El titolo di
questo Discorso è verissimo, perché somma laude meritano e' fondatori de' regni
e delle republiche, sommo biasimo e' fondatori della tirannide. Ma perché e'
casi sono vari, e lo autore confonde gli esempli, bisogna considerare che rare
volte occorre che chi occupa la tirannide nella patria libera abbia tale
necessità di farlo, o, se ha necessità, che sia causata sanza colpa sua,
talmente che gli resti colore alcuno di giustificazione. E questa sorte di
uomini, tra' quali fu Cesare, pieno di molte altre virtù, ma oppresso dalla
ambizione del dominare, sono certo immanissimi e detestabili. È vero che
qualche volta le forme delle libertà sono sì disordinate, e le città ripiene
tanto di discordie civili, che la necessità conduce qualche cittadino, non
potendo salvarsi altrimenti, a cercare la tirannide o a aderire a chi la cerca.
Nel quale caso sarebbe molto laudabile chi preponessi l'amore della patria alla
salute sua particulare; ma perché questo amore o questa fortezza si desidera
negli uomini più presto che la si truovi, merita essere assai scusato chi è
mosso da tale cagione, e tanto più se el governo contro al quale va è
disordinato, perché molte sono chiamate spesso libertà che non sono. Lo esemplo
si può porre nella nostra città dove, doppo la mutazione dello stato del '26,
sono stati perseguitati e conculcati alcuni cittadini buoni e bene qualificati,
ed in ultimo nella venuta del principe di Oranges, necessitati o disubidire a'
comandamenti fatti dalli otto di fermarsi in Firenze sotto pena [di]
rebellione, o restare con pericolo di essere amazzati, ed almanco con certezza
di essere sostenuti come sospetti. E' quali la necessità ha condotti o a
desiderare la mutazione di uno stato che sotto nome di libertà è tirannico e
distruttore della patria, o tacitamente lasciarsi con somma ingiustizia tôrre
la patria e le facultà. Chi adunche è autore nella patria libera, di una
tirannide, e lo fa per appetito di dominare, merita somma reprensione; e di
questi fu Cesare, Falari, Pisistrato e simili, de' quali è più infame l'uno che
l'altro, secondo che più o manco crudelmente la usorono, e secondo che furono
più o meno ornati di altre virtù.
L'altro caso è di
quegli a chi la tirannide è lasciata ereditaria, che meritano manco biasimo
continuando in esso, che non fanno quegli che da principio l'hanno fondata; e
lasciandola meriterebbono tanto più laude, quanto manco sono debitori di
cancellare el peccato d'averla usurpata. Di questi si truova pochissimi, o
forse nessuno, che sanza necessità l'abbino lasciata; né è maraviglia, perché
chi è nutrito in una tirannide non ha occhi da cognoscere quella gloria che si
acquista di mettere la patria in libertà, né considera questo caso con quello
gusto che fanno gli uomini privati, perché, assuefatto a quello modo di vivere,
giudica che el sommo bene sia nella potenzia, e non cognoscendo el frutto di
quella gloria, nessuna altra ragione gli può persuadere a lasciare la tirannide.
Sanza che, el pericolo lo può ritenere, quando bene n'avessi voluntà, perché
difficile è che una tirannide si sia potuta acquistare e conservare sanza molte
inimicizie e sanza offesa di molti; però ridursi privato o lasciare doppo sé e'
figliuoli privati, pare cosa pericolosa, massime che e' popoli sono ingrati, e
le libertà nuove sono communemente piene di disordini. E se lo fece Silla è
esemplo rarissimo, e lo potette fare più sicuramente, perché el governo restò
in mano degli uomini della sua fazione, in modo che non solo fu sicuro mentre
visse, ma ancora, morto lui, furono conservati gli atti suoi ed avuto
reverenzia alla sua memoria.
È altro el caso
di quelli che sono re e prìncipi, o creati legittimamente, come erano e' re di
Lacedèmone, come furono e' primi re romani, o che per la lunghezza del tempo
sono tenuti legittimi. Di questi tali, se hanno la autorità sciolta, si truova
pure qualcuno che governa giustamente, in modo che merita el nome di essere
buono principe; ma io non so quali che riduchino el regno a quella perfezione
di ordini che meritamente doverrebbe essere, cioè a ordinarlo in modo che non
e' figliuoli o e' più prossimi abbino el regno per eredità, ma che si succeda
per elezione. E se in alcuno regno è stata questa instituzione, credo che ve
l'abbia conservata più qualche necessità che la voluntà di chi ha regnato,
perché troppo grande è lo amore che e' padri portano a' figliuoli, né piccolo è
quello che si porta a lasciare illustre la memoria della sua casa.
Però questi
pensieri che e' tiranni deponghino le tirannide, e che e' re ordinino bene e'
regni, privando la sua posterità della successione, si dipingono più facilmente
in su' libri e nelle immaginazione degli uomini, che non se ne eseguiscono in
fatto; anzi, quanto e' ragionamenti de' privati ne sono spessi, tanto ne sono
rari gli esempli; e però meritano minore reprensione coloro che non fanno le
cose, simili alle quali si truovano pochissimi e forse nessuno che abbia fatto.
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