È dottrina del gran Padre Sant'Agostino e di tutti
i teologi che l’amore verso Dio e verso il prossimo nasce da uno stesso abito
di virtù, con questa sola differenza: che Iddio non è solamente dell’uno e
dell’altro e dell’unico formale motivo, ma ancora è il primario oggetto a cui
si dirige, rimanendo il prossimo soltanto come oggetto secondario della carità
che amasi per amor di Dio.
Il cuore della serva di Dio, Elisabetta fu tutto
acceso di carità verso il Sommo Bene; qual meraviglia se fu tutto amore anche
verso il suo prossimo! Amò ella con un amore grande i suoi fratelli in Gesù
Cristo e per rapporto allo spirito e per il corpo ancora, per cui la sua
condotta, anche per tal motivo fu a molti di somma edificazione e di massimo
insegnamento.
Affine di procedere con ordine, faremo in primo
luogo parola della sua accesa carità verso il prossimo riguardo ai vantaggi
dello spirito.
Si può dire senza ombra di esagerazione, che tutta
la sua vita venne impiegata ed indirizzata a questo nobile scopo. Di notte e di
giorno, per tutto il corso dei suoi anni, giammai si osservò in lei il minimo
segno di rincrescimento o di stanchezza, qualora trattavasi di giovare al suo
prossimo nelle cose dell’anima, ravvisando in loro l’immagine del suo Dio; da
tale considerazione veniva quasi violentata a beneficarli.
Dal tempo che cominciò a battere la strada della
perfezione, sino alla morte, adoperò tutte le industrie possibili, affine di
giovare spiritualmente ai suoi simili.
Nel suo stato di nascondimento non mancò di
esortare, ed anche di ammonire con tutta piacevolezza molti che vedeva andare
errati nella strada della perdizione. Ma dove non arrivavano le sue forze,
ottenne con la fervente ed assidua preghiera molte conversioni, le quali furono
molto strepitose.
Il più peraltro che deve notarsi di eroico in
questa serva di Dio, fu il farsi vittima, avendole Iddio dimostrato la Sua
divina inesorabile giustizia, che era sdegnata con tutto il mondo.
Si offrì pronta a sostenere la fiera battaglia e a
soffrire ogni sorta di pene e di tormenti, preparati dal nemico infernale, a
cui si sottomise per ben due volte ad un patimento incomprensibile e tutto
questo fu un effetto dell’amor di Dio e del prossimo, di offrirsi unitamente a
Gesù Cristo, il quale gli dimostrò che il divino Suo Padre avrebbe accettato la
sua offerta unita ai Suoi meriti per la Sua gloria e per sostenere la Santa
Chiesa Cattolica e tutto il cristianesimo. E siccome Iddio si degnò per Sua
infinita bontà di gradire ed accettare il suo patire, e le prometteva di dar
luogo alla Sua infinita misericordia di non castigare severamente tutti i
cristiani, come già aveva determinato. Così volentieri si sottomise al furore
della potestà delle tenebre e a tutte le specie dei più spietati i tormenti per
sottrarre tante anime dalla bocca di Lucifero.
Nel sollevare poi il suo prossimo per rapporto al
temporale, dimostrò chiaramente l’eroismo della sua carità sotto due aspetti;
noi possiamo considerare queste virtù della nostra Elisabetta dentro e fuori di
casa, in questa cosa si prestava per sollevare dalla fatica non solo le persone
di famiglia, ma anche le persone di servizio caricandosi delle faccende
domestiche come una vile schiava, facendo il tutto con una puntuale esattezza
come non avesse dovuto fare altro, assistendo di giorno e di notte chiunque
fosse stato infermo in famiglia e facendo con le proprie mani quei ristori che
fossero bisognati.
Per gli esterni si prestava come una madre, non
faceva passare giorno senza ristorare qualche miserabile. Si privava anche di
ciò che le era necessario per il proprio vitto e vestito per soccorrere le
altrui indigenze.
Si diede chiaramente a conoscere che aveva un
cuore di tenerissima madre verso i bisognosi. Con la licenza e l’aiuto della
sua suocera aiutò molte famiglie vergognose e se vi erano infermi li visitava
di continuo, li ristorava e li serviva in tutte le occorrenze, provvedendoli e
portando brodi e ristori.
Non si dispensava dal prestar loro i servigi più
abietti144 e più vili, li animava a tollerare per Dio le infermità ed i
malori; oltre ciò, ogni giorno con le proprie mani distribuiva l’elemosina ai
poverelli, sempre insinuando loro qualche massima salutare. Se le mancava il
modo di soccorrere tanti che ad ella ricorrevano, per compiacerla il Signore
moltiplicava quello che le aveva dato la suocera da distribuire; perfino i
denari, non solo glieli accrebbe ma si trovò in mano varie monete di argento
nuove che parevano coniate allora. Si prestava per quanto poteva e le era
permesso dal consorte e dalla suocera. Andava anche negli ospedali a servire
gli infermi, facendo loro quei servigi soliti come sorella, consolando quelle
povere inferme ed animandole alla sofferenza con un modo pieno di carità e di
dolcezza, appagava i desideri loro senza curare strapazzo di sorta alcuna.
Se gli infermi erano poi in pericolo di perdere la
vita, allora gareggiava la sua carità per aiutarli a ben morire con le sue
preghiere, fervorose parole e santa rassegnazione passavano all’altra vita.
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