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Suor Maria Giuseppa Mora della SS. Trinità, figlia della Beata Elisabetta Canori Mora
Vita della Beata Elisabetta Canori Mora

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  • INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL DÌ 5 FEBBRAIO 1825 – BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA
    • LIBRO PRIMO
        • 32 - Il Signore chiama a sé la suocera di Elisabetta - Sua premura per liberarla dal purgatorio - Come la medesima fa la trattativa di matrimonio della sua figlia maggiore
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32 - Il Signore chiama a sé la suocera di Elisabetta - Sua premura per liberarla dal purgatorio - Come la medesima fa la trattativa di matrimonio della sua figlia maggiore

 

Nel terminare il mese di novembre del 1824, cadde inferma la suocera di Elisabetta. Chi può descrivere le premure della suddetta, in particolar modo con le più ferventi orazioni, mentre l’amava come una madre ed ella la riguardava come una figlia carissima! Non mancò di andarla a visitare e riceverne la benedizione. Nel decorso dell’infermità mandava spesso le figlie in sua vece a visitarla, con il padre o con la donna di servizio, quando egli non poteva. Benché non mancava il suddetto di visitare la madre anche due volte al giorno e, se non poteva durante il giorno suppliva la sera, anche per darne parte alla consorte perché pregasse con maggior fervore per la salute della madre. Ma Elisabetta sapeva che quella era l’ultima infermità della sua amatissima suocera; tutte le sue preghiere erano indirizzate per un felice passaggio, giorno e notte stava quasi sempre ritirata in cappella.

Finalmente il 12 dicembre 1824, cessò di vivere con una morte preziosa, in pieni sentimenti e con un’intenzione di animo che fece tenerezza e ammirazione a chi si trovò presente, accompagnando le preci non solo quando ricevette i sagramenti, ma fino all’ultimo momento del suo vivere.

Elisabetta la mattina di buonora avvisò le figlie che la nonna era trapassata e le mandò a fare le devozioni per suffragio della sua anima. La suddetta si portò ancora in Chiesa per ricevere la Santa Comunione e ascoltare più Messe. Dopo essere tornata in casa, nella giornata chiamò la figlia e le disse: Sentite quello che mi è accaduto: stavo pregando con tutto l’affetto del cuore per conoscere lo stato dell’anima della mia degnissima suocera. Il Signore mi ha fatto conoscere che si trova in purgatorio. L’ho pregato tanto perché si degni di liberarla presto da quelle pene per i suoi meriti infiniti. Mi sono offerta a qualunque penalità acciò mi conceda questa grazia, senti la risposta che ho avuto ‘Quando un sacerdote verrà all’improvviso a celebrare la Messa nella tua cappella, in quella Messa che tu ascolterai, condurrò quest’anima a godermi svelatamente per tutta l’eternità in paradiso’.

A questa promessa del mio Signore Gesù Cristo, si è molto consolato il mio spirito e con atti di gratitudine l’ho ringraziato per tanta degnazione di aver ascoltato la mia miserabile preghiera a pro di quest’anima. Sento peraltro un desiderio di pregarlo che per sua bontà abbrevi il tempo a questa sua misericordia e mi invii questa Santa Messa. Difatti pochi giorni dopo, se non erro il giorno dell’aspettazione del parto di Maria santissima, il 18 dicembre, la mattina di buonora Elisabetta con la figlia minore si erano preparate per andare insieme in Chiesa. La figlia voleva sollecitarla, essendo suonata la Messa e, siccome la madre tardava andò a vedere perché ritardava e le disse: Mamma mia si sbrighi, altrimenti non facciamo in tempo, ma la suddetta allungava di maniera che pareva non potesse andare.

In questo intervallo sente una suonata di campanello, Elisabetta chiama la figlia e le dice: Corri che questa è la Messa improvvisa, va’ ad aprire la porta. In realtà era il buon Fra Mariangelo camaldolese, il quale venne per parte di un Padre dell’istesso Ordine a pregarla se poteva celebrare quella mattina la Santa Messa nella sua cappella, sentendone una necessità e un impulso tanto forte che tutta la notte aveva combattuto come fosse una tentazione, per non eseguirla e, quando è andato a celebrare la Messa dove è solito, è dovuto tornare indietro per eseguire l’ordine di Dio, sicché disse il buon laico: Se vi contentate verrà subito. Rispose Elisabetta: Che vi pare Fra Mariangelo mio, ditegli che mi comparte un favore grande, senza spiegare altro.

Chi può spiegare l’allegria e il contento della suddetta! Principiò a battere le mani di consolazione, fece spogliare la figlia e le fece preparare la cappella per far celebrare questa Messa tanto desiderata dalla medesima. Arrivò il buon Padre domandando scusa per l’ardire che si era preso, non essendovi mai stato a celebrare la Messa, ma non aveva potuto resistere al comando di Dio.

Questo Padre celebrò la Santa Messa con un indicibile fervore, e le consolazioni di Elisabetta non sono spiegabili, mentre dopo che ella si era comunicata, vide l’ingresso in cielo dell’anima della sua suocera, in mezzo ad un’immensa luce, come le aveva promesso il Signore, così seguì.

Restò tutto quel giorno come in un’estasi di paradiso sempre genuflessa in cappella rendendo grazie al suo Signore per un tanto beneficio compartitole dalla misericordia di Dio.

Dopo la morte della suocera aveva mandato di bel nuovo la sua figlia maggiore con la zia, sua sorella. In questo frattempo, un tale Vincenzo Brandi, determinò di dare moglie ad un suo figlio128, per la scelta si consigliò con il mentovato in addietro Giovanni Cherubini, con il quale si confidava in tutte le risoluzioni che voleva intraprendere. Domandò se aveva cognizione di qualche brava giovane che fosse adatta per il suo figlio. Il buon Cherubini che conosceva intimamente gli affari di famiglia di Elisabetta, le propose subito la di lei figlia, come la più adatta per il suo figlio in genere di educazione, abilità e buon carattere, e corredata anche di virtù morali.

A questo consiglio del Cherubini, non esitò punto il suddetto Brandi di voler fare la richiesta alla madre. Si unì con il suddetto e insieme fecero ad Elisabetta la proposta di questo matrimonio al quale la medesima subito acconsentì perché da lume superiore conobbe che questo era il destinato da Iddio per la sua figlia, e in questo riconobbe la siepe che aveva veduto attorno all’anima della suddetta figlia e si decise di stringere l’affare. Ma prima bisognava sentire la giovane che avrebbe fatto tornare subito in casa se era contenta, poi il padre e tutti i parenti se vi acconsentivano.

Per combinare tante cose, passarono dei giorni, perché anche il Brandi aveva da dirlo al figlio e trattarne in famiglia. E così passarono dei giorni senza stabilire niente, ma il matrimonio era concluso per una parte e per l’altra. Con questa dilazione accadde un poco di infermità di Elisabetta e questo fu un altro motivo per cui non si poté effettuare il matrimonio. Pareva in seguito che la suddetta all’esteriore avesse non solo migliorato, ma fosse quasi guarita, quando, si può dire all’improvviso e inaspettatamente per gli altri ma non per lei, Iddio la chiamò al riposo eterno, come si dirà quando prevede la sua morte e si tratterà negli ultimi capitoli.

Per terminare su questo proposito, il matrimonio si fece vari giorni dopo il passaggio all’altra vita di Elisabetta, essendo già tutto combinato, non mancava che andassero all’Altare per la cerimonia ecclesiastica, e così si fece con pari consolazione di ambedue le famiglie.

Il motivo per cui il Signore non permise che questo matrimonio seguisse prima della morte di Elisabetta resta occulto a noi, mentre la divina provvidenza così dispose.

Penso peraltro che essendo la suddetta tanto spogliata delle cose del mondo, forse le avrebbe recato molta pena il vedere una figlia che si poneva in una carriera di pericoli e di pesi.





128 Filippo Brandi. (Cfr. Positio super dubio... op. cit., p. 18).






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