Al Diario manoscritto sono allegate alcune lettere
autografe di Elisabetta e scritti delle figlie: Lucina e Marianna. Non tutte le
lettere sono complete, alcune sono senza destinatario, senza firma e senza
data, in altre c’è qualche parola illeggibile perché il foglio è rovinato, ma
possiamo affermare senza ombra di dubbio che sono tutte autentiche in quanto
sottoposte a perizia calligrafa.
Sono documenti di notevole importanza perché ci
aiutano a conoscere meglio la figura di questa eroina, sposa e madre, vissuta
nel diciannovesimo secolo, in un periodo di grandi turbolenze politiche.
Elisabetta ci appare una donna semplice, pratica e
concreta; ama i contatti sociali: vi prego di favorirmi, perché non
credo di avervi dato nessun motivo per cui vi siete allontanata dalla mia casa;
sa dare consigli, condivide i problemi e le sofferenze altrui, incoraggia le
persone in difficoltà, patite con pazienza e rassegnazione, e non dubitate
che il paradiso è per voi; disbriga gli intrighi creati dal marito e
rabbonisce i creditori, ma soprattutto non vi è in questo mondo cosa che
possa farla scordare di essere cittadina del cielo, avendo sempre presente a se
stessa l’Oggetto amabilissimo della fede.
Nelle otto lettere indirizzate al marito e scritte
tra il 4 maggio e il 10 giugno 1816 durante la permanenza del consorte a Napoli
per seguire gli interessi di una contessa, espone in tutta la drammaticità il
suo disagio economico e il suo sconforto per non poter alimentare bene le
figlie. Scrive Lucina al padre: il mio appetito ogni giorno cresce e le
pagnotte calano. Veda di consolarci. Eppure Elisabetta incoraggia sempre: non
vi sgomentate se ci manca il tutto, confidate in Dio e vedrete che saremo
provvedute dalla Divina Provvidenza, come difatti seguiva.
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