II. Inutili tentativi del viceré contro Frosinone. Tregua fra il pontefice
e il viceré, e offerte di Cesare al pontefice. Ritirata dell'esercito del
viceré da Frosinone.
Sollecitava in
questo tempo il viceré di assaltare lo stato della Chiesa: dal quale essendo
stati mandati dumila fanti spagnuoli a dare la battaglia a uno piccolo castello
di Stefano Colonna, ne furono ributtati; e per lo spignersi egli innanzi, gli
ecclesiastici lasciorno indietro la deliberazione fatta di battere Rocca di
Papa; le genti del quale luogo avevano occupato Castel Gandolfo, posseduto dal
cardinale di Monte, per essere male guardato. Finalmente il viceré, messi
insieme dodicimila fanti, de' quali, dagli spagnuoli e tedeschi infuora
condotti in su l'armata, la maggiore parte erano fanti comandati, si pose con
tutto lo esercito, il vigesimo primo dì di dicembre, a campo a Frusolone, terra
debole e senza muraglia ma alla quale succedono in luogo di mura le case
private e la grotta, e stata messa in guardia dai capitani della Chiesa per non
gli lasciare pigliare piede nella Campagna; e vi era anche vettovaglia per
pochi dì: nondimeno il sito della terra, che è posta in su uno monte, dà
facoltà a chi è dentro di potere sempre salvarsi da una parte avendo qualche
poco di spalle; il che faceva più arditi alla difesa i fanti che vi erano
dentro, oltre a essere de' migliori fanti italiani che allora prendessino
soldo. Né si potevano anche, per l'altezza del monte, accostare tanto
l'artiglierie degli inimici (i quali vi avevano piantati tre mezzi cannoni e
quattro mezze colubrine) che vi facessino molto danno: ma delle diligenze
principali loro era lo impedire, quanto potevano, che non vi entrassino
vettovaglie. Da altro canto il pontefice, benché esaustissimo di denari, e più
pronto a tollerare la indignità di pregare di esserne proveduto da altri che la
indignità di provederne con modi estraordinari, augumentava quanto poteva le
genti sue di fanti pagati e comandati; e aveva di nuovo condotto Orazio
Baglione, dimenticate le ingiurie fatte prima al padre e poi a lui: il quale,
come disturbatore della quiete di Perugia, aveva lungamente tenuto prigione in
Castello Santo Agnolo. Con questi augumenti andava l'esercito del pontefice
accostandosi per fare la massa a Fiorentino, e dare speranza di soccorso agli
assediati. Fu finita a' ventiquattro la batteria di Frusolone, ma non essendo
tale che desse al viceré speranza di vittoria non fu dato l'assalto; e
nondimeno Alarcone, travagliandosi intorno alle mura, fu ferito d'uno
archibuso, e vi fu anche ferito Mario Orsino. Ed era la principale speranza del
viceré nel sapere essere dentro poche vettovaglie: delle quali anche pativa lo
esercito che si ammassava a Fiorentino, perché le genti de' Colonnesi, che
erano in Paliano, Montefortino e Rocca di Papa, che soli si tenevano per loro,
travagliavano assai la strada; e andando Renzo allo esercito, avevano rotto la
compagnia de' fanti di Cuio che gli faceva scorta. Uscirono nondimeno, uno
giorno, trecento fanti di Frusolone e parte de' cavalli, con Alessandro Vitello
Giambatista Savello e Pietro da Birago; e approssimatisi a mezzo miglio di
Larnata dove erano alloggiate cinque insegne di fanti spagnuoli, ne tirorono
due insegne in una imboscata e gli ruppeno con la morte del capitano Peralta
con ottanta fanti, e prigioni molti fanti con le due insegne. Attendeva
intratanto il viceré a fare mine a Frusolone, e quegli di dentro contraminavano
tanto sicuri delle forze degli inimici che ricusorono quattrocento fanti che i
capitani volevano mandare dentro in loro soccorso.
E nondimeno,
nel tempo medesimo, non erano manco calde le pratiche dello accordo: perché a
Roma erano tornati il generale e lo arcivescovo di Capua: co' quali era venuto
Cesare Fieramosca napoletano, il quale Cesare aveva, dopo la partita del
viceré, espedito di Spagna al pontefice, dandogli commissione che affermasse
principalmente essergli stata molestissima l'entrata di don Ugo e de' Colonnesi
in Roma, con gli accidenti che ne erano seguiti; facessegli fede, Cesare essere
desiderosissimo di comporre seco tutte le controversie, e che trattasse in nome
suo la pace, alla quale dimostrandosi inclinato anche con gli altri collegati,
diceva (secondo scriveva il nunzio) che se il pontefice eseguiva, come aveva
detto, di andare a Barzalona, gli darebbe libera facoltà di pronunziarla ad
arbitrio suo. Proponevano questi per parte del viceré sospensione d'armi per
due o tre anni col pontefice e co' viniziani, possedendo ciascuno come di
presente possedeva, e pagando il pontefice cento cinquantamila ducati e i
viniziani cinquantamila: cosa che benché fusse grave al pontefice, nondimeno
tanto era inclinato a liberarsi dai travagli della guerra che, per indurre i
viniziani a consentirvi, offeriva di pagare per loro i cinquantamila ducati. La
risposta de' quali per aspettare fece tregua, l'ultimo dì di gennaio, col
viceré per otto dì, con patto che le genti della Chiesa non passassino
Fiorentino, quelle del viceré non passassino Frusolone né lavorassino contro
alla terra; essendo medesimamente proibito a quegli di dentro non fortificare,
né mettere dentro vettovaglia se non dì per dì. E parendo al Fieramosca avere
scoperto assai la intenzione del pontefice, e potere con degnità di Cesare
scoprirgli la sua, gli presentò una lunga lettera di mano propria di Cesare,
piena di buona mente, di offerte e divozione verso il pontefice; e partito
dipoi, per significare al viceré e al legato la sospensione fatta e ordinare
che la si mettesse a esecuzione, trovò il dì seguente l'esercito che mosso da
Fiorentino camminava alla volta di Frusolone; e avendo fatto intendere al legato
la cosa, egli, non volendo interrompere la speranza grande che avevano i suoi
della vittoria, date a lui parole, mandò occultamente a dire alla gente che
continuasse di camminare.
Non poteva
l'esercito arrivare a Frusolone se non si insignoriva di uno passo a modo di
uno ponte, situato alle radici del primo colle di Frusolone, al quale erano a
guardia quattro bandiere di fanti tedeschi; ma arrivata la vanguardia guidata
da Stefano Colonna, e venuta con loro alle mani, gli roppe e messe in fuga,
ammazzati circa dugento di loro e presine quattrocento con le insegne; e così
guadagnato il primo colle, gli altri si ristrinseno in luogo più forte,
lasciata libera l'entrata in Frusolone agli ecclesiastici. I quali, essendo già
vicina la notte, feceno l'alloggiamento in faccia loro; con speranza grande di
Renzo e di Vitello (le azioni del quale in questa impresa procedevano con mala
sodisfazione del pontefice) di avergli a rompere, o fermandosi o ritirandosi;
come si crede che senza dubbio sarebbe seguito se avessino o fatto lo
alloggiamento in su il colle preso o se fussino stati avvertiti e desti a
sentire la ritirata degli inimici. Perché il viceré, non il giorno seguente ma
l'altro giorno, due ore innanzi dì, senza fare segno o suono di levarsi, si
partì con l'esercito, abbruciata certa munizione che gli restava e lasciate
molte palle di artiglierie, e ancora che, intesa la partita sua, gli
ecclesiastici gli spignessino dietro i cavalli leggieri, che preseno delle
bagaglie e qualche prigione di poco conto, non furono a tempo a fargli danno
notabile. Lasciò nondimeno addietro qualche munizione, e si ritirò a Cesano e
di quivi a Cepperano.
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