Il Signore qui
facit mirabilia magna solus165 come parla il Re profeta e si
compiace di operarli ancora per mezzo dei suoi servi prediletti. Volle anche
concedere alla nostra serva di Dio un tale gratuito dono in una maniera
speciale facendo uso di una discreta brevità se ne riferirà qualcuno per
edificazione del devoto lettore.
Compiacendosi il Signore di compartire molte
grazie per mezzo dell’acqua che Elisabetta faceva benedire dal suo Gesù
Nazareno, animava con questa ad avere fiducia e ne riportavano strepitosi
miracoli.
Un padre di famiglia con poche ciambelle che la
medesima gli mandò, benché moribondo, appena gliele accostarono alla bocca, con
tutto che non poteva mangiare, restò libero dal male al momento, con sorpresa
dei professori e meraviglia della famiglia, trovandosi si può dire senza
convalescenza e tornò al suo impiego come se non avesse sofferto alcun male,
con stupore di chi lo conosceva e lo tenevano per morto.
Un giorno si trovarono in casa di Elisabetta molte
persone attinenti alla famiglia, le quali fecero una ricreazione nel loro
giardino; nel tempo che si rallegravano innocentemente venne una
donna166 già cognita. Appena entrata in casa, nel vedere Elisabetta si
buttò in ginocchio e fra singhiozzi e lagrime, senza vergogna delle persone che
vi erano, proruppe in accenti lamentevoli ché il suo fratello si era ammalato e
quasi spedito e assolutamente ne voleva la guarigione dicendole in presenza di
tutti: Voi sapete la causa, mi preme
l’anima. Allora Elisabetta la condusse seco in cappella, le dette un non so
che, e l’assicurò della sollecita guarigione, come seguì con stupore non solo
dei professori ma dell’istesso infermo il quale si trovava in molti inviluppi e
non voleva in alcun conto confessarsi, di modo che erano degli anni che non
soddisfaceva neppure il precetto pasquale. Quando questa tornò a ringraziare
Elisabetta per l’ottenuta guarigione del fratello in così breve tempo, la
suddetta le disse: Riferite il tutto a
Gesù Nazareno e alla vostra fede, ma siccome questa ripeteva: La mia consolazione che sia guarito è per la
sua anima, ma non vedo principio che si renda almeno di soddisfare il precetto
pasquale, me l’aveva promesso nella gravezza del male dicendomi: appena guarito
soddisferò ai miei doveri, ma adesso se la ride.
A questo, soggiunse Elisabetta: Non vi prendete pena, non lo seccate
altrimenti si esacerba; lasciatelo fare, vedrete come lavorerà la grazia! un
poco per volta lascerà i negozi illeciti e le usure e si riconcilierà con Dio,
dandogli spazio di vari altri anni da sopravvivere una vita tutta morigerata e santa; voi gli chiuderete gli
occhi con una consolazione e soddisfazione di spirito, vedendo questa anima
tutta data alla servitù e all’unione con Gesù Cristo.
La santa donna a queste parole si rallegrò
santamente, ma dubitava per la sua poca salute e per i suoi demeriti di potere
arrivare a questa santa consolazione, Elisabetta le rispose: Vi basti questo, e la licenziò e il tutto si verificò.
Vi era una signora che aveva la disgrazia di dare
alla luce i figli morti ed erano stati nel numero di sette ovvero otto; si
trovava incinta ma in preda alla malinconia.
Elisabetta le mandò a dire che stesse di buon
animo che il fanciullo sarebbe nato vivo e che mai più avrebbe dato alla luce
figli morti. Le mandò una devozione acciò se la fosse posta al collo e non
temesse di niente.
Ad un’altra donna le era occorsa la stessa
disgrazia, aveva dato alla luce undici figli morti ed era inconsolabile di
trovarsi incinta del duodecimo figlio. Un’amica di questa conosceva Elisabetta
e le raccontò l’afflizione di questa sua amica, rispose Elisabetta: Ditele che stia di buon animo che la creatura nascerà viva e non tema di niente, le
mandò non so che di devozione, dicendole che avesse fede e il tutto riuscì
felicemente.
Di questi casi ne accaddero in buon numero ed
altrettanti che non potendo avere prole anche dopo molti anni giudicati dai
professori impossibile, con qualche cosarella data da Elisabetta restarono
subito feconde.
Se dovessi enumerare le guarigioni miracolose di
tutte le qualità di morbi, si formerebbe un volume troppo grosso e mi
discosterei dalla brevità che mi sono prefissa.
Termino la narrativa di quei portenti operati da
Dio alle preghiere della sua fedele serva, basta quanto finora si è narrato.
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