V. Acquisto di Lodi da parte dei collegati. Importanza di tale acquisto;
attesa degli svizzeri e spostamenti dell'esercito
veneto-pontificio; dispareri fra i capi dell'esercito.
Arrivo di soldati svizzeri all'esercito dei collegati; deliberazione di
accostarsi a Milano per gli aiuti al castello.
Pareva adunque
che le cose della lega non procedessino con quella prosperità che gli uomini si
avevano promesso da principio, essendosi già trovate tante difficoltà nella
venuta de' svizzeri e mancato il fondamento del popolo di Milano. Ma nuovo
accidente che sopravenne gli rendé la riputazione e la facilità del vincere
molto maggiore e più manifesta che prima. Eransi, in tanta mala contentezza
anzi nella estrema disperazione del ducato di Milano, tenute, già qualche mese,
per mezzo di varie persone, diverse pratiche di novità quasi in ogni città di
quello stato; ma riuscendo l'altre vane, ne ebbe effetto una, tenuta dal duca d'Urbino
e dal proveditore viniziano, nella città di Lodi, con Lodovico Vistarino
gentiluomo di quella città. Il quale, movendosi o per essere stato antico
servidore della casa Sforzesca o dalla compassione della sua patria, trattata
da Fabbrizio Maramaus, colonnello di mille cinquecento (il Capella dice di
settecento) fanti napoletani, con la medesima asperità che dagli spagnuoli e da
i tedeschi era trattato Milano, deliberò di mettere dentro le genti de'
viniziani, non ostante che (secondo scrive il Capella) fusse soldato degli
imperiali: ma egli affermava, e il duca di Urbino lo confermava, che aveva
prima dimandato e ottenuto licenza, sotto escusazione di non potere più
intrattenere senza danari i fanti a' quali era preposto. L'ordine della cosa fu
stabilito in questo modo: che la notte de' ventiquattro di giugno, Malatesta
Baglione, con tre o quattromila fanti de' viniziani, si accostasse, quasi in
sul fare del dì, alle mura, dalla banda di certo bastione, per essere messo
dentro dal Vistarino. Il quale poco [innanzi], accostatosi con due compagni a
quello bastione il quale guardavano sei fanti, come per rivedergli, e seguitato
da alcuni i quali aveva occultati in certe case vicine, occupò il bastione,
ammazzate (secondo scrive il Capella) con tanta prestezza le guardie che non fu
sentito strepito alcuno; perché, se bene aveva dato prima il nome secondo il
costume militare, essi sospettando erano venuti seco all'armi: né fu senza
pericolo, essendo concorsi alcuni allo strepito, di non riperdere il bastione,
perché cominciorno a combattere; nella quale quistione Lodovico fu ferito. Ma
essendo già ridotto all'ultima necessità, arrivò Malatesta con le genti; le
quali salite in sul bastione medesimo con le scale entrorono nella terra: donde
Fabrizio Maramaus, il quale, sentito lo strepito, veniva verso le mura con una
parte de' suoi fanti, fu costretto a ritirarsi nella rocca. La terra fu vinta;
e la più parte de' suoi fanti, che erano alloggiati separatamente per la città,
svaligiati e fatti prigioni. Nella quale arrivò non molto poi, con una parte
delle genti, il duca di Urbino; il quale essendo, per approssimarsi più, il dì
precedente andato ad alloggiare a Orago in sul fiume dell'Oglio, e passatolo
per ponte fatto a tempo la notte medesima, come intese l'entrata di Malatesta
passò per ponte simile il fiume dell'Adda, e posto in Lodi maggiore presidio
perché si difendesse se per la rocca entrava soccorso, ritornò subito
all'esercito: ma non perciò vi andò, secondo riferiva Pietro da Pesero, senza
qualche titubazione e perplessità. Ma venuto l'avviso a Milano, il marchese del
Guasto con alcuni cavalli leggieri e con tremila fanti spagnuoli, co' quali era
Giovanni d'Urbina, si spinse a Lodi senza tardare; e messa la fanteria senza
ostacolo per la porta del soccorso nella rocca, situata in modo che si poteva
entrarvi per una via coperta naturale, senza pericolo di essere battuto o
offeso, da i fianchi della città (essendo già, come io credo, statovi e partito
il duca di Urbino), dalla rocca entrò subito nella città, e si condusse insino
in sulla piazza; in sulla quale la gente menata da Malatesta e il
rinfrescamento che era venuto poi aveva fatto la sua testa, poste in guardia
molte case e la strada che andava alla porta donde erano entrati, per potersene
uscire salvi se gli imperiali gli soprafacessino. Combattessi al principio
gagliardamente, e fu opinione di molti che se gli spagnuoli avessino
perseverato nel combattere arebbeno ricuperato Lodi; perché i soldati
viniziani, ne' quali per l'ordinario non era molta virtù, si trovavano assai
stracchi. Ma il marchese diffidando, o per avervi trovato più numero di gente
che da principio non aveva creduto o per immaginarsi che lo esercito viniziano
fusse propinquo, si staccò presto dal combattere, e lasciata la guardia nel castello
si ritirò a Milano. Sopravenne dipoi il duca d'Urbino, il quale si gloriava di
avere fatto passare l'esercito, senza fermarsi, per ponti in su due fiumi
grossi; e attese a stabilire più la vittoria, ingrossandovi di gente, per
resistere se gli inimici di nuovo vi ritornassino, e facendovi piantare
l'artiglierie; ma quegli di dentro, perché non aspettavano soccorso e potevano
difficilmente difendere il castello, capace per il piccolo circuito di poca
gente, la notte seguente, essendo raccolti da i cavalli che a questo effetto
furno mandati da Milano, abbandonorono il castello.
Lo acquisto di
Lodi fu di grandissima opportunità e di riputazione non minore alle cose della
lega, perché la città era bene fortificata e una di quelle che sempre si era
disegnato che gli imperiali avessino a difendere insino allo estremo. Da Lodi
si poteva, senza alcuno ostacolo, andare insino in su le porte di Milano e di
Pavia; perché queste città, situate come in triangolo, sono vicine l'una a
l'altra venti miglia (però gli imperiali vi mandorono subito da Milano mille
cinquecento fanti tedeschi); e trovavasi guadagnato il passo d'Adda, che prima
era riputato di qualche difficoltà; levato ogni impedimento dell'unione degli
eserciti; tolta la facoltà di soccorrere, quando fusse assaltata, Cremona
(nella quale città era a guardia il capitano Curradino con mille cinquecento
fanti tedeschi); e privati gli inimici di uno luogo opportunissimo a
travagliare lo stato della Chiesa e quello de' viniziani: donde era voce comune
per tutto l'esercito che, procedendosi innanzi con prestezza, gli imperiali si
ridurrebbono in grandissima perplessità e confusione. Ma altrimenti sentiva il
duca d'Urbino, già risoluto che l'accostarsi a Milano senza una grossa banda di
svizzeri fusse cosa di molto pericolo. Ma non volendo scoprire agli altri
totalmente questa sua opinione, deliberò, con fare poco cammino e soprasedere
sempre almanco uno dì per alloggiamento, dare tempo alla venuta de' svizzeri;
sperando dovessino arrivare allo esercito in pochissimi dì, e disprezzando
tutto quello che si proponeva fusse da fare in caso non venissino, non ostante
che per i progressi succeduti insino a quel dì fusse da dubitarne. Perciò,
essendo lo esercito ecclesiastico, il dì dopo l'acquisto di Lodi, andato ad
alloggiare a San Martino, a tre miglia appresso a Lodi, fu conchiuso nel
consiglio comune che, soprastati ancora uno dì gli ecclesiastici e i viniziani
ne' medesimi alloggiamenti, andassino poi il dì prossimo ad alloggiare a Lodi
Vecchio, lontano da Lodi cinque miglia (dove dicono essere stato edificato Lodi
da Pompeio magno) e distante tre miglia dalla strada maestra verso Pavia, a
cammino che accennava a Milano e a Pavia, per tenere in più sospensione i
capitani imperiali: il quale dì gli eserciti ecclesiastici e viniziani
camminando si unirono in su la campagna, pari quasi di fanteria (che in tutto
erano poco manco di ventimila fanti), ma i viniziani più abbondanti di genti
d'arme e di cavalli leggieri, de' quali gli ecclesiastici tuttavia si
provedevano, e ancora con molto maggiore provisione di artiglieria e di
munizioni e di tutte le cose necessarie. A Lodi Vecchio, dove si dimorò il
giorno seguente, mutato consiglio, fu deliberato di camminare in futuro in su
la strada maestra, per fuggire il paese che fuora della strada è troppo forte
di fosse e di argini, e perché era riputato più facile il soccorrere il
castello per quella via, che aveva a voltare verso porta Comasina, che per la
via di Landriano che aveva a voltare a porta Verzellina, dove il condursi, per
la qualità del paese, era più difficile; e perché, andando da quella banda era
più sicuro il condurre le vettovaglie e più facile il ricevere i svizzeri,
perché erano più alle spalle. Con questa risoluzione si condusse, l'ultimo di giugno,
l'esercito unito a Marignano; dove consigliandosi quello si avesse a fare,
inclinava il duca d'Urbino ad aspettare la venuta de' svizzeri, la quale era
nella medesima e forse maggiore incertitudine che prima; parendogli che senza
queste spalle di ordinanza ferma fusse molto pericoloso, con gente nuova e
raccolta tumultuariamente, accostarsi a Milano; benché vi fussino pochi
cavalli, tremila fanti tedeschi e cinque in seimila fanti spagnuoli, e questi
senza denari e con poca provisione di vettovaglie. Dal quale parere
discrepavano i pareri di molti degli altri capitani: i quali giudicavano che,
procedendo con la gente ordinata e con gli alloggiamenti sempre il dì
precedente riconosciuti, si potesse accostarsi a Milano senza pericolo, perché
il paese è per tutto sì forte che senza difficoltà si poteva sempre alloggiare
in sito munitissimo; né pareva loro verisimile che l'esercito cesareo fusse per
uscire in campagna ad assaltargli, perché essendo necessario che e' lasciassino
assediato il castello, né potendo anche per sospetto del popolo spogliare al
tutto di gente la città di Milano, restava di numero troppo piccolo ad
assaltare uno esercito sì grosso; il quale, benché fusse raccolto nuovamente,
abbondava pure di molti fanti sperimentati alla guerra e dove erano tanti
capitani de' più riputati di Italia. Ed essendo l'accostarsi a Milano senza
pericolo, non essere ancora senza speranza della vittoria lo accostarsi: perché
non essendo i borghi di Milano fortificati, anzi, per la negligenza usata a
riordinargli, aperti da qualche parte, non pareva credibile che gli imperiali
si avessino a fermare a difendere circuito tanto grande (della quale [cosa]
pareva si vedessino indizi manifesti, con ciò sia che, atteso poco alla
riparazione de' borghi, si fussino tutti volti alla fortificazione della
città); e abbandonando i borghi, ne' quali l'esercito andrebbe subito ad
alloggiare, non pareva che la città potesse avere lunga difesa; non solo per
trovarsi lo esercito senza denari e con poca vettovaglia, ma perché e Prospero
Colonna e molti altri capitani avevano sempre giudicato essere molto difficile
il difendere Milano contro a chi avesse occupato i borghi, si perché la città è
debolissima di muraglia (facendo muro in molti luoghi le case private) sì
eziandio perché i borghi sono vantaggiosi alla città: e si aggiugneva l'avere
il castello a sua divozione.
Dependevano
principalmente questa e l'altre deliberazioni dal duca di Urbino; perché, se
bene fusse solamente capitano de' viniziani, gli ecclesiastici, per fuggire le
contenzioni e perché altrimenti non si poteva fare, aveano deliberato di
riferirsi a lui come a capitano universale. Ma egli, benché non lo movessino
queste ragioni a andare innanzi, per le instanze efficacissime le quali, per
ordine de' loro superiori, gliene facevano il luogotenente del pontefice e il
proveditore viniziano (al parere de' quali poiché anche aderivano molti altri
capitani, gli pareva che il soprasedere quivi lungamente, non avendo maggiore
certezza della venuta de' svizzeri, potesse essere con grave suo carico e
infamia), però, sopraseduto l'esercito due dì a Marignano, si condusse il terzo
dì di luglio a San Donato lontano cinque miglia da Milano, deliberato di andare
innanzi più per sodisfare al desiderio e al giudizio di altri che per propria
deliberazione; ma con intenzione di mettere sempre uno dì in mezzo tra l'uno
alloggiamento e l'altro, per dare più tempo alla venuta de' svizzeri: de' quali
mille, finalmente, scesi in bergamasco, venivano alla via dello esercito; e
continuavano, secondo il solito, gli avvisi spessi della venuta degli altri.
Però, il quinto dì di luglio, andò l'esercito ad alloggiare a tre miglia di
Milano, passato San Martino, fuora di strada in su la mano destra, in
alloggiamento forte e bene sicuro; dove il dì medesimo si fece una fazione
piccola contro ad alcuni archibusieri spagnuoli fattisi forti in una casa, e il
dì seguente, stando il campo nel medesimo alloggiamento, un altra simile: e il
medesimo dì arrivorono nel campo cinquecento svizzeri, condotti da Cesare
Gallo. Quivi si consultò del modo del procedere più innanzi; e ancoraché la
prima intenzione fusse stata di andare dirittamente a soccorrere il castello di
Milano, dove le trincee che lo serravano di fuora non erano sì gagliarde che
non si potesse sperare di superarle, nondimeno parve al duca d'Urbino, il
consiglio del quale era alla fine approvato da tutti gli altri (e che ne'
consigli proponeva e non aspettando che gli altri rispondessino diceva
l'opinione sua, o almanco nel proporre usava tali parole che per se stessa
veniva a scoprirsi, in modo che gli altri capitani non pigliavano assunto di
contradirgli) che gli eserciti camminassino per la diritta a' borghi di Milano;
allegando che, per le spianate che sarebbe necessario di fare per la fortezza
del paese, il volere condursi fuori della strada maestra al soccorso del
castello sarebbe cosa lunga né senza pericolo di qualche disordine, perché si
arebbe a mostrare troppo dappresso il fianco agli inimici e si darebbe loro
facoltà di fare più potente resistenza, perché unirebbeno tutte le forze loro
dalla banda del castello, dove, altrimenti, sarebbeno necessitati stare divisi
per resistere agli inimici e non abbandonare la guardia del castello; e perché,
conducendosi con gli eserciti a porta Romana, sarebbe sempre in potestà de'
capitani della lega voltarsi facilmente, secondo che alla giornata apparisse
essere opportuno, a quale banda volessino. Secondo il quale consiglio si fece
deliberazione che il settimo dì si alloggiasse a Bufaleta e Pilastrelli, ville
vicine a mezzo miglio di Milano, sotto i tiri dell'artiglierie loro, e le quali
sono circostanti alla strada maestra; con intenzione da quegli alloggiamenti
pigliare i partiti che fussino dimostrati buoni dall'occasione e da i progressi
degli inimici: i quali era opinione di molti che, veduto gli eserciti
alloggiati in luogo sì vicino, non avessino a volere mettersi alla difesa,
massime notturna, de' borghi, per essere in più luoghi ripieni i fossi e
spianati i ripari, e da qualche banda tanto aperti che difficilmente si
potevano difendere.
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