XII. Risultato delle pratiche del pontefice coi re di Francia e
d'Inghilterra. Grigioni al servizio dei collegati. Tiepide azioni di guerra fra
gli avversari in Lombardia. Gravezze dei fiorentini e molestie dei senesi.
Aveva in questo
mezzo il re di Francia, alla corte del quale si fermò, pochi dì poi, come
legato, il cardinale de' Salviati, partitosi di Spagna con licenza di Cesare,
risposto alle richieste fattegli in nome del pontefice, escusandosi se le opere
non sarebbono eguali alla volontà, per essere molto esausto di danari; ma
nondimeno, se gli concedeva facoltà di riscuotere una decima dell'entrate
beneficiali per tutto il regno, lo sovverrebbe, con una parte de' danari che se
ne riscotessino, di ventimila ducati il mese, e che concorrerebbe alla guerra
di Napoli: cosa che ebbe molta dilazione, perché il pontefice, allegando la
degnità della sedia apostolica, recusava di concederla. Denegava, benché da
principio vi dimostrasse inclinazione, di attendere per sé all'acquisto del
ducato di Milano, dissuadendonelo massime Lautrech e la madre: del rompere la
guerra di là da' monti dava speranza, ma diceva (il che si negava) essere
necessario che precedesse la intimazione; la quale fatta, offeriva di muovere
la guerra a' confini della Fiandra e di Perpignano, benché si comprendeva non
v'avesse disposizione, non essendo in questo diverso l'animo suo da quello del
re di Inghilterra. Appresso al quale l'espedizione fatta per parte del
pontefice fece piccolissimo frutto: perché volendo il cardinale eboracense
intrattenere ciascuno ed essere pregato da tutti, non procedevano a conclusione
alcuna; anzi e il re e il cardinale rispondevano spesso: - A noi non
appartengono le cose di Italia. - Anzi il re di Francia offeriva,
consentendogli il pontefice le decime, volere convertire tutti i danari nella
guerra di Italia; non lo consentendo, ne offeriva il mese ventimila, con
condizione che non si spendessino se non o contro a Milano o contro al regno di
Napoli.
Nel quale tempo
temendosi che i grigioni, i quali nell'assedio del castello di Milano avevano
recuperato e spianato Chiavenna, non si conducessino col duca di Borbone, o
almanco permettessino che i tedeschi che si aspettavano al soccorso suo
passassino per il paese loro, il pontefice e i viniziani si obligorno di
condurre dumila fanti grigioni agli stipendi loro, pagare al castellano di Mus
(il quale, temendo del duca di Milano quando venne nell'esercito, si era
fuggito di campo, e dipoi, pretendendo essere creditore per i pagamenti fatti
a' svizzeri, aveva fatti prigioni due imbasciadori viniziani che andavano in
Francia) ducati cinquemila cinquecento che sforzati gli avevano promessi,
restituirne a loro altrettanti che aveva estorti; fargli liberare da' dazi
nuovi imposti a chi navigava per il lago di Como da lui. I quali si obligorno
di impedire il passo a tedeschi, e operorno che Tegane, condotto dal duca di
Borbone con dumila fanti, non andasse.
Ma intanto
procedevano l'altre cose di Lombardia tiepidamente. Perché l'esercito intorno a
Milano, nel quale era diminuito molto il numero, ma non le paghe, de' svizzeri,
stava ozioso, non facendo altro che le consuete scaramuccie. Più sollecite e maggiori
molestie partorivano l'opere degli spagnuoli che erano in Carpi; i quali,
avendo tacitamente avvisi di spie e comodità di ricetti nel territorio del duca
di Ferrara, davano impedimento grandissimo a' corrieri e all'altre persone che
andavano all'esercito; e correndo per tutti i paesi circostanti, insino nel
bolognese e nel mantovano, non però contro ad altri che contro a' sudditi
ecclesiastici, facevano danni innumerabili. Era pure, finalmente, il marchese
di Saluzzo con le cinquecento lancie franzesi passato nel Piemonte; per la
venuta del quale Fabrizio Maramaus, che posto a campo a Valenza, nella quale
era a guardia Giovanni da Birago, la batteva con l'artiglierie, si ritirò a
Basignana: ma recusando il marchese passare più innanzi se dai confederati non
gli erano pagati, per eguale porzione, quattromila fanti, i quali aveva con
questa intenzione menati di Francia, e facendone il re grandissima instanza,
per sicurtà delle sue genti d'arme e per maggiore riputazione del marchese, fu
necessario acconsentirlo. Occupò nel tempo medesimo Sinibaldo dal Fiesco la
terra di Pontriemoli, posseduta da Sforzino; ma con la medesima facilità fu
presto recuperata per mezzo della rocca. In Milano pativano assai di danari,
perché da Cesare non ne veniva provisione alcuna; e la povertà e le spese
intollerabili de' milanesi erano tali che con difficoltà si riscotevano i
trentamila ducati stati promessi dal popolo al duca di Borbone: col quale si
condussono, per non essere accettati agli stipendi de' confederati per le spese
grandissime che avevano, Galeazzo da Birago e Lodovico conte da Belgioioso i
quali insino a quel dì avevano in ogni accidente seguitata la parte franzese.
Giovanni da Birago occupò Novi. Ne' quali movimenti lo stato del marchese di
Mantova era come comune a ciascuno, scusandosi per essere soldato del pontefice
e feudatario di Cesare; anzi, essendo propinqua al fine la condotta sua, si
ricondusse per altri quattro anni col pontefice e co' fiorentini, con espressa
condizione di non essere tenuto di fare né con la persona né con lo stato suo
contro a Cesare: benché nel principio della guerra avesse desiderato di andare
personalmente nello esercito; il che non piacendo al pontefice perché non
confidava del suo governo, gli aveva risposto che, essendo feudatario di
Cesare, non voleva metterlo in questo pericolo.
Questo era
allora lo stato delle cose di Lombardia. In Toscana i fiorentini, non avendo né
eserciti né armi nel territorio loro, sentivano con lo spendere le molestie
della guerra; [perché il pontefice], non avendo co' modi ordinari danari, e
ostinato a non ne provedere con gli estraordinari, lasciava con grandissima
empietà addosso a loro quasi tutte le spese che si facevano in Lombardia. I
sanesi non stavano senza molestia nelle parti marittime, perché Andrea Doria,
il quale da principio aveva occupato Talamone e Portoercole, gli faceva
continuamente guardare, benché Talamone, non molto poi, dal capitano preposto
alla guardia fusse dato a' sanesi; e i fuorusciti, fomentati dal pontefice,
facevano nella Maremma qualche molestia: nella quale Giampaolo figliuolo di
Renzo da Ceri, soldato del pontefice, presa furtivamente con alcuni cavalli la
porta della terra di Orbatello, sopravenendo poi con i suoi cavalli e fanti
occupò la terra.
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