IV. Disordini e fazioni di guerra nel modenese e nel reggiano. Il presidio
di Modena rafforzato con fanti spagnuoli contro il duca di Ferrara. Pronti
provvedimenti del commissario Guicciardini per difendere la città. Reggio e
Rubiera occupate dal duca di Ferrara.
Per la morte
del pontefice cominciorno a perturbarsi le terre della Chiesa; nelle quali,
innanzi alla infermità sua, erano cominciate a dimostrarsi piccole faville di
futuro incendio, atto ad ampliarsi vivente lui se, parte per caso parte per
altrui diligenza, non vi fusse stato ovviato. Perché avendo il collegio de'
cardinali, innanzi che il pontefice passasse in Italia, commessa ad Alberto Pio
la custodia di Reggio e di Rubiera, si tenevano ancora da lui le fortezze di
quegli luoghi; avendo, con vari colori e diverse scuse e per l'occasione della
poca esperienza di Adriano, schernito molti mesi la instanza fatta da lui che
gliene restituisse. Però era stato trattato che, subito che apparisse il
principio della guerra, Renzo da Ceri, seguitato da alcuni cavalli e molti
fanti, si fermasse in Rubiera, per correre con la opportunità di quel luogo la
strada romana tra Modena e Reggio, a effetto di impedire i danari e gli spacci
che da Roma, Napoli e Firenze andavano a Milano; e procedere secondo
l'occasione a maggiori imprese. Ma avendo Francesco Guicciardini, governatore
di quelle città, presentito a buona ora questo disegno, e dimostrato al
pontefice a che fini tendessino le mansuete parole e prieghi di Alberto e il
pericolo in che incorrerebbe tutto lo stato ecclesiastico da quella parte,
aveva tanto operato che il pontefice, sdegnato e con minaccie e dimostrazioni
di volere usare la forza, aveva costretto Alberto a restituirgliene; il quale,
non essendo ancora le cose franzesi tanto innanzi, non aveva avuto ardire di
opporsegli. Ma avendo dipoi i Pii recuperato la terra di Carpi, Prospero,
desideroso di racquistarla, fu autore che in nome della lega si conducesse
Guido Rangone con cento uomini d'arme cento cavalli leggieri e mille fanti, e
che si ordinasse che mille fanti spagnuoli, che il duca di Sessa aveva soldati
a Roma perché andassino a unirsi con gli altri a Milano, si fermassino per la
medesima cagione a Modena. Le quali cose mentre si preparavano, Renzo da Ceri,
a cui per la sua autorità e per la speranza del predare concorrevano molti
cavalli e fanti, cominciò a correre la strada e a perturbare tutto il paese.
Assaltò anche, già morto il pontefice, una notte all'improviso con dumila fanti
la terra di Rubiera; ma difendendola gli uomini francamente, ed essendo molto
difficile il pigliarla d'assalto, non l'ottenne: ove fu preso Tristano Corso,
uno de' capitani de' suoi fanti.
Le quali forze,
raccolte per diverse cagioni in questi luoghi, dettono occasione a cose
maggiori. Perché, morto il pontefice, il duca di Ferrara, stracco dalle
speranze che gli erano state date della restituzione di quelle terre, e considerando
per la assoluzione ottenuta da Adriano essere manco difficile ottenere la venia
delle cose tolte che la restituzione delle perdute, e persuadendosi quel
medesimo che comunemente si credeva per tutti, che per le discordie de'
cardinali, cresciute continuamente dopo la morte di Lione, avesse molto a
differirsi la elezione del pontefice futuro, deliberò di attendere alla
recuperazione di Modona e di Reggio: alla qual cosa, oltre all'altre
opportunità, lo invitava la comodità di unire a sé Renzo da Ceri, che già avea
congregati dugento cavalli e più di dumila fanti. Però il duca, soldati tremila
fanti e mandati a Renzo tremila ducati, si mosse verso Modena, nella qual città
non era altro presidio che il conte Guido Rangone colle genti con le quali era
stato condotto dalla lega; e benché nel popolo fusse esoso il dominio della
casa da Esti, nondimeno, essendo le mura deboli e fabbricate senza fianchi al
modo antico, ripiene le fosse, né fattavi già molto tempo alcuna riparazione,
pareva bisognasse maggiore presidio. Però per il governatore e per il conte,
che deposte alcune dissensioni state tra loro procedevano unitamente, si faceva
estrema diligenza perché, secondo la deliberazione fatta prima, entrassino in
Modona i fanti spagnuoli; i quali arrivati già in Toscana camminavano
lentamente, facendo varie e ambigue risposte circa al volere fermarsi in Modena
o andare innanzi: pure, con molti prieghi, furono contenti finalmente di
entrarvi. La qual cosa intesa dal duca di Ferrara, che con dugento uomini
d'arme quattrocento cavalli leggieri e tremila fanti era venuto al Finale, lo
ritenne quasi dal procedere più oltre; pure, non essendo la cosa intera, e
sperando potergli almeno coll'unione di Renzo da Ceri succedere [di] ottenere
Reggio, non disperando ancora, che per la difficoltà de' pagamenti avesse a
nascere ne' fanti degli inimici qualche disordine, deliberò di andare innanzi.
Né erano queste speranze concepute leggiermente, perché non facendo il collegio
de' cardinali, a cui il governatore avea con celerità significato i pericoli
imminenti, provedimento alcuno, anzi, non che altro, non rispondendo a' messi e
alle lettere ricevute, non vi era facoltà di potere co' danari publici pagare i
soldati; e per sorte era venuto al dì che gli spagnuoli doveano ricevere lo
stipendio del secondo mese, e quando pure si pagassino tutti niuna vi era
speranza di soldarne maggiore numero; dividendo questi tra Modona e Reggio,
niuna delle due città rimaneva sicura; né erano in Reggio soldati, e la
disposizione del popolo diversa da quella de' modonesi. Nelle quali difficoltà
avendo il governatore e il conte Guido deliberato di conservare Modena
principalmente, come terra più importante per la vicinità di Bologna, più
congiunta collo stato della Chiesa e ove più facilmente potevano condursi i
soccorsi e i provedimenti, mandarono a Reggio cinquecento fanti sotto Vincenzio
Maiato bolognese, soldato del conte Guido; al quale commessono che non si
potendo difendere la terra si ritirasse nella cittadella: la quale perché
speravano che si difendesse almeno per qualche dì, mandò il governatore danari
a Giovambatista Smeraldo da Parma castellano, perché chiamasse trecento fanti e
pregò, benché invano, la comunità di Reggio che, trattandosi non meno della
sicurtà loro che dello stato della Chiesa, prestassino alcuna quantità di
danari per soldarne altri fanti. Al pericolo di Modona non potendo per
mancamento di danari provedere altrimenti, il governatore, convocati molti
cittadini espose loro le cose essere ridotte in grado che, non si pagando i
fanti spagnuoli né avendo danari per provedere a molte altre spese, era
necessario lasciare cadere la terra nelle mani del duca di Ferrara; la quale se
vi fusse la provisione de' danari si difenderebbe, né essere altro modo di
provedervi se essi medesimi non soccorrevano al bisogno presente, perché si
rendeva certo che a quello che occorresse per l'avvenire o il nuovo pontefice o
il collegio de' cardinali provederebbe. Non essere in quella congregazione
alcuno che non avesse provato il dominio del duca di Ferrara e quello della
Chiesa; però, quale de' due fusse più amabile o più acerbo essere superfluo il
dimostrarlo, con gli argomenti o col discorso delle ragioni, a coloro a' quali
l'aveva insegnato in memoria. Pregargli solamente che non gli movesse quella
piccola quantità di danari che si dimandava loro in prestanza, perché questo, e
quanto allo interesse publico e quanto all'utilità de' privati, era cosa di
piccolissima considerazione a comparazione dello interesse di avere uno signore
che più loro sodisfacesse. Le quali parole ricevute volentieri negli animi di
quegli che avevano la medesima inclinazione, providdono, con distribuzione
fatta, tra loro medesimi il medesimo dì, a cinquemila ducati: co' quali avendo
pagati gli spagnuoli e fatto altri provedimenti, niuno timore aveano dell'armi
del duca di Ferrara.
Il quale, non
presumendo delle forze proprie più che si convenisse, lasciata Modona a mano
sinistra ed essendosi unito seco nel camino Renzo da Ceri, si accostò a Reggio;
la quale città subitamente l'accettò, e il dì seguente il castellano, aspettati
pochi colpi d'artiglieria, gli dette la cittadella, allegando per sua
giustificazione che Vincenzio Maiato chiamato da lui aveva ricusato di
entrarvi, e che i danari mandatigli dal governatore gli erano stati tolti
appresso a Parma, ove avea mandato per soldare i fanti. Dal duca, come prima
ebbe ottenuto Reggio, si partì Renzo da Ceri, chiamato dall'ammiraglio di
Francia; onde rimasto con pochi fanti, poi che per alcuni dì fu dimorato in sul
fiume della Secchia, pose il campo alla terra di Rubiera: alla custodia della
quale era stato diputato, dal conte Guido, il Vecchio da Coniano con dugento
fanti. Né avea il duca se non piccola speranza di ottenerla, perché il castello
è piccolo e molto munito per la larghezza e profondità delle fosse, e perché
alle mura che lo circondano si unisce per tutto uno terrato grande; e
nondimeno, avendo il dì seguente cominciato a battere con l'artiglierie il muro
contiguo alla porta, il capitano de' fanti, o secretamente convenuto o
spaventato, perché già gli uomini del castello cominciavano a sollevarsi,
gittatosi dalle mura si appresentò innanzi al duca, ponendo in arbitrio suo la
terra e se stesso: il quale entrato subito nella terra, accostate l'artiglierie
alla rocca, spaventò in modo il castellano, che si diceva Tito Tagliaferro da
Parma, che, benché la rocca fusse forte e sufficientemente proveduta d'uomini,
d'artiglierie e di tutte le cose necessarie, non aspettato pure un colpo
d'artiglieria, la dette innanzi alla notte. La quale ricevuta, il duca fermò
l'esercito, sperando che per la vacazione lunga della sedia s'avessino a
dissolvere i fanti che erano in Modona, e nutrendosi nel tempo medesimo, come
di sotto si dirà, di speranza d'altre cose.
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