XIII. Che si viene di bassa a
gran fortuna più con la fraude che con la forza.
Se lo scrittore
chiama fraude ogni astuzia o dissimulazione che si usa etiam sanza dolo,
può essere vera la conclusione sua che la forza sola, non dico mai, che è
vocabulo troppo resoluto, ma rarissime volte conduca gli uomini da bassa a
grande fortuna. Ma se chiama fraude quella che è proprio fraude, cioè el
mancamento di fede o altro procedere doloso, credo si truovino molti che hanno
sanza fraude acquistato regni ed imperi grandissimi. Di questi fu Alessandro
Magno, di questi Cesare, che di cittadino privato con altre arte che di fraude
si condusse a tanta grandezza, scoprendo sempre la ambizione sua o lo appetito
del dominare. Non ho ora fresca la memoria di Zenofonte, ma credo che
instruisca Ciro di prudenzia, di industria, di simulazione o dissimulazione
giuste, non di fraude. Né chiamo fraude se e' romani feciono tali patti a'
latini che potettono pazientemente tollerare lo imperio loro, il che non fu
perché non si accorgessino insino dal principio che sotto ombra di
confederazione equale era servitù; ma el trovarsi impotenti, né essere trattati
in modo che non avessino causa di desperarsi, gli fece aspettare insino a
tanto, non dico che ebbono scoperto el fine de' romani, el quale sarebbono stati
bene grossi se non avessino cognosciuto da principio, ma che cresciuti di
numero di uomini e bene esperti di disciplina militare, ebbono speranza potere
contendere del pari col popolo romano. Fu adunche prudenzia quella de' romani,
non fraude, a trattare bene e' latini; e credo sia verissimo che sanza simili
industrie e prudenti modi di governarsi, non solo rarissime volte si salga da
bassa fortuna a alta, ma ancora difficilmente si conservi la grandezza. Ma
quanto alla fraude, può essere disputabile se sia sempre buono instrumento di
pervenire alla grandezza, perché spesso con lo inganno si fanno di molti belli
tratti, spesso anche l'avere nome di fraudulento toglie occasione di conseguire
gli intenti suoi.
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