Difficile
impresa e molto aliena dalla opinione degli uomini piglia, sanza dubio, chi
attribuisce al popolo la constanzia e la prudenzia, e chi in queste due qualità
lo antepone a' prìncipi; e' quali quando sono regolati dalle legge, nessuno che
ha scritto delle cose politiche dubitò mai che el governo di uno non fussi
migliore che quello di una moltitudine eziandio regolata dalle legge, alla
quale è preposto non solo el governo di uno principe, ma ancora quello degli
ottimati. Perché dove è minore numero è la virtù più unita e più abile a
produrre gli effetti suoi; vi è più ordine nelle cose, più pensiero ed esamine
ne' negocii, più resoluzione; ma dove è moltitudine quivi è confusione, ed in
tanta dissonanzia di cervelli, dove sono vari giudìci, vari pensieri, vari
fini, non può essere né discorso ragionevole, né resoluzione fondata, né azione
ferma. Muovonsi gli uomini leggermente per ogni vano sospetto, per ogni vano
romore; non discernono, non distinguono, e con la medesima leggerezza tornano
alle deliberazione che avevano prima dannate, a odiare quello che amavano, a
amare quello che odiavano; però non sanza cagione è assomigliata la moltitudine
alle onde del mare, le quale secondo e' venti che tirano vanno ora in qua ora
in là sanza alcuna regola, sanza alcuna fermezza. In somma e' non si può negare
che uno popolo per sé medesimo non sia una arca di ignoranzia e di confusione;
però e' governi meramente populari sono stati in ogni luogo poco durabili, ed
oltre a infiniti tumulti e disordini, di che mentre hanno durato sono stati
pieni, hanno partorito o tirannide o ultima ruina della loro città.
Gli esempli
sono tanti e sì noti che non accade replicargli, e tali che meritamente hanno
partorito quella opinione antichissima e commune di tutti gli scrittori, che
nella moltitudine non sia né prudenzia né constanzia. Alla quale non repugnano,
chi bene considera, né le ragione né gli esempli allegati per lo autore del
Discorso; perché in quanto lui allega che in uno popolo regolato dalla legge
non è manco virtù o prudenzia che in uno principe regolato dalle legge, ed
adduce per esemplo el popolo romano, io dico principalmente che né la ragione
né lo esemplo suo fa a proposito del caso, perché altro è considerare una
moltitudine che per sé stessa deliberi, altro uno governo populare ordinato in
modo che le deliberazione grave ed importante abbino a essere fatte da' più
prudenti. Nel primo caso sarà spesso varietà, ignoranzia e confusione, e sia la
moltitudine regolata dalle legge quanto vuole; nel secondo caso se le cose si
deliberano prudentemente e stabilmente, non procede perché nella moltitudine
non siano quelli difetti, ma perché non sono in quelli più prudenti. Tale fu el
popolo romano, nel quale le cose più importanti si deliberavano dal senato, da'
consuli e da' principali magistrati, e nel quale se la moltitudine avessi avuto
a deliberare, ancora che fussi regolata da buone legge, piena di costumi santi
ed amantissimi della sua libertà, sarebbe nelle sue deliberazione apparita
molte volte, con danno gravissimo della sua republica, quella imprudenzia e
varietà che nelle altre moltitudine riprendono gli scrittori.
Di poi quando
bene noi chiamassimo le deliberazione de' romani deliberazione della
moltitudine, piglisi al rincontro uno principe che sia tra gli altri prìncipi
in quello grado di virtù che fu el popolo romano tra gli altri popoli: credo
sanza dubio procederà in tutte le sue cose con maggiore prudenzia e con
maggiore constanzia che non procedeva el popolo romano; perché per le ragione
dette di sopra, dove e' termini siano pari, è più ordine, più distinzione, più
resoluzione, più fermezza in uno che in molti. E pel contrario se si piglia uno
popolo sciolto dalle legge ed uno principe libero e sciolto, quali sono quasi
tutti, e quegli di Francia ancora, che lo autore chiama legati, in potestà de'
quali è nel regno suo fare ciò che vogliono, dico che in uno principe si potrà
trovare forse più altri vizi che in uno populo, e più prontezza a esequirli che
non ha uno popolo, e' quali quando lo autore discorre si parte da' termini
della sua quistione, ma communemente si troverrà più prudenzia e più
constanzia, che è proprio el titolo dell'autore, che non si troverrà in una
moltitudine, nella quale, quando sia sciolta, non si vedrà mai se non
imprudenzia ed inconstanzia, appetito di cose nuove, sospetto immoderato,
invidia infinita contro a tutti quelli che hanno facultà o qualità. E se bene
de' prìncipi se ne truova imprudentissimi, e la imprudenzia loro quando è in
quella ultima spezie, è forse più perniziosa che quella della moltitudine, dico
che pigliando verbigrazia dugento anni di uno regno, si troverrà de' re
prudenti ed imprudenti; ma pigliando dugento anni di una moltitudine si
troverrà una continuazione di imprudenzia e di varietà.
Né sono a
proposito gli esempli per e' quali si mostra che in uno principe sono molti più
difetti che in uno populo, perché lo assunto non è disputare degli altri vizi,
ma solo se ne' popoli è più imprudenzia ed inconstanzia che ne' prìncipi. Così
è impertinente el dire che più augumento fa una città sotto uno governo
populare che sotto uno principe, perché nasce da altre cagione; ma se tu mi
dessi cinquanta anni di uno governo populare buono ed altanti di uno principe
parimente buono, non dubito che maggiore augumento farebbe sotto uno principe.
Ma non essere poi sempre e' successori simili, fa che lo augumento del governo
populare va più continuando che quello di uno principato; e può molto bene
stare insieme, che sia migliore fortuna di una città a cadere in governo
populare che sotto e' prìncipi, la quale considerazione è fuora della disputa
nostra, e nondimeno che ordinariamente sia più imprudenzia e più inconstanzia
in uno populo che in uno principe.
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