La notorietà di Elisabetta è considerevole, la sua
casa è meta di fedeli di ogni estrazione sociale che chiedono un suo parere e
sollecitano consigli per il buon esito dei loro affari; reclamano
l’intercessione della sua preghiera per la grazia a qualche ammalato o per il
profitto spirituale; implorano la sua fervente preghiera per il suffragio dei
defunti; venerano l’immagine miracolosa di Gesù Nazareno e pregano insieme a
lei. La Beata è particolarmente sensibile per le anime purganti: Mio Dio
Padre delle divine misericordie vi prego di aprire le porte del purgatorio
acciò vengano tutte quelle anime benedette a lodarvi e benedirvi per tutta
l’interminabile eternità.
Fra i suoi estimatori si annoverano numerosi
ecclesiastici che conoscendo la sua rettitudine e la sua vita esemplare
ricorrono a lei per il discernimento della loro vocazione e per implorare la
mediazione della sua fervorosa preghiera per il vantaggio della loro anima.
Elisabetta è una donna irreprensibile, nessuno può
farle interrompere il suo progetto di vita austero alla sequela di Gesù
sacramentato. Nel suo oratorio privato il Padre
Padrone ha trovato un’accoglienza degna di Lui, tutto è perfetto, ogni cosa
è al suo posto, tanto che l’inviato del Cardinale Vicario resta edificato nel
vedere l’altare, i paramenti sacri e tutti gli altri ornamenti della cappella,
in tanto bello ordine.
Non ha difficoltà Elisabetta a far pervenire al
Sommo Pontefice Pio VII la sua umile supplica per ottenere l’autorizzazione a
far celebrare tre volte la settimana, la Santa Messa nella sua cappella.
Infatti, anche il Papa ha beneficiato delle sue ferventi preghiere in più
occasioni e benignamente autorizza quanto richiesto. Ma Elisabetta non si
accontenta e rinnova la petizione per far celebrare quotidianamente e anche nei
giorni festivi la Santa Messa e che questa possa valere in adempimento del
precetto ecclesiastico per sé e per i suoi consanguinei e affini che abitano
con lei, ed il Santo Padre benignamente autorizza, ma Elisabetta è
incontentabile e chiede ancora……... e poi ancora….. e poi ancora……e tutto le
viene concesso. Il suo ardente desiderio di Dio è insaziabile!
Proponiamo le petizioni inoltrate dalla Beata
Elisabetta Canori Mora al Santo Padre e un rescritto originale del Sommo
Pontefice Pio VII.
Beatissimo Padre
Elisabetta Mora romana, oratrice umilissima della
S.V. umilmente espone, che attesi i suoi gravissimi
incomodi di salute, ai quali va soggetta, specialmente nella stagione di
inverno, come consta dall’annesso attestato medico che qui umilia, ha più volte
benignamente ottenuto coll’oracolo di viva voce della S.V.
la grazia di potersi fare celebrare la S. Messa nel suo oratorio domestico, tre
volte la settimana. Ora pertanto, proseguendo l’oratrice a soggiacere ai
medesimi e ancora più gravosi incomodi di prima, supplichevole implora dalla
clemenza di Vostra Benedizione, non godendo al presente la detta facoltà, la
grazia per benigno rescritto, di potersi fare celebrare quotidianamente la S.
Messa, nel suddetto suo oratorio, per sua spirituale consolazione, e che possa
questa nei dì festivi valergli in adempimento del precetto ecclesiastico per sé
e per i suoi consanguinei e affini seco lei coabitanti, che della grazia
Supplica accolta benignamente con rescritto in data 20 dicembre 1819
»Ex audientia Ssmi, die 20 decembris 1819. Ssmus,
attentis expositis, benigne annuit pro gratia, ut oratrix ad ejus tempore
hyemali tantum in enunciato oratorio missam quotidie, exceptis diebus per annum
solemnioribus, in ejus praesentia celebrare facere possit, valituram diebus
festis in precepti adimplementum pro oratrice, et pro duabus personis cum
oratrice habitantibus, praeter missae inservientem, salvis juribus
parochialibus, contrariis non obstantibus. [Aut.] Praefectus Cardinalis
Galletti»
Beatissimo Padre
Elisabetta Mora romana, ossequiosamente espone,
che godendo l’indulto apostolico dell’oratorio domestico, supplica la clemenza
della S.V., perché voglia degnarsi di dichiarare
privilegiato l’Altare di detto oratorio, a vantaggio delle anime defunte dei
parenti della oratrice, che della grazia
Supplica accolta benignamente con rescritto in data 24 gennaio 1820
Beatissimo Padre
Elisabetta Mora romana, godendo l’indulto
apostolico dell’oratorio privato, supplica la clemenza della Santità Vostra,
che voglia degnarsi accordarle la facoltà di potere in esso far celebrare la
seconda Messa in occasione che vi riceve i Santissimi Sagramenti, e questa in
rendimento di grazie, che della grazia
Supplica accolta benignamente con rescritto in data 24 gennaio 1820
Beatissimo Padre
Elisabetta Mora romana, godendo l’indulto
apostolico dell’oratorio privato, supplica la clemenza della Santità Vostra, che
voglia degnarsi, in vista dei gravi incomodi di salute che soffre, per i quali
non può senza pregiudizio della medesima, portarsi alla pubblica Chiesa,
accordarle la facoltà di potere in esso ricevere i Santissimi Sagramenti, anche
nei giorni più solenni dell’Anno, che della grazia
Supplica accolta benignamente con rescritto in data 24 gennaio 1820
Beatissimo Padre
Elisabetta Mora romana, godendo l’indulto
apostolico dell’oratorio privato, supplica la clemenza della Santità Vostra,
che voglia degnarsi accordarle la facoltà di potere in esso far celebrare la
Santa Messa anche nei giorni più solenni eccettuati nell’indulto suddetto,
attesi i gravi incomodi di salute ai quali va soggetta, che della grazia
Supplica accolta benignamente con rescritto in data 24 gennaio 1820
Beatissimo Padre
Elisabetta Mora romana, oratrice umilissima della
S.V. umilmente espone, che attesi i suoi gravissimi
incomodi di salute, ai quali va soggetta, si è degnata Vostra Benedizione di
benignamente accordargli l’indulto apostolico dell’oratorio domestico, ma
questo durante la sola stagione d’inverno. Ora essendo la stagione per
terminare, e continuando peggio i suoi incomodi ad affliggerla, e per i quali è
costretta a starsene in casa, supplica perciò la clemenza della
S.V. perché voglia degnarsi ampliare detto indulto
apostolico, durante infirmitate oratricis, che della grazia
Supplica accolta benignamente con rescritto in data 24 marzo 1820
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