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Suor Maria Giuseppa Mora della SS. Trinità, figlia della Beata Elisabetta Canori Mora
Vita della Beata Elisabetta Canori Mora

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  • INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL DÌ 5 FEBBRAIO 1825 – BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA
        • Prefazione
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INTORNO ALLA VITA DELLA SERVA DI DIO ELISABETTA CANORI MORA MORTA IN ROMA IL 5 FEBBRAIO 1825BREVI CENNI SCRITTI DALLA FIGLIA MEDESIMA, MARIA LUCINA MORA, OSSIA MARIA GIUSEPPA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ, MONACA FILIPPINA

 

Prefazione

 

Dappoiché17 l’autrice ebbe ad obbedire ad una forza superiore e segreta, che costringevala a dare l’ingenua relazione dell’esemplare matrona, si accinse all’impresa quanto meglio per lei si è potuto, non essendole dato di più resistere, per potere essa sola fornire, ad esuberanza, i più positivi ragguagli intorno alle virtù in grado eroico della medesima, come indivisa compagna della propria genitrice, fino a che rese lo spirito nel bacio del Signore.

Perciò, nel 8 febbraio del 1851 diè principio all’opera, ricorrendo la festa del glorioso patriarca San Giovanni de Matha, fondatore dell’Ordine della Santissima Trinità18, lusingandosi che con la mercé di Dio le venisse dato di renderla compiuta.

I preziosi manoscritti di quell’eroina19, costituenti nella massima parte il nucleo principale della presente narrativa, danno luminosa prova delle rivelazioni che il Signore, per Sua misericordia, degnavasi elargire a di lei favore, e delle tribolazioni colle quali prediligevala, in guisa che, sebbene in istato coniugale, le faceva prescegliere alle vanità del secolo, una vita edificante e laboriosa per avanzarsi più speditamente nel sentiero della perfezione.

Le accennate memorie, dopo la di lei morte, avvenuta nel 5 febbraio 1825, furono dalla figlia consegnate al suo confessore, chiarissimo Padre Ferdinando20, trinitario in San Carlo alle Quattro Fontane21, ove è custodito il di lei corpo.

Se non avesse avuto luogo il di lui passaggio agli eterni riposi, nel 23 settembre 1829, egli stesso, come suo maestro di spirito, ne avrebbe tessuta l’istoria.

N’ebbe la tradizione, quindi, il reverendo Padre Giovanni22 dell’Ordine medesimo e così, per il lasso di ben 26 anni compiuti, rimasero presso i reverendi padri trinitari, fino a che il lodato reverendo Padre Giovanni, ebbe ispirazione di affidare nuovamente alla figlia tali originali, perché essa, aggiungendo alle memorie surriferite della propria madre, quanto poteva dire in proposito come spettatrice oculare delle azioni della medesima, ne concretasse un fedele racconto.


 




17 Dal momento che.



18 Nasce a Faucon in Provenza (Francia) nel 1154. Compie gli studi a Parigi, dove insegna teologia all’Università. Ordinato sacerdote sui 40 anni, lascia la cattedra, perché un segno gli ha rivelato la sua vera missione: mentre celebra la prima Messa solenne il 28 gennaio 1193 ha la visione di Cristo Redentore tra due schiavi, uno bianco e uno moro. Ecco l’ispirazione dell’Ordine Trinitario. Essa poi viene riprodotta nel 1210 con il mosaico cosmatesco che ancora oggi si trova sul portale dell’antico convento di San Tommaso in Formis a Roma. Nel 1194 Giovanni de Matha fonda a Cerfroid (a 70 Km da Parigi), l’Ordine della Santissima Trinità, la cui Regola è approvata da Innocenzo III, il 17 dicembre 1198, primo anno del suo Pontificato. Custodisce con ardore la Regola, opera redenzioni di schiavi e si dedica alle opere di misericordia, vivendo di Dio Trinità, il cui mistero di redenzione e di amore aveva posto come fonte e fine dell’Istituto. Nel 1209 l’Ordine ha 30 case e 600 verso il 1250, soprattutto in Francia e Spagna. Papa Innocenzo III gli dona a Roma la Chiesa abbaziale di San Tommaso in Formis al Celio, dove Giovanni crea un ospizio di accoglienza. E qui muore il 17 dicembre 1213. Nel 1665 due frati trinitari tolgono il suo corpo dalla Chiesa e lo portano a Madrid. (Cfr. Fonti Trinitarie).



19 Constano di 1164 pagine.

 



20 Padre Ferdinando di San Luigi Gonzaga dei Trinitari scalzi, nasce il 21 giugno 1746, festa di San Luigi Gonzaga, nella città di Mataró, diocesi di Barcellona. Il padre è Don Ferdinando Marques di Alaejos, diocesi di Avila e la madre Donna Tecla Pons. Veste l’abito trinitario in Valladolid all’età di 14 anni e dopo due anni di noviziato, fa la professione solenne. Studia filosofia e teologia a Salamanca ed i progressi nelle lettere, sono inseparabili dai progressi nella virtù. Ordinato sacerdote nel marzo del 1778, si con più ardore all'esercizio di ogni virtù; la santa obbedienza l’ha sempre come guida e conforto in ogni circostanza, e suole dire: quando faccio l’obbidienza non solamente so di far la Sua volontà, ma mi sento confortato a farla. L’umiltà l’anima al disprezzo di se stesso ed alla fiducia ed amor di Dio. Ha in grande stima e venerazione il prossimo e quando può arrecargli del bene spirituale ed anche corporale, lo fa con alacrità e prontezza. Nel 1777 è destinato al convento di San Carlo alle Quattro Fontane di Roma, dove è Ministro, vice Procuratore Generale, Postulatore delle Cause dei Santi e Procuratore dei Betlemiti presso la Santa Sede per molti anni. Lavora, tra l’altro, per la causa di beatificazione di San Giovanni Battista della Concezione, riformatore dell’Ordine Trinitario. Maneggia con grande zelo gli interessi della comunità e degli schiavi. Ordina l’archivio del convento secondo le Bolle di Benedetto XIII; scrive la Vita del Beato Giambattista della Concezione, Roma, 1819, pp. 176, in occasione della sua beatificazione: 26 settembre 1819. È osservante e vigoroso nel silenzio e soffre molto per le vicende e le turbolenze che succedono in Roma per la guerra e l’invasione dei francesi (1798-1799, 1810-1815) e più volte è minacciato di esilio e di morte. Ha il dolore di vedere il convento trasformato in ospedale di uomini e di donne, ma non l’abbandona. Serve gli infermi, tiene pulita la casa e sopporta ogni sopruso; con l’aiuto di Dio, supera le insidie e gli inganni dei persecutori della Chiesa. Si mantiene sempre fedele al Santo Padre (Pio VI e Pio VII), e procura di fare del bene al prossimo ovunque si trovi: nelle carceri, negli ospedali, nei monasteri, nei conservatori e nelle case private. Terminata l’invasione ristabilisce l’ordine e il decoro delle sacre funzioni nella Chiesa. Il raccoglimento e lo spirito d’orazione non solo li esercita a determinate ore, ma anima le occupazioni esterne. Si occupa di predicare, è indefesso nel tribunale della penitenza e disimpegna con fedeltà ed esattezza vari uffizi che i superiori gli affidano, particolarmente l’educazione dei novizi e l’insegnamento della teologia agli studenti.

Durante la sua permanenza a Roma (17771829), si distingue nella direzione delle anime, non solo di persone spirituali e contemplative, ma anche nella conversione di penitenti e di peccatori d’ogni condizione. Per speciale provvidenza divina è il confessore e il direttore spirituale delle due eroiche donne: Elisabetta Canori Mora ed Anna Maria Taigi, che egli ha la fortuna d’iscrivere al Terzo Ordine Trinitario. Dice sovente ai suoi religiosi: «Giacché non ci danno l’opportunità di redimere schiavi dai turchi, liberiamo e redimiamo gli schiavi dal demonio, dal mondo, dalla carne e dall’amor proprio». La passione di Gesù e il Santissimo Sacramento sono le due miniere da dove, come lui dice, ricava i tesori per redimere tutte le anime. In Osculo Domini, munito dei SS.mi Sacramenti, muore all’età di 83 anni, in odore di santità, il 23 settembre 1829, compianto da tutti coloro che ne hanno ammirato la salda fede e la grande operosità sacerdotale.

(Cfr. Libri dei Defunti sepultados en la Iglesia de San Carlino, 1638, J759).

 



21 Splendido esempio del barocco italiano, opera dell’architetto Francesco Borromini (1599-1667); assieme al convento dei Padri Trinitari spagnoli annesso, è la più antica opera dell’artista (1641). La Chiesa, situata tra Via del Quirinale e Via delle Quattro Fontane, è dedicata alla Santissima Trinità e a San Carlo Borromeo ed è la prima Chiesa consacrata al Cardinale (1538-1584). Dopo la morte del Borromini (1667), il nipote Bernardo Borromini (1643-1709) prosegue la fabbrica e costruisce un nuovo campanile. Nei pennacchi della cupola ci sono quattro medaglioni in stucco: L’incontro di San Giovanni de Matha con San Felice di Valois; Innocenzo III che celebrando la Messa accoglie l’ispirazione divina di approvare l’Ordine; L’approvazione dell’Ordine e la vestizione dei due fondatori; Il riscatto degli schiavi dai musulmani, dovuti a Giuseppe Bernascone, che nel febbraio 1640 fu incaricato della decorazione a stucco. A questo lavoro ha collaborato Domenico De Rossi, scultore attivo alle dipendenze del Bernini. In seguito (1705) viene ampliato il convento su progetto dell’architetto Alessandro Sperone. La Chiesa ha le dimensioni di un pilastro della cupola di San Pietro e linee estremamente eleganti ed armoniche sia all’interno sia all’esterno, tanto che costituisce un originale gioiello di architettura. Di proporzioni perfette è anche il Chiostro (1635) che si trova sul lato destro della Chiesa.

La pala dell’altare maggiore raffigura San Carlo Borromeo affiancato dai Padri fondatori dell’Ordine della Santissima Trinità, (San Giovanni de Matha e San Felice di Valois) che adora la Trinità. L’opera è di Pierre Mignard (1612-1695). La tela dell’altare di destra rappresenta L’estasi di San Michele dei Santi, canonizzato nel 1862, nell’atto di donare il suo cuore a Gesù Cristo, opera di Amalia De Angelis (1847). La pala dell’altare a sinistra raffigura L’estasi di San Giovanni Battista della Concezione, riformatore dell’Ordine della Santissima Trinità. L’autore è Prospero Mallerini (1819). La Cappella a destra dell’ingresso ha pianta esagonale, ed ospita pitture ad olio di Giuseppe Milanese (1653). A sinistra del piccolo altare il Cristo alla colonna affiancato da due aguzzini. A destra L’incoronazione di spine. La Crocifissione sull’altare presenta la Vergine, la Maddalena e San Giovanni presso il Golgota. Nella cappella a sinistra dell’altare maggiore: sull’altare un tela che rappresenta il Riposo in Egitto di Giovan Francesco Romanelli, sotto l’altare c’è l’urna contenente il corpo della Beata Elisabetta Canori Mora.

La facciata del convento risale al 1660-65. Nella facciata della Chiesa ci sono tre nicchie al di sopra dell’ingresso: al centro la statua che raffigura San Carlo Borromeo orante (1680), di Ercole Antonio Raggi; nelle nicchie laterali quelle con i fondatori dell’Ordine Trinitario: San Giovanni de Matha e San Felice di Valois, di Sillano Sillani (1682).

Il capolavoro del Borromini è molto importante in quanto compendia in sé i caratteri dell’architettura del Barocco.

(Cfr. San Carlo alle Quattro Fontane, a cura dell’Istituto Nazionale di Studi Romani, s.d.).

 



22 Padre Giovanni della Visitazione, nasce a Gelsa, nella diocesi di Zaragoza (Spagna), il 24 giugno 1766. A 17 anni veste l’abito trinitario. Dopo gli studi ecclesiastici e l’ordinazione sacerdotale, è inviato dai superiori al convento di Vich. Nel 1793 è destinato al convento di San Carlo alle Quattro Fontane, dove si applica nella direzione spirituale delle anime, con straordinarie doti di carità, prudenza e talento.

Si dedica al raccoglimento e alla preghiera, dove attinge quelle luci necessarie per la guida delle anime verso Dio, soprattutto di quelle più progredite nella via della perfezione.

Per ordine dei superiori assume la responsabilità delle cause di canonizzazione dei venerabili Padri Trinitari: Giovanni Battista della Concezione, Michele dei Santi, Tommaso della Vergine, ecc. È nominato per la prima volta Procuratore Generale nel 1816. Nel 1824 viene eletto Definitore Generale supernumerario e vitalizio. Visitatore Apostolico dal 1830 al 1852 per i trinitari della Congregazione Trinitaria extra Hispaniam. Per tre volte riceve la carica di Procuratore Generale e Superiore di San Carlo alle Quattro Fontane. Dal 1841 al 1851 esercita la funzione di Commissario Apostolico. Religioso eminentemente umile, accetta le cariche per obbedienza. Amato da quanti lo conoscono, muore a San Carlo alle Quattro Fontane, il 3 ottobre 1852.

(Cfr. Fr. Serafín del Sagrato Corazón de Jesús, Historia del Convento de S. Carlos a las Cuatro Fuentes, Roma, 1916, pp. 81ss).

 






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