LIBRO SECONDO
1 - VITA DI ELISABETTA CANORI MORA
TRINITARIA SCALZA IN QUALITÀ DI TERZIARIA
Tutto l’edificio delle virtù cristiane si fabbrica
sopra il fondamento e la fermezza della fede, questa è la guida sicura per
camminare felicemente fra le tenebre di questa vita, finché si giunga al regno
beato dell’eternità felice. Quelle anime che la divina provvidenza solleva a
gran perfezione, si riposano con fermezza sulla divina rivelazione e con
fedeltà somma e con savia semplicità seguono sempre la direzione di quella fede
di cui Iddio si degnò di arricchirle. Una di queste anime fortunate fu quella
di Elisabetta. Non solamente fu ella adorna di quella fede, senza la quale è
impossibile piacere a Dio; l’osservanza dei divini comandamenti è un segno
certo della vera fede che uno conserva nell’animo, abitualmente lo dice
l’ecclesiastico. Alla nostra Elisabetta non fu mai notato di averne violato
alcuno, anzi, appena Iddio la chiamò a servirlo con più fedeltà, non solo
osservò i precetti, ma ancora i consigli evangelici, i quali furono osservati
dalla medesima con tutta puntualità, attendendo all’acquisto ed alla perfezione
delle virtù, superando con eroica fortezza ogni ostacolo.
Fece guerra perpetua al peccato e all’inferno per
ridurre i peccatori al servizio di Dio, di cui promuoveva con tutti i mezzi il
culto e la gloria, per la qual cagione si assoggettò di lottare con la potestà
delle tenebre, e patire tanto per la maggior gloria di Dio, e per la
conversione dei traviati, e questo era un effetto della sua viva fede, che per
contestarla era pronta a spargere il sangue non una volta ma mille volte se le
fosse stato permesso da Dio.
Avvezzossi129 ella fin da giovanetta a
meditare profondamente quelle verità che la santa fede c’insegna, ed entrando
fin da allora nella casa del Signore, imparò quasi a scuola celeste il concetto
che deve formarsi dei dogmi rivelati e la sollecitudine che si ricerca per non
negare con le opere quella fede che si professa con le parole. Quanto bene vi
riuscisse, si è da noi già osservato nell’antecedente libro, seguendo le tracce
della di lei mirabile vita. Non vi era in questo mondo cosa che potesse farla
scordare di esser cittadina del cielo, avendo sempre presente a se stessa
l’oggetto amabilissimo della fede. Viveva in terra come chi aspira dall’esilio
alla patria. Il suo cuore era tutto consagrato alle cose celesti e la sua vita,
a tutta ragione, si poteva chiamare vita di fede. Aveva tale persuasione della
verità di tutti i misteri rivelati, che sembrava piuttosto li vedesse, che li
credesse. Grande poi era il suo zelo nel promuovere come poteva nel suo stato,
che fanciulli e ignoranti fossero istruiti nella verità della santa fede. Con
infuocate parole animava ed esortava quelli che per ufficio erano obbligati ad
istruire, ed ella ancora non lasciava di praticarlo per quanto le era permesso,
né potendo cioè eseguire quanto desiderava, tanto era l’impegno che nutriva in
petto di promuovere i vantaggi e la gloria della nostra santissima Fede. Non
potendo in altra forma, prolungava le sue ferventissime orazioni, perché tutto
il mondo conoscesse i vantaggi della fede. Avrebbe ella voluto scorrere
dall’uno all’altro polo dell’universo tutto, annunziando a tutte le nazioni
della terra il regno di Dio. Se cadeva il discorso sopra le fatiche che tollerano
i missionari e quelli che riscattano gli schiavi, ella invidiando la loro sorte
ne piangeva per tenerezza grande poi era il suo cordoglio, se per avventura
udiva che la falsa massima dilatava le sue conquiste. Oh quante lagrime
spargeva allora, oh in che maniera, anche nel volto apparivano i lineamenti del
suo cordoglio ed intenso dispiacere!
In premio di questa sua tenerezza verso la santa
fede, volle Iddio ricolmarla di giubilo e di contento straordinario, dando
ascolto alle sue preghiere, dimostrandole con molte rivelazioni le strepitose
conversioni che seguivano per suo mezzo.
Il Signore per consolarla inviava il Suo Spirito.
Più di una volta sbaragliò sinedri di iniquità. Una volta stando in Chiesa
restò per varie ore come morta e andò il suo spirito in mezzo a un’assemblea e
si presentò lì, e con fortezza di animo corresse quei libertini miscredenti e
prese quei libri ereticali e li buttò sul fuoco del camino che vi era nella
gran sala, e niuno di quelli fece obiezione a questa animosa opera. Oltre a ciò
il Signore le dimostrava quante anime per suo mezzo voleva salvare per
ricolmarla di contento e di giubilo. Per concepire insomma, quale fosse la fede
della nostra Elisabetta, bastava udirla parlare con che concetti esprimeva le
verità evangeliche che chi l’ascoltava ne rimaneva preso di maniera che a molti
giovavano più due parole della medesima che molte prediche. Bastava solamente
vederla come si distingueva il suo spirito illuminato da vivo raggio di fede.
Alzava spesso gli occhi verso il cielo e poi chinava il capo. Lo faceva con
tale dimostrazione di pietà e di religione che ben bastava a conoscere che il
suo interno era penetrato dal sentimento della grandezza e maestà di Dio.
Nel vedere le sagre immagini, massime quando
ricevette quel Gesù Nazareno, come traluceva130 al di fuori la
grandezza della sua religione e la vivezza della sua fede!
Gli atti della fede eroica di Elisabetta, tanto
quelli dell’affetto del suo cuore, quanto quelli provenienti dalla confessione
fatta con la bocca, furono costanti per tutta la vita, fino a spirare l’ultimo
fiato, risplendendo in lei somma perfezione, facilità, diletto, frequenza anche
nelle cose ardue dalle quali si rileva la sua eroicità.
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