V. Impresa dei turchi contro l'Ungheria; loro ritirata e lentezza di
Cesare; sedizione in Germania dei fanti italiani. Prigionia e liberazione del
cardinale dei Medici e di Piermaria Rosso. Rinuncia dei re di Francia e
d'Inghilterra a muover guerra a Cesare in Italia.
Non ebbe questo
anno trentuno altri accidenti; e si andò continuando anche la quiete nel futuro
anno, il quale fu più pericoloso per guerre esterne che per movimenti di
Italia. Perché il turco, acceso dall'ignominia della ributtata di Vienna e
inteso Cesare essere in Germania, preparò grossissimo esercito, magnificando
gli apparati con publicare di volere fare la guerra per costrignere Cesare a
fare giornata seco: per la fama delle quali preparazioni e Cesare si messe in
ordine quanto poteva, facendo eziandio passare il marchese del Guasto in
Germania con le genti spagnuole e con grossa banda di cavalli e di fanti
italiani; e il papa gli promesse soccorrerlo con quarantamila ducati ciascuno
mese, e mandò a quella espedizione per legato apostolico il cardinale de'
Medici suo nipote; e i prìncipi e terre franche di Germania preparorono, in
favore di Cesare e per la difensione comune della Germania, uno esercito molto
grosso. Ma riuscirono gli effetti molto dissimili alla fama e al terrore.
Perché Solimanno, entrato tardi in Ungheria, non avendo potuto arrivarvi prima
per la grandezza degli apparati e per la distanza del cammino, non andò
dirittamente con l'esercito alla volta di Cesare, ma mostrata solamente la
guerra e fatta una grossa scorreria se ne ritornò in Costantinopoli: né si
dimostrò anche in Cesare maggiore prontezza, perché, inteso l'avvicinarsi de'
turchi, non si fece loro incontro, e come intese la ritirata non ebbe pensiero
di proseguire con tutte le forze l'occasione dell'acquistare per il fratello
l'Ungheria; ma ardente di desiderio di ritornare in Spagna, ordinò che i fanti
italiani con certo numero di tedeschi andassino alla impresa d'Ungheria. Ma gli
fu disordinato anche questo disegno; perché i fanti italiani, sollevati da
qualcuno de' capi loro che veddeno preposti altri capitani a quella impresa,
ammutinati, non sapendo allegare cagione del loro tumulto, né bastando a
placargli l'autorità di Cesare che andò in persona a parlare loro, preseno
unitamente il cammino di Italia, camminando con grandissima celerità per timore
di non essere seguitati, e per il cammino ardendo molte ville e case come terre
degli inimici, in vendetta (secondo dicevano) degli incendi fatti da' tedeschi
in Italia.
Era già anche
Cesare voltatosi al cammino di Italia; e avendo disegnato con che ordine e in
che alloggiamento dovesse procedere la sua corte e tutto il suo traino, il
cardinale de' Medici, mosso da impeto giovinile, non volendo stare a quell'ordine
che era dato, si spinse innanzi, e con lui Piermaria Rosso, a chi
principalmente si attribuiva la colpa di quella sedizione: donde sdegnato
Cesare, o perché attribuisse l'origine di quella cosa al cardinale o perché
(secondo disse) temesse che il cardinale, che era malcontento che Alessandro
suo cugino fusse proposto allo stato di Firenze, non andasse dietro a quegli
fanti per condurgli a turbare le cose di là, fece in cammino ritenere il
cardinale e con lui Piermaria; ma considerando poi meglio la importanza della
cosa, scrisse subito che fusse liberato, e ne fece seco e col papa molte
escusazioni. Restò prigione Piermaria ma non molto dipoi fu relassato,
giovandogli, come si credette, appresso a Cesare assai la ingiuria che gli
pareva avere fatto al cardinale.
La partita del
turco alleggerì Italia dalla guerra imminente. Perché il re di Francia e il re
di Inghilterra, pieni di odio e di sdegno contro a Cesare, si erano abboccati
tra Cales e Bologna; dove, persuadendosi che il turco avesse a fermarsi quella
vernata in Ungheria e così tenere implicate le forze di Cesare, trattavano che
il re di Francia assaltasse il ducato di Milano; e disposti a tirare il papa
nelle loro parti con asprezza e con spavento, poi che non era insino allora
potuto succedere per altra via, trattavano di levargli l'ubbidienza de' regni
loro in caso non consentisse a quello desideravano, che era, nel re di Francia
volere lo stato di Milano, in quello di Inghilterra la sentenza per sé della
causa del divorzio: e già avevano disegnato mandare a lui con acerbe
commissioni i cardinali di Tornon e di Tarbes, grandi l'uno e l'altro di
autorità appresso al re di Francia. Ma mollificò questi disegni lo intendere,
innanzi partissino dallo abboccamento, la ritirata del turco; e interroppe
anche, che il re di Inghilterra non facesse passare a Cales Anna, per celebrare
publicamente in quel convento il matrimonio con lei, non ostante che la lite
pendesse nella corte di Roma e che per brevi apostolici gli fusse proibito, sotto
pena di gravissime censure, lo attentare cosa alcuna in pregiudizio del primo
matrimonio: nondimeno il re di Francia, per dimostrare al re di Inghilterra il
male animo contro alla Chiesa romana, ancora che la intenzione sua fusse
cercare di guadagnarsi con modi dolci il pontefice, impose di sua autorità
decime al clero per tutto il regno di Francia, ed espedì i due cardinali al
papa, ma con commissione molto diversa da quelle che da principio erano state
disegnate.
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