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Suor Maria Giuseppa Mora della SS. Trinità, figlia della Beata Elisabetta Canori Mora
Vita della Beata Elisabetta Canori Mora

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  • INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL DÌ 5 FEBBRAIO 1825 – BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA
    • LIBRO SECONDO
      • 1 - VITA DI ELISABETTA CANORI MORA TRINITARIA SCALZA IN QUALITÀ DI TERZIARIA
        • 5 - Sua filiale devozione verso la santissima Vergine
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5 - Sua filiale devozione verso la santissima Vergine

 

È sentimento del Padre San Bernardo che Accessum habemus ad Deum per Mariam140. Se la nostra Elisabetta ebbe la sorte di godere tanta familiarità con Dio, come abbiamo divisato, bisogna dire che tenera oltre credere fosse stata la sua devozione verso la gran Madre di Dio.

Fin da fanciulla, quando andava alla scuola dalle maestre di Sant’Eufemia, consagrò a Lei gli affetti più vivi del suo cuore, molto più crebbe quando ebbe la sorte di entrare in monastero, avendo questa sì eccelsa signora compartiti alla sua serva molti favori in quel beato soggiorno e da questi ne restò talmente invaghita che più volte al giorno le offriva in tributo devoto affettuose preghiere. Le vigilie delle principali sue solennità, anche da giovanetta, digiunava a pane ed acqua. Quale costume mantenne sino alla morte, con unirvi anche delle mortificazioni penose, meno che le fossero state impedite dall’obbedienza, altrimenti seguiva la sua fervente devozione.

Crescendo in età sempre più si aumentò in lei questa tenerezza d’affetto verso la santissima Vergine, ogni sabato se la passava in digiuni e mortificazioni, contemplando in quel giorno con più assiduità i dolori di Maria santissima.

Questa devozione verso Maria Addolorata fu il più efficace mezzo per ottenere ogni grazia; tributava vari ossequi, in onore della sua amorosa Madre, oltre al rosario, recitava ogni giorno l’ufficio piccolo della verginina. In ogni orazione che intraprendeva, vi faceva precorrere la recitazione dell’angelico saluto.

Aveva bene spesso in bocca il cantico Magnificat, trovando in quello un gran pascolo spirituale, e ripeteva molte altre giaculatorie che pronunziava in ogni istante. E lo stesso praticava se poteva alla veduta di ogni di lei Immagine, anche per le strade ho detto, se poteva. Mentre molte volte le avveniva che restava rapita in estasi per lunga pezza di tempo, e spesso ripeteva: Ah Vergine santissima, Voi sapete quante grazie mi avete fatto, e quante ne spero dal Vostro amorosissimo cuore!

Dopo Dio, l’unica sua speranza era la protezione di Maria. A Lei appoggiava il felice riuscimento in tutte le sue fatiche e travagli, a Lei la conversione dei peccatori, a Lei la distruzione di tutte le macchine che ordiva Lucifero affine di impedire il ravvedimento dei traviati che con le sue preghiere a Lei affidava il buon esito.

Animato il suo cuore da una devozionetenera verso la gran Vergine Madre, non ci deve recar meraviglia, se tanto fruttuose riuscissero le sue esortazioni indirizzate a questo nobile fine, di rendere cioè tutti i cuori innamorati di Maria. Spesso ne discorreva con le persone che con lei conversavano, inculcava questa devozione dicendo che un devoto di Maria osserverà sicuramente la legge di Dio.

Non si finirebbe mai, se si volesse esprimere qui quanto si affaticasse in ciò; le industrie che usava acciocché Maria santissima fosse venerata da tutti, e la parzialità con la quale ella rimirava questa sua cara Madre e ben a ragione. Conciossiaché141 fu ella più volte fatta degna di vagheggiarla nella magnificenza più grande del Suo Trono, nelle feste principali, ora presentandole il Suo Divino Figliuolo acciò potesse vagheggiarlo e abbracciarlo, altre volte l’invitava ad assisterlo e ad accompagnarlo penante al calvario e a compatire insieme ai Suoi dolori. Arrivò a tale l’amore di questa Divina Madre verso la sua serva che in quella malattia cagionata dagli strapazzi dei demoni, risanolla del tutto con le Sue purissime mani. Fu anche la Sua possente intercessione che le ottenne di ricevere lo Spirito Santo in modo mirabile, come a suo luogo si dirà quando parleremo dei doni straordinari.

Tenera fu ancora la devozione che ebbe verso il patriarca San Giuseppe e i genitori di Maria santissima, Santa Elisabetta madre del Gran Precursore142, al quale portava un affetto speciale e l’arcangelo San Michele oltre il Battista, era molto devota di San Giovanni Evangelista e del Principe degli Apostoli San Pietro. Cercò sempre di promuovere la gloria dei Santi fondatori143 dell’Ordine Trinitario, guardandoli come suoi Padri carissimi.

Molta affezione devota ebbe per Sant'Ignazio di Loyola avendo egli con la Sua mediazione ottenuto ad essa l’accesso al trono di Maria santissima.

Ebbe molta devozione per San Francesco Saverio e San Francesco d’Assisi, godendo nella loro famiglia la figliolanza; per Santa Chiara, Santa Teresa, Santa Caterina di Siena, Sant’Agostino e molti Santi devoti che se dovessi nominarli tutti non terminerei mai, e se avessi da enumerare le grazie e le continue apparizioni di questi Santi, si formerebbe un volume senza fine.


 




140 Abbiamo accesso a Dio per Maria. (Cfr. Kempis T., Sermones de vita et passione Domini scilicet ab adventu Domini, 9: Per te (Mariam) enim accessum habemus ad Filium: et per Filium ad Patrem).



141 Con ciò sia che (Infatti).



142 San Giovanni Battista.



143 San Giovanni de Matha (nota n. 18) e San Felice di Valois che verso la fine del secolo XII conduceva vita anacoretica con altri eremiti a Cerfroid, nel territorio di Meaux (Francia). Quando Giovanni de Matha, manifestò l’intenzione di fondare un Istituto religioso per liberare gli schiavi cristiani, tutti donarono se stessi ed i propri averi a Dio e all’Ordine. Felice di Valois, è ritenuto nella tradizione il collaboratore principale di Giovanni de Matha e confondatore dell’Ordine della Santissima Trinità. Morì intorno al 1212.

(Cfr. Progetto di vita del laicato trinitario, op. cit., p. 65).






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