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Suor Maria Giuseppa Mora della SS. Trinità, figlia della Beata Elisabetta Canori Mora
Vita della Beata Elisabetta Canori Mora

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  • INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL DÌ 5 FEBBRAIO 1825 – BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA
    • LIBRO TERZO
        • 8 - Grazie concesse da Dio all’invocazione di Elisabetta
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8 - Grazie concesse da Dio all’invocazione di Elisabetta

 

Poco si potrà dire su tale proposito perché molti hanno ricevuto delle grazie particolari alla sola invocazione di Elisabetta, ma niuno si è preso il carico di registrarle. Quante grazie abbia compartite nella città di Marino e in altri paesi sono senza numero: guarigioni istantanee, moltiplicazioni di generi con la sua immagine o qualche cosa che era stata di suo uso. La scrivente ha inteso molte cose ma in particolare non rammenta essendo scorsi tanti anni; saranno notati solamente questi.

Un porporato si era infermato di una malattia giudicata dai medici insanabile. Andò a visitarlo Padre Ferdinando confessore di Elisabetta e gli dette una sua effigie, dicendogli: Eminentissimo, abbia fede che presto sarà guarito, senz’altro come fu.

Portandosi il suddetto signor Cardinale al convento per ringraziare la sua benefattrice e il sulodato Padre che gli aveva procurato una medicina del cielo così efficace, si trovava inferma di male sottile una giovane inglese eretica spedita già dai professori.

Per ultimo tentativo i medici le ordinarono che da Roma si trasferisse in uno dei castelli per respirare un’aria più salubre; il male peraltro sempre più incrudeliva, ma il peggio era che non voleva le si parlasse di abiurare175 l’eresia che professava. Tante buone persone si adoperavano per farla riconoscere dal suo inganno mentre si trovava alle porte dell’eternità, ma tutto invano. Vi si prestarono soggetti dotti e santi partendo a questo oggetto da Roma per togliere quest’anima dalle fauci di satanasso. Ma ella sempre forte alle sue false dottrine non dava ascolto a nessuno. Intanto il male aumentò di tale sorte che i medici dissero che le rimanevano poche ore di vita. Vi si trovò in quel paese il Padre Giovanni Generale dell’Ordine Trinitario e sentendo un tal fatto che quest’anima periva corse frettoloso e senza dire parola le presenta un ritratto di Elisabetta. Ella la mirò con le smorte pupille e dopo breve istante chiese subito di fare l’abiura e di ricevere i santissimi sacramenti.

Chi può spiegare le comuni consolazioni per l’acquisto di quest’anima! e insieme ammirati di un tale portento di una mutazione così subitanea. Dopo avere mirata quella effigie mentre erano dei mesi che degnissimi soggetti vi si adoperavano invano, il Signore le allungò la vita per fare l’abiura e ricevere i santissimi sacramenti confessando che appena mirata quella serva di Dio aveva inteso nell’animo un cambiamento di massima e un desiderio ardente di entrare nel grembo della Chiesa Cattolica e terminare la sua vita da vera cristiana, come fece.

Assistita da sacerdoti dopo averle amministrato tutti i sacramenti, sopravvisse due o tre giorni e in così breve spazio andò a ricevere quest’anima l’immortale corona dei predestinati chiudendo il suo respiro abbracciata al Crocifisso con molta edificazione di chi vi fu presente.

Nel gennaio del 1853 cadde inferma una giovanetta di castrica infiammatoria; a questo vi si aggiunse la nervosa giudicata dai medici spedita e tutti uniformi dicevano che pochi giorni poteva sopravvivere. Si trovava la buona figliola destituita di forze, persuasa che per lei non c’era altro da fare e si andava rassegnando.

Casualmente un zio fra certe carte teneva un ritratto di Elisabetta; la giovane guardò che lo zio svolgeva le carte e gli disse: Avete un Santo fra le carte, datelo a me, e lo zio rispose: Non so chi sia questa santa, in ogni modo gliela donò.

La giovane se la pose sotto il cuscino e ci si raccomandò di cuore. Il giorno dopo fu trovata dai medici fuori pericolo, sfebbrata e guarita contro ogni aspettazione dei professori che dissero: Avete ricevuto un miracolo. Dopo due giorni poté alzarsi e si può dire senza convalescenza tornò alle sue aziende di famiglia senza incomodo alcuno.

Con lo stesso ritratto guarì, appresso la suddetta giovane, un zia sorpresa dallo stesso male, in un subito con la sua Fede.





175 Rinunziare.






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