In appendice sono stati inseriti alcuni fogli non
datati e non numerati, che arrivano a noi allegati al testo originale della Biografia
di Elisabetta, nei quali Lucina descrive il tenore di vita di suo padre dopo la
morte della moglie: il travaglio di un uomo attanagliato dal rimorso per
essersi reso conto troppo tardi quanto ha fatto soffrire la sua famiglia con la
sua pessima condotta. Dal giorno della morte di Elisabetta, Cristoforo conduce
un tenore di vita irreprensibile; il 30 novembre 1825 si iscrive tra i Terziari
dell’Ordine della Santissima Trinità14 e sovente viene visto camminare
scalzo come un penitente, e fare visita alle Chiese.
Testimonia Rosa Righetti: Il marito dopo la
morte di Elisabetta diceva con tutti che la sua moglie era una Santa, e
mostrando il ritratto della medesima, che aveva sempre nel fondo del cappello,
diceva piangendo: «Io sono stato la causa della sua santificazione
con la mia cattiva condotta»15. Cristoforo è ora un altro uomo,
la sua conversione è totale e dopo la morte della figlia Marianna (1833), si
reca al Monastero delle Oblate filippine ai Quattro Cantoni e supplica Lucina,
diventata Suor Maria Giuseppa della Santissima Trinità, di procurargli
l’ingresso in un Monastero con una qualsiasi incombenza, anche adibito alle
mansioni più umili. È accolto dai Frati Minori Conventuali che, trattandosi di
persona colta, gli fanno seguire un corso di teologia e all’età di sessantun
anni, nel 1834 viene ordinato sacerdote. Trascorre gli ultimi undici anni della
sua vita dando esempio di carità, di pazienza e di fede, al servizio della
Comunità Francescana Conventuale e al servizio di Dio. Insegna teologia,
predica con fervore e confessa. Consumato per le durissime penitenze a cui si
sottopone, muore in odore di santità l’8 settembre 1845, nel giorno della festa
della Natività della Santissima Vergine Maria, di cui la consorte era stata tanto
devota.
Si è avverata così la profezia di Elisabetta:
ridete, ridete, voi direte la Messa e confesserete, allora non direte la dico a
letto.
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