore di San Valerio di Francia e, sotto Teodoro da
Triulzi governatore de' viniziani e Andrea Gritti proveditore, quattrocento
uomini d'arme e quattromila fanti; e seguitavano questo esercito il duca di
Urbino e Marcantonio Colonna, questo come soldato del re ma senza titolo e
senza compagnia, l'altro dietro alle speranze comuni de' fuorusciti. Aspettava
ancora seimila svizzeri concedutigli da' cantoni, che erano in cammino, ma
secondo l'uso loro procedevano lentamente e con molte difficoltà; i quali come
fussino uniti seco non arebbe, per soccorrere Parma, ricusato di tentare la fortuna
della battaglia: però, sollecitandogli e aspettandogli, soggiornava per il
cammino, non si discostando dalle ripe del Po. Ma dubitando che in questo mezzo
il fratello non convenisse con gli inimici, avea mandato a scusare la tardità,
proceduta per aspettare maggiore numero di svizzeri, i quali erano già
propinqui, e perché quegli che erano seco aveano fatto difficoltà di passare il
Po; nondimeno, che al più lungo il quinto dì di settembre verrebbe in luogo
vicino a Parma, e ne farebbe segno con più tiri di artiglieria; e il dì
seguente si accosterebbe più presso agli inimici per combattergli, mandando
qualche cavallo a scaramucciare, acciò che anche egli avesse facoltà di uscire
a unirsi con loro: alla quale cosa lo Scudo lo sollecitava, affermando non
potersi tenere più che due o tre dì in quella parte della terra, e poi, di là
dal fiume, due altri dì; perché la terra era grande e debole, né gli restare
più di dumila fanti perché moltissimi ne erano partiti, né potere le genti
d'arme, non essendo più che trecento lancie, le quali portavano il peso di
tutte le fatiche, resistere se fussino assaltate da più parti. Venne di poi, il
dì che aveva promesso di accostarsi agli inimici, a Zibello, castello vicino a
Parma meno di venti miglia, onde mandò quattrocento cavalli a correre insino in
su gli alloggiamenti degli inimici: l'opere de' quali essendo condotte insino
alla muraglia, e dipoi voltate al luogo nel quale si avea a dare il fuoco, il
conte Guido Rangone co' fanti italiani, de' quali era capitano generale,
cominciò a piantare l'artiglierie dall'altra parte della muraglia. Ma i
franzesi, sentito lo strepito che si faceva nel maneggiarle, abbandonato due
ore innanzi dì il Codiponte, si ritirorno ordinatamente e senza tumulto insieme
con le loro artiglierie di là dal fiume. La qual cosa conosciuta in sul fare
del dì la mattina da quegli di fuora, entrorno dentro, parte per le aperture
del muro parte per le scale; ricevuti da' parmigiani, desiderosissimi di
ritornare sotto il dominio ecclesiastico, con somma letizia: la quale presto si
convertì in amaro pianto perché non altrimenti che di inimici furno
saccheggiate le case loro. Né si dubitò che, se qualche dì prima si fussino
piantate l'artiglierie nel luogo medesimo, arebbono i franzesi, nel modo
medesimo, abbandonato il Codiponte. Dettesi poi opera ad aprire e rompere le
porte, le quali erano atterrate, per le quali condotta l'artiglieria alla
sponda del fiume si cominciò a battere il muro che fa sponda dall'altra parte;
ma essendo già sì tarda l'ora del dì che si conosceva non potersi, insino al
prossimo dì, fare cosa di momento. Ma il dì medesimo Lautrech venne ad
alloggiare in sul fiume del Taro, vicino a Parma a sette miglia; interpetrando
alcuni che fusse venuto per combattere, altri persuadendosi per comporre col
fratello (se più non si poteva sostenere) che uscendo una notte di Parma con
tutte le genti fusse raccolto da lui, o veramente perché, volendo convenire
cogli inimici, ottenesse che con tutti i soldati potesse, salvo e senza alcuna
obligazione, uscire di Parma: e già alcuni dì prima Federico da Bozzole, il
quale andando intorno a' ripari era stato ferito di uno scoppietto nella
spalla, aveva per mezzo del marchese cominciato a trattare; ma non era ancora
il ragionamento proceduto tanto oltre che si potesse fare congettura certa
della volontà dello Scudo. La verità è, secondo le notizie che si ebbono poi,
che Lautrech non aveva animo di combattere se non venivano i svizzeri; perché,
con tutto che fusse alquanto superiore di numero e di bontà di gente d'arme e
più potente d'artiglierie, prevaleva di fanti l'esercito contrario: nel quale,
calcolando i numeri veri, erano novemila tra tedeschi e spagnuoli duemila
svizzeri e più di quattromila italiani.
Ma consideri
ciascuno da quanto piccoli accidenti dependino le cose di grandissimo momento
nelle guerre. Accadde appunto che, la notte seguente al dì che l'esercito entrò
nel Codiponte, sopravennono avvisi da Modena e da Bologna che Alfonso da Esti,
uscito di Ferrara con cento uomini d'arme dugento cavalli leggieri e dumila
fanti, tra' quali ne erano mille tra corsi e italiani mandatigli da Lautrech, e
con dodici pezzi di artiglierie, aveva preso allo improviso il castello del
Finale e quello di San Felice, e si temeva non si facesse più innanzi; il che
turbò assai gli animi de' capitani, ancora che molto prima, sapendosi la
instanza che gli era fatta dai franzesi, si fusse temuto di questo movimento, e
nondimeno non si fusse fatta a Modena tale provisione che bastasse in tale caso
alla sicurtà di quella città: perché Prospero, avendo sempre difeso
pertinacemente la contraria opinione, non aveva consentito che dello esercito
si mandasse gente a Modena, o perché prestasse fede al duca amicissimo suo, col
quale, eziandio per ordine del pontefice, si era interposto a trattare qualche
accordo, o perché malvolontieri diminuisse il campo di gente, in tempo che si
dubitava dell'approssimarsi degli inimici, essendo massime di natura di volere
fare le cose sue sicuramente e però desiderando sempre avere forze superchie, o
perché, se aveva altri fini occulti, non gli dispiacesse questa occasione. Ma
la notte, avuto la nuova, congregati subito i capitani, fu deliberato che
immediate vi andasse il conte Guido Rangone con dugento cavalli leggieri e ottocento
fanti; i quali, aggiunti a settecento fanti che vi erano prima, parevano
presidio più che sufficiente contro alle forze di Alfonso. Ma ordinata questa
espedizione, essendo ancora più ore innanzi dì, ed essendo venuto poco prima
avviso che la sera dinanzi Lautrech era alloggiato in sul Taro (ma mescolato la
verità con la falsità, perché era stato riferito che il dì medesimo si erano
uniti seco i svizzeri), né avendosi notizia che quegli che allora erano nello
esercito, sforzati da lui con molti prieghi, non gli avevano promesso se non di
venire insino in sul Taro, l'essere per altro congregati insieme i capitani, né
avendo, per non essere ancora il dì, o occasione o necessità di implicarsi
separatamente in altre faccende, dette occasione che tra loro si cominciò,
quasi oziosamente e non per via di consiglio, a discorrere in che stato
sarebbono le cose per l'approssimarsi di Lautrech. Nel quale ragionamento
pareva che le parole di Prospero del marchese di Pescara e di Vitello
accennassino in questa sentenza: che difficilmente si piglierebbe Parma se
dall'altra parte della città non si facesse anche una batteria, perché battuta
la sponda dalla parte donde si era cominciato a battere il dì precedente
restava non piccola salita dal letto del fiume alla riva, né quella potersi
tentare senza grave pericolo perché l'artiglierie e gli scoppietti, distribuiti
in su tre ponti che ha quel fiume e negli edifici circostanti, offenderebbono
per fianco chi assaltasse. Discorrevano che la vicinità di Lautrech, mettendosi
in qualche alloggiamento propinquo di verso il Po, quando bene avesse l'animo
alieno da tentare la fortuna, sarebbe causa che senza pericolo grande non si
darebbe la battaglia; e doversi considerare che, per il sacco della parte presa
di Parma, molti de' fanti con la preda si erano partiti, un'altra parte essere
più intenta a salvare le cose rubate che a combattere; né potersi soprasedere
quivi senza molte difficoltà e incomodità, e anche senza pericolo, perché
sarebbe necessario mandare ogni dì fuora grossissime scorte, non solo per
sicurtà de' saccomanni ma eziandio de' danari e delle vettovaglie che
giornalmente venivano, con circuito lunghissimo, intorno alle mura di Parma; le
quali quando fussino fuora, potrebbe accadere che il resto del campo avesse in
uno tempo medesimo a combattere con la gente franzese che era di fuora e con
quegli che erano di dentro. Discorrevano anche che se il duca di Ferrara
ingrossasse di gente sarebbe necessario levare di campo maggiori forze per la
sicurtà di Modena e di Reggio, e che, eziandio correndo per il paese con le
genti che aveva, potrebbe disturbare le vettovaglie; il che quando facesse
sarebbe necessario levare il campo, ma forse che, riducendosi le cose tanto
allo stretto, non si potrebbe fare senza pericolo: le quali ragioni, che
mostravano inclinazione a levarsi, non si parlavano però in modo che alcuno
scoprisse questo essere il suo consiglio. Finalmente, poiché fu parlato così
per lungo spazio, il marchese di Pescara, parendogli avere già compresa la
mente degli altri, disse: - Io veggo che in tutti noi è il medesimo parere, ma
ciascuno, pensando solamente a sé proprio, tace, aspettando che un altro se ne
faccia autore: pure in me non potrà questo rispetto. A me pare che noi stiamo
intorno a Parma con pericolo e senza speranza di fare frutto, e però, che per
minore male debbiamo partircene. - Soggiunse Prospero: - Il marchese ha detto
quello che, se egli non anticipava, avevo in animo di dire io -. Confermò
Vitello il medesimo. Ma Antonio de Leva, approvando che quivi più non si
dimorasse, proponeva doversi considerare se fusse meglio andare ad assaltare
Lautrech. Ma a questo si replicava che senza disavvantaggio grande non si
potrebbe costrignere gli inimici a combattere: dimorarvi essere impossibile,
perché le difficoltà che si consideravano nello stare intorno a Parma
diventerebbeno molto maggiori; e potere facilmente essere che i duemila
svizzeri non gli volessino seguitare, perché, oltre all'avere ricevuto, molti
dì prima, comandamento da' cantoni che si partissino dagli stipendi del
pontefice, non pareva verisimile si disponessino a combattere contro a uno
esercito nel quale militavano tanti fanti della medesima nazione; né si poteva
negare che, per il sacco fatto il dì precedente, non fusse più difficile il muovere
la fanteria disordinata. Però, disprezzato questo consiglio, pareva che le
sentenze di tutti i capitani concorressino a levarsi. Ma ristrettisi insieme
Prospero e il Pescara, parlato che ebbono lungamente, dimandorono il
commissario quello che credeva che dicesse il pontefice se si levavano, e
dicendo il commissario al marchese: - Come non possiamo noi pigliare oggi
Parma, secondo che iersera mi affermavate? - rispose il marchese con voci
spagnuole: - Né oggi né domani né dopo domani. - Allora il commissario replicò
non essere dubbio che il levarsi darebbe al pontefice grandissima turbazione,
perché lo priverebbe totalmente della speranza della vittoria; ma il punto di
questa deliberazione consistere nella verità o nella falsità de' presuppositi
fatti da loro: perché, se il soprasedere fusse con pericolo e senza speranza,
non essere dubbio che sarebbe imprudenza non si levare, ma quando fusse
altrimenti sarebbe il partirsi grandissimo disordine; però considerassino
maturamente lo stato dello esercito e la importanza delle cose, contrapesando
quale fusse maggiore, o il pericolo o la speranza. Alle quali parole replicando
Prospero e il marchese, che tutte le ragioni della guerra consigliavano a
ritirarsi, non avendo il commissario ardire di opporsi a capitani di tanta
autorità, si deliberò che il dì medesimo il campo si levasse, e che
incontinente si ordinasse di fare discostare l'artiglierie dalla muraglia. La
quale cosa, come fu publicata per il campo, era come troppo timida biasimata da
tutti quegli che non erano intervenuti nel consiglio, in modo che il
commissario e il Morone congiunti insieme si sforzorono di rimuovere Prospero
da questa deliberazione. Il quale, non si mostrando alieno da consultarla di
nuovo, anzi dicendo, con parole molto laudabili, e tanto più quanto sono
maggiori e più savi quegli che le dicono, essere di natura che non si
vergognava di mutare consiglio quando gli fussino dimostrate migliori ragioni,
fece di nuovo chiamare quegli medesimi che si erano trovati a deliberare; ma il
marchese di Pescara, occupato a ritirare le artiglierie e aborrente da mutare
la prima conclusione, recusò di venirvi: in modo che, restando la cosa più
presto confusa che risoluta, si andò dietro a eseguire quel che prima era stato
determinato. Così il dì medesimo, che fu il duodecimo poi che vi erano venuti a
campo, ritornorno allo alloggiamento di San Lazzero; non senza pericolo di
grandissimo disordine nel levarsi, perché i fanti tedeschi, dimandando circa i
pagamenti condizioni sì inoneste che non si potevano concedere, ricusavano di
seguitare l'esercito, e cassati i capitani vecchi che contradicevano aveano
creato per capitano uno di loro, autore di questa sedizione; e si temeva non
convenissino co' franzesi. Pure finalmente, essendo già partito l'esercito, e
disperando ciascuno che avessino a mutare volontà, lo seguitorno. Nella quale
confusione, essendo per la levata tanto subita e per il tumulto de' tedeschi
ripieno l'esercito di terrore, non è dubbio che se fusse sopravenuto Lautrech
gli metteva facilissimamente in fuga.
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