LIBRO PRIMO
Roma fu l’avventurata Patria di Elisabetta, la cui
santa mirabil vita mi prendo a scrivere. Tommaso Canori fu il padre e la madre
Teresa Primoli; romani ambedue di onorata e comoda famiglia.
Frutto di questo santo matrimonio furono
quattordici figli; la penultima delle femmine fu la nostra Elisabetta, sei di
questi morirono fanciulli e otto sopravvissero: cinque maschi e tre femmine.
Nacque dunque, per grande loro felicità questa fanciulla; venne alla luce il 21
novembre 1774, in giorno di lunedì, dedicato alla presentazione di Maria
Santissima al Tempio.
Il giorno 22 fu battezzata nella Parrocchia di
Santa Maria in Campo Carleo23; gli furono imposti i nomi: Maria
Elisabetta Cecilia Geltrude. Il padrino fu il Padre Giovanni Battista di Roma,
Minore Osservante in Aracoeli24. La fanciullezza la passò con molti travagli,
poiché, appena nata la medesima, il Signore volle provare il padre come un
altro Giobbe, togliendogli in brevissimo spazio molte sostanze: parte per mezzo
di persone malevoli, porzione per mezzo dei figli maggiori, con il pretesto di
voler principiare ad agire negli affari di campagna, avendo egli varie tenute e
altri fondi. Essendo i medesimi poco esperti, invece di dare sostegno alla
famiglia la depauperarono, avendo essi pensiero di formare le loro famiglie col
prendere moglie; così il padre si ridusse in una strettezza di averi che la
povera famiglia dovette patire molto.
La buona Elisabetta soffriva non poco, perché,
benché tenera di età, comprendeva le vicende della famiglia. Con la sua grazia e
dolcezza dava molta consolazione ai genitori, dissimulando ciò che comprendeva
dei loro infortuni, benché avesse sortito un’indole vivace e molto spiritosa,
ma docile e obbediente. Pronta ad imparare e le maestre di Sant’Eufemia, le
quali insegnavano sia a lei che alla sorella minore, si stupivano come
Elisabetta apprendesse tanto nei lavori, quanto nel leggere, come nelle
istruzioni; tutto riteneva in memoria e con una grazia particolare rispondeva a
tutte le interrogazioni.
Il più che rapiva era il vederla tanto savia e
devota che quella buona superiora l’avrebbe voluta ritenere sempre presso di
lei, e molte volte si procurava la licenza dalla madre per averla con sé
qualche notte, oltre il giorno. Era tanto l’affetto che le portava che la volle
tenere a cresima, la quale seguì il 5 luglio 1782 in San Pietro in
Vaticano25, da Monsignor Lasceris; la madrina fu Geltrude Dizzali,
superiora di Sant’Eufemia.
La Santa Comunione non saprei precisare di che età
la ricevesse, se a Sant’Eufemia o nel monastero dove poi andò.
So bene che fin dalla fanciullezza il Signore la
chiamava a Sé in vari modi, ma il suo spirito vivace la faceva fermare un poco
a rimirare le cose del mondo, e ne sentiva i contrasti più violenti.
Il Signore per disingannarla le permetteva molti
travagli in famiglia, di più per sopraccarico la sorella di maggiore età
trattava con molta durezza le due sorelle minori, specialmente in assenza della
madre.
Così passò Elisabetta il tempo della fanciullezza
fino all’età di undici anni che entrò in monastero.
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