XV. Cesare delibera di accordarsi col re di Francia. Patti dell'accordo.
Impressioni destate dalle condizioni dell'accordo; rifiuto del gran cancelliere
di sottoscriverle. Dimostrazioni di familiarità fra Cesare e il re di Francia.
Varie furono
l'opinioni degli altri del consiglio, parlato che ebbe il viceré; parendo a
tutti quelli che erano di sincero giudizio che lo accordare col re di Francia,
nel modo proposto, fusse deliberazione molto pericolosa. Nondimeno, poteva ne'
fiamminghi tanto il desiderio di recuperare la Borgogna, come antico patrimonio
e titolo de' prìncipi suoi, che non gli lasciava discernere la verità; e fu
anche fama che in molti potessino assai i donativi e le promesse larghe fatte
da' franzesi. E sopra tutto Cesare, o perché così fusse la prima sua
inclinazione o perché appresso a lui l'autorità del viceré, congiunta massime
con quella di Nassau che sentiva il medesimo, fusse di grandissimo momento, o
perché gli paresse troppa indegnità essere costretto di perdonare a Francesco
Sforza, udiva volentieri chi consigliava l'accordo col re di Francia: in modo
che, poi che di nuovo ebbe fatto tentare il legato Salviato se e' voleva
consentire che lo stato di Milano si desse al duca di Borbone e si certificò
che non aveva commissione di accettare questo partito (nel quale caso arebbe
preposta l'amicizia del pontefice), deliberò di concordarsi col re di Francia.
Col quale, essendo già innanzi le cose discusse e quasi resolute, si venne in
pochissimi dì alla conclusione; non intervenendo a cosa alcuna il legato del
pontefice: avendo prima Cesare ottenuto dal duca di Borbone il consentimento che
la sorella promessa a lui si maritasse al re di Francia. Il quale, pregato
assai, consentì, non tanto per la cupidità di avere il ducato di Milano, come,
contro alla autorità del gran cancelliere e del viceré, benché con obligazione
di gravi pagamenti, gli fu promesso, quanto per essere le cose sue ridotte in
termine che, non avendo né potendo avere dependenza da altri che da Cesare, era
necessitato accomodarsi alla sua volontà: e consentito che ebbe, perché in
tempo tanto incomodo non si trovasse alla corte, partì subito, per ordine di
Cesare, alla volta di Barzalona, per aspettare le provisioni necessarie a
passare in Italia; le quali, per mancamento di navili (non essendo allora in
Spagna altre galee sottili che tre) e di danari, erano per procedere lentamente.
Contenne la
capitolazione, stipulata il quartodecimo dì di febbraio dell'anno mille
cinquecento ventisei: che tra Cesare e il re di Francia fusse pace perpetua,
nella quale fussino compresi tutti quegli i quali di consentimento comune si
nominassino: che il re di Francia, a dieci dì di marzo prossimo, fusse posto
libero ne' suoi confini, nella costa di Fonterabia e, in termine di sei
settimane seguenti, consegnasse a Cesare la ducea di Borgogna, la contea di
Ciarolois, la signoria di Neiers e Castello Chimu, dependenti della detta
ducea, la viscontea di Ausonia, il Resort di San Lorenzo, dependenti dalla
Francia Contea, tutte le pertinenze solite della detta ducea e viscontea; quali
tutte fussino in futuro separate ed esenti dalla sovranità del regno di
Francia: che, nell'ora e nel punto medesimo che il re si liberasse, si
mettessino in mano di Cesare il Delfino e, oltre a lui, o il duca di Orliens
secondogenito del re o dodici de' principali signori di Francia, i quali furono
nominati da Cesare, rimettendo in elezione di madama la reggente [di] dare o il
secondogenito o i dodici baroni; i quali avessino a stare per statichi insino a
tanto fusse fatta la restituzione delle terre predette, e ratificata e giurata
la pace con tutti i suoi capitoli dagli stati generali di Francia, e registrata
(il che essi dicono interinata) in tutti i parlamenti di quel reame, con le
solennità necessarie, alle quali era prefisso termine di quattro mesi; al quale
tempo, facendosi la restituzione degli staggi, si consegnasse a Cesare Angolem,
il terzo figliuolo del re, acciò che per maggiore intrattenimento della pace si
nutrisse appresso a lui: rinunziasse il re cristianissimo e cedesse a Cesare
tutte le ragioni del regno di Napoli, eziandio quelle che gli fussino pervenute
per le investiture della Chiesa; e il medesimo facesse delle ragioni dello
stato di Milano, di Genova, di Asti, di Arazo e di Tornai, di Lilla e di Douai:
restituisse ancora la terra e castello di Esdin, come membro della contea di Artois,
con tutte le munizioni, artiglierie e mobili che vi erano quando ultimamente
era stato preso; rinunziasse alla sovranità di Fiandra e di Artois e di ogni
altro luogo posseduto da Cesare: e da altra parte, cedesse Cesare a tutte le
ragioni di qualunque luogo posseduto da' franzesi, e specialmente di Perona,
Mondiviere e Roia, e della contea di Bologna e di Pontieuri, e le terre di qua
e di là della riviera di Somma: fusse tra loro lega e confederazione perpetua a
difesa degli stati, con obligazione di aiutare l'uno l'altro, quando fusse di
bisogno, con cinquecento uomini d'arme e diecimila fanti: che Cesare
promettesse madama Elionora sua sorella per moglie al re cristianissimo, della
quale, subito che fusse ottenuta dal pontefice la dispensa, si facesse lo
sposalizio con parole obligatorie di presente, e si conducesse in Francia per
consumare il matrimonio, nel tempo medesimo che, secondo i capitoli, si avevano
a liberare gli ostaggi; e la sua dote fusse scudi dugentomila con i donamenti
convenienti, da pagarsi la metà tra sedici mesi l'altra metà di poi infra uno
anno prossimo: che tra il Delfino e la figliuola del re di Portogallo, nata di
madama Elionora, si facesse sposalizio come fussino in età abile: facesse il re
di Francia il possibile che il re antico di Navarra cedesse a Cesare le ragioni
di quel reame, e non volendo cedere non potesse il re dargli aiuto alcuno: che
il duca di Ghelleri e conte di Zulf e le terre principali di quegli stati
promettessino, con sicurtà sufficiente, che dopo la morte sua si dessino a
Cesare: che il re non desse aiuto al duca di Vertimberg né eziandio a Ruberto
della Marcia; desse a Cesare, quando vorrà passare in Italia e infra due mesi
che ne sarà ricercato da lui, dodici galee quattro navi e quattro galeoni,
proviste di tutto a spese sue eccetto che di uomini di guerra, che gli avessino
a essere restituite infra tre mesi dal dì che s'imbarcasse: che in luogo delle
genti di terra offertegli per Italia gli desse scudi dugentomila, la metà infra
sedici mesi l'altra infra uno anno prossimo; e al tempo della liberazione degli
ostaggi fusse tenuto a dargli cedole di banchi della paga di seimila fanti per
sei mesi, subito che arrivasse in Italia; servendolo eziandio a spese sue di
cinquecento lance con una banda di artiglierie: cavasselo di danno della
promessa fatta al re d'Inghilterra per le pensioni gli pagava il re di Francia,
che importavano cinquecentomila scudi, o vero gli desse a Cesare in denari
contanti: supplicasse l'uno e l'altro di loro il pontefice a intimare, più
presto si potesse, uno concilio universale, per trattare la pace de' cristiani
e la impresa contro agli infedeli ed eretici, a tutti concedere la crociata per
tre anni: restituisse il re, fra sei settimane, il duca di Borbone, in ampla
forma, eziandio in tutti gli stati, beni mobili e immobili e frutti presi, né
potesse molestarlo per le cose passate né astrignerlo ad abitare o a andare nel
reame di Francia, lasciandogli la facoltà di potere procedere per giustizia
sopra la contea di Provenza; e restituisse tutti quegli che lo avevano
seguitato, e nominatamente il vescovo di Autun e San Valerio: liberassinsi da
ogni parte, fra quindici dì, i prigioni presi per conto di guerra; e a madama
Margherita fusse restituito tutto quello possedeva innanzi alla guerra: fusse
libero il principe di Oranges, e gli fusse restituito il principato di Oranges
e quanto possedeva alla morte del padre, statogli tolto per avere seguitato le
parti di Cesare; e medesimamente, alcuni altri baroni: che al marchese di
Saluzzo fusse restituito il suo stato: che il re, come arrivasse nella prima
terra del regno suo, ratificasse questa capitolazione, e fusse obligato farla
ratificare al Dalfino come pervenisse alla età di quattordici anni. Nominoronsi
molti di comune consentimento, eziandio i svizzeri, ma nessuno de' potentati
italiani, eccetto il pontefice, quale chiamorono per conservatore di questa
concordia; cosa più presto di cerimonia che di sostanzialità. Aggiunsesi la
fede data dal re di ritornare spontaneamente in carcere quando, per qualunque
cagione, non adempiesse le cose promesse.
Grandissima fu
l'ammirazione che ebbe di questo accordo tutta la cristianità: perché, come si
intese che la prima esecuzione aveva a essere la liberazione del
cristianissimo, fu giudizio universale di ciascuno che, liberato, non avesse a
dare la Borgogna, per essere membro di troppa importanza al reame di Francia;
e, da quegli pochi in fuora che ne avevano confortato Cesare, la corte sua
tutta ebbe la medesima opinione. E il gran cancelliere, sopra gli altri,
riprendeva e detestava, e con tale veemenza che ancora che avesse comandamento
di sottoscrivere la capitolazione, come è uffizio de' gran cancellieri, ricusò
di farlo, allegando che l'autorità che gli era stata data non doveva essere
usata da lui nelle cose pericolose e perniciose come questa; né si potette
rimuoverlo dal suo proposito con tutta la indegnazione di Cesare: il quale, poi
che lo vidde stare in questa pertinacia, egli proprio la sottoscrisse; e pochi
dì poi andò a Madril per stabilire il parentado, e con famigliari e dimestichi
parlamenti fondare col re amicizia e benivolenza. Grandi furono le cerimonie e
le dimostrazioni di timore tra loro: stetteno molte volte insieme in publico,
ebbono soli in segreto più volte lunghissimi ragionamenti; andorono, portati da
una medesima carretta, a uno castello vicino a mezza giornata, dove era la
regina Elionora, con la quale contrasse, credo, lo sposalizio. Ma non però, in
tanti segni di pace e di amicizia, gli furono allentate le guardie, non
allargata la libertà ma, in uno tempo medesimo, carezzato da cognato e guardato
da prigione; in modo che si potesse facilmente giudicare che questa fusse una
concordia piena di discordia, uno parentado senza amore, e che, in ogni
occasione, potrebbeno più le antiche emulazioni e passioni tra loro che il
rispetto delle cose fatte più per violenza che per altra cagione. Ma avendo
consumato più dì in questi andamenti, ed essendo già venuta la ratificazione di
madama la reggente, con la dichiarazione che in compagnia del Delfino di
Francia darebbeno più presto il secondogenito che i dodici signori, il re partì
da Madril, per trovarsi a' confini dove si aveva a fare il baratto della
persona sua co' piccoli figlioli, e in compagnia sua il viceré autore della sua
liberazione; al quale Cesare aveva donato la città di Asti e altri stati in
Fiandra e nel reame di Napoli.
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